Virna, giochiamo a fare gli psicanalisti?
E’ naturalmente un’indagine psicanalitica fatta per scherzo. Ma ne esce un ritratto di Virna Lisi assolutamente insolito: una donna insicura e un po’ avara che si tranquillizza soltanto se intorno a lei è tutto in perfetto ordine
Roma, agosto
Signora Virna Lisi, lei si difende dietro una corazza di amabili sorrisi. E’ una campionessa della diplomazia del sorriso: tutti sono bravi e buoni, tutto è bello, il mondo è meraviglioso. Non si capisce mai se ci crede veramente e se vuole farlo credere agli altri. Signora Virna Lisi, è mai stata da uno psicanalista?
«Mai stata da uno psicanalista. Neppure quando ero ad Hollywood e mi sentivo così disperatamente sola che mi sarei messa a chiacchierare con il poliziotto all'angolo della strada. So che fra le attrici lo psicanalista è un articolo molto alla moda, ma io non andrei mai a raccontare i fatti miei, i miei pensieri, a uno sconosciuto».
Tipico atteggiamento di resistenza da parie di chi, in effetti, avrebbe bisogno dello psicanalista. Ci permette di farle alcune domande, di quelle che potrebbe porle uno psicanalista? Solo un esperimento empirico, alla buona. Le chiediamo solo di rispondere subito, senza riflessioni e senza sorrisi diplomatici. D’accordo? Allora: cosa ha sognato la notte scorsa?
«Non mi ricordo. Non ricordo mai i sogni che faccio. Mi sembra di non sognare affatto (sarei la disperazione dello psicanalista che volesse curarmi). Solo quando vado a Ietto faccio delle specie di sogni in dormiveglia: sono pensieri rosa, sereni. Ho bisogno di addormentarmi immaginando cose che mi fanno piacere: l’aereo che prenderò domani farà uno splendido volo; all'arrivo ci sarà mio marito con i fiori; sul set tutti troveranno favolosa la scena che interpreterò...».
Bisogno di rassicurazione. Tentativo di fugare le paure e le incertezze dell’indomani. In sostanza una situazione di insicurezza. Qual è la figura della sua infanzia che ricorda più vivamente?
«Mio padre. Un tipo molto severo, dava poca confidenza. Ma a me comunicava una sensazione di fiducia e di sicurezza che superava la soggezione».
La qualità che apprezza di più in suo marito?
«Il suo equilibrio. Mi incute un senso di rispetto che, i primi tempi, sconfinava quasi nella soggezione. Sono forse una piccola borghese ma continuo a pensare che nella famiglia le decisioni spettano al marito. Mio marito mi dà un senso di sicurezza».
Appunto: la figura del padre si è trasferita in quella del marito. Il simbolo dell'autorità che dà sicurezza è salvo, e sua madre come la ricorda?
«Tutto l'opposto di mio padre. Una donna molto dolce, forse troppo debole poiché a noi ragazzi concedeva tutto. A volte temo di ripetere verso mio figlio i suoi errori. Sono una madre molto apprensiva».
Leggero complesso di colpa, il mestiere di attrice in opposizione a quello di madre, quindi compensazione colmando Corradino di troppe attenzioni. In quanto alla madre debole e dolce di fronte a un padre deciso e autoritario, il rapporto si trasferisce ora in un conflitto fra io (insicurezza) e super-io (volontà di affermazione) .
Qual è il ricordo più vivo della sua infanzia?
«Una notte, durante la guerra, mia madre ci portò a rubare le patate nei campi. Mio padre era prigioniero, noi eravamo sfollati nelle Marche. Si soffriva una fame nera».
Questo è un ricordo nero! invece un ricordo più festoso?
«Anche questo legato, in un certo senso, alla fame della guerra. E' il ricordo del primo pezzo di pane bianco che mi lanciò un soldato americano da una jeep quando gli alleati arrivarono ad Ancona. Fu una gioia quasi più grossa di quando firmai il primo contratto per Hollywood».
E’ probabilmente per questi ricordi traumatici della fame e degli stenti del periodo di guerra che oggi è così economa, attenta alle spese.
«Sono soprattutto ossessionata dagli sprechi inutili. Se mio figlio fa i capricci nel mangiare e lascia qualcosa nel piatto mi prende un senso di irritazione e di angoscia. Come ugualmente non tollero che rompa o rovini i giocattoli. Sono tre anni che non gli compro più giocattoli perchè non ne aveva abbastanza cura. Io, nella mia infanzia, non ho avuto giocattoli. Erano gli anni diffìcili della guerra e del dopoguerra».
Quale era il suo gioco preferito da piccola?
«Eravamo una grossa banda di bambini, quasi tutti cugini e in maggioranza maschi. Correvamo nella campagna e giocavamo alla guerra (era nell'aria, purtroppo). Io ero quasi sempre il comandante di uno dei due eserciti. Organizzavo il gioco e quindi mi autonominavo generale e se non erano d’accordo, picchiavo. Ero molto aggressiva e litigiosa».
«Dicono che faccio paura quando voglio ottenere qualcosa Eppure mi sento timida» - Virna Lisi con il marito Franco Pesci a Porto Rotondo. Possiede un bellissimo yacht ma nell'intervista-indagine che pubblichiamo racconta che il mare la intimorisce.
Ecco un tratto di carattere che, nel profondo, non è scomparso. Ed a questa sua aggressività, che si traduce poi in quella sua formidabile volontà di affermarsi, deve molto della sua riuscita nel cinema. Solo che è più facile picchiare i cuginetti in campagna anziché i produttori.
«Nel cinema lo dicono in molti che sono una donna istintivamente aggressiva. Dicono che faccio paura quando mi metto in testa di ottenere qualcosa. Recentemente in Francia mi hanno anche detto che ho la grinta dura. Eppure mi sento fondamentalmente una timida: a volte ho ancora paura di dare la mano alla gente che non conosco. Però guido auto sportive...».
Proprio da questo contrasto fra la sua volontà di potenza, e quindi aggressività, e la sua insicurezza nel perseguire i suoi obiettivi nasce una situazione di nevrosi. Intendiamoci: è quel tipo di nevrosi che coinvolge, a livelli di intensità più o meno gravi la maggior parte degli individui del nostro tempo, in una società basata sulla competizione più spietata. Signora Lisi, ha forse la mania dell’ordine?
«Certo, fortissima. Sono di una pignoleria esasperante. Amo molto la casa, non amo uscire, preferisco ricevere gente, ma tutto deve essere in perfetto ordine. Anche se per lavoro mi devo alzare all'alba non esco di casa senza avere lasciato tutte le disposizioni, miche le più minute, alla servitù. Di notte mi accade di svegliarmi con l’angoscia che qualcosa non sia al suo posto, e mi alzo per andare in salone a rimettere sul tavolino giusto quel posacenere o riporre nel bar quella bottiglia rimasta in giro».
L'ordine è un elemento che rassicura. E la casa è una difesa contro l’insicurezza del mondo esterno. Tutto combina. Signora Virna Lisi, ha qualche paura che la perseguita?
«L’acqua. O più precisamente il mare. Forse è il trauma di una caduta da uno scoglio quando avevo tre o quattro anni. Comunque, ho una specie di intima diffidenza per il mare. Cerco di vincerla, mi sono lasciata convincere da mio marito a fare anche la pesca subacquea. Ma intimamente continuo ad avere paura. E certe volte proprio non ce la faccio: devo tornare a riva e voltare le spalle al mare».
Qui l'imbarazzo è nostro. Vede, signora Lisi, secondo la psicanalisi freudiana vi è uno stretto collegamento fra mare e sesso. Lei rifiuta un film di Vadim per non spogliarsi, litiga con gli americani che ne vogliono fare un'attrice sexy, è sempre al di fuori degli scandali, flirt, avventure! del mondo del cinema, respinge la corsa attuale al denudarsi. Adesso ci confessa anche che ha paura del mare... Buona sera, signora Virna Lisi.
Luigi Costantini, «Tempo», 21 agosto 1971 - Fotografie di Angelo Frontoni
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Luigi Costantini, «Tempo», 21 agosto 1971 - Fotografie di Angelo Frontoni |