Incrocci Agenore (Age)

Agenore Incrocci 2

(Brescia, 4 luglio 1919 – Roma, 15 novembre 2005), è stato uno sceneggiatore italiano.

Biografia

Fratello minore dell'attrice Zoe Incrocci, trascorre l'infanzia girando con la famiglia, costretta a spostarsi per motivi di lavoro, per tutta l'Italia.

Trova impiego presso una stazione radiofonica e inizia a lavorare come giornalista, scrivendo testi comici per il varietà. Nel frattempo s'iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, per interrompere gli studi a pochi esami dal conseguimento della laurea.

Durante la Seconda guerra mondiale è costretto ad abbandonare il suo lavoro per prestare servizio nell'esercito e passa i primi quattro anni in Francia, tra l'esercito francese e le prigioni tedesche, riuscendo a fuggire arruolandosi poi per un anno nell'esercito statunitense. Tornato dal fronte, ritorna a lavorare in radio, iniziando allo stesso tempo a scrivere per alcune riviste teatrali e testate umoristiche.

In coppia con Furio Scarpelli, con cui forma la coppia storica Age & Scarpelli, hanno operato con inesauribile vena nel filone comico del dopoguerra prima, nella cosiddetta commedia all'italiana poi, lavorando con i maggiori esponenti del genere, da Monicelli (I soliti ignoti, 1958; La grande guerra, 1959; L'armata Brancaleone, 1966; Romanzo popolare, 1974) a Germi (Sedotta e abbandonata, 1964; Signore & signori, 1966; Alfredo, Alfredo, 1972), da Dino Risi (I mostri, 1963) a Comencini (Tutti a casa, 1960) e Scola (C'eravamo tanto amati, 1974). Insieme a Scarpelli, riceve il Premio Flaiano per la sceneggiatura.

Con il decadimento della commedia all'italiana, anche i due sceneggiatori perdono l'incisività dei loro momenti migliori e si separano.

Age firma opere minori come Dagobert di Risi e Il conte Max di Christian De Sica.

Nel 1990 pubblica Scriviamo un film, un manuale di tecnica della sceneggiatura che riscuote un discreto successo.

Age, da tempo malato, muore in un ospedale romano all'età di 86 anni.

Nel luglio del 2010: Prima Edizione del Premio Age a Pescasseroli: "Celebrare i morti è diventato quasi una routine, ma nel caso di Age è diverso: è uno dei protagonisti del cinema italiano ad averlo meritato di più". Con queste parole Ettore Scola ha presentato la prima edizione del premio a lui dedicato. Questa manifestazione rende omaggio alla figura e all'eredità artistica del grande sceneggiatore, Agenore Incrocci, in arte Age, il Comune di Pescasseroli ha istituito il Premio perché la località abruzzese ha adottato da tempo come concittadino Age che vi trascorse lunghi periodi e oggi è sepolto nel cimitero del paese.

19-24 luglio 2011: Seconda edizione del premio Age - Tutti a casa non è solo un gioco di parole che richiama il celebre film scritto da Age per Luigi Comencini ma permette di evidenziare l'apertura per la prima volta al pubblico della sua casa a Pescasseroli, la bella località abruzzese. La visita all'abitazione, guidata affettuosamente dagli amici Ettore e Silvia Scola, Dacia Maraini con il figlio Alberto Incrocci, ripercorre una memoria intatta di scritti, foto, il curatissimo giardino, angoli intimi e sale di spassosi giochi e passatempi. Il premio Age 2011 va a Paola Cortellesi quale interprete eccellente della commedia italiana, non solo cinematografica.


Così la stampa dell'epoca

1977 07 16 L Unita Age Scarpelli intro

Ammettiamo che con l film, gìra e rigira, ci si muove sempre nel gran campo del già veduto: ma forse per la prima volta in questo ciclo è il punto di vista che tenta d'essere diverso, richiamando l’attenzione non sul regista o sul protagonista. ma su uno o più collaboratori senza volto, che molto spesso sono quelli che in fase preparatoria danno voce, fisionomia, umore e sfondi all’azione. fino al punto di diventare direttamente corresponsabili e. pertanto, co autori. Sono i soggettisti e gli sceneggiatori del cinema. Vanno dalla semplice manovalanza al talento inimitabile (Zavattini per tutti). Dall’esperienza, traggono uno stile che a lungo andare l'appassionato di cinema comincia a distinguere, affiancato o incorporato in quello del regista. Per non dire dei molti casi in cui lo sceneggiatore fa tesoro della sua pratica, diventando regista a sua volta.

La Rete 1 della nostra TV sta compiendo alcuni esercizi pratici su quanto andiamo dicendo, in un ciclo di otto film appena iniziato, lunedi scorso, a cura di Claudio Giorgio Fava e di Paolo Valmarana. Ha scelto per la sua trattazione una coppia prolifica e fortunata, Age e Scarpelli, sulla breccia dell'immedlato dopoguerra e creatrice di alcune sceneggiature che toccano primati d’incasso. Age si chiama, in realtà, Agenore Incrocci, ed è nato a Brescia; Scarpelli si chiama Furio ed ha conservato il vero nome. E' nato a Roma. Il fatto d’essere coetanei, tutti e due del ’19. comincia subito a rendere le loro vite parallele: la guerra, la prigionia. il tirocinio alla radio, nelle riviste umoristiche e nel giornalismo. In questa veste iniziano a lavorare per il cinema, e il numero del copioni da loro firmati (o nemmeno firmati) è oggi pressoché Incalcolabile. Sulla loro attività, comunque, Age e Scarpelli raccontano qualcosa in due interviste già registrate che figurano nel ciclo stesso.

Dapprima, i due vennero messi al servizio degli attori più popolari del momento, per fornire presto e bene i testi necessari. Eravamo nel 1947, e il cinema stava lanciando su larga scala Totò, che girava un film dopo l’altro. Non gli serviva neppure un soggetto vero e proprio, e quasi non gli serviva un regista. Aveva bisogno di una valanga di battute, trovate. scenette, giochi di parole che lui poi s’incaricava di concatenare In un unico ameno spettacolo. L’incarico era congeniale ai due giovani sceneggiatori, grazie ai loro trascorsi nei settimanali umoristici e tra le quinte del varietà. Abbiamo avuto un saggio di tale collaborazione in Totò e le donne (1952) di Steno e Monicelli. Allegria sbrigativa, naturalmente, ma quando il loro prestigio fu consolidato sullo schermo. Age e Scarpelli scrissero per Totò almeno una sceneggiatura ben diversa, cosi spregiudicata da passare i suoi guai con la censura e da essere falla sparire dalla circolazione a tult’oggi in pieno clima di revival e di recuperi più o meno fanatici. Era Totò e Carolina (1955) di Monicelli. sull’eccessiva indulgenza di un agente della celere per una ragazza di vita. E’ chiaro che questo film non si vedrà nemmeno in occasione del presente ciclo.

Il programma, del resto, non è garantito in ogni sua parte. Diamo qui. di seguito. I titoli che i curatori ci dicono quasi sicuri. Vi è un piacevole Cinema d'altri tempi (1953) di Steno, con Lea Padovani che fa il verso a Francesca Bertini e Lyda Borelli insieme, ma la corda della parodia non è forse quella che Age e Scarpelli sentono di più. Il terzo lunedi prevede Nata di marzo (1958) di Antonio Pietrangeli. una schermaglia di amori giovani che ebbe il suo quarto dora di fortuna. Ma nello stesso anno giunge per la coppia il successo incontrastalo: siamo ai Soliti ignoti di Mario Monicelli, questa grande ballata di poveri ladri, di vernacoli a contrasto, di gerghi carcerari e di scassi che si concludono in pasta asciutta. Nasce qui la cosiddetta commedia all'italiana: prima c'era solo la commedia alla romana. La commedia all'italiana, invece, si dilata in un lavoro di autentica ricerca linguistica, e diviene sulla pagina qualche cosa di attentamente elaborato e concertato, prima di farsi una forma espressiva sulle labbra degli attori. Si comincia a notarlo in un film che non rientra In questo ciclo ma già ripetutamente sfruttato sul video. La Grande Guerra (1959) di Monicelli. in cui protagonista è in primo luogo quel gruppo di dialetti e sottodialetti che forma l'Italia.

Intanto, ha avuto termine il periodo di stretta collaborazione con Totò, e si è aperto quello non meno fruttuoso con Vittorio Gassman. Tutta la seconda parte del ciclo si sofferma sul nome dell’irrequieto mattatore, proponendogli occasioni di diverso livello e qualità. Appuntiamo comunque i titoli dati «quasi» per sicuri: Il mattatore (1960) di Dino Risi. I mostri (1963, Age e Scarpelli hanno scritto solo il soggetto) e Il tigre (1967) sempre di Risi, Brancaleone alle crociate (1970) di Monicelli.

Con i suoi vivaci Interessi di cultura e di rinnovamento e con la sua raffinata attenzione per una nuova via critica e mistilingue da sperimentare nel teatro e nel cinema. Gassman ha inteso il valore dell’opera che Age e Scarpelli faticosamante portavano avanti, e più volte la ha sviluppata anche sulla scena. La complessa galleria di personaggi che vediamo nel Mattatore, portato appunto dal teatro allo schermo, ne reca qualche segno. E cosi, pure frammentato e spezzettato in cento capitoletti tragicomici. In una gara davvero mostruosa di trasformismo dove Tognazzi dà la mano a Gassman con pari bravura e disinvoltura, abbiamo I mostri, nel quale un'Italia becera o salottiera si esprime tutta con la terminologia dei fumetti o dei teleromanzi. Infine, la serie televisiva annovera Tra le maggiori fatiche di Age e Scarpelli quel Brancaleone alle crociate, fratello minore del celebre l'armata Brancaleone, nel quale le gesta pseudo storiche di un gruppo di cavalieri scalcinati si snoda nella parlata «volgare» (in tutti i sensi volgare) del primo millennio, con un maccheronico goliardismo e possanza gassmanaiana. Degli otto film In programma, almeno in questo risalta chiarissimo anche allo spettatore meno attento che la sceneggiatura prevale su ogni altro elemento di realizzazione.

Dal che una possibilità: organizzare di tanto in tanto altri cicli di film italiani, ristudiandoli attraverso i loro sceneggiatori. I nomi non mancano. e non mancherebbero nemmeno le sorprese. Ci piacerebbe che la iniziativa, nata forse per l naufraghi del luglio e l'agosto, si rinnovasse opportunamente anche nella stagione televisiva più piena.

Tino Ranieri, «L'Unità», 16 luglio 1977


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«La Grande Guerra», «C' eravamo tanto amati», «I Mostri»: ne basterebbe uno, invece li hanno fatti tutti.

2001 07 11 L Unita Age Scarpelli f1Ci sono sceneggiatori di vaglia che sanno scrivere anche da soli. Spesso sono anche registi: Woody Allen è l'esempio più clamoroso. C'è da domandarsi come facciano: debbono essere incredibilmente sicuri di se stessi. Il 99% degli scrittori di cinema vi direbbero che la sceneggiatura è una partita a ping-pong: uno tira la pallina e l'altro la restituisce con un effetto diverso. È una regola che vale soprattutto per la commedia: nessuno (tranne, forse, il citato Woody) può prevedere nel chiuso della propria stanzetta quando e dove arriverà la risata. Il tuo partner è il primo spettatore: se ride lui. c’è speranza che ridano anche gli altri.

Se un giorno troveremo la famosa lampada di Aladino, e avremo a disposizione i fatidici tre desideri, prima sistemeremo le finanze di familiari & amici, poi assicureremo salute imperitura a noi e ai nostri cari, e infine ci giocheremo il jolly: chiederemo ai viaggiare nel tempo e nello spazio per arrivare. invisibili, ad una seduta di sceneggiatura di Age & Scarpelli. Chissà le risate che si sono fatti, nello scrivere La grande guerra, Totò a colori, I soliti ignoti, I mostri, Tutti a casa, L'armata Brancaleone, Totò e Carolina, La banda degli onesti, Totò sceicco, Il medico e lo stregone, Il mattatore, Straziami ma di baci saziami, La marcia su Roma, Il buono il brutto il cattivo, Riusciranno i nostri eroi, Dramma della gelosia, Ceravamo tanto amati.

Ci fermiamo qui: abbiamo citato 17 titoli, alla faccia della scaramanzia. senza nemmeno aprire l'enciclopedia. Basta la memoria, o meglio. la Memoria, con La «m» maiuscola: e non semplicemente quella del cinema, ma la memoria del nostro paese, che Age & Scarpelli incarnano meglio di chiunque altro. Per decenni hanno lavorato in coppia, studiando gli italiani e mettendoli nero su bianco. Come altre coppie celebri della commedia italiana (Scola & Maccari Benvenuti & De Bernardi) hanno fatto un magnifico gioco di squadra. Sono stati loro, i primi a ridere per quei film: che Dio li benedica. Ma trovarsi invisibili, nel momento in cui regalano le prime battute a Brancaleone da Norcia o a Pep-pe «er pantera», non ci servirebbe solo a farci due risate con loro. Potremmo soddisfare quella curiosità perversa e voyeuristica che ci ha sempre colto di fronte ai loro capolavori. Sapremmo finalmente chi ha scritto le seguenti battute: «sarai mondo se monderai lo mondo» (il monaco Zenone/Enrico Maria Salerno in Brancaleone). «sportivo!» (Capannelle nei Soliti ignoti), «all’ospedale c ero già stato tanti anni fa. quand'ero vecchio» (sempre Capannelle. ma nel seguito Audace colpo), «dia retta a me: sua sorella fa trombone» (Totò in Totò a colorì), «sto a dieta, nun posso magnà gli idrocarburi» (Giovanna Ralli in Ceravamo tanto amati), «sono tornato come il conte di Montecristo: ricco e spietato» (Manfredi in Straziami). «aritanga romba coiota» (sempre Manfredi, da sciamano, in Riusciranno i nostri eroi), «levati la pistola e mettiti le mutande» (Clint Eastvvood in II buono il brutto il cattivo), «voi magnà? Magna!» (Gas-sman a Tognazzi nel finale dei Mostri). fino a quella che migliaia di anni fa, da bambini, durante un ciclo di film alla Rai. ci fece scoprire il romanesco, quindi il cinema italiano, quindi l'Italia: «semo l’anima de li mortacci tua! Prima spari e poi dici chi va là?» (Sordi nella Grande guerra). Certo, è probabile che attori/autori come Sordi e Totò ci mettessero del loro, è sicuro che registi come Monicelli. Risi. Scola e Comencini contribuissero con idee fulminanti.

Ma dietro questo distillato d'italianità ci sono loro. Age & Scarpelli, che quando glielo chiedete (chi l’ha scritta quella? E dai, confessate) giustamente nicchiano, e difendono il segreto professionale, l'interesse di bottega. Sia chiaro: la suddetta parola, «bottega», è usata nel senso migliore che possiate immaginare. quello rinascimentale, michelangiolesco. Age & Scarpelli hanno gestito la miglior bottega di quel rinascimento filmico che fu il cinema italiano dal dopoguerra fino all'inizio degli anni 70. Iniziando nel '49. da trentenni (sono entrambi del '19) al servizio di Totò, non hanno incrociato il neorealismo. semmai l'hanno riciclato in film come Totò e Carolina e I soliti ignoti che hanno saputo raccontare l'Italia popolare come i capolavori di De Sica e Rossellini. Il tramite fra loro e il cinema dei grandi autori è stata Suso Cecchi D’Amico, che con la mano destra inventava le tragicomiche avventure dei Soliti ignoti e con la sinistra (o viceversa, fate voi) vergava Rocco e i suoi fratelli per Visconti. Sono i grandi romanzi dell'Italia del dopoguerra. superiori a (quasi) tutti i romanzi su carta, e se oggi gli eredi non sono all'altezza, non diamo la colpa ai vecchi. Piuttosto, ribadiamo che la bottega è fonda-mentale e che pensare di sostituirla con botteghe virtuali in stile internet è una fesseria. Per scrivere grande cinema bisogna frequentare gli autobus, gli stadi, le bische, le asterie, le fabbriche, in una parola: gli uomini (e le donne). Quella era la ricetta, e non ce ne sarà mai un'altra.

Alberto Crespi, «L'Unità», 11 luglio 2001


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Cinquant'anni di storia d’Italia ricostruita attraverso i film di Age & Scarpelli. Lo ha fatto Alessia Accardo con Age & Scarpelli. La storia si fa commedia, tesi di laurea diventata un libro per le edizioni Ancci (l'associazione dei circoli cinematografici italiani), presentato l’altra sera a Roma, insieme alia coppia di grandi sceneggiatori e a Mario Monicelli, grande vecchio del cinema italiano. Col quale Age & Scarpelli hanno cominciato la loro straordinaria carriera nel lontano ’49 con Totò cerca casa.

«Certo che nei loro film - dice Monicelli- c’è la storia del nostro paese. E non solo in quelli fatti insieme a me. Ma se per Rosi e Perii questa scelta era cosciente, per noi no. A noi ri piaceva semplicemente raccontare delle storie. Poi siccome avevamo una profonda coscienza politica e morale ed eravamo coscienti delle cose che ci avvenivano intorno, tutto questo
entrava nelle nostre storie in modo naturale». Come dire, insomma, non solo il Neorealismo è stato lo specchio del Paese. Ma a anche la Commedia all'italiana ha avuto la sua parte nel raccontare la nostra storia, nonostante la critica, soprattutto quella militante di una volta, ha tardato a riconoscerle questo merito. «In quegli anni - interviene Furio Scarpelli - c erano due anime nel cinema di casa nostra: quella impegnata di Visconti, Rossellini. del Neorealismo e l'altra, meno schierata, della quale abbiamo fatto parte noi.

Quella che ancora non era stata battezzata come commedia all'italiana. E poi. al centra tra le due, c era Cesare Zavattini. che col suo lavoro straordinario ha saputo mettere insieme i due opposti».

Ed è questo che oggi dovrebbe tornare a fare il cinema, dice Scarpelli «Anzi i giovani autori di oggi hanno già ricominciato a farlo. Il cinema del resto nella sua specificità di narrazione popolare ha il dovere di narrare il suo paese. Lo fanno anche gli americani. Certo, per noi allora era un intento politico». Oggi, invece, secondo Scarpelli la sola definizione, «politico», fa storcere la bocca a molti. «Purtroppo - prosegue lo sceneggiatore - ormai nel nostro paese è avvenuto un grave processo di spoliticizzazione. L'Italia è un paese oscuro che è riuscito a creare il fascismo e quindi il nazismo, la mafia e il qualunquismo. Ecco, gli antipolitici e gli apolitici sono i personaggi più esecrandi. Quelli cioè che non provano sufficiente indignazione di fronte alla mafia, alle ingiustizie. alle diseguaglianze sociali. E l'io ha preso il posto dei noi anche a sinistra».

Lo stesso fatto di voler raccontare la realtà, perciò, conclude Scarpelli è di per se un approccio «politico». «Purtroppo però i giovani oggi non sanno che essere politici è un punto di merito. Proprio in questi ultimi tempi abbiamo visto dei film di giovani autori che hanno saputo raccontare la realtà che ci circonda e che hanno avuto successo. Ma se dovessimo andare a dire loro che c’è un intento politico ci risponderebbero sicuramente: ohibò!».

Gabriella Gallozzi, «L'Unità», 11 luglio 2001


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Monicelli sprona i giovani: raccontate momenti e personaggi della politica, sono un vero serbatoio di spunti. Cerami contesta: il cinema si nutre anche di esotismo, molti film impegnati degli anni ‘60 erano ideologici

ROMA «Age & Scarpelli hanno raccontato la realtà italiana come nessun altro ha saputo fare. Ma oggi è il momento buono per ricominciare. Ci sono dei momenti e dei personaggi della politica che offrono talmente tanti spunti... Noi con la Destra al potere, siamo stati per cinquant'anni all'opposizione. Oggi col governo della destra si può ritornare a fare della bella commedia all'italiana». Per Mario Monicelli. insomma, è il momento buono per i giovani, registi e sceneggiatori. Per i «nipotini» di Age & Scarpelli.

Nel momento in cui si parla ovunque di «primavera» del cinema italiano, stiamo assistendo, infatti, all'affermarsi di nuovi talenti tra gli scrittori di cinema Heidrun Schleef, per esempio. Sceneggiatrice insieme a Linda Ferri e allo stesso Nanni Moretti di La stanza del figlio. Palma d oro all'ultimo festival di Cannes. Tedesca «trapiantata» a Roma da molti anni - parla perfettamente «romanaccio» - Heidrun ha firmato una lunga serie di pellicole che. per dirla con Furio Scarpelli. - vedi pezzo in alto - raccontano la realtà con sguardo «politico»: La seconda vlta di Mimmo Calopresti, riflessione molto «morettiana» sul terrorismo: Animali che attraversano la strada di Isabella Sandri che punta l'obiettivo sull’universo delle periferie romane e Giro di lune tra terra e mare, straordinario affresco d'autore (lo firma Beppe Caudino) su splendori e miserie di Pozzuoli, raccontate tra passato e presente e dialoghi in napoletano e latino.

«Non so - dice la sceneggiatrice -se quella di oggi sia veramente una tendenza Certo è che in Italia il cinema ha sempre raccontato la realtà. Poi ad alcuni si aggiunge anche il senso politico. E io, da parte mia, ho sempre scelto questo genere di film perché mi interessa particolarmente». Però non è detto che l’approccio «politico» debba per forza avere un genere privilegiato, conferma Heidrun: «Dipende dal tipo di sguardo. Poi se è una commedia o un dramma non importa. Guardate il cinema di Virzì, per esempio...».

E proprio dalla «scuderia» di Virzì. infatti viene un altro nome emergente tra gli scenaggiatori di oggi: Francesco Bruni che dello stesso regista ha sceneggiato La bella vita, Ovoso do e sta firmando la fortunata serie televisiva di Montalbano. Un esempio. perciò, di «racconto popolare» che incrocia anche temi di valenza sociale. Chi, invece, non è d'accordo con l'idea che il racconto della realtà sia già un sinonimo, in qualche modo. di «impegno» è Vincenzo Cerami. affermato scrittore «prestato» al cinema al fianco di Roberto Benigni. «La realtà - dice - è un mito. E il realismo è una scuola fondamentale dell'arte e tanto più per il cinema che si nutre di realtà. Già gli uomini primitivi disegnavano le fiere sulle pareti delle loro caverne. Un po’ per esorcizzarne il pericolo, un po' per educare i bambini a temerle. D'allora l'uomo ha sempre rappresentato la realtà. Ma il cinema, però, si nutre anche di reveries e di esotismo. Il Neorealismo aveva fatto impressione perché aveva eliminato la finzione e il pubblico poteva riconoscere le sue case i suoi luoghi». Però, prosegue Cerami. « non è sufficiente prendere un fatto di cronaca per raccontare l'Italia quel la vera e che non si vede. Del resto se prendiamo certi film degli anni Sessanta e Settanta, quelli cosiddetti "impegnati’, rivedendoli oggi ci accorgiamo che sono brutti, demagogici e i personaggi sono piegati all’ideologia. Quando un film è bello si può dire che é impegnato, altrimenti resta un brutto film. Come diceva Proust “il messaggio é come il prezzo lasciato su un regalo"».

ga.g., «L'Unità», 11 luglio 2001



Filmografia

I due orfanelli, regia di Mario Mattoli (1947)
Vivere a sbafo, regia di Giorgio Ferroni (1949)
Totò cerca casa, regia di Steno, Mario Monicelli (1949)
Totò cerca moglie, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)
47 morto che parla, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)
Il vedovo allegro, regia di Mario Mattoli (1950)
I cadetti di Guascogna, regia di Mario Mattoli (1950)
Figaro qua, Figaro là, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1950)
Tototarzan, regia di Mario Mattoli (1950)
Totò sceicco, regia di Mario Mattoli (1950)
O.K. Nerone, regia di Mario Soldati (1951)
Signori, in carrozza!, regia di Luigi Zampa (1951)
Sette ore di guai, regia di Vittorio Metz, Marcello Marchesi (1951)
L'eroe sono io, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1951)
Auguri e figli maschi!, regia di Giorgio Simonelli (1951)
Arrivano i nostri, regia di Mario Mattoli (1951)
Totò terzo uomo, regia di Mario Mattoli (1951)
Cameriera bella presenza offresi..., regia di Giorgio Pàstina (1951)
Una bruna indiavolata, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1951)
Totò e le donne, regia di Steno, Mario Monicelli (1952)
Totò a colori, regia di Steno (1952)
Ragazze da marito, regia di Eduardo De Filippo (1952)
Il segreto delle tre punte, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1952)
Don Lorenzo, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1952)
A fil di spada, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1952)
I tre corsari, regia di Mario Soldati (1952)
Gli uomini, che mascalzoni!, regia di Glauco Pellegrini (1953)
Ci troviamo in galleria, regia di Mauro Bolognini (1953)
L'incantevole nemica, regia di Claudio Gora (1953)
Napoletani a Milano, regia di Eduardo De Filippo (1953)
Capitan Fantasma, regia di Primo Zeglio (1953)
Cinema d'altri tempi, regia di Steno (1953)
Ivan (il figlio del diavolo bianco), regia di Guido Brignone (1953)
Villa Borghese, regia di Gianni Franciolini (1953)
Sinfonia d'amore, regia di Glauco Pellegrini (1954)
Ridere! Ridere! Ridere!, regia di Edoardo Anton (1954)
Tempi nostri, regia di Alessandro Blasetti (1954)
Casa Ricordi, regia di Carmine Gallone (1954)
Casta Diva, regia di Carmine Gallone (1954)
Totò e Carolina, regia di Mario Monicelli (1955)
Le signorine dello 04, regia di Gianni Franciolini (1955)
Don Camillo e l'onorevole Peppone, regia di Carmine Gallone (1955) (non accreditato)
Bravissimo, regia di Luigi Filippo D'Amico (1955)
Racconti romani, regia di Gianni Franciolini (1955)
Una pelliccia di visone, regia di Glauco Pellegrini (1956)
Tempo di villeggiatura, regia di Antonio Racioppi (1956)
Peccato di castità, regia di Gianni Franciolini (1956)
La banda degli onesti, regia di Camillo Mastrocinque (1956)
Totò lascia o raddoppia?, regia di Camillo Mastrocinque (1956) (non accreditato)
Il bigamo, regia di Luciano Emmer (1956)
Il medico e lo stregone, regia di Mario Monicelli (1957)
Padri e figli, regia di Mario Monicelli (1957)
Souvenir d'Italie, regia di Antonio Pietrangeli (1957)
Totò, Peppino e le fanatiche, regia di Mario Mattoli (1958)
Primo amore, regia di Mario Camerini (1958)
Nata di marzo, regia di Antonio Pietrangeli (1958)
I soliti ignoti, regia di Mario Monicelli (1958)
La legge è legge, regia di Christian-Jaque (1958)
Policarpo, ufficiale di scrittura, regia di Mario Soldati (1959)
La grande guerra, regia di Mario Monicelli (1959)
Risate di gioia, regia di Mario Monicelli (1960)
Il mattatore, regia di Dino Risi (1960)
Audace colpo dei soliti ignoti, regia di Nanni Loy (1960)
Tutti a casa, regia di Luigi Comencini (1960)
I due nemici, regia di Guy Hamilton (1961)
Divorzio all'italiana, regia di Pietro Germi (1961)
A cavallo della tigre, regia di Luigi Comencini (1961)
Totò e Peppino divisi a Berlino, regia di Giorgio Bianchi (1962)
Il commissario, regia di Luigi Comencini (1962)
Mafioso, regia di Alberto Lattuada (1962)
La marcia su Roma, regia di Dino Risi (1962)
Il maestro di Vigevano, regia di Elio Petri (1963)
I compagni, regia di Mario Monicelli (1963)
I mostri, regia di Dino Risi (1963)
Follie d'estate, regia di Edoardo Anton, Carlo Infascelli (1963)
Sedotta e abbandonata, regia di Pietro Germi (1964)
Frenesia dell'estate, regia di Luigi Zampa (1964)
Casanova '70, regia di Mario Monicelli (1965)
I complessi, regia di Dino Risi, Franco Rossi, Luigi Filippo D'Amico (1965)
Signore & signori, regia di Pietro Germi (1966)
Io, io, io... e gli altri, regia di Alessandro Blasetti (1966)
L'armata Brancaleone, regia di Mario Monicelli (1966)
I nostri mariti, regia di Dino Risi, Luigi Zampa, Luigi Filippo D'Amico (1966)
Il buono, il brutto, il cattivo, regia di Sergio Leone (1966)
Le streghe, regia di Mauro Bolognini, Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini, Franco Rossi, Luchino Visconti (1967)
Il tigre, regia di Dino Risi (1967)
Capriccio all'italiana, regia di Mauro Bolognini, Mario Monicelli, Pier Paolo Pasolini, Steno, Pino Zac, Franco Rossi (1968)
Straziami, ma di baci saziami, regia di Dino Risi (1968)
Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?, regia di Ettore Scola (1968)
Quel negozio di Piazza Navona (1969) Miniserie TV
Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca, regia di Ettore Scola (1970)
Rosolino Paternò, soldato..., regia di Nanni Loy (1970)
FBI - Francesco Bertolazzi investigatore (1970) Miniserie TV
Brancaleone alle crociate, regia di Mario Monicelli (1970)
Noi donne siamo fatte così, regia di Dino Risi (1971)
In nome del popolo italiano, regia di Dino Risi (1971)
Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto, regia di Vittorio Gassman (1972)
Vogliamo i colonnelli, regia di Mario Monicelli (1973)
Teresa la ladra, regia di Carlo Di Palma (1973)
C'eravamo tanto amati, regia di Ettore Scola (1974)
Romanzo popolare, regia di Mario Monicelli (1974)
La donna della domenica, regia di Luigi Comencini (1975)
Signore e signori, buonanotte, regia di Age, Leonardo Benvenuti, Luigi Comencini, Piero De Bernardi, Nanni Loy, Ruggero Maccari, Luigi Magni, Mario Monicelli, Ugo Pirro, Furio Scarpelli ed Ettore Scola (1976)
Basta che non si sappia in giro, regia di Nanni Loy, Luigi Magni, Luigi Comencini (1976)
I nuovi mostri, regia di Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola (1977)
Doppio delitto, regia di Steno (1977)
Cocco mio, regia di Jean-Pierre Rawson (1979)
Temporale Rosy, regia di Mario Monicelli (1980)
La terrazza, regia di Ettore Scola (1980)
I seduttori della domenica, regia di Bryan Forbes, Édouard Molinaro, Dino Risi, Gene Wilder (1980)
Camera d'albergo, regia di Mario Monicelli (1981)
Nudo di donna, regia di Nino Manfredi (1981)
Spaghetti House, regia di Giulio Paradisi (1982)
Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada, regia di Lina Wertmüller (1983)
Il tassinaro, regia di Alberto Sordi (1983)
Dagobert, regia di Dino Risi (1984)
Scemo di guerra, regia di Dino Risi (1985)
I soliti ignoti vent'anni dopo, regia di Amanzio Todini (1985)
Una botta di vita, regia di Enrico Oldoini (1989)
La romana (1988) (TV)
Luisa, Carla, Lorenza e... le affettuose lontananze, regia di Sergio Rossi (1989)
La pagaille, regia di Pascal Thomas (1991)
Il conte Max, regia di Christian De Sica (1991)
Boom, regia di Andrea Zaccariello (1999)


Riferimenti e bibliografie:

  • (EN) Agenore Incrocci, su Internet Movie Database, IMDb.com
  • (EN) Agenore Incrocci, su AllMovie, All Media Network
  • (DE, EN) Agenore Incrocci, su filmportal.de