La malattia agli occhi di Totò: la vicenda giudiziaria

Totò Malattia


I fatti

Le vicende che hanno indotto Totò a sospendere le rappresentazioni della sua Compagnia di riviste e di scioglierla a Palermo il 6 maggio 1957, dopo tre sole recite e con un anticipo di dodici giorni sul previsto, non hanno soddisfatto il dott. Salvatore Mazza — impresario della compagnia diretta dal popolare comico per le regioni di Sicilia e Calabria e comproprietario del Teatro Metropolitan, dove avrebbe dovuto essere rappresentata la rivista «A prescindere».

Le conseguenze giudiziarie della decisione di Totò di interrompere la tournée in Sicilia non si sono fatte attendere. Passato il primo momento di commozione, impresari e avvocati sono sul piede di guerra per reclamare il pagamento dei danni subiti. Nel corso di una conferenza stampa tenuta a Catania, il dottor Salvatore Massa, impresario per la Sicilia e Calabria della compagnia, ha fatto il punto sulla situazione. Il dottor Massa ha ottenuto il sequestro conservativo delle 42 casse che contengono i costumi e le attrezzature della compagnia, intendendo egli ottenere il risarcimento dei danni subiti per l’ammontare di 19 milioni.

L’impresario Remigio Paone, titolare della compagnia di cui faceva parte Totò, ha incaricato un noto oculista di compiere una visita fiscale, a termini del contratto nazionale di categoria, per accertare se l'infermità agli occhi di Totò fosse talmente grave da imporgli l'immediata interruzione degli spettacoli. Sembra infatti che in seguito alla visita dell’oculista di Palermo, prof. Sala, si fosse in un primo tempo considerata la possibilità di interrompere la «tournée» della compagnia per due sere soltanto, riprendendo gli spettacoli a Catania, secondo il programma prestabilito, che si sarebbe concluso il 21 maggio a Napoli. Totò, invece, sciolse la compagnia il 6 maggio 1957 a Palermo, rinunciando a tutta la «tournée», e dandone comunicazione all'esercente teatrale Mazza, che aveva concordato col titolare della compagnia, dott. Paone, il programma di recite in Sicilia.

Remigio Paone ha tenuto ad informare che tra lui e del Principe Antonio de Curtis, da tempo, i rapporti erano tutt'altro che cordiali, dopo scontri frequenti e talvolta vivaci - come avviene di norma nella acceso periodo di preparazione e allestimento dello spettacolo - e che questo malgrado tutto fu varato sul finire di novembre a Roma. Paone, infine, ha pur dichiarato che Totò senza avvisare lui, capocomico, un gesto che definisce arbitrario scioglieva la compagnia che non era la sua senz'altro avvisarlo. «Logico quindi che di fronte a questa situazione, aggravata dalla citazione per danni di Salvatore Mazza, io stia per iniziare azione di rivalsa nei confronti del Principe Antonio de Curtis».

Ed il dottor Paone ha soggiunto di aver officiato un medico fiscale, un oculista di sua fiducia perché domani si rechi a casa di Totò per quella visita fiscale che il Contratto Nazionale impone e per l'avvio e gli sviluppi della lite giudiziaria. Non solo, ma Paone capocomico lamenta che Totò all'atto di definire il contratto (aprile 1956) non lo abbia avvisato della possibilità che il male sofferto all'occhio sinistro potesse estendersi a quello destro, con conseguenze gravi per il per il regolare corso degli spettacoli. «Nulla da obiettare - ha aggiunto Paone - se il male risulterà effettivamente grave, ma comunque ogni decisione sulle sorti dello spettacolo Errepi n.108, spettava al titolare che ha corso tutti i rischi sin dalla prima idea di formarlo. Chi ha agito non nell'ambito delle sue mansioni ed i suoi diritti dovrà pagarne le conseguenze».

Fu a causa di questo fatto che i rapporti fra l'impresario Remigio Paone e Antonio de Curtis, si interruppero.


 

La rassegna stampa

La vicenda giudiziaria che seguì lo scioglimento della compagnia

1957 05 10 Piccolo Sera Malattia occhi intro

Sequestro delle attrezzature della compagnia - «Era in grado di recitare!» afferma un oculista.

(Dal nostro corrispondente) Catania, 10 mattino.

Le vicende che hanno indotto Totò a sospendere le rappresentazioni della sua Compagnia di riviste e di scioglierla a Palermo dopo tre sole recite e con un anticipo di dodici giorni sul previsto, non hanno soddisfatto il dott. Salvatore Mazza — impresario della compagnia diretta dal popolare comico per le regioni di Sicilia e Calabria e comproprietario del Teatro Metropolitan, dove stasera avrebbe dovuto essere rappresentata la rivista «A prescindere».

Egli, com'è noto, ha ottenuto dal Tribunale di Palermo un sequestro conservativo per 5 milioni di lire sulle attrezzature della compagnia e si è Tir servato di intraprendere un’azione giudiziaria per ottenere il risarcimento dei danni subiti in ragione di 19 milioni, oltre alle spese sostenute per la pubblicità. Di tale somma, 5 milioni erano stati anticipati dall'impresario quale acconto al momento dell'ingaggio, mentre i restanti 14 erano previsti dal contratto quale penale nel caso di mancata effettuazione degli spettacoli.

Secondo il dott. Mazza, l’improvvisa decisione di Totò — il secolo principe Antonio de Curtis — non sarebbe dovuta all'aggravarsi della emorragia progressiva all'occhio destro del comico, che avrebbe fatto scendere il «visus» a soli due decimi, ma al fatto che lo spettacolo non ha incontrato, contrariamente alle previsioni, il consenso del pubblico palermitano.

Il debutto nella capitale dell’isola avvenne la sera del 5 corrente ed il pubblico manifestò rumoreggiando la sua disapprovazione. La seconda sera, durante uno sketch, Totò s'interruppe a causa di due bambini che piangevano e, rivolto ai genitori, disse con tono assai duro: «I bambini lasciamoli a casa!».

Ne seguì uno spiacevole dialogo fra l'attore ed il pubblico del loggione e Totò tagliò lo sketch a metà e, a fine spettacolo, non sfilò nemmeno sulla passarella. Il pubblico, da parte sua, sottolineò ancora la sua disapprovazione con una vera propria salve di fischi. Domenica si verificò un altro episodio spiacevole: risuonò in sala un suono sgradevolissimo che fece restare di stucco Totò e la compagnia. Poi, non perdendosi d'animo e approfittando che nella scenetta il copione includeva la parola «cafone», il comico colse l'occasione per affermare che «cafone è colui il quale in teatro produce di quei suoni».

Lunedì sera lo spettacolo non ebbe luogo e quando già oltre 200 spettatori si trovavano in sala, l'amministratore ella compagnia, sig. Carlo Saviotti, produsse un certificato di un oculista palermitano che confermava la malattia dell'attore e quindi avveniva la sospensione dello spettacolo.

In effetti si conosceva come Totò fosse completamente cieco dell’occhio sinistro e che, pertanto, il comico napoletano si trovasse — in seguito alla emorragia sopravvenuta nell’altro — in stato di cecità quasi assoluta. Il particolare, benché risalisse al 1939, era stato tenuto sino ad ora segreto e non lo conoscevano che pochi intimi. In quell'anno il comico era stato sottoposto, in una clinica romana, ad un intervento chirurgico all'occhio sinistro. Qualche notte dopo l’operazione un’infermiera entrò in camera dove l’attore dormiva facendolo sobbalzare per il rumore provocato. Totò allora incoscientemente si strappò le bende, provocando la perdita della retina, che saltò via con esse. Cosi, per un tragico banale incidente, aveva perso la vista dell'occhio.

Ma torniamo agli avvenimenti palermitani che sono stati illustrati dall'impresario catanese nel corso di una conferenza stampa. Mentre i suoi legali ottenevano il sequestro conservativo, il dott. Mati provvedeva a far visitare principe de Curtis, in albergo, da un suo oculista di fiducia, il dott. Sala. Questi espresse dei dubbi sulla diagnosi fatta dal suo collega ed invitato l'attore a sottoporsi ad una più accurata visita nel suo gabinetto, rilevò come il visus dell'occhio destro fosse di sei non di due decimi e che, avendo l’attore recitato a Sanremo, a Genova ed a Firenze con il massimo di cinque decimi di vista — come aveva dichiarato l’amministratore della compagnia — l'oculista ammise, implicitamente, che l'attore non aveva motivi di eccessive preoccupazioni per sciogliere la compagnia e non adempiere agli impegni. Totò, fuori di sè, esternó: «Allora io sono un pagliaccio!» E, pur essendo perplesso sulle proposte che gli venivano fatte (Per me — diceva l'oculista — le sue condizioni non sono peggiorate rispetto a quelle che altri oculisti nei mesi scorsi hanno riscontrato e, pertanto, le recite a Catania non aggraverebbero le sue condizioni») le rifiutò — soggiungendo all’impresario che gli chiedeva: «Ma allora chi paga i danni; — «Sequestri, sequestri pure!»...

1957 05 10 Piccolo Sera Malattia occhi f1

Pertanto l'impresario catanese dott. Mazza chiamerà in causa non soltanto il noto impresario milanese Remigio Paone sotto la cui sigla — «Errepi» — si esibiva la compagnia, ma anche lo stesso Totò, giacchè l’attore è cointeressato e fra i due esiste una società di fatto. La causa sarà discussa nel Foro di Catania dove il dott. Mazza ha il domicilio. La compagnia, che è stata sciolta con dodici giorni di anticipo, si componeva di cinquantun elementi; percepiva 1 milione e 600 mila lire ogni recita.

Aldo Magnano, «Piccolo Sera», 10 maggio 1957



Piccolo della Sera
«Piccolo Sera», 10 maggio 1957

1957-05-10-L-Unita-Toto-malattia-occhi

La vicenda giudiziaria.

PALERMO, 9

Le conseguenze giudiziarie della decisione di Totò di interrompere la tournée in Sicilia non si sono fatte attendere. Passato il primo momento di commozione, impresari e avvocati sono sul piede di guerra per reclamare il pagamento dei danni subiti. Nel corso di una conferenza stampa tenuta a Catania, il dottor Salvatore Massa, impresario per la Sicilia e Calabria della compagnia, ha fatto il punto sulla situazione. Come è noto, il dottor Massa ha ottenuto il sequestro conservativo delle 42 casse che contengono i costumi e le attrezzature della compagnia, intendendo egli ottenere il risarcimento dei danni subiti per l’ammontare di 19 milioni.

Secondo il dottor Massa, non è stata tanto la malattia a indurre Totò a interrompere la tournée, quanto la fredda accoglienza riservata dal pubblico palermitano alla rivista. Il dottor Sala, l'oculista di fiducia del Massa che ebbe a visitare Totò nel proprio gabinetto, rivelò infatti che la vista del comico era non di 2/10, come costui affermava e come aveva diagnosticato anche il dottor Lo Caccio, ma di 6/10.

Nelle stesse condizioni, il popolare attore aveva già recitato in altre città, per cui il dott. Massa propose di abolire tutte le recìte in calendario tranne quelle di Catania, di ridurre il copione, di abolire i riflettori sulla scena. Totò restò perplesso e fu la Faldini — sempre secondo il dott. Massa — a indurre Totò a sospendere le recite dicendogli: «Non farlo, Totò; potresti rimanere cieco per tutta la vita!»

A questo punto, sempre nel Gabinetto oculistico del dottor Sala, si svolse una scena piuttosto animata:

Dott. Sala — Per me, le sue condizioni non sono peggiorate e le recìte a Catania non le aggraverebbero.

Totò — Mi dispiace...

Massa — Allora, chi paga i danni?

Totò — Sequestri, sequestri pure... (e poi, rivolto al dottor Sala): me lo metta per iscrìtto che io posso recitale e con la firma di quattro notai.

Il dott. Sala obiettò che il suo era un parere medico e come tale non poteva essere messo per iscritto. Le cose finirono lì, ed il resto è noto: la sera, Totò si imbarcò per Napoli, mentre a Palermo avevano inizio le vicende giudiziarie. L’iter che la vicenda seguirà è complesso: prima che si adica la via legale, si deve esperire un tentativo di arbitrato che, ove dovesse concludersi con un accordo, farebbe cessare ogni azione davanti al magistrato L'arbitrato dovrà essere fatto a Roma e vi parteciperanno il presidente dell'AGiS, un magistrato designato dal presidente del tribunale della capitale e un rappresentante della federazione italiana lavoratori dello spettacolo. Ove nessun accordo dovesse raggiungersi, il dottor Massa potrà chiedere al presidente del tribunale di Palermo la convalida del sequestro delle attrezzature della compagnia e quindi della citazione di Remigio Paone e di Totò.

«Il Messaggero», 10 maggio 1957


Il Messaggero
«Il Messaggero», 10 maggio 1957

1957-05-12-Corriere-della-SeraMalattia-citazione

Chiesti a Remigio Paone 19 milioni per danni. Oggi il popolare attore sarà sottoposto a visita fiscale.

Roma 11 maggio, notte.

La malattia agli occhi di cui soffre Totò, e a causa della quale il popolare attore interruppe improvvisamente lunedi scorso le rappresentazioni in corso al Politeama di Palermo, è al centro di una controversia giudiziaria che per ora si trova nella fase introduttiva.

L’impresario Remigio Paone, titolare della compagnia di cui faceva parte Totò, ha incaricato un noto oculista di compiere domani una visita fiscale, a termini del contratto nazionale di categoria, per accertare se l'infermità agli occhi di Totò fosse talmente grave da imporgli l'immediata interruzione degli spettacoli. Sembra infatti che in seguito alla visita dell’oculista di Palermo, prof. Sala, si fosse in un primo tempo considerata la possibilità di interrompere la «tournée» della compagnia per due sere soltanto, riprendendo gli spettacoli a Catania, secondo il programma prestabilito, che si sarebbe concluso il 21 maggio a Napoli. Totò, invece, sciolse la compagnia lunedì scorso a Palermo, rinunciando a tutta la «tournée», e dandone comunicazione all'esercente teatrale Mazza, che aveva concordato col titolare della compagnia, dott. Paone, il programma di recite in Sicilia.

Ritenendosi danneggiato nel suoi interessi, il Mazza, oltre a far apporre a Palermo i sigilli sul bagaglio e su parte dell’attrezzatura della compagnia, ha spiccato una citazione nei confronti del dott. Paone, reclamando la somma di 19 milioni per risarcimento dei danni subiti. Reclamano dal Paone il saldo delle loro competenze fino al 21 maggio anche le ballerine che erano state scritturate fino a quel giorno.

Disponendo la visita fiscale nei confronti di Totò, il dott. Remigio Paone preannuncia a sua volta un'azione di rivalsa ai danni del popolare attore, nel caso che la malattia agli occhi non risulti di tale entità da imporre a Totò la sospensione delle recite. Il Paone ha inoltre dichiarato al giornalisti che la decisione di sciogliere la compagnia non spettava a Totò ma a lui soltanto, ed ha aggiunto che all’atto di definire il contratto per le recite In Sicilia Totò non lo aveva avvertito del pericolo che minacciava la sua vista.

Nel caso poi che la malattia di Totò risulti effettivamente grave, e tale da impedirgli di recitare, il Paone accamperà a suo discarico la causa di forza maggiore, nei confronti dei terzi che lo hanno citato per il risarcimento dei danni, tra cui il Mazza.

«Corriere della Sera», 12 maggio 1957


Corriere-della-Sera
«Corriere della Sera», 12 maggio 1957

1957-05-12-Momento-Sera-Malattia-citazione

Il capocomico Remigio Paone, citato da un impresario siciliano e da alcune ballerine, vuole rifarsi col principe De Curtis che ha sciolto la compagnia per la sua malattia agli occhi.

Roma 11 maggio

I nomi degli eminenti clinici Bussolati, Cascio, Furgoni, Galeaazzi, Lo Cascio, Sala, Speciale-Piccichè, c'è da sperarlo, non ricorreranno più nella cronaca per il caso del Principe Antonio de Curtis - in arte Totò - dopo consulto ed il bollettino diramato l'altro ieri.

La battaglia delle diagnosi e delle prognosi, suffragate da termini scientifici sotto forma di parole difficili, è terminata. Ma la guerra continua con atti giudiziari e carta bollata.

È stata iniziata, com'è noto, dal commendator Salvatore Mazza che dalla Sicilia ha fatto partire la citazione al dottor Remigio Paone per risarcimenti di danni (all'incirca 19 milioni di lire) per le recite, della compagnia Totò a Palermo, interrotte senza motivi di forza maggiore.

Il commendator Mazza afferma che sottoposto Totò a visita di controllo fatta dal professor Guido Sala - a Palermo - non risultava così gravemente ammalato da dover troncare subito le rappresentazioni al Politeama Garibaldi. Infatti l'occhio destro era ancora valido, avendo notato solo un piccolo focolaio corientinitico, con una tenuissima emorragia puntiforme, tale da non destare alcuna preoccupazione per la perdita della facoltà visiva.

Ragione per cui il professor Sala sconsigliando una ripresa immediata dell'attività artistica di Totò concludeva che era necessario quindi un periodo di riposo di pochi giorni.

E Mazza aggiunge che dopo una discussione fra il detto professor Sala ed il principe De Curtis, non accettandone le premesse scioglieva di sua iniziativa la compagnia annullando quindi ogni eventualità di ripresa. Questo è quanto ci ha riferito il dottor Remigio Paone durante una breve ma difficile (per le sue condizioni di salute, affetto com'è da artrosi cervicale) conversazione avuta nel suo ritiro di un grande albergo di via Veneto.

Il Signor Errepi ha tenuto ad informarci che tra lui e del Principe Antonio de Curtis, da tempo, i rapporti erano tutt'altro che cordiali, dopo scontri frequenti e talvolta vivaci - come avviene di norma nella acceso periodo di preparazione e allestimento dello spettacolo - e che questo malgrado tutto fu varato sul finire di novembre a Roma.

Paone, infine, ha pur dichiarato che Totò senza avvisare lui, capocomico, un gesto che definisce arbitrario scioglieva la compagnia che non era la sua senz'altro avvisarlo.
«Logico quindi che di fronte a questa situazione, aggravata dalla citazione per danni di Salvatore Mazza, io stia per iniziare azione di rivalsa nei confronti del Principe Antonio de Curtis».

Ed il dottor Paone ha soggiunto di aver officiato un medico fiscale, un oculista di sua fiducia perché domani si rechi a casa di Totò per quella visita fiscale che il Contratto Nazionale impone e per l'avvio e gli sviluppi della lite giudiziaria.

Non solo, ma Paone capocomico lamenta che Totò all'atto di definire il contratto (aprile 1956) non lo abbia avvisato della possibilità che il male sofferto all'occhio sinistro potesse estendersi a quello destro, con conseguenze gravi per il per il regolare corso degli spettacoli.

«Nulla da obiettare - ha aggiunto Paone - se il male risulterà effettivamente grave, ma comunque ogni decisione sulle sorti dello spettacolo Errepi n.108, spettava al titolare che ha corso tutti i rischi sin dalla prima idea di formarlo. Chi ha agito non nell'ambito delle sue mansioni ed i suoi diritti dovrà pagarne le conseguenze».

Si tratta, come si vede, di una causa delicata che ha in sé i germi di sviluppi, ora, non precisabili. Tuttavia è da prevedersi che le grane Mazza-Paone e Paone-De Curtis ne provocheranno delle altre. A conferma di questa nostra facile profezia diremo che proprio ieri l'agguerrito plotoncino delle 7 statuarie Show Girl e l'altro delle ballerine inglesi sono partiti all'attacco chiedendo il saldo delle loro competenze fino a tutto il 20 maggio corrente, giorno termine del contratto.

Il risposta Remigio Paone ha premesso che aveva provveduto a fornirle del biglietto ferroviario per il loro rientro in patria e in quanto alla pretesa del pagamento dei residuati ha ritenuto di non poterlo effettuare sostenendo trattarsi di causa di forza maggiore.

E a torto, secondo la nostra opinione non ricorrendo per gli artisti scritturati nessuno dei casi di forza maggiore del contratto nazionale della categoria.

Andrea De Pino, «Momento Sera», 12 maggio 1957


Momento-Sera
Andrea De Pino, «Momento Sera», 12 maggio 1957

1957 05 14 Il Messaggero A Prescindere malattia intro

Palermo, 13 maggio

E‘ stata depositata oggi presso la Pretura di Palermo la relazione di consulenza medica del prof. Guido Sala, docente alla clinica oculistica dell’Università di Palermo, sulla malattia che ha colpito agli occhi il comico Totò. Nella sua relazione — stesa su richiesta del signor Salvatore Mazza, contitolare dell'impresa teatrale «C.M.C.» — il prof. Sala sostiene di aver riscontrato all’occhio destro del comico, nel corso della sua visita effettuata il 7 maggio scorso, «astigmatismo impermetropico composto controregola; chiazze pigmentate sulla retina, nel settore inferiore, di antica data; un piccolo focolaio di pigmento nella regione paramaculare con piccola spruzza emorragica e un lieve scotoma centrale ». Per quanto riguarda l'occhio sinistro il professionista ha dichiarato di aver riscontrato «esito di distacco di retina con cataratta complicata, e visus spento».

Affermato quindi che la diagnosi da lui fatta presupponeva un periodo di riposo prima della ripresa del lavoro, il prof. Sala — rispondendo agli specifici quesiti posti dal signor Mazza di Catania — sostiene nella sua perizia che l'affezione non si è manifestata improvvisamente e che il decorso dell’affezione stessa ha in genere una lunga durata.

Per quanto riguarda infine e possibilità visive del comico il giorno successivo alla sospensione delie rappresentazioni, il professionista palermitano ha dichiarato nella sua relazione che un visus di 6/10 scarsi «è più che aderente all’aspetto delle lesioni che si apprezzavano al momento della visita e probabilmente in tale visus il De Curtis aveva recitato nelle varie sedi prima di Palermo».

«Il Messaggero», 14 maggio 1957


Il Messaggero
«Il Messaggero», 14 maggio 1957


1957 05 14 Piccolo Malattia occhi intro

Palermo, 13

E' stata depositata oggi presso la Pretura di Palermo la relazione di consulenza medica del prof. Guido Sala, docente alla clinica oculistica dell’Università di Palermo, sulla malattia che ha colpito agli occhi il comico Totò durante la sua tournée in Sicilia e che ha portato alla sospensione delle recite della rivista «A prescindere» e all’anticipato scioglimento della compagnia.

Nella sua relazione — stesa su richiesta del signor Salvatore Mazza, contitolare della impresa teatrale «C.M.C.» — il prof. Sala sostiene di aver riscontrato all’occhio destro del comico, nel corso della sua visita effettuata il 7 maggio scorso, «astigmatismo ipermetro-pico composto controregola, chiazze pigmentabe sulla retina, nel settore inferiore, di antica data, un piccolo focolaio di pigmento nella regione paramaculare con piccola spruzza emorragica». Per quanto riguarda l’occhio sinistro il professionista ha dichiarato di aver riscontrato «esito di distacco di retina con cataratta complicata, e visus spento».

Per quanto riguarda infine le possibilità visive del comico il giorno successivo alla sospensione delle rappresentazioni, il professionista palermitano ha dichiarato nella sua relazione che il visus di 6/10 scarsi «è più che aderente all’aspetto delle lesioni che si apprezzavano al momento della visita e probabilmente in tale visus il De Curtis aveva recitato nelle varie sedi prima di Palermo».

«Il Piccolo», 14 maggio 1957


Il Piccolo di Trieste
«Il Messaggero», 14 maggio 1957

1957-06-08-Corriere-della-Sera-Malattia-Citazione

Peppino De Filippo reagisce alla decisione di una Casa cinematografica di non realizzare un film a causa della infermità dei comico napoletano.

Roma 7 giugno.

Un’altra vertenza si è aggiunta alla collana di giudizi provocati dalla malattia che ha colpito recentemente agli occhi il popolare comico napoletano Totò. La nuova vertenza mette di fronte Peppino de Filippo e una società di produzione cinematografica che avrebbe dovuto dare oggi il primo colpo di manovella ad un nuovo film, i cui protagonisti sarebbero dovuti essere i due attori.

Il film, dal titolo provvisorio «Totò e Peppino, mariti imbroglioni» non può essere realizzato perchè Totò, per cause di forza maggiore, ha denunciato il contratto stipulato con la casa cinematografica. Quest’ultima ha inviato, in conseguenza, una lettera raccomandata a Peppino De Filippo nella quale si dichiara risolto, per la stessa ragione, il suo contratto.

Peppino de Filippo ha reagito dando incarico ad un legale di tutelare i suoi interessi. L'attore obietta, infatti, che nella raccomandata a lui inviata, mentre viene riprodotta la lettera di Totò alla casa cinematografica, non sono accluse le dichiarazioni dei medici dalle quali si deducano la natura, l’entità e la durata della malattia che ha colpito il collega. Nello stesso tempo il contratto, pur prevedendo la malattia quale caso di forza maggiore, non contempla la risoluzione in tronco del rapporto contrattuale di scrittura anche nei confronti dell’altro contraente,

«Corriere della Sera», 8 giugno 1957


Corriere-della-Sera
«Corriere della Sera», 8 giugno 1957

1957 06 14 Momento Sera A prescindere L


Momento Sera
«Momento Sera», 14 giugno 1957

1957-06-08-Corriere-dell-Informazione-Malattia-Citazione

Peppino De Filippo si oppone alla decisione di una casa cinematografica di non realizzare un film per l'infermità del comico napoletano.

Roma 7 giugno notte.

L' infermità agli occhi da cui è stato colpito il comico Totò, che dovette interrompere a Palermo le rappresentazioni di una rivista, determinerà una controversia giudiziaria di cui sarà partecipe Peppino De Filippo.

Una società di produzione cinematografica avrebbe dovuto iniziare oggi la lavorazione di un film, cui era stato posto il titolo provvisorio di «Totò e Peppino, mariti Imbroglioni». Il 25 maggio scorso la casa produttrice spedì a Peppino De Filippo una lettera raccomandata in cui gli si comunicava: «Abbiamo ricevuto dal principe Antonio De Curtis, in arte Totò, una lettera in cui egli denuncia il proprio contratto di scrittura con noi per cause di forza maggiore. Siamo spiacenti di dover risolvere a nostra volta, per la stessa ragione, il contratto nei suoi confronti». Nella comunicazione si asseriva, fra l’altro, che un’espressa clausola contrattuale doveva far considerare causa di forza maggiore la malattia di uno del due attori protagonisti del film.

Peppino De Filippo non fu dei parere della casa produttrice. Chiese aiuto al proprio legale, avvocato Giovanni Ozzo, il quale fece osservare al produttore che, nella lettera inviata a Peppino, mentre si era riportata integralmente la comunicazione di Totò alla società, si era tralasciato di riprodurre una dichiarazione firmata dal due medici che hanno in cura De Curtis. «Solo da questo documento clinico — fece rilevare Ozzo — possono risultare validamente la natura, l’entità, la durata della malattia da cui sarebbe affetto il principe attore».

Secondo il legale di Peppino De Filippo, il certificato medico è indispensabile per valutare la applicabilità o meno della clausola numero 9 del contratto stipulato il 25 febbraio 1957; essa, pur considerando come causa di forza maggiore la malattia di uno del protagonisti del film, non prevederebbe affatto in questo caso la risoluzione in tronco del rapporto contrattuale di scrittura anche nel confronti dell’altro attore, ma soltanto un arresto e uno spostamento nella lavorazione del film.

A. Ge., «Corriere dell'Informazione», 8 giugno 1957


Corriere-dell-Informazione
A. Ge., «Corriere dell'Informazione», 8 giugno 1957

1957-06-26-Corriere-della-Sera-Malattia-Citazione


Catania 25 giugno, notte.

La prima delle vertenze originate dalla malattia agli occhi che nello scorso maggio impedì all’attore «Totò» di ultimare in Sicilia e in Calabria il giro con la sua compagnia di riviste, è stata iniziata oggi dinanzi al giudice istruttore dott. Nicosia, del Tribunale civile.

La vertenza è diretta contro l’impresario catanese dott. Salvatore Mazza, impresario di Totò per la Sicilia e la Calabria. Egli si era impegnato a far agire la compagnia in teatri di Caltagirone, Catania, Messina e Palmi Calabro, i cui gestori hanno intentato procedi, mento contro il dott. Mazza, chiedendo risarcimenti per complessivi venti milioni.

Dal canto suo, l’impresario catanese, manifestatasi l’infermità dell’attore aveva ottenuto dal Tribunale di Palermo il sequestro conservativo dei beni della compagnia, intentando un procedimento per inadempienza contrattuale contro Totò e il suo impresario generale, Remigio Paone.

«Corriere della Sera», 26 giugno 1957


Corriere-della-Sera
«Corriere della Sera», 26 giugno 1957

1957-07-13-Corriere-della-Sera-A-prescindere-Malattia-Citazione


Catania 12 luglio, notte.

Il comico Totò e l’impresario Remigio Paone dovranno comparire come testimoni dinanzi al Tribunale civile di Catania il prossimo dieci ottobre. I giudici hanno disposto la citazione del comico e dell’impresario per chiarire le circostanze in seguito alle quali Totò interruppe a Palermo, nel maggio scorso, la tournée della rivista «A prescindere» accusando una infermità agli occhi.

Secondo gli impegni contrattuali, Totò avrebbe dovuto presentare successivamente lo spettacolo nei teatri di Catania, Caltagirone, Messina e Palmi Calabro per conto dell’impresa diretta dal dott. Mazza di Catania, chiamato in giudizio dai proprietari dei quattro teatri per risarcire i danni (circa venti milioni di lire) relativi ai mancati spettacoli.

Totò e Paone dovrebbero anche comparire come imputati in un altro processo intentato nel loro confronti dalla impresa Mazza per inosservanza di impegni contrattuali. Non è escluso, però, che l’autorità giudiziaria ravvisi la opportunità di abbinare i due processi. Un’istanza in proposito, presentata dai difensori della impresa oatanese, è attualmente all’esame del Tribunale.

«Corriere della Sera», 13 luglio 1957


1957 07 13 Corriere d informazione Remigio Paone Malattia L


Corriere-della-Sera
Corriere dell Informazione
«Corriere della Sera», «Corriere d'Informazione», 13 luglio 1957