Sofia Loren: «sono una milanese del sud»

1957 Sophia Loren h789

1957 01 Tempo Sophia Loren intro

Con questa parole Sofia Loren spiega la propria eccezionale capacità di lavoro. Ma, a proposito della sua prossima partenza per Hollywood, afferma di non aver paura perchè “l napoletani in America se la sono sempre cavata”

Roma, gennaio

«Sono una milanese del sud, ecco tutto», dice Sofia Loren quando vuole, con una sola frase, spiegare le ragioni del suo successo. «Ogni giorno, come vede, alle sette sono già in piedi, ci sia d’andare allo studio oppure no; in questa settimana, per esempio, ho fatto dei provini per un totale di quarant'otto ore, mi doppio, anche quando devo cantare, e, ormai, parlo l’inglese come una inglese; se potessi, farei la mia controfigura». Forse è questa incredibile voglia di lavorare, la ragione dell’ interesse sempre maggiore che i produttori americani hanno per lei, in questi ultimi mesi: un napoletano che rifiuti ozio e fantasticheria e si serva di queste sue predisposizioni naturali per arricchirsi l’animo anziché per indebolirlo in sogni d’evasione è certo il miglior personaggio che un produttore possa desiderare: non c'è infatti nessun italiano che, come i napoletani, sia incline sin dalla nascita al giucco creativo, nelle arti.,

«Quando noi meridionali decidiamo di emigrare siamo diversi, anche i nostri difetti diventano un pregio», dice Sofia. Eppure, due anni orsono, la Loren non era che l'ultima carta rimasta nel "cast" del produttore Ponti quand’egli s’era diviso da De Laurentiis per tentare, da solo, la nuova politica di film a basso costo e fronteggiare così la grande crisi che drammaticamente s’intuiva, dopo i crack e la sfiducia del noleggio nel cinema italiano. Ma quando gli americani videro La donna, del fiume non ebbero più dubbi su Sofia: eppure il film, assai ambizioso, non era che del neorealismo su carta patinata e Sofia la caricatura di sé.

1957 01 Tempo Sophia Loren f1PRIMA DI PARTIRE per l’Africa del Nord, dove gireranno insieme un film ambientato nella Legione Straniera, il regista Hataway ha voluto che Sofia e Wayne si incontrassero per un provino a Cinecittà. Era presente anche la nostra inviata. Dopo i due attori sono usciti insieme.

1957 01 Tempo Sophia Loren f2L’ATTORE AMERICANO e Sofia in una scena del provino. La Loren indossava uno degli abiti che porterà nel film. Hataway è ora uno dei registi commercialmente più quotati.

Il chimono strappato

Il pubblico italiano rise, alla prima, quando vide Sofia baciare con dei morsi il protagonista Rik Battaglia. Invece gli americani pensarono che il loro professionismo avrebbe "guarito” Sofia e dopo averla portata in Spagna, in uno "storico” con Cary Grant e Sinatra, iniziarono quella "guerra psicologica” che è tipica della pubblicità hollywoodiana quando investe i suoi capitali su un nuovo campione. Con pignoleria quacchera applicarono il moralistico slogan "niente ha più successo del successo” e non c’è stata attrice, infatti, della quale si sia parlato e scritto di più, quest’anno. Negulesco, il regista del suo film in Grecia, finse anche un idillio con lei. Ma fu esplicito, in privato, e per nulla sentimentale: «Il motivo per il quale c’interessa Sofia è semplice: la nostra industria cinematografica ha sempre puntato sull’attore, questa è stata la sua unica ideologia e la sua forza. Se osservate, nel campo femminile, le nostre scelte e le nostre imposizioni troverete che hanno una logica ed un rigore, anche quando possono sembrare in anticipo o in ritardo sui gusti del pubblico. In questa scala di tipizzazioni c’è però un personaggio che con più cura cerchiamo di tener vivo e costantemente rinnovare ed è quello che si potrebbe chiamare delle emancipate involontarie: Jean Harlow fu una di queste, per esempio, ma anche la Crawford e, in misura minore, la stessa Rita Hayworth. La platinata Jean Harlow fu proprio l’ideale di quel tipo, la sintesi: una donna tutta donna, un tono appena più alto di quello che la fantasia maschile desidera, ai margini del codice Hayes; ma questa donna tutta da peccato, pone, con l’istinto, il problema della propria indipendenza. Il suo slancio precede il controllo e il possesso dei propri sentimenti ma è certo che può diventare, per via dell’amore, affatto peccaminosa, intellettualmente generosa: è il tipo che gli uomini preferiscono, un tipo classico. Già le Monroe, quando si evolvono, peccano d’intellettualismo, non soffrono più e fanno piangere di meno. Con la Harlow avemmo la versione, anglosassone, ci mancava quella latina: ecco. Sofia».

Tutte le Case di Hollywood, infatti, dalla Fox alla Columbia alla Paramount, faranno un film con lei. Questi contratti con Case rivali è ciò che più eccita il clan Loren. Soprattutto la madre, Romilda Villani, che può finalmente difendersi dalle accuse di Sofia: «E' stato l’ambiente del nostro cinema che mi ha imposto di puntare sulle tue doti fisiche, in fondo non volevo». Ma lo dice ora, come un dovere, mentre accavalla le gambe con la pigra compiacenza di una donna che sa di essere la più giovane tra le madri del cinema italiano, l’unica che possa ancora portare come una diciottenne la zazzeretta bionda e le gonne strette da mannequin,

1957 01 Tempo Sophia Loren f3

1957 01 Tempo Sophia Loren f4

ALTRI DUE MOMENTI della prova, che ha pienamente soddisfatto il regista. All’esperimento assistevano il produttore Ponti, che ha ancora con la Loren un contratto "personale” di otto anni, e lo scrittore Basilio Franchina, un giovane siciliano che è, per conto del produttore, una specie di confessore laico di Sofia: suo quasi inevitabile accompagnatore con funzioni non solo di "cavaliere”, ma anche di precettore. Franchina ha sceneggiato quasi tutti i film della Loren.

«Ma Maria», dice guardando la figlia più piccola, c non soffrirà di tutto questo: potrà sposare chiunque, ora, ed avere una vera famiglia, gli uomini non saranno cattivi con lei come furono con me ch’ero bella ma povera». Nel loro grande appartamento romano le "tre ragazze” del clan Loren sono ancora a disagio, anche quando fanno questi discorsi da "uomini”, come se fossero in albergo; i mobili arrivano ancora all’ improvviso, sono stati scelti dagli architetti sulla base d'una generica indicazione e risentono dei loro astratti compiacimenti.

Mancano i ninnoli, tutto ciò che è il risultato d’una tradizione di ricchezza. Quando andarono ad abitare in questa casa, che era il "plus” per un certo ambiente del nostro cinema non ancora evaso sull'Appia Antica, le coinquiline le consideravano delle "parvenues” e Sofia non era, per loro, che una maggiorata fisica in ritardo sui tempi.

Adesso John Wayne è venuto da Hollywood per recitare con lei nel film The legend of thè lost che Hataway inizierà a girare in Africa, ai primi di febbraio. Wayne è ancora il più popolare attore americano, a cinquant’anni; era il secondo, quest’anno, nell’elenco degli attori che "rendono” di più. Fu al primo posto pej* un decennio e l'attore preferito di John Ford che gli diede ia chiave, fisica e psicologica, del suo personaggio: da Ombre Rosse è l’uomo del West, l’eroe americano per eccellenza, un eroe senza problemi centrali e quindi mai ambiguo, mai ingeneroso.

Nella vita s’assomiglia, anche la frenesia dell'alcool è cinematografica, così meccanica, senza vera felicità; un vizio da "personaggio”. Hataway voleva vedere come sarebbero stati certi colori sul viso di Sofia e convocò anche Wayne, per i provini a Cinecittà. Wayne venne ed era già rossiccio, nel viso, di gin mattutino.

Hataway, come Negulesco, è uno dei registi che i produttori proteggono: il loro "mestiere” è così sicuro che, talvolta, i loro film possono essere scambiati per film d’arte. I lancieri del Bengala, che commosse le platee d’anteguerra, era suo.

Ma si aspettava Ponti, per concludere il provino. Ponti ha un contratto "personale” con Sofia, per otto anni. Quando Ponti arrivò Sofia gli corse incontro, con gli occhi emozionati. Ma Ponti non vide che il suo vestito a chimono: «Non va», disse, strappandole la manicala, come dice tua madre anche il contorno è importante: vestita così, di te non si vede più nulla». Gli italiani assentirono, Wayne scoppiò in una risata fragorosa e Hataway, come risvegliatosi dall’indifferenza sorniona con la quale aveva seguito sino allora i provini; «Proprio questo non va», disse, «quello che lei chiama il contorno: è quello che a noi americani d interessa di meno» e fece riaggiustare la manica. Solo Sofia si scusò con Ponti: lo fece con quel sensibile e inimitabile sguardo delle donne meridionali quando vogliono addolcire le offese a un uomo.

Quando la sera ritornammo da Cinecittà c’era ancora la torbida aria della pioggia recente. «Andiamo a piedi», disse Sofia, «è come d’autunno, il cuore è più leggero con questa aria». E lei e Wayne scesero dalla Giulietta. «Una foto così!», gridò Wayne prendendola in braccio, con un sol colpo di reni. Allora Sofia si ribellò: «Certo ho bisogno di essere sempre intelligente ed anche di avere un’anima, ma questo qui» disse indicando Wayne, «la sua ce l’ha nella naftalina. Eppure gli rende lo stesso».

Poi prese John Wayne per mano e cominciò a correre, per le strade quasi deserte, cantando a pieno flato "Guaglione" e Wayne cantava con lei, pur non sapendo la canzone ma imitandone le cadenze, strascicandole ed allungandole come se si trattasse di un ritornello dei pionieri. «Divertiamoci», diceva Sofia, c sono i miei ultimi giorni italiani».

Duecentomila dollari

Fra pochi giorni, infatti, andranno tutti in Africa, per gli esterni del film, a recitare una storia che sarebbe piaciuta a Somerset Maugham, quando rende abilmente spirituali i melodrammi psicologici. Sofia e Wayne saranno due rifiuti della società, lei una "rispettosa" e lui un disertore della Legione. Nasce tra loro, naturalmente, un amore di sensi che un giovane archeologo di mezza età, Rossano Brazzi, insidierà, favoleggiando di suo padre, un mistico del mal d’Africa che abbandonò nel deserto, prima di morire, innumerevoli tesori egizi. Ma quando il casto archeologo scoprirà che suo padre fu soprattutto un peccatore più che i^n uomo di studio, cercherà di seguirlo sulla strada dei peccati e, con la caparbietà dei novellini, vorrà superarlo per liberarsi dalle sue freudiane inibizioni. Si concluderà con questa morale: che è meno grave un peccato dei sensi di una complicità intellettuale; e Sofia Iascierà l’archeologo per rifarsi una vita col legionario disertore. Ma anche questo, come il ragazzo e il delfino di Negulesco, non sarà che un film di passaggio, la prova generale per Sofia "americana”.

1957 01 Tempo Sophia Loren f5

1957 01 Tempo Sophia Loren f6

La Loren è attesa in America per la fine dalla primavera: Wayne (qui a destra nei viali di Cinecittà) vi tornerà in marzo.

Nella prossima estate, a Hollywood, avrà la sua grande occasione quando il meno demagogico dei giovani registi americani, Daniel Mann, le farà interpretare la parte di protagonista nel Desiderio sotto gli olmi, un film tratto da un famoso dramma di O’Neill e che fu irrealizzabile per molti anni perchè nessuna attrice aveva "le phisique du ròle”.

«I napoletani in America se la sono sempre cavata, in politica e in commercio», dice Sofia, c anch’io avrò San Gennaro dalla mia».

Quest’anno, in Italia, la Loren è stata tassata per sedici milioni contro i trenta della Lofio ma d’ora in avanti percepirà, per ogni film americano, non meno di duecentomila dollari. E Ponti? Vioie detta la cifra del suo guadagno di produttore. «Ne meriterebbe di più», dice Sofia, «ma non sarebbe sindacale e io ora sono anche iscritta alla C.I.S.L. Perchè io lavoro», conclude, con orgoglio.

C. S., «Tempo», gennaio 1957


Tempo
C. S., «Tempo», gennaio 1957