Rissone Giuditta

Giuditta_Rissone

(Genova, 10 marzo 1895 – Roma, 31 maggio 1977) è stata un'attrice italiana, attiva in teatro e nel cinema.

Biografia

Proveniente da una famiglia di attori, sorella di Checco Rissone, esordì giovanissima in teatro con Lyda Borelli e raggiunse la notorietà quando entrò a far parte, nel 1921, della compagnia di Vera Vergani, Luigi Cimara e Luigi Almirante, diretta dal drammaturgo Dario Niccodemi (vedi foto).

Divenne "prima attrice" nel 1927, nella compagnia di Sergio Tofano, che era specializzata nel repertorio brillante. La Rissone era infatti un'attrice dalle spiccate doti comiche.[1] In seguito passò al teatro di rivista con la compagnia Za-Bum e nel 1931 fu tra i protagonisti de Le lucciole della città, al fianco di Vittorio De Sica, nel 1937 ad Asti l'attrice di Torino sposò Vittorio De Sica e dal quale l'anno dopo ebbe una figlia, Emilia. In seguito i due si separarono e De Sica contrasse una seconda unione con Maria Mercader.[2]

Nel 1933, a coronamento della fama raggiunta, Giuditta Rissone "entrò in ditta" con Tofano e De Sica, cioè creò, insieme a loro, una compagnia teatrale che portava i loro nomi (denominata quindi Tofano-Rissone-De Sica). Tofano lasciò la formazione due anni dopo[3], sostituito da Umberto Melnati. La compagnia così composta durò fino al 1939, affermandosi nella realizzazione di spettacoli brillanti e ottenendo grandi successi, tra i quali la messa in scena di Due dozzine di rose scarlatte di Aldo De Benedetti. Dopo la seconda guerra mondiale, però, la Rissone fece soltanto alcune sporadiche apparizioni sul palcoscenico.[4]

Nel corso della sua carriera partecipò a numerosi film, spesso al fianco di De Sica, talvolta in trasposizioni di testi già proposti in teatro. Nel 1962 Federico Fellini la chiamò a interpretare la madre di Guido Anselmi (Marcello Mastroianni) in 8½.


Galleria fotografica e stampa dell'epoca

1977 06 01 La Stampa Giuditta Rissone morte intro

Roma, 31 maggio.

1977 06 01 La Stampa Giuditta Rissone morte f1Giuditta Rissone è morta verso le 10 di stamane, in una clinica di Roma dove era ricoverata da qualche giorno. Le era vicina la figlia Emy, nata dal matrimonio con Vittorio De Sica. Accanto alla sorella, sono accorsi Manuel e Christian, i figli che De Sica ebbe da Maria Mercader. La Rissone era nata a Genova il 28 agosto 1895 da una famiglia di attori di antichissime origini. Oltre che nel teatro di cui fu una protagonista, ebbe un suo posto, sia pure non di primo piano, anche nel cinema, partecipando tra il '50 e il 40 a film di successo, da La segretaria per tutti a Ore nove lezione di chimica, a Teresa Venerdì. Nel dopoguerra le sue apparizioni sullo schermo furono saltuarie, Fellini la volle nella parte della madre di Mastroianni in 8 1/2, Totò in un suo film. Ultimamente aveva accettato di interpretare un cortometraggio diretto da Manuel De Sica: fatto questo che sta a sottolineare il rapporto affettuoso che si era instaurato con la nuova famiglia di De Sica, con il quale era rimasta in ottimi rapporti fino all'ultimo. I funerali si svolgeranno o nel pomeriggio di domani o giovedì mattina in San Lorenzo fuori le mura, nella stessa chiesa cioè dove furono celebrati i funerali di De Sica.

Usiamo pure la retorica di circostanza e diciamo che Giuditta Rissone aveva respirato la polvere di palcoscenico sin da bambina. Era figlia d'arte e non a caso suo fratello minore, Checco, diventò attore pure lui. La biografia parla chiaro: a poco più di dieci anni già recitava, con la Borelli; e sul finire della Prima guerra mondiale faceva parte, come acclamata attrice giovane, del Teatro del Soldato che poi si trasformò in «Compagnia di propaganda per le Terre Redente» e fu una tournée trionfale, tra applausi, lacrime e garrire di vessilli tricolori. Ma subito dopo la parentesi patriottica, trovò il suo posto autentico nella compagnia Vera Vergani - Luigi Cimara - Gigetto Almirante. La sua scuola, quella che la plasmò e le diede un indirizzo dal quale in pratica non si staccò mai per il resto della carriera, fu questo complesso diretto da Dario Niccodemi che era considerato il non plus ultra dell'eleganza di recitazione (e di abbigliamento). Niccodemi non bisogna vederlo solo come l'autore rugiadoso de La maestrina o strappasinghiozzi de La nemica: fu anche un direttore teatrale di primissimo ordine e in questa attività — fu, com'è noto, allestitore di Pirandello — dispiegò le sue doti di «uomo di scena», di profondo e astuto conoscitore dei gusti del pubblico. Sapeva «istruire» alla perfezione gli attori, e la Rissone, a distanza di anni, gli era grata e di ceva: «Se so prendermi un applauso a scena aperta senza mezzucci, lo devo al grande Dario». Nel 1927 eccola prim'attrice al fianco di due attori affermati del calibro di Sergio Tofano e Almirante. Il repertorio comprendeva Molnar, Achard, Shaw e anche la fiaba per ragazzi di Sto, cioè di Tofano, Qui comincia la sventura del signor Bonaventura dove la Rissone, in panni buffoneschi, in stravaganti travestimenti, dava dimostrazione di saper giocare su una comicità estrosa, tutta inventata di sera in sera.

Fu chiamata da Mattoli negli spettacoli «Za-Bum» e qui la troviamo per la prima volta a fianco di De Sica con cui fece compagnia nel 1933, prima associando Tofano e poi Umberto Melnati. A questo punto affidiamoci a ricordi diretti e personali. Chi a quell'epoca frequentava i teatri come può non rammentare Due dozzine di rose scarlatte di De Benedetti? Lasciamo stare la debole consistenza della commedia che pure aveva un suo garbo. Era l'interpretazione che valeva e che faceva accorrere un pubblico strabocchevole. La Rissone, in questo piccolo e fortunato testo, era impareggiabile: la sua intesa con De Sica, un'intesa che da tempo esisteva anche in privato e che sarebbe stata ufficializzata dal matrimonio nel 1937, era perfetta, e tra i due s'insinuava, strizzando gli occhi e bofonchiando, Melnati. L'abbiamo ancora davanti, la Rissone, in quella commedia: sorniona, tenera, ironica, e poi, nel finale, capace di mettere nelle battute un'ombra di melanconia e una vibrazione drammatica che riconduceva la rosea farsetta sentimentale ad una dimensione umana. Era valida anche in testi impegnati, da O di uno o di nessuno di Pirandello a Volpone di Ben Johnson, da Volo a vela, l'ultima commedia scritta per lei da Gino Rocca alla Scuola della maldicenza di Sheridan.

Ma il suo repertorio è stato quello cosiddetto «borghese» degli Anni 30, da Gherardi a Cantini, da Fodor a Bus-Fckete: copioni fragili distensivi, patetici e sorridenti che aiutavano — se mai potevano aiutare — il pubblico nella grande illusione di dimenticare la bufera che si stava per abbattere sull'Europa: copioni in cui c'erano sempre personaggi femminili salottieri ma non privi di un loro dramma interiore, di un loro smarrimento, di una loro femminile trepidazione che Giuditta Rissone sapeva esprimere con straordinaria finezza, con misurati toni crepuscolari, spesso con sottile ironia, sempre con la comunicatività e la sicurezza che le venivano dalla sua pratica, e dal suo amore, antico, di palcoscenico. Nel dopoguerra diminuì molto e poi troncò del tutto prestazioni che pure erano egregie (Giorni senza fine di O'NeiI). Oggi cosa resta di lei?

Nella memoria degli appassionati resta un'attrice non grande ma — quello che conta — un'attrice vera, al cento per cento, attrice dalla testa ai piedi, nata e vissuta tra le quinte, con una professionalità scria e assoluta, con una sua personalità (in teatro e anche in un cinema di quarant'anni or sono che di quel teatro ripeteva esattamente i moduli): una personalità spiccata ed energica che nemmeno la maggior fama di De Sica era riuscita ad oscurare.

Ugo Buzzolan, «La Stampa», 1 giugno 1977



Filmografia

La segretaria per tutti, regia di Amleto Palermi (1932)
Un cattivo soggetto, regia di Mario Mattoli (1933)
Il trattato scomparso, regia di Mario Bonnard (1933)
Amo te sola, regia di Mario Mattoli (1935)
Lohengrin, regia di Nunzio Malasomma (1936)
Questi ragazzi, regia di Mario Mattoli (1937)
Ai vostri ordini, signora..., regia di Mario Mattoli (1938)
La fanciulla di Portici, regia di Mario Bonnard (1940)
Ore 9: lezione di chimica, regia di Mario Mattoli (1941)
L'avventuriera del piano di sopra, regia di Raffaello Matarazzo (1941)
Teresa Venerdì, regia di Vittorio De Sica (1941)
Catene invisibili, regia di Mario Mattoli (1942)
Stasera niente di nuovo, regia di Mario Mattoli (1942)
Una storia d'amore, regia di Mario Camerini (1942)
4 passi fra le nuvole, regia di Alessandro Blasetti (1942)
In due si soffre meglio, regia di Nunzio Malasomma (1943)
La vispa Teresa, regia di Mario Mattoli (1943)
Nessuno torna indietro , regia di Alessandro Blasetti (1943)
Eugenia Grandet, regia di Mario Soldati (1947)
Totò al giro d'Italia, regia di Mario Mattoli (1948)
Tormento, regia di Raffaello Matarazzo (1950)
8½, regia di Federico Fellini (1963)
La ragazza in prestito, regia di Alfredo Giannetti (1964)

Doppiatrici

Lydia Simoneschi in Tormento

Note

  1. ^ Corriere della Sera, voce su Giuditta Rissone
  2. ^ Corriere della Sera: Addio alla Mercader, la vedova di De Sica
  3. ^ Cronologia teatrale di Sergio Tofano
  4. ^ Corriere della Sera, voce su Giuditta Rissone