La "signorina snob" cominciò imitando lo zio che prendeva il bicarbonato

1950 Franca Valeri

Franca Valeri, che ha creato un personaggio popolarissimo alla radio, riceve centinaia di lettere al giorno

Franca Valeri, che interpreta la "signorina snob” al microfono della rivista Zig-Zag, trasmessa ogni mercoledì sera sulla rete azzurra, è la controparte del suo personaggio. Non arrota l’erre, parla con tono dimesso e non usa il superlativo neppure quando il discorso lo richiede. Inoltre, per quanto sia piuttosto piccola di statura, porta le scarpe basse di tipo sportivo. Il suo personaggio, così come lo vede lei, è una ragazza dell’alta borghesia di Milano che abita in via Monte Napoleone, ha ventotto anni ed ha avuto qualche avventura. È un personaggio puramente ideale, un tipo che si è venuto costruendo poco per volta: il posto di osservazione di Franca Valeri è un noto bar, dove tutte le mattine si reca verso le undici e mezzo e rimane ad ascoltare i discorsi, seduta davanti a un cappuccino.

Dalla sintesi di queste esperienze è nata la "signorina snob”. Personalmente Franca Valeri parla di lei con una specie di compatimento, misto a una certa tenerezza. L’ambiente di via Monte Napoleone e di San Babila per molto tempo è stato il suo; poi a un certo momento se ne è stancata e gli ha voltato le spalle. Adesso Franca Valeri, che è nata 22 anni fa a Milano, abita in un grande appartamento che si affaccia in una via silenziosa e deserta della vecchia Milano. Valeri è un nome d’arte, perché la famiglia, che è una delle più note nella comunità israelita, non ha mostrato di apprezzare nella giusta misura le qualità artistiche di questa sua erede.

La sua facoltà di imitare le persone con le quali veniva a contatto, fin dai primissimi anni si manifestò in modo così evidente da diventare una specie di manìa e da procurarle parecchi dispiaceri. Aveva quattro anni quando imitò uno zio che prendeva il bicarbonato e l’imitazione ebbe conseguenze spiacevoli quando si estese agli inevitabili effetti procurati da questa medicina, in seguito, anche al ginnasio e al liceo continuò a imitare i professori, i compagni, Il preside. Se la rimproveravano, si scusava dicendo che non lo faceva apposta. Ed era vero, in lei la facoltà dell’osservazione è talmente istintiva da suscitarle una reazione immediata.

Un giorno in casa di amici si trovava anche Spiller, direttore per Milano del giornale radio: Franca se ne stava in un angolo con in mano una tazza di tè e un libro sulle ginocchia. L’ambiente non le piaceva. A un certo punto la padrona di casa, vedendola così zitta, la pregò di recitare qualcosa; ella si schermiva, ma anche gli altri si erano riuniti e insistevano. Franca allora, presa da un’improvvisa irritazione, si alzò in piedi e con la sua voce ora tesa, ora contratta, cominciò a recitare quello che fu poi il suo primo monologo del Zig-Zag. Alla fine i presenti, che si erano riconosciuti un po’ tutti in quella parodia, ridevano fino alle lacrime, e Spiller le propose senz’altro di presentarsi alla radio. Da allora ella prepara da sé i propri monologhi, e spesso, a qualche ora dalla trasmissione, il foglio è ancora bianco sul rullo della macchina da scrivere, mentre il cestino è pieno di carta straccia. Allora le sopraggiunge l’angoscia di non fare a tempo, sente la testa vuota, e finisce sempre all’ultimo momento.

Il merito principale dei suoi monologhi sta nel fatto che Franca Valeri ha saputo rendere ancor più che una certa terminologia oggi di moda, il "tono”, che è poi il riflesso di uno stato d’animo di una certa società. La società che maggiormente ammira la "signorina snob” è proprio quella di cui la Valeri fa la caricatura.

Ogni giorno giungono alla R.A.I. centinaia di lettere indirizzate alla "signorina snob”. Molti ascoltatori vogliono sapere chi sia il Pierone, l’inevitabile compagno delle sue spedizioni, cosa significhi "mi stigmatizzo”, molti bambini le chiedono la fotografia con la dedica, ed ella si stupisce di aver un pubblico così singolare. La frase ”mi stigmatizzo” non ha nessun significato e la Valeri l’ha scelta unicamente perché le sembra che dia abbastanza l’impressione della stupidità concentrata. Quanto al Pierone la faccenda è diversa, si tratta un poco di una vendetta personale, perché il Pierone le ricorda, sia pure vagamente, un tipo grasso e insulso che ella ha conosciuto l’anno scorso in montagna.

Le amiche della "signorina snob” si chiamano Maria Federica, o Ildefonsa; i diminutivi come Cicci o Didi, pare che siano superati. Alla R.A.I. ci fu qualcuno che fece delle riserve su quel nome dell’Ildefonsa, che ricordava troppo quello del cardinale Schuster arcivescovo di Milano. Tuttavia le lettere che la Valeri riceve non sono tutte di entusiastica ammirazione: un ascoltatore le ha scritto da Trieste: "Mia moglie usava lo stesso modo di parlare che lei imita così bene, quando l’ho sentita alla radio ho sperato ingenuamente che la mia consorte sentisse l’abisso di ridicolo di cui si copre. Quell’infelice invece ha esclamato: "Vedi come parlano a Milano!”. E così adesso è peggio di prima. In questi giorni ha pescato chi sa dove un nuovo termine: "amoroso”, che usa a diritto e a rovescio, e lo sfrutta in ogni frase. Cara signorina snob, provi lei a pronunciare questa parola, ma nel modo più scorretto, più ridicolo, più disgustoso possibile. Chi sa che non si ravveda ».

Attualmente la maggiore preoccupazione della Valeri è di dover continuare le avventure della ”signorina snob” per sei mesi consecutivi, e teme di giungere ad odiare il suo personaggio, come accadde a Conan Doyle per Sherlock Holmes. Un’altra preoccupazione è che la costringano ancora a parlare del sindaco Greppi. Prima di tutto dice di essere una delle poche persone che non se la prendono con Greppi, e in secondo luogo le pare indecoroso che sia necessario parlare del sindaco di Milano per far ridere la gente. Del resto lei stessa non crede molto a questa popolarità, è piuttosto scettica e un tantino malinconica. Fa del teatro grottesco, perché ritiene che tali siano i suoi limiti; forse le sue ambizioni sono per. un teatro vero, per questo recita i classici per sé e rifiuta continuamente offerte di grandi compagnie di varietà. Quando è presa dalle crisi di malinconia legge Proust e si mangia le unghie.

Enrico Roda, «Oggi», anno VI, 23 febbraio 1950


Oggi
Enrico Roda, «Oggi», anno VI, 23 febbraio 1950