Franca Faldini: «Sono passati vent'anni e Totò è sempre fra noi»

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1953 04 04 Epoca Silvana Pampanini intro

Così Franca Faldini, che fu sua amica e compagna, ricorda il carattere, l’umiltà e la professionalità del celebre comico scomparso il 15 aprile 1967 - «Non amava festeggiare il suo compleanno, quello era un giorno nero, in cui avvertiva il tempo che passava» - «Il suo erede? Nessuno, è stato unico e irripetibile, oggi c’è un’altra comicità. A lui piacerebbe, ne sono sicura, Woody Allen» - «Aveva il massimo rispetto per i colleghi, in scena e sul set con uno vicino a me che fa ridere, diceva, faccio ridere di più anch’io» - «Gli sarebbe molto piaciuto girare qualcosa con Fellini, ma purtroppo il sogno non si avverò mai: andammo una sera a cena insieme, ma il principe De Curtis rimase in soggezione»

ROMA 

Franca Faldini mi risponde con un filo di voce; pochi giorni fa è caduta nella botola di un bar ad Arezzo e si è fratturata la gamba. E' ingessata dalla caviglia all’inguine e soffre moltissimo. Presa dal suoi mille impegni di giornalista e scrittrice, è confusa, mi dice, faccia a faccia con il dolore e l'incapacità di movimento che la paralizza. E’ difficile in queste circostanze fare affiorare serenamente il ricordo di Totò. Franca, che fu compagna di Totò per molti anni, ci ha provato lo stesso con estremo pudore ed umiltà.

— Cosa prova pensando al ventesimo anniversario della scomparsa di Totò?

«Non provo niente rispetto all’anniversario tranne una estrema commozione nel vedere che dopo vent’anni Totò è ancora vivo, vegeto e stimato più di allora. Per quanto mi riguarda, bisogna stare con i piedi per terra; lo non ho fatto monumenti alla sua memoria e non lo faccio certamente oggi che mi sono reinserita nella vita accanto a mio marito che è un uomo intelligente e simpatico... Certo ho un ricordo molto dolce di tanti momenti belli della mia gioventù e provo una grande felicità accorgendomi che Totò vive nel tempo ed è stato anche rivalutato».

— Cosa avrebbe voluto, Totò, che fosse scritto sulla sua tomba?

«Credo, conoscendolo bene, che avrebbe voluto una frase più o meno cosi: ”Qui giace una persona e non un personaggio”». 

— Come amava festeggiare il suo compleanno?

«Per carità, non si festeggiava mai. Il giorno del suo compleanno era sempre una giornata di lutto; guai a fargli gli auguri. Quel giorno gli ricordava che era passato un anno e lui lo voleva assolutamente ignorare. Preferiva semmai, festeggiare l’onomastico e cioè Sant'Antonio. Quella del suo compleanno era una giornata di malumore e di tristezza».

— Aveva paura d’invecchiare? 

«No; forse più semplicemente aveva paura della morte. E poi prendere coscienza del tempo che passa non fa piacere a nessuno».

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— Fra gli attori italiani e anche stranieri, c’è qualcuno di cui si potrebbe dirà è l’erede di Totò? 

«No. Con Totò proprio si è perso un artista comico abbastanza unico e anche un rapporto fra teatro e società anch’esso unico e non più ripetibile, per il tipo di società del nostri anni. Con Totò è tutta una tradizione che è scomparsa. Oggi esiste un altro tipo di comicità che non ha nulla a che fare con la comicità dei personaggi di Totò».

— Chi farebbe ridere, Totò, oggi: quali attori, film avrebbe voglia di andare a vedere? 

«Prima di tutto Totò non amava i film comici anche se questo può sembrare curioso. Amava i gialli e i film polizieschi. Sono certa però che apprezzerebbe moltissimo Woody Alien: chi non apprezzerebbe un tale genio?».

— Totò disse: «Io posso far ridere ma se ho vicino uno che fa ridere più di me, anch'io allora faccio ridere di più». Era veramente cosi umile? 

«Ma certo, ha sempre riconosciuto la grande importanza delle sue "spalle’". In scena e sul set. In teatro era divino anche grazie alla sua "spalla" Mario Castellani, un attore di grandissimo talento. Tutti i comici hanno assolutamente bisogno di avere accanto attori più che validi perché così sono stimolati, gareggiano nell’inventiva, e perché bisogna ricordarsi che allora non seguivano un copione ben definito ma improvvisavano. Le loro esibizioni, i loro sketch, erano come delle partite di tennis in cui si palleggiavano battute. Ognuno, sia il comico sia la spalla, era grandissimo nel suo ruolo». 

— L’umiltà era una delle qualità di Totò. Ne conosce la ragione?

«Totò non si riteneva né un uomo né un attore eccezionale. Penso che se fosse stato conscio della sua «unicità» si sarebbe amministrato meglio».

— E' vero che Totò sognava di essere diretto da Fellini e da altri grandi? 

«Sì, gli sarebbe molto piaciuto girare qualcosa con Fellini ma ciò non avvenne. Ricordo che eravamo andati una sera a cena a casa di Fellini, e Totò rimase in disparte per tutta la sera, molto in soggezione. Ma queste proposte di qualità Totò non le ha mai ricevute. L’unico è stato Pasolini».

— Come spiega questo «snobismo» da parte dei maestri? 

«Si, era proprio snobismo. Totò era considerato da questi grandi registi una sorta di guitto. In Totò era preponderante la maschera, e forse il cinema voleva ”il personaggio”. Non si rendevano conto che Totò avrebbe potuto benissimo calarsi nei panni di una moltitudine di altri "personaggi”».

— Oggi, se potesse tornare, Totò lavorerebbe con Fellini o altri grandi dello schermo? 

«Può darsi, se non altro per legge di mercato. Dopo, di parole, ne hanno spese tante! ; Anzi, proprio loro, i grandi, se ne sono riempiti la bocca; mi dispiace soprattutto che Totò non abbia potuto fare i film che Pasolini aveva in progetto per lui: ”Il re magio randagio” sarebbe stato bellissimo». 

— Da vent’anni tutti le chiedono di Totò: le fa piacere o si è un po' stancata?

«Il fatto è che mi sembra di aver già detto tutto; mi sono, come dire, esaurita, e poi in quésto momento particolare, non riesco a essere veramente loquace. Rimane comunque, quando parlo di Totò anche con la gamba rotta, un profondo, profondissimo affetto».

Catherine Spaak, «Corriere della Sera», 14 aprile 1987


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Catherine Spaak, «Corriere della Sera», 14 aprile 1987