D'Anza Daniele

Daniele D'Anza

(Milano, 20 aprile 1922 – Roma, 12 aprile 1984) è stato un regista e sceneggiatore italiano.

Fu assai attivo nella regia di film per la televisione e serie televisive e, in modo minore, di film destinati al cinema. Fra gli sceneggiati televisivi da lui diretti si ricordano in particolare Il segno del comando, L'amaro caso della baronessa di Carini e Vita col padre e con la madre. È stato anche sceneggiatore, soprattutto agli albori della sua carriera.


Ho un grande rammarico, quello di averlo conosciuto troppo tardi; tardi come regista. Sono stato infatti l’ultimo regista che lo ha diretto: Totò morì mentre stava portando a termine il suo unico spettacolo televisivo: « Tutto Totò », una serie che si articolava in dieci puntate indipendenti l'una dall’altra; le prime erano una rievocazione di alcune tra le più gustose scene create dall’indimenticabile attore napoletano per il teatro di rivista. Avevo naturalmente già visto molti suoi film e l’ammiravo. Ma la cosa più importante è che ero diventato suo amico, lavorando assieme a lui negli studi televisivi. I comici, per la loro stortura professionale sono, persone chiuse ed egoiste, ed il fatto che tra noi due (il comico ed il regista), fosse nata una sincera amicizia, è un fatto raro nel mondo dello spettacolo.

Negli ultimi tempi Totò lavorava soltanto due o tre ore al giorno, e solo nel pomeriggio. Era un uomo stanco e il suo fisico non lo reggeva più. Andava avanti a forza di volontà, una volontà di ferro che lo faceva recitare come ai suoi tempi migliori. Totò era un « animale di teatro », che non è mai stato sfruttato a dovere dal cinema, tranne che da Pasolini. Infatti il cinema di Totò non era cinema nel senso stretto della parola, bensì teatro nel cinema.

Daniele D'Anza


Biografia

Dopo aver conseguito la maturità scientifica si è laureato in scienze politiche presso l'Università degli Studi di Pavia. Negli anni del primo dopoguerra si cimenta nel giornalismo, pubblicando articoli di critica teatrale sulla rivista mensile Platee, e nella direzione di piccole compagnie. Per venticinque metri di fango, da Irwin Shaw, allestito nell'estate del 1945 nel cortile del Castello Sforzesco di Milano, è il primo spettacolo importante (portato poi con successo anche a Venezia). Nel 1946 si sposa con Edith Moncelesan e nel 1948 nasce la figlia Cristina.

Con la compagnia Carraro-Zoppelli firma altre regie teatrali, tra cui La leggenda di Ognuno di Hofmannsthal e La macchina infernale di Cocteau. Lavora a sceneggiature cinematografiche (nel 1950 collabora anche al primo film di Michelangelo Antonioni Cronaca di un amore) e intanto compie le prime esperienze radiofoniche tra Milano e Torino e a Londra si avvicina al modo televisivo. Il dirigente Rai Sergio Pugliese, commediografo e appassionato di teatro, lo chiama alla nascente televisione italiana, per le prime regie "sperimentali" della RAI. Due anni prima dell'inizio delle trasmissioni regolari, nel 1952, D'Anza firma la regia della prima commedia trasmessa in diretta: La carrozza del SS. Sacramento di Mérimée.

Da allora dimostrerà sempre più padronanza nella mitica cabina di regia degli esordi, col suo complesso quadro di comandi e il vetro affacciato sulla sala di ripresa. D'Anza porta nelle sue regie un'attitudine poliedrica e da sperimentatore, inventando anche nuove tipologie di spettacolo televisivo: Il Mattatore (10 puntate, nel 1959), concepito come un contenitore multimediale, che accosta diversi generi e registri espressivi, affidato alla funambolica e autoironica versatilità di Vittorio Gassman; Questa sera parla Mark Twain (1965), sceneggiato da Romildo Craveri e Diego Fabbri, in cui è lo stesso scrittore che si racconta, facendo rivivere personaggi ed eventi come altrettanti episodi della sua vita; Scaramouche, con Domenico Modugno, inaugura, sempre nel 1965, il filone della commedia musicale sceneggiata; nel 1966, con La coscienza di Zeno affronta una traduzione televisiva del romanzo di Svevo, sdoppiando il protagonista, in un rovesciamento a ritroso della narrazione.

Nel 1966, dopo il divorzio dalla prima moglie, sposa l'attrice Luisella Boni, da cui ha la seconda figlia, Vittoria. D'Anza si guadagna la notorietà presso il grande pubblico soprattutto con i gialli, tra cui una serie di titoli tratti da Durbridge (Paura per Janet, 1963; Melissa, 1966; Giocando a golf una mattina, 1969). Anche in questo genere, diventato quasi la sua specialità televisiva, D'Anza non rinuncia a sperimentare formule nuove: nell'originale del 1966 Melissa realizza diversi finali, per mandarne in onda, all'ultimo momento, uno a sorpresa, aumentendo così la suspense nel pubblico e gli indici di ascolto.

Nel 1970 con Coralba consacra il successo della detective novel, che prosegue nel 1972 con due adattamenti da romanzi di Dürrenmatt (Il giudice e il suo boia e Il sospetto). La sua ricerca è di non cristallizzarsi mai in un genere e di cercarne i vari risvolti. Così, sempre nel 1972, l'argomento poliziesco viene affrontato in modo diverso attraverso documenti autentici e inediti sulla vita del poliziotto italo-americano Joe Petrosino (lo sceneggiato che ne porta il nome viene scritto in collaborazione con Lucio Mandarà): lontana da mitizzazioni, la storia di lotta alla mafia è affrontata con realismo e senza facili conclusioni.

Negli anni settanta, dalla collaborazione del regista con gli sceneggiatori Giuseppe D'Agata, Flaminio Bollini, Dante Guardamagna e Lucio Mandarà, nasce un altro filone destinato ad avere seguito e successo, quello gotico-parapsicologico, intrecciato di spy story e soprannaturale: il modello rimase Il segno del comando (andato in onda nella primavera del 1971). Il tema del paranormale viene ripreso nel 1973 con ESP (basato sulla figura del sensitivo olandese Gerard Croiset): anche se strutturato su una trama narrativa vicina al poliziesco, gli inquietanti risvolti testimoniano l'interesse del regista per tematiche che sfuggono alla razionalità scientifica.

Nel 1974 lo sceneggiato Ho incontrato un'ombra è l'incontro tra una storia d'amore e la tessitura di un giallo; in sottofondo, dietro la suspense della vicenda, traspare il problema, attuale negli anni settanta, di un risveglio del nazismo. L'amaro caso della baronessa di Carini, sceneggiato filmato del 1975, in quattro puntate, riadatta, ambientandole in epoca napoleonica, le vicende tramandate da una ballata popolare siciliana del Cinquecento. Anche qui la narrazione mescola intrighi, magia e parapsicologia. Sempre attratto dal fantastico, anche nei suoi inquietanti risvolti di cronaca, D'Anza realizza nel 1976 Extra (basato su un presunto rapimento alieno avvenuto negli USA), per ritornare al coté letterario con i Racconti fantastici tratti da Edgar Allan Poe nel 1979 (in cui il regista recita in un piccolo ruolo).

Nel 1978 un classico come Madame Bovary viene sceneggiato da D'Anza stesso insieme a Fabio Carpi, Luigi Malerba e Biagio Proietti, e girato con scrupolo realistico nello stesso villaggio francese del romanzo di Gustave Flaubert. Il taglio originale sta nell'accento posto sulle tematiche giuridiche e su problematiche quasi pre-femministe.[senza fonte] Come regista cinematografico diresse tre film, ma di poco spessore: Giove in doppiopetto (1954, una commedia musicale con Carlo Dapporto e Delia Scala), "I piaceri del sabato notte" (1960, un noir con Elsa Martinelli e Andreina Pagnani) e Pugni, pupe e marinai (1961, con Ugo Tognazzi, Maurizio Arena e Paolo Ferrari), dove interessanti elementi di satira verso la RAI di allora riscattano in parte una sceneggiatura di poche pretese.

Sempre pronto a cimentarsi in nuovi campi creativi, D'Anza si impegnò anche come coautore di canzoni: da ricordare Regent's Park (sigla finale dello sceneggiato Melissa, 1966), scritta con Fiorenzo Carpi e interpretata da Connie Francis, e "Un impermeabile bianco" (sigla di chiusura di Giocando a golf una mattina, 1969), composta con Gigi Cichellero e cantata da Paola Orlandi. D'Anza morì prematuramente, a soli 62 anni, nell'aprile del 1984; Raffaella Carrà commentò in Diretta TV il suo decesso: «questa morte è giunta come una liberazione: era da tempo malato,...» e pianse. Aveva girato nell'estate del 1983 il suo ultimo lavoro La ragazza dell’addio, tratto dal romanzo di Giorgio Scerbanenco e interpretato da Carole Andrè e Ray Lovelock: lo sceneggiato andò in onda postumo nel giugno dell'anno successivo.


L'ultimo regista di Totò

Daniele_D-Anza

Se ora tento di riassumere in un'immagine sola l'esperienza di tre mesi che ho passato accanto a Totò, suo ultimo regista e suo prima regista televisivo, ritrovo, si, quel segno aggressivo della sua mimica scattante anche sull'orlo dei settanta, ritrovo la prodigiosa marionetta che continuava a essere dopo otto lustri in palcoscenico e 106 film. Ma lo ritrovo marionetta anche in questo, nella carica che durava esattamente il tempo previsto per la scena, e poi nel suo istantaneo afflosciarsi o irrigidirsi appena la scena finiva, quel suo miracoloso uscire dal personaggio teatrale per rientrare di colpo nel Principe de Curtis. Però, sulla tomba, ha voluto soltanto un nome: Totò. E questo mi pare il suo ultimo capolavoro.


Galleria fotografica e rassegna stampa

Tuttototò, l'ultima fatica per la televisione

Approfondimenti 2776 Daniele Palmesi, Federico Clemente

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Tuttototò: in dieci personaggi il meglio di Totò La scenetta più bella, dicono non si vedrà. Un fuoritesto che il comico-principe ha recitato, alla fine del suo lungo lavoro per la TV. La «troupe» si stava sciogliendo; i soliti «grazie», «addio»,…
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Le storielle che non racconterò alla TV

Le storielle che non racconterò alla TV Soltanto adesso, dopo anni di resistenza, il popolarissimo Totò ha ceduto all’attrazione del video: in dieci filmetti farà tra l’altro rivivere i suoi più noti personaggi «teatrali». «Ma alla TV non racconterò…
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Tuttototò: la mia vita in dieci serate

Tuttototò: la mia vita in dieci serate Totò racconta: Perché mi sono arreso alla televisione. Il nostro più grande comico vi anticipa la serie di spettacoli con i quali gli italiani concluderanno ridendo il 1966. “Per voi saranno solo motivo di…
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«Tutto Totò»: vietato ai maggiori di 90 anni

«Tutto Totò»: vietato ai maggiori di 90 anni Il popolare attore, dopo 45 anni di attività artistica, ha deciso di far ridere i telespettatori di ogni età con la sua comicità immediata, riproponendo le sue più celebri “gags” in una serie televisiva…

Totò, l'arte di far ridere

Articoli d'epoca - 1960-1969 1439 Maria Maffei, «Noi donne», anno XXI, n.22, 28 maggio 1966
Totò, l'arte di far ridere Abbiamo intervistato Totò che a Cannes, con il film "Uccellacci e uccellini", ha rinverdito un successo che dura da 40 anni. Il pubblico di Cannes ha applaudito a…

Facciamo visita a Totò

Articoli d'epoca - 1960-1969 970 Pietro Zullino, «Epoca», anno XXVII, n.818, 29 maggio 1966
Facciamo visita a Totò Il grande attore, che presto vedremo in un programma televisivo a puntate, sta serenamente percorrendo il viale del tramonto. Ormai ci vede poco, vive in solitudine…

Tutti aspettano Totò

Articoli d'epoca - 1960-1969 675 Giorgio Berti, «Sogno», n.38, 15 settembre 1966
Tutti aspettano Totò “I Promessi Sposi”, “Scala Reale” e “Tutto Totò” questo il tris d’assi che la TV tiene in serbo per le nostre serate d’autunno e d’inverno. Molti altri programmi di…

Tuttototò (ma censurato)

Articoli d'epoca - 1960-1969 618 Carlo Galimberti, «Tribuna Illustrata», anno LXXVII, n. 19, 7 maggio 1967
Tuttototò (ma censurato) In nove trasmissioni vengono presentate le più famose scenette che costituirono per tanti anni in teatro i «cavalli di battaglia» di Totò. Diverse battute però sono…

Totò, che piacere rivederti

Articoli d'epoca - 1970-1979 858 Fiammetta Rossi, «Radiocorriere TV», anno LV, n.23, 4-10 giugno 1978
Totò, che piacere rivederti In sei telefilm la sua arte comica. Ecco come lo ricordano Macario, Taranto, Manfredi, Tognazzi e Gigante. Roma, maggio Sono sei telefilm, un’antologia di…

1952 11 01 Il Dramma Andreina Pagnani intro

Dagli studi di Milano, è stata trasmessa per televisione "La carrozza del Santo Sacramento" di Prosper Mérimée, con Andreina Pagnani. Regia di Daniele D'Anza.

Mi chiedono di riferire sulla prima avventure televisiva di Andreina Pagnani. Non è facile. Non so perchè, ma quando si deve parlare di Andreina, si comincia in punta di penna e si finisce in un madrigale. Vedete? Già vien spontaneo di omettere il cognome: Andreina, così tout-court. Un guaio. Comunque, vediamo di farcela. Andreina, no: Andreina Paglioni, è giunta tutta sorridente alla TV. (E’ ancora necessarie/ spiegare al profano che TV, in gergo, significa televisione? Non credo. In quest’epoca dominata dalle sigle e dalle abbreviazioni, e subissata dallo stillicidio quotidiano degli slogans pubblicitari, la folla impara assai prima le sigle dei concetti e dei significati). Tutta sorridente, si diceva. Era stata chiamata a interpretare La carrozza - non quella d’oro, dì Rerioir: quella vera, di Mérimée - che anni fa aveva già recitato in teatro. Il personaggio della Perielio già lo possedeva, nelle sue smanie e nei suoi controsensi, nelle sue civetterie e nelle sue bizze, nella sua carnalità e nel suo falso misticismo. E poi, al primo contatto, la TV non spaventa.

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I primi giorni si prova in una comune. sala, non dissimile dal palcoscenico. Dei segni di gesso a terra per indicare i limiti della scena, quattro oggetti indispensabili di trovarobato, qualche segretaria di produzione di più e qualche amministratore di meno, ma il fedele suggeritore sempre lì, a portata di mano. Tutto qui, lo spauracchio della TV? Una bazza. Il regista, vero, complica un po’ le cose con una certa pignoleria di movimenti al millimetro, vuole il viso sia a tre quarti e due decimi, niente di più nè di meno, parla di panoramiche e carrellate, di macchine da presa (no, lui dice «camere»: e che saranno mai?) che ti prendono da tutti i lati, contemporaneamente e spieiatamente, e che un momento sono qui un momento là, non si sa bene come. Ma tutti questi discorsi, si sa, li fa per darsi un certo tono, per giustificar lo stipendio, per far vedere che la televisione è tutta un’altra cosa... E invece no, a conti fatti si sa già come andrà a finire: sarà sempre il vecchio teatro a la situazione. In fondo, che c’è di diverso? Noi si recita, e quelli ti fotografano con la chinetta. Tac, tac, tac... Via, una commedia fotografata. Bella, la TV.

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I guai incominciano quando, dopo i primi giorni di preparazione e di impostazione, si scende nello studio. E qui è tutto un altro mondo. Tu reciti, tu «soffri» una battuta, ridi e piangi a freddo, e attorno a te si agita e ruggisce un esercito di strani uomini in camice bianco. Chi sono? Operatori, carrellisti, elettricisti, tecnici, macchinisti, giraffisti, truccatori, fonici, perfino ingegneri. Ce n’è per tutti i gusti. Tutti: meno il suggeritore, l’unico necessario. E qui nasce la crisi. Sì, perche l’idillio dell’attore italiano col suggeritore è troppo di vecchia data perchè lo si possa troncare così bruscamente. Ogni sera, da quando è nato, l’attore italiano (eh sì, la precisazione della nazionalità è indispensabile: all’estero, no) conosce un solo compagno che fedelmente divide, dinanzi alla macchia nera e informe del pubblico, fatiche gioie e delusioni: lui, l’ometto della buca. E questi rivoluzionari del camice bianco lo vogliono abolire, così, d’improvviso. Ti fanno far tre atti tutti in fila, senza neanche l’intervallo, con un sacco di preoccupazioni scoccianti (metti il piede al segno, girati un po’, cerca col viso la luce, attento che esci di campo) e ti levano l’unico appoggio di quella voce amica che ti dà l’imbeccata. Perchè la parte, è logico, la si sa: ma è il terrore di sentirsi soli, abbandonati fra tanti obiettivi spietati, che ti agghiaccia. Il cinema è un’altra cosa. Dici due battute il giorno, guardando il gobbo con la coda dell’occhio, e se poi t’impunti e t’impaperi o sbagli un basso niente male, si rifà. Cento volte si ripete, anche un ceffone: dico un vero ceffone. Qui no, è teatro e cinema insieme, più radio. E se sbagli, buonanotte, t'hanno già visto a l‘erotta e a Busto Arsitio (e Dio ci scampi quando arriverà a Caltanissetta). No no, sono tutti pazzi, questi della TV. Un'altra volta chi ci casca più?

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Come tutti i compagni che l'hanno preceduta o seguita nel loro primo incontro con la televisione (cito a caso: Diana Torrieri, Andreina Paul, Stival, Carraro, Poreili, Pepe, Isa Barzizza, la Fabbri) anche «Andreina nostra» - la bella Andreina nazionale - ha sofferto la sua brava crisi TV. Tre o quattro giorni senza sorriso, ad occhi spenti e labbra febbricitanti. Tre o quattro notti in bianco, a ripetersi la parte a memoria come una debuttante. E le attese e le soste negli uffici della direzione con una sola preghiera: che la lasciassero andar via, per carità. Poi - e qui rinasce il madrigale - Andreina salì un giorno in cabina regìa. Fra tutti quegli aggeggi meccanici, fra quelle leve e quei pulsanti sconosciuti, dinanzi a quei piccoli schermi che le donavano immagini differenti che andavano via ria sostituendosi l'uria all'altra nel fluido e logico montaggio della narrazione, Andreina, l'ultima romantica, sentì d'improvviso i! fascino del nuovo mezzo, freddo e meccanico e astruso all'apparenza, caldo semplice e cordiale nella realtà. E se ne innamorò con ingenuità insospettata, incuriosendosi ed esaltandosi con emotività fanciullesca. Ridivenne l'Andreina di sempre, sorridente, sicura, tranquilla. Perchè aveva trovato la televisione o - il che è meglio - la sua televisione. Un giocattolo bello nuovo divertente, per marionette un po’ ciniche e smaliziate.

Inutile dire che Andreina Pagnani recitò da Andreina Pagnani. Quel che è più importante, credo, è che non recitò per il teatro, ma per la televisione: voglio dire con quell'intimità e quella complicità, con quel sapiente calcolo di variazioni tonali e mimiche che sono indispensabili per chi parla al singolo, nella sua casa, anziché alla folla in un luogo pubblico. Inconsciamente era nata in lei, da un vecchio istinto d’arte, la misura esatta per il nuovo mezzo. E scusate se è poco. Questa, tra le pieghe di un madrigale, è la piccola storia di Andreina TV. Anzi, speriamo: l’introduzione soltanto.

Daniele D'Anza, «Il Dramma», 1 novembre 1952


1963 Radiocorriere TV Daniele D Anza intro

«Radiocorriere TV», 1963 - Daniele D'Anza


«Radiocorriere TV», 1965 - Daniele D'Anza


1967 05 01 L Unita Tuttototo intro

«L'Unità», 1 maggio 1967 - «1967 - Tuttototò»


1984 04 13 La Stampa Daniele D Anza morte intro

ROMA — E' morto ieri nella sua casa di Roma Daniele D'Anza, uno del nomi più prestigiosi e popolari della regia televisiva. D'Anza aveva 62 anni, era nato a Milano, si era laureato in scienze politiche all'università di Pavia ed aveva cominciato l'attività artistica nel primi anni del dopoguerra.

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E' stato veramente uno del «primi uomini» della televisione italiana. Si era tra il '52 e il '53 e lo si incontrava negli studi di corso Sempione a Milano magro, vocione cavernoso, sempre pieno di cose da fare, con la sigaretta all' angolo della bocca, e mentre parlava concitatamente si toccava i baffetti. Durante un'intervista dell'autunno del '52 dichiarò: «La televisione? Sono entusiasta di lavorarci Ma cos'è la televisione? Non l'ho ancora capito. Nessuno di noi l'ha ancora capito. Procediamo per tentativi» Era sincero. In quell'inizio «storico», in quel passaggio brusco dai suoni e dalle voci della radio al mondo delle immagini, l'incertezza dominava sovrana. Va riconosciuta la difficoltà in cui tutti i registi di allora, chiamati dalla Rai, vennero a trovarsi. E va riconosciuto a tutti il merito di essersi coraggiosamente buttati in un'impresa per la quale non potevano contare su esperienze.

D'Anza aveva comunque alle spalle — oltre ad una limitala partecipazione al cinema (qualche regia di pellicole minori, e la sceneggiatura, assieme a Maselli e a Tellini, di Cronaca di un amore di Antonioni) — una lunga pratica di teatro per il quale sentiva, come ebbe a dire una volta, «l'unico amore fedele della mia vita», e che, a ben guardare, non abbandonò mai nemmeno sul video. Di lui resta memorabile una regia al teatro del Parco di Milano nel '46. Venticinque metri di fango, un testo violentemente contro la guerra c il militarismo, che egli seppe portare al massimo grado di evidenza scenica e di polemica. Poi si dedicò alle compagnie di giro. Tutto questo prezioso bagaglio teatrale D'Anza se lo portò dietro in televisione e se ne servi per affrontare l' arduo problema del teatro sul video e poi per la realizzazione di romanzi sceneggiati e di spettacoli di varietà dove, in ciascuno, al di là del logorio della routine, immetteva un'atmosfera inconfondibile di palcoscenico, il senso preciso delle scene ben congegnate e con piglio sicuro, il gusto della battuta, la colorita e viva presenza degli attori seguili e diretti con scrupolosa intransigenza. Alla fine degli Anni Cinquanta il regista vara, dopo noie di censura, Tempo di musica: è una rivista che non ha nulla a che fare con i consueti zibaldoni chiassosi, ed e uno sforzo, incredibile per l' epoca, di dare una dignità alla sbracatissima materia delle canzonette, articolandola cronologicamente e trasformandola in uno specchio di grossi avvenimenti nazionali dal 1930 in avanti.

Lo spettacolo è formato da agili siparietti alternati a canzoni emblematiche. Succede il finimondo. Dall'alto piovono i fulmini, si accusa ii copione di essere offensivo e blasfemo, di irridere al sacrificio del combattenti, di «prendere troppo in giro» il fascismo e la ricostruzione. La rivista viene mutilata e D'Anza, sdegnato, si ritira.

Torna qualche anno dopo alla Rai, ma solo per i teleromanzi. E sa cogliere, in mezzo agli incalzanti lavori di commissione, due meritati successi. Uno è Il segno del comando, su testo di Giuseppe D'Agata, arcana e rabbrividente storia di fantasmi in un'enigmatica Roma barocca, il primo thriller e horror televisivo di marca italiana dove alla sapiente ambientazione si accompagna una raffinala direttone di attori (in testa Ugo Pagliai) in un girotondo da commedia nera e romantica; e La coscienza di Zeno dal romanzo di Italo Svevo in cui l'obiettivo incentrato su un attore al meglio di sé, Alberto Lionello, permette a D'Anza di entrare profondamente nel risvolti più segreti e affascinanti e struggenti del personaggio. Del '75 è una produzione di consumo ad alto livello, L'amaro caso della baronessa di Carini e del '78 una riduzione, di robusto stampo teatrale, di Madame Bovary, protagonista Carla Gravina. L' anno scorso era negli studi di Torino: aveva girato Piccolo mondo moderno, da Fogazzaro, e s'apprestava a girare La ragazza dell'addio da Scerbanenco, ancora inedito: aveva una voce sempre più tenebrosa e roca e a chi lo interrogava tra una scena e l'altra rievocando anni lontani, rispondeva con un certo distaccato scetticismo, non privo di ombre di melanconia; ma si dichiarava ancora «pieno di cose da fare».

Ugo Buzzolan, «La Stampa», 13 aprile 1984


1984 04 13 Il Piccolo Daniele D Anza morte intro

ROMA — Daniele D’Anza avrebbe compiuto 62 anni il prossimo 20 aprile, ma nella sua casa di via Roccaraso non c'era aria di festeggiamenti. D'Anza — morto alle 12 di ieri a Roma — da sei mesi si stava curando un tumore alla gola. Sapeva di averlo ed aveva affrontato la situazione con dignità e speranza. Gli erano vicino, fra gli altri familiari, la figlia Cristina, di 35 anni, e la secondogenita, Vittoria, di 18 anni, nata dalla sua lunga unione con Luisella Boni, un'attrice brillante particolarmente nota negli anni '50 e '60, dalla quale ormai viveva separato ma che era corsa al suo capezzale da quando il male si era manifestato.

«Non si è mai abbattuto in questi mesi, dice la Boni, anzi ha sempre lavorato, ha scritto due sceneggiature. Una da un romanzo di Salgari, l’altra da un recente libro di Corrado Augias. Mi dispiace ma non ne ricordo i titoli».

Daniele D'Anza era nato a Milano nel 1922 e si era laureato in scienze politiche a Pavia. Era entrato in arte nei primi anni del dopoguerra fondando un settimanale di spettacolo («Platee») e poi aveva firmato la sua prima regia («per 25 metri di fango»), e cominciando a scrivere le sceneggiature cinematografiche. Fra queste, per Antonioni, quella per il film «Cronache di un amore».

Nei primi anni 50 era «scoppiata» a livello sperimentale la televisione, e D’Anza si era buttato con entusiasmo in questa nuova promettente avventura.

D'Anza si trovò al fianco di Sergio Pugliese, il primo direttore dei programmi televisivi, di Mario Landi e Franco Enriquez. Sua, in periodo sperimentale, la regia della commedia per prima andata in onda in tv: «La carrozza del SS. Sacramento», di Prospero Merimèe.

Fu il lavoro che apriva una lunga serie che si è conclusa l’estate scorsa a Torino dove il regista ha diretto, da un romanzo di Giorgio Seerba-nenco, «La ragazza dell’addio», sceneggiato in quattro puntate non ancora presentato.

È praticamente impossibile ricordare tutti i titoli della vasta produzione di D'Anza il quale ha sempre alternato il lavoro in televisione con le regie teatrali, e, in misura minore, con le sceneggiature cinematografiche.

Alcuni titoli delle sue regie per la tv: «Orgoglio e pregiudizio», «Il mattatore», «La coscienza di Zeno».

«Il Piccolo di Trieste», 13 aprile 1984


1984 04 13 Corriere della Sera Daniele Danza morte introROMA — (ANSA) E’ morto ieri a Roma all'età di sessantadue anni non ancora compiuti il regista televisivo Daniele D’Anza, stroncato da un male incurabile. D’Anza era nato a Milano il 20 aprile 1922 e si era laureato in scienze politiche all’Università di Pavia. Lascia due figlie, Cristina di 35 anni e Vittoria di 18, quest’ultima nata dalla sua lunga relazione con l'attrice Luisella Boni, da cui tuttavia negli ultimi anni viveva separato. I funerali si svolgeranno domani mattina a Roma, nella chiesa di Santa Maria in Montesanto, in piazza del Popolo.

Considerato, a buon diritto, uno dei «padri fondatori» della nostra televisione, uno dei registi che nell'epoca pionieristica dei primi anni di trasmissioni aveva fatto un po’ di tutto, e che nei tempi successivi aveva validamente contribuito ad esplorare e consolidare diversi «generi» popolari, Daniele D’Anza aveva tuttavia mosso i primi passi sui palcoscenici teatrali: sua, dopo diverse esperienze giovanili, era infatti la regia di uno spettacolo rappresentato nel '46 a Milano nel cortile del Castello, Per venticinque metri di fango, da «Seppellire i morti» di Irvin Shaw, che ebbe notevole successo e una certa risonanza anche politica, e fu tra l’altro il primo caso di spettacolo di produzione pubblica nel dopoguerra a Milano.

Dopo quel fortunato esordio professionale del ‘46 D'Anza continuò per vari anni ad occuparsi di teatro, mettendo in scena tra l’altro La professione della signora Warren di GJ1. Shaw nel '47, La macchina Infernale di Cocteau nel ’49,

Il malato immaginarlo di Molière nel '50, La signorina Giulia di Strindberg nel '55, A porte chiuse di Sartre nel ’60, Mare e whisky di Guido Rocca nel ’50, Raffaele di Vitaliano Brancoli nel '62, La leggenda di Ognuno di Hofmannsthal sempre nel ‘62, Il cavallo a vapore di Barillet e Grédy nel ‘69. Tra il ’46 e il ‘47 fondò anche un settimanale di spettacolo, «Platee».

Nel ’51 iniziò l’era della televisione italiana, e D’Anza fu chiamato a Torino insieme con Gino Landi e Franco Enriquez per i primi esperimenti sull’uso del nuovo mezzo: nel '52, con Landi, inaugurò i programmi e gli spettacoli di quella che fu chiamata la «settimana modello», punto di partenza dell’odierna articolazione delle trasmissioni. Tra il '52 e il ’57 realizzò per il piccolo schermo soprattutto testi teatrali, quegli spettacoli ripresi in studio «in diretta», come usava allora, che provocavano angosciosi problemi di memoria agli attori e ansie ai tecnici, ma che D’Anza avrebbe sempre rimpianto come espressione tra le più genuine del linguaggio televisivo. Diresse in quel periodo, tra l’altro, La carrozza del SS. Sacramento di Mérimée, la prima commedia data in televisione, La signora delle camelie di Dumas, Inquisizione di Diego Fabbri, La bisbetica domata di Shakespeare.

Nel ’57 inaugurò uno dei «filoni» per lui più proficui, quello dei «romanzi sceneggiati» (che ancora non si chiamavano sceneggiati e basta) con Orgoglio e pregiudizio di Austen, cui fece seguito l’anno dopo Nicola Nickleby di Dickens. Vennero poi nel '61 Vita col padre e con la madre con la Morelli e Stoppa, nel '64 Mark Twain, nel '70 Romolo il Grande e Antonio Meucci, cittadino toscano, contro il monopolio Bell, nel '73 Petroslno, nel '78 La Bovary di Flaubert.

L’altro «genere» televisivo cui D’Anza, pur non amandolo, legò il suo nome, è quello di alcuni «gialli» di successo: Paura per Janet di Francis Durbridge nel ’66, Melissa dello stesso autore nel ‘67, Giocando a golf, una mattina ancora di Durbridge nel ‘69, Coralba, scritto da lui con Biagio Proietti e Belisario Rondone nello stesso anno, e poi Il segno del comando, Illa, Punto d’osservazione, La sconosciuta, oltre a due racconti polizieschi di Dùrrenmatt con Paolo Stoppa.

Tra le altre sue esperienze televisive più rilevanti, gran successo ebbe nel '59 Il mattatore, scritto su misura per Gassman in collaborazione con l’attore, Guido Rocca e Federico Zardi, e l’anno dopo Il Novelliere n. 1, cui fece seguito nel ’68 un Novelliere n. 2, antologie televisive che legavano insieme racconti di un autore, da Pirandello a Wilde, da Cecov a Pavese a Moravia, tracciandone un ideale ritratto. Da ricordare anche, nel '62, Il giornalaccio, un singolare tentativo di giornale televisivo.

R.P., «Corriere della Sera», 13 aprile 1984



Filmografia

Cinema

Regista

Giove in doppiopetto (1954)
I piaceri del sabato notte (1960)
Pugni pupe e marinai (1961)

Sceneggiatore

Cronaca di un amore (1950)
Le due verità (1951)
Tam tam Mayumbe (1955)
I girovaghi (1956)

Televisione

Regista

Intrattenimento

Il Mattatore, con Vittorio Gassman, Marina Bonfigli, Paolo Ferrari, Programma nazionale RAI, 1959
Tempo di Musica, Rai 1

La bisbetica domata (1954) commedia
L'ex alunno (1957) Film TV
Orgoglio e pregiudizio (1957) sceneggiato
Il novelliere: The picture of Dorian Gray (1958) Film TV
Le avventure di Nicola Nickleby (1958) sceneggiato
La bisbetica domata (1958) prosa televisiva
Vita col padre e con la madre (1960) sceneggiato
Paura per Janet (1963) sceneggiato
Questa sera parla Mark Twain (1965) sceneggiato
Scaramouche (1965) sceneggiato
La coscienza di Zeno (1966) sceneggiato
Melissa (1966) sceneggiato
Il latitante (1967) Film TV
Il tuttofare (1967) Film TV
Il grande maestro (1967) Film TV
Don Giovannino (1967) Film TV
La scommessa (1967) Film TV
Totò Ciak (1967) Film TV
Totò a Napoli (1967) Film TV
Totò Ye Ye (1967) Film TV
Premio Nobel (1967) Film TV
Non cantare, spara (1968) Film TV
Giocando a golf una mattina (1969) sceneggiato
Antonio Meucci cittadino toscano contro il monopolio Bell (1970) sceneggiato
Coralba (1970) sceneggiato
Il segno del comando (1971) sceneggiato
Il giudice e il suo boia (1972) sceneggiato
Il sospetto (1972) sceneggiato
Joe Petrosino (1972) sceneggiato
ESP (1973) sceneggiato
Ho incontrato un'ombra (1974) sceneggiato
Accadde a Lisbona (1974) sceneggiato
L'amaro caso della baronessa di Carini (1975) sceneggiato
Extra (1976) sceneggiato
L'ultimo aereo per Venezia (1977) sceneggiato
Petrosino (1978) film TV
Madame Bovary (1978) sceneggiato
I racconti fantastici di Edgar Allan Poe (1979) sceneggiato
Orient-Express (1979) sceneggiato
L'ospite inatteso (1980) Film TV
Illa: Punto d'osservazione (1981) miniserie
La sconosciuta (1982) miniserie
La ragazza dell'addio (1984) miniserie
Piccolo mondo moderno (1984) miniserie

Sceneggiatore

Questa sera parla Mark Twain (1965) sceneggiato
Melissa (1966) sceneggiato
Giocando a golf una mattina (1969) sceneggiato
L'amaro caso della baronessa di Carini (1975) sceneggiato
L'ultimo aereo per Venezia (1977) sceneggiato
Madame Bovary (1978) sceneggiato
I racconti fantastici di Edgar Allan Poe (1979) sceneggiato

Prosa teatrale

Croque-monsieur , di Marcel Mithois, con Laura Adani, Mario Scaccia, Guido Marchi, Paola Quattrini, Antonio Fattorini, Marisa Pizzardi, Dina Sassoli, Gianni Bonagura, Gigi Reder, Ireneo Petruzzi, regia di Daniele D'Anza, stagione teatrale 1965 1966.

Varietà radiofonici RAI

Venticinquesima ora, di Silva e Terzoli con divagazioni di Orio Vergani orchestra Mario Consiglio regia di Daniele D'Anza (1952)