In TV la rivincita di Totò

Totò Franca

1959 08 16 Sorrisi e Canzoni TV intro

Otto film del grande comico napoletano che ora riempie i cinema - «Vorrei almeno essere rispettato» si lamentava l'attore dilaniato in vita dai critici. Oggi tutti gli riconoscono doti artistiche eccezionali e inimitabili.

Roma, marzo

La riscoperta di Totò è incominciata nella primavera del 1971, a quattro anni di distanza, più o meno, dal giorno della sua morte, avvenuta il 16 aprile del 1967. A Milano e a Roma, alcuni gestori di cinematografi di periferia, che probabilmente avevano dei «buchi» nel calendario delle loro programmazioni, pensarono di riempirli proiettando qualche vecchia pellicola del comico scomparso.

Accadde qualcosa di inaspettato. I cinematografi in cui si proiettavano «Totò a colori», «Totò le Moko» e «Un turco napoletano» furono presi letteralmente d’assalto. Il «grande ritorno» di Totò, da allora, non ha subito inceppamenti. Finché egli fu in vita, i critici fecero a gara nel demolire i suoi film e nel definire mediocre e volgare la sua comicità. Le eccezioni a questa regola furono rarissime. Adesso, invece, sono tutti d’accordo nel dichiarare che Totò fu un attore straordinario, capace con la sua sola presenza, e con le continue invenzioni del suo estro inesauribile, di riscattare anche il più rabberciato dei soggetti e dei film. «I critici», disse una volta Totò a un giornalista, «devono consigliare, non distruggere. Se lei entra qui, dice che questa stanza è brutta e poi mi sfascia la finestra, mi spacca l’armadio, mi rompe il lavandino, non è mica giusto. I critici io li rispetto, ma voglio anche essere rispettato da loro».

Ottenuta la sua rivincita grazie al successo che gli hanno decretato giovani e anziani, sapientoni e uomini semplici, Totò arriva adesso alla Tv, e sarà molto interessante seguire i dati del «Servizio Opinioni» della Rai per sapere quali indici di ascolto e di gradimento otterranno gli otto film che stanno per apparire sul video, ogni mercoledì, a partire dal prossimo 28 marzo. Di film, Totò ne ha interpretati più di cento fra il 1937 e il ’67, e nel periodo del boom vero e proprio, fra il ’49 e il '57, è arrivato al limite vertiginoso di sette-otto ogni anno.

«Sono nato in rione Sanità, il più famoso di Napoli», ha raccontato Totò parlando della propria vita. «Quel rione, in verità, ha nome Stella, e sta intorno alla stazione, ma per le buone arie tutti lo chiamano Sanità. La domenica pomeriggio le famiglie napoletane usavano riunirsi nelle case dell’una o dell’altra, e là chi suonava la chitarra, chi diceva la poesia, chi cantava.

Fece più di 100 film

«Erano riunioni per bene, niente pomiciamenti. I giovanotti guardavano le ragazze, gli tenevano la mano, si innamoravano. Non le schifezze di oggi. E così si passava il tempo, divagandosi. Io facevo scenette comiche, per gioco. Fu in quel modo che cominciai».

Dopo le recite in famiglia, Totò cerca la sua strada nel difficile mondo del teatro minore napoletano, e a 19 anni (era nato a Napoli nel 1898) si trasferisce a Roma per il debutto vero e proprio. Il locale si chiama Salone Elena, e per farsene un’idea basta dire che i suoi biografi lo definiscono «miserabile»; ma in breve Totò è già allo Jovinelli, un teatro con tutti i crismi della rispettabilità, e nel ’26, dopo il servizio militare, lo si trova al fianco della grande Isa Bluette, mentre i più celebri caffè-concerto di Napoli, Roma, Milano e Torino lo accolgono trionfalmente. La gente si butta via dalle risate al cospetto del pupazzo stralunato nel quale egli si trasforma in palcoscenico, capace di snodarsi in ogni dettaglio corporeo, di fissarsi in espressioni di torpore assoluto e surreale, di tornare alla compostezza d’origine dopo essere stato pinguino e spaventapasseri.

A Isa Bluette seguono Adriana Edelweiss, Clely Fiamma, Gioconda da Vinci, Clary Sand, nomi oggi appannati o dimenticati addirittura, ma a quel tempo famosi; però nell’elenco figurano anche Titina De Filippo e Anna Magnani, Lucy D’Albert e Isa Barzizza. Nel ’37, intanto, Totò è arrivato al cinema con «Fermo con le mani», al quale seguono «Animali pazzi» e «San Giovanni decollato». Dopo i grandi successi della rivista, che si intitolano «Volumineide», «Orlando Curioso», «C’era una volta il mondo», «Bada che ti mangio» (ma in realtà sono moltissimi, infiniti: questi sono soltanto i primi che vengono alla mente), Totò incomincia a sentire il «peso» del palcoscenico. Dal ’49 in poi il teatro di posa sostituisce completamente il teatro di varietà, e la popolarità si moltiplica in ragione dei milioni di spettatori che ora possono fare la sua conoscenza sullo schermo. Solo nel ’56 ci sarà un tentativo di ritorno, di nuovo accanto alla Magnani, con la rivista «A prescindere» di Nelli e Mangini: un ritorno triste, perché coincide con l’aggravarsi irrimediabile del male che affligge la vista di Totò e che non farà che peggiorare negli ultimi anni. Il male, in ogni caso, non è affatto sufficiente a togliergli l’entusiasmo e la volontà di lavoro. Proprio il «terzo periodo» della carriera cinematografica di Totò, dopo quello iniziale e il boom degli anni '50, corrisponde ad alcune delle sue interpretazioni più compiute, e — finalmente! — al suo incontro con autori e registi che non lo sfruttano unicamente per la sicurezza di successo che egli garantisce anche al film più sgangherato. E’ in questi anni che Totò lavora con Zampa, Monicelli, Rossellini, Lattuada, Pasolini.

Nei suoi cento e passa film, Totò è andato a mano a mano rifinendo il suo «tipo», il suo «carattere», la sua filosofia della vita fatta di brusche e perfide impennate contro ogni regola ammuffita del perbenismo, di sberleffi rivolti ai potenti e ai maneggioni, di frecciate mortali scagliate all’indirizzo degli imbecilli e dei malvagi di tutte le specie. Questo distinto signore che non tollera intrusioni nella sua sfera privata (un ambito movimentato da amori burrascosi e frequenti, e solo alla fine pacificato nel matrimonio con la bella Franca Faldini), questo principe che difende i propri diritti nobiliari, del tutto legittimi, contro gli invidiosi e i chiacchieroni, che ama la buona vita e le case confortevoli, quando recita è il contrario di se stesso. Vengono alla luce le sue origini, tornano fuori i «bassi» del rione Sanità, in questo clown, in questo classico pagliaccio che non ha rispetto per niente e per nessuno, e si diverte a mettere alla berlina, o ad irridere addirittura con vena popolaresca e plebea, tutti i tabù venerati dai buoni borghesi che corrono ad applaudirlo, e tra i quali del resto egli vuole collocarsi, e si colloca, come uomo «privato». Forse è proprio in questa contraddizione, dalla quale nascono risultati di comicità irrefrenabile e maliziosa, che vanno cercate l’origine e la definizione della grandezza dell’artista Totò.

Gianni Villa, «Sorrisi e Canzoni TV», anno XXII, n.12, 25 marzo 1973

1973 03 25 Sorrisi e Canzoni TV 2 intro


Il Piccolo
Gianni Villa, «Sorrisi e Canzoni TV», anno XXII, n.12, 25 marzo 1973