Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1937


Rassegna Stampa 1937


Indice della rassegna stampa dei film per l'anno 1937

Fermo con le mani! (Distribuzione 27 gennaio 1937)


Totò

Articoli d'epoca, anno 1937

16 Gen 2014

Antonio e Diana, un amore difficile

ANTONIO E DIANA, UN AMORE DIFFICILE Dopo l’annullamento del matrimonio, i nostri rapporti continuarono ad essere tempestosi. Divenne ancora più geloso di prima, ammesso che fosse possibile. Non solo non permetteva che uscissi da sola io, ma neppure…
Daniele Palmesi, Federico Clemente
18576

FERMO CON LE MANI!

Distribuzione: 27 gennaio 1937

1937 Fermo con la mani


Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film


1937 02 08 La Stampa 50 milioni T intro

1937 02 08 La Stampa Belle o brutte mi piaccion tutte T intro

«La Stampa», 8 febbraio 1937


1937 02 09 La Stampa Belle o brutte mi piaccion tutte R intro

E' ritornato Totò! Ed è bastato il solo annuncio del ritorno di questo divertentissimo comico per richiamare al Chiarella una vera folla di spettatori, perchè i torinesi amano non poco godersi lo svago piacevole che l'esilarante attore sa offrire loro. Macchiettista, contorsionista, lepido, arguto, Totò è infatti, in una rivista, il fulcro dell'attenzione del pubblico: l'attore dal quale ci si aspetta tutto e niente, pur di ridere, pur di bearsi, pur di trascorrere due ore liete, senza altre preoccupazioni. Il canovaccio di una rivista conta poco per questo caratteristico comico: egli basterebbe da solo a dar vita a scene su scene, con un crescendo buffonesco che quasi sempre raggiunge la naturalezza dei comici dell'arte. Ieri sera - nel personaggio di un tipico idiota che eredita da uno zio d'America metà della vistosa somma di cinquanta milioni di dollari - Totò ne ha fatte e ne ha dette di ogni colore, tra le continue ilarità del pubblico che non si stancava di ridere e di applaudire. Riconfermato il successo personale di Totò, la rivista di Inglese e Tramonti, non poteva avere uguale successo, e così lo spettacolo, assai gradito, si è svolto in un'atmosfera di viva cordialità [...]

«La Stampa», 9 febbraio 1937


1937 02 10 La Stampa Sera Toto L

Macchiettista e contorsionista spassoso e arguto, Totò e uno di quegli attori italiani di cui si dice: non ve n’è uguale. Non ve n'è, infatti, sui palcoscenici italiani alcun altro cui Totò possa essere paragonato, messo a confronto. Totò e uno di quei prodigiosi attori nostri che la comicità innata esprimono il mille loro guise le più strambe bizzarre, eppure le più moderne perché, in fondo, documentate sulla sottile osservazione quotidiana dell'uomo della strada. Che cosa raffigurano e significano, chi rappresentano le «macchiette» che hanno dato a Totò fama di attore originalissimo in quel mondo delle meraviglie che è il mondo del teatro di varietà? Questo vedranno i nostri amici che venerdì 12 corrente, alle ore 17, gremiranno - ancora una volta - Il Salone de ”La Stampa”, per assistere allo spettacolo che Totò offrirà loro: spettacolo composto del meglio che sia sprezzato dall'ingegno pirotecnico dell’attore, che nello stesso tempo è singolarissimo ”autore” di sé stesso.
Aggiungiamo subito che gli inviti saranno esclusivamente distribuiti dal nostro ufficio organizzazioni, domani, giovedì 11 febbraio, dalle ore 14:30 alle ore 16

«La Stampa», 10 febbraio 1937


1937 02 11 Teatro Toto intro

Macchiettista e contorsionista spassoso e arguto, Totò è uno di quegli attori italiani di cui si dice: non v'è uguale. Non v'è, infatti, sui palcoscenici italiani alcun altro cui Totò possa essere paragonato, messo a confronto. Totò è uno di quei prodigiosi attori nostri che la comicità innata esprimono in mille loro guise le più strambe e bizzarre, eppure le più naturali perchè, in fondo, documentata sulla sottile osservazione quotidiana dell'uomo della strada. Che cosa raffigurano e significano le "macchiette" che hanno dato a Totò fama di attore originalissimo in quel mondo di meraviglie che è il mondo del varietà? Questo vedranno i nostri amici che venerdi 12 corrente alle ore 17, gremiranno - ancora una volta - il salone de "La Stampa", per assistere allo spettacolo che Totò offrirà loro; spettacolo composto dal meglio che sia sprizzato dall'ingegno pirotecnico dell'attore, che è nello stesso tempo "autore" di sé stesso. [...]

«La Stampa», 11 febbraio 1937


1937 02 12 La Stampa Delle due chi sara R intro

Questo lavoro è una via di mezzo tra la rivista, l'operetta e la commedia. I quadri di una trama ben definita, infatti, si seguono inframezzati ad altri di ballo, di coreografia e di canto.
Quasi due spettacoli in uno, come due sono i personaggi che fan da perno alla commediola - il signor Aguglia e l'avvocato Burrasca - ed uno solo l'interprete: Totò. Totò che, venuto in città per far visita ad un nipote studente nei panni del vitaiolo da paese Aguglia, viene scambiato, data la perfetta rassomiglianza, con il nevrastenico avvocato e finisce nella camicia di forza al Burrasca destinata. Totò che, sempre comico, lepido, mattacchione, raccoglie a cappellate con il suo tubino spellacchiato gli applausi del pubblico. Il successo dell'originale lavoro è, ieri sera, stato completo. Gli spettatori, numerosi in ogni ordine di posti, hanno, infatti, approvato cordialmente l'attore che tanto sapeva tenerli di buonumore ed i suoi compagni, a cominciare dalla briosa Clely Fiamma. Il lavoro si replica.

«La Stampa», 12 febbraio 1937


1937 02 16 La Stampa Belle o brutte mi piaccion tutte intro

«La Stampa», 16 febbraio 1937


1937 02 19 La Stampa Se quell evaso io fossi intro

«La Stampa», 19 febbraio 1937


1937 03 02 Il Piccolo delle diciotto Se quell evaso intro

Oggi al Teatro Fenice si replica «Se quell'evaso io fossi» la briosa rivista di Bel Ami e Tramonti che ottenuto tanto successo Clely Fiamma, la beniamina dei pubblico triestino, nella figura di «donna fatale» si è meritata l'ammirazione degli spettatori, che durante le rappresentazioni di ieri la hanno applaudita con molto fervore. Schiette risate ha suscitato Totò comico di felici trovate, hanno efficacemente contribuito Bruno Cantalamessa, Guglielmo Sinaz, Guglelmo Inglese, Bianca Mandes, le ballerine soliste M. Holstein e L. Buttner, nonché il «Balletto Internazionale».

«Il Piccolo delle ore diciotto», 2 marzo 1937


1937 03 02 Il Piccolo di Trieste Toto Clely Fiamma intro

Il miglior pubblico di Trieste - quale la «piccola Clely» fu la attrazione n.1 - è accorso ieri al Teatro Fenice per risalutare nella sua nuova figura di Clely Fiamma, artista nel senso completo della parola, squisita signora del palcoscenico, piena di dolce fascino e di personalissima eleganza. Anche nel ruolo di «donna fatale» Clely è una cara e simpatica figura di donna e di artista che sa maritarsi l'ammirazione della folla, come chiaramente hanno dimostrato le rappresentazioni di ieri, nelle quali ella è stata applaudita con molto fervore.

Schiette risate a getto continuo ha suscitato Totò, comico di felici trovate, simpaticamente meridionale nel senso che basa i suoi elementi di successo particolarmente nelle risorse della mimica e del gioco della fisionomia.

Al felice esito della rivista «Se quell'evaso io fossi» di Bel Ami e Tramonti, che si è svolta tra continui applausi, hanno efficacemente contribuito Bruno Cantalamessa, Guglielmo Sinaz, Guglielmo Inglese, Bianca Mandes, le ballerine soliste M. Holstein e L. Buttner, nonché il «Balletto Internazionale». Oggi il divertente spettacolo si replica.

«Il Piccolo di Trieste», 2 marzo 1937


1937 03 05 Il Piccolo delle diciotto 50 milioni T

1937 03 05 Il Piccolo delle diciotto 50 milionii intro

La Compagnia di riviste diretta da Totò, della quale fa parte Clely Fiamma, dà oggi la nuova fantasiosa rivista di Tramonti e Inglese «50 milioni... c'è da impazzire!», ricca di scene comiche, balli e canzoni. Accanto al divertentissimo Totò e all'elegante, simpatica Clely Fiamma, figurano in questo lavoro Bruno Cantalamessa, Guglielmo Sinaz, G. Inglese, Bianca Mandes, Lena Bellocchio, la danzatrice M. Holstein e S. Buttner col Balletto internazionale. Dirige l'orchestra il maestro C. Ferraris.

«Il Piccolo delle ore diciotto», 5 marzo 1937


1937 03 05 Il Piccolo di Trieste 50 milioni intro

«50 milioni... c'è da impazzire!», si intitola la nuova rivista di Tramonti e Inglese, nella quale ieri .sera alla Fenice ha rifulso la squisita, eleganza e la grazia birichina di Clely Fiamma, sempre beniamina del nostro pubblico, mentre le gustose buffonerie di Totò hanno fatto ridere di gusto gli spettatori accorsi in folla a tutte le rappresentazioni.

Per la sera di lunedì prossimo rivista oggi si replica. Per lunedi è annunciata un’unica rappresentazione della Compagnia a spettacolo completo, con inizio allo 21.15, in onore di Clely. Si darà la rivista «Di quei due chi sarà?», di De Curtis e, fra il secondo e terzo atto, la Clely si esibirà nelle sue tipiche creazioni che le le daranno modo di sfoggiare le sue migliori toilettes. Prenotazione e vendita dei posti presso la Biglietteria Centrale, in piazza della Borsa n. 8 (tel. 9488).

«Il Piccolo di Trieste», 5 marzo 1937


1937 03 05 Piccolo di Trieste 50 milioni intro

Oggi, la Compagnia di riviste diretta da Totò, della quale fa parte Clely Fiamma, dà la nuova, fantasiosa rivista di Tramonti e Inglese «50 milioni... c’è da impazzire!», ricca di scene comiche, balli e canzoni. Accanto al divertentissimo Totò e all’elegante, simpatica Clely Fiamma, figurano in questo lavoro Bruno Cantalamessa, Guglielmo Sinaz, G. Inglese, Bianca Mandes, Lena Bellocchio, la danzatrice M. Holstein e S. Buttner col Balletto internazionale. Dirige l’orchestra il maestro C. Ferraris.

«Il Piccolo di Trieste», 5 marzo 1937


1937 03 06 Il Piccolo delle diciotto 50 milioni intro

1937 03 06 Il Piccolo della Sera 50 milioni f1 L

Per la sera di lunedì prossimo rivista oggi si replica. Per lunedi prossimo è annunciata un'unica rappresentazione della Compagnia a spettacolo completo, con inizio alle 21 in onore di Clely. Sì darà la riviista «Di quei due chi sarà?» di De Curtis e, fra il secondo e terzo atto, la Clely si esibirà nelle sue tipiche creazioni che le daranno modo di sfoggiare le suo migliori toillettes. Prenotazione e vendita dei posti presso la Biglietteria Centrale, in piazza della Borsa n. 8 (tel. 9488).

«Il Piccolo della Sera», 6 marzo 1937


1937 03 07 Il Piccolo di Trieste Dei due chi sara intro

Come abbiamo annunciato, domani sera, con uno spettacolo teatrale unico, fissato per le ore 21.13 precise, avrà luogo al Teatro Fenice la serata in onore di Clely Fiamma, la giovane, ammirattssima «Nella» dell’ottima Compagnia di riviste diretta da Totò, che tanto successo va riportando anche fra noi. Clely — per il pubblico triestino che l’ha veduta «nascere» sulla scena e che l’ha accompagnata con indiminuita simpatia nella sua brillante ascesa, — avrà campo di mettere in luce tutte lo sue doti di brio, di grazia, e d’eleganza, nel nuovo lavoro «Chi sarà dei due?», di De Curtis. E’ facile prevedere che il pubblico accorrerà a festeggiare Clely Fiamma e a godersi una serata di divertimento. Per quest’unico spettacolo serale (verranno a cadere domani le solite rappresentazioni di cine e rivista) la Biglietteria Centrale di piazza della Borsa 8 (tel. 9488) prenota e vende i posti a sedere.

«Il Piccolo dei Trieste», 7 marzo 1937


1937 03 08 Il Piccolo della Sera Dei due chi sara intro

La elegante, simpaticissima Clely Fiamma, cara conoscenza del nostro pubblico che giustamente la ammira e applaude da quando si esibiva come «Piccola Clely», da oggi la sua serata d'onore alla Fenice con una unica rappresentazione — che ha inizio alle 21.15 precise — della divertentissima rivista «Chi sarà dei due ?», di De Curtis, il popolare comico Totò, che sta diventando uno degli assi cinematografici della risata, animerà il lavoro col suo spirito sbarazzino e tutti gli altri ottimi elementi della Compagnia si esibiranno nei loro migliore aspetto. Data l'eccezionalità dello spettacolo, si prevede una serata festosissima.

Per quest'unico spettacolo serale (vengono oggi a cadere lo solite rappresentazioni di cine e rivista) la Biglietterla Centrale di Piazza della Borsa 8 (tel. 94-88) prenota e vende i posti a sedere.

«Il Piccolo della Sera», 8 marzo 1937


1937 03 08 Il Piccolo di Trieste Dei due chi sara T L


1937 03 08 Il Piccolo delle diciotto Dei due chi sara f1 L

Clely Fiamma ha stasera al Teatro Fenice la sua serata d'onore con la gaia rivista «Chi sarà dei due?» di De Curtis, il popolare comico Totò. Il popolare comico sfoggerà nel lavoro il suo spirito sbarazzino e tutti gli altri ottimi elementi della Compagnia si esibiranno nel loro migliore aspetto.

La elegante simpaticissima Clely, così cara al nostro pubblico, che l’ammirò bambina prodigio e la ha seguita sempre con molto consenso nella sua bella carriera, avrà feste lietissime dal pubblico che accorrerà senza dubbio in folla allo spettacolo — di unica rappresentazione — che avrà inizio allo 21.15 precise.

Oggi vengono a cadere le solite rappresentazioni di film e rivista La Biglietteria Centrale di Piazza della Borsa 8 (tei. 94-88) prenota e vende i posti a sedere.

«Il Piccolo delle ore diciotto», 8 marzo 1937


1937 03 09 Il Piccolo di Trieste Dei due chi sara intro

Il pubblico triestino, accorso iersera in gran folla alla Fenice malgrado l’inclemenza del tempo, ha dato a Clely una magnifica prova di affettuosa simpatia e la apprezzata artista, dal canto suo, ha dimostrato di ben meritarla, mostrandosi in tutto il fascino della sua grazia di donna, e della sua personalità d’artista. Sia nelle canzoni, interpretate con arte squisita, come nello scene comiche accanto all'irresistibile Totò, Clely Fiamma ha saputo strappare unanimi e vibranti applausi e specialmente nell'intermezzo tra il primo e il secondo quadro della rivista, nel palcoscenico trasformato in una serra dì fiori, la seratante, col suo brio, la sua eleganza e la sua intelligenza, si è imposta come una delle maggiori stelle italiane della piccola lirica.

Anche Totò, specialmente nella seconda parte della gaia rivista di De Curtis «Chi sarà dei due?», ha avuto momenti felicissimi e con la sua tipica arte pagliaccesca ha suscitato torrenti di risate. Molto ammirate le danzatrici e l’eleganza dei loro costumi.

Oggi e domani la compagnia dà le solite rappresentazioni col programma cinematografico, replicando il divertente spettacolo di ieri, mentre per giovedì come rileviamo a parte è annunciata la serata in onore di Totò a spettacolo teatrale.

«Il Piccolo di Trieste», 9 marzo 1937


1937 03 09 Il Piccolo di Trieste I tre Moschettieri intro

Un altro divertentissimo spettacolo serale unico è annunciato al Teatro Fenice per giovedì sera : la fantasia comico-musicale in due tempi, e venti quadri «I tre moschettieri» di Mangini e Tramonti. Si tratta di una gustosa parodia che si darà in serata d’onore di quel re della risata che è il comicissimo Totò. Basti dire per oggi che Totò sarà... d’Artagnan. Allo spettacolo, che avrà inizio alle 21.15 e che promette di riuscire allegrissimo, parteciperà anche la squisita Clely Fiamma con tutta l’eccellente Compagnia di Totò. Alla Biglietteria centrale di piazza della Borsa 8 (tel. 94-88) saranno oggi messi in vendita i posti.

«Il Piccolo di Trieste», 9 marzo 1937


1937 03 09 Piccolo di Trieste Tre moschettieri intro

Attesa con molta simpatia e curiosità avrà luogo domani al Teatro Fenice, con una rappresentazione serale unica, la serata in onore dtel comicissimo Totò. Il geniale artista, ch’è uno dei beniamini del vasto pubblico, presenterà per l’occasione con la sua ottima Compagnia una gustosa parodia dei «Tre moschettieri». E’ facile immaginare fin d’ora quante ne farà e dirà nelle vesti di «d’Artagnan». Alla serata prenderanno parte anche la tanto festeggiata Clely Fiamma e le eleganti danzatrici del complesso,

Per questo eccezionale spettacolo, che avrà inizio alle 21.15, i posti di platea sono in vendita alla Biglietteria centrale di piazza della Borsa 8 (tel. 94-88).

«Il Piccolo di Trieste», 9 marzo 1937


1937 03 09 Piccolo di Trieste Tre moschettieri intro

Alle 21.15, in unico spettacolo serale (vengono a cadere, per oggi, le consuete rappresentazioni di cinema e rivista) si darà alla Fenice una gustosa novità: la comicissima rivista-parodia in due tempi e venti quadri «I tre moschettieri» di Mangini e Tramonti.

La rappresentazione sarà in onore di Totò, l'inesauribile e l’irresistibile suscitatore di risate, al quale il nuovo lavoro è stato espressamente dedicato. Nell’allegra fantasia comico-musicale, Totò sarà «d’Artagnan» e Clely Fiamma «Costanza» e l’«lnglesina». Tutti gli altri ottimi artisti della Compagnia parteciperanno allo spettacolo, che promette di riuscire brillantissimo. I posti ancora liberi sono in vendita alla Biglietteria Centrale di Piazza della Borsa 8 (tel. 91-88) e stasera alla cassa del teatro. Superfluo dire che a Totò il nostro pubblico farà le feste più cordiali.

1937 03 11 Piccolo di Trieste Tre moschettieri T L

«Il Piccolo di Trieste», 11 marzo 1937


1937 03 12 Piccolo di Trieste Tre moschettieri intro

La piccola fantasia comico-musicale in due tempi e 20 quadri di Mangini e Tramonti «I Tre moschettieri» ha ieri offerto l’occasione a Totò di esibirsi in tutta la sicurezza dei suoi mezzi artistici. Nel campo umoristico hanno basi profonde e sbocciano con la profusione di trovate, con la gioia degli spettatori che glie ne sono tanto grati e lo considerano come uno dei loro migliori amici del Teatro Fenice, per la serata in onore di Totò, presentava ieri aspetto magnifico, ciò che questo originale e bravo artista conti vaste simpatie anche nella nostra città, dalla quale pure mancava da lunghi anni.

1937 03 12 Piccolo di Trieste Tre moschettieri 2 T L

Sotto mentite spoglie di D’Artagnan, il grande Totò, autentica girandola di gomma, è stato godibilissimo ed ha profuso a getto continuo i lazzi della sua comicità, efficacemente coadiuvato dalla gentile Clely Fiamma, dall’eccellente Bruno Cantalamessa, da Guglielmo Sinaz, Guglielmo Inglese e Mario Panchetti, nonché Bianca Mendes, Enrico Menolena, [...] Oggi la divertente rivista, applauditissima a scena aperta ad ogni quadro, si replica in unione al programma cinematografico.

«Il Piccolo di Trieste», 12 marzo 1937


TRIANON. — Con una bizzarria In due atti e molti quadri di De Curtis dal titolo Dei due chi sarà? ha iniziato le sue rappresentazioni la Compagnia di riviste Totò: il pubblico numerosissimo ha applaudito gli interpreti, primo fra tutti l'ameno Totò. dalle pronte risorse di comicità. La rivista si replica.

«Corriere della Sera», 23 marzo 1937


AL GALLERIA oggi Totò e la sua compagnia riprenderà la rivista: «50 milioni c'e da impazzire! » di Inglese e Tramonti. [...]

«Il Messaggero», 17 maggio 1937


TEATRO GIARDINO DIANA. - Domani sera avrà luogo l'annunciata inaugurazione di questo nuovo teatro estivo: la Compagnia di Riviste di Totò darà «Dei due chi sarà?» di De Curtis, con numeri d'arte varia.

«Corriere della Sera», 31 maggio 1937


1937 11 21 Gazzetta di Parma Barzelletta L

«Gazzetta di Parma», 21 novembre 1937


Altri artisti

1937 Il Dramma Eduardo De Filippo introGino Rocca scrive che l'esperimento non è riuscito. Se Luigi Pirandello ci ha dato proficue e balenanti e vittoriose lezioni di coraggio, il mezzo migliore per rendere omaggio alla sua memoria, che rimane fulgida, è questo: proclamare senza reticenze commosse la verità. Crediamo che l'illustre scrittore recentemente scomparso dal coro degli umani, nui ancora vivo per la potenza della sua voce, non avrebbe consentito la rappresentazione di questo suo scheletro polveroso dopo di averlo rimirato nella cornice delle prime prove. Niente. Qua non esiste Pirandello, se non per un paradosso centrale che gli fu caro e che fece trionfare così Il piacere dell’onestà, come il Gioco delle parti e Diana e la Tuda ed altre significative opere.

E non esiste la colorita arte tutta scorci, baleni e tipici movimenti drammatici dei De Filippo.

Abbiamo assistito ad un saggio di collaborazione scomposta: ed abbiamo nitidamente veduto quanta importanza avesse il dialogo pirandelliano nel movimento, nella costruzione e nella soluzione delle scene — che erano problemi contesti e fissità inconfondibili ed inimitabili. Trarre da una favola di Pirandello un’opera di teatro non è dunque possibile se non con la penna di Lui, che ora s’è spezzata.

Questo Abito nuovo, infatti, nasce da una favola e da una traccia. E i De Filippo fecero miracoli. Ma la simpatia tutta cerebrale. che scaturisce da una opera pirandelliana compiuta, fa a pugni con quella che la concertazione dialogata sa creare in scena.

Edoardo de Filippo concertò l’opera senza la meraviglia dei propri abbandoni pittoreschi così eloquenti, legato ad un paradosso soltanto drammatico, polemico e pesante. Ebbe attimi di meravigliose risorse, specie nelle scene iniziali che segnano il profilo del tipo, ed in quella finale che lo fa stramazzare briaco al suolo quando vede il vestito sgargiante della propria moglie prostituta addosso alla figlia pura.

«Il Dramma», anno XIII, 1937


1937 Il Dramma Eduardo De Filippo intro 2

Edoardo e Peppino De Filippo hanno voluto dedicare una delle loro rappresentazioni, durante la stagione al teatro Quirino di Roma, a Ettore Petrolini: non commemorazione ufficiale — scrive Ermanno Contini — ma semplice, per quanto commosso e commovente atto di omaggio all’illustre attore romano il cui ricordo è ancora vivo nel cuore di tutti e la cui arte resterà ineguagliabile.

In uno degli intervalli dello spettacolo Edoardo De Filippo si è fatto alla ribalta e, avvertito come egli non intendesse parlare di Petrolini artista, troppo grande per poter essere degnamente rievocato da lui, ha detto che intendeva parlare soltanto di Petrolini amico: ed ha raccontato, con la vivezza di quel suo discorso facile e colorito, in qual modo fu spettatore dell'ultima recita di Petrolini.

Fu nella casa dell’attore già nudato e condannato. De Filippo aveva accettato di mettere in scena un suo lavoro, Benedetto fra le donne; ma poiché alle prove si era accorto di non riuscire a mettere su la commedia come avrebbe voluto non sapendo e non potendo uguagliare gli effetti che vi raggiungeva l’arte ricca e insostituibile dell'autore, aveva rinunciato all’impresa. E voleva dirglielo. Ma quando si trovò dinanzi a Petrolini, steso nel letto, ansimante per l’angina, esangue per il male fatale che lo distruggeva, non ebbe coraggio di dire la verità: comprese che sarebbe stata per lui una crudele delusione, quasi che non avesse voluto interessarsi alla sua opera. E disse solamente di aver cominciato le prove. Petrolini si animò, fu felice di quello che considerava un gesto affettuoso di cameratismo traverso il quale avrebbe potuto ancora parlare al suo pubblico e, acceso di passione, scese dal letto per far vedere al compagno come avrebbe dovuto recitare la parte del protagonista. E la recitò nella penombra della stanza per lui solo, forse anzi soltanto per si stesso.

Poi mostrò i bordereaux dell’ultima sua stagione al Quirino: incassi fortissimi testimoniatiti l’amore e l’interesse che il pubblico gli aveva portato fino all’ultimo spettacolo. Il pubblico! Era il suo grande amore e la sua grande passione, il suo solo rimpianto forse. E salutando l’amico che avrebbe dovuto sostituirlo nella stagione fissata per lui al Valle prima del male, gli disse : «De Filippo, salutami il pubblico». Questo saluto accorato e supremo del nostro caro, grande, indimenticabile Ettore, De Filippo ha portato agli spettatori del Quirino assolvendo il patetico incarico ricevuto. E nella sua voce tremava il pianto; come nei nostri cuori la commozione intensa e segreta per aver rivisto ancora per un istante, traverso le semplici e umane parole di De Filippo, l’immagine del grande, scomparso.

Gli applausi sono scrosciati vibranti alla fine del racconto e si sono prolungati per qualche minuto: essi salivano, oltre la ributta rimasta vuota, al di là del sipario chiuso, a cercare e a salutare colui che un crudele silenzio e un desolalo vuoto ha lasciato sui palcoscenici italiani.

Poi i De Filippo hanno recitato una Commedia dell’Arte, sogno perpetuo di Petrolini che da essa discendeva rinnovandone lo spirito e. lo splendore. E’ un atterello gustosissimo, improvvisato su di una vecchia trama, sera per sera. Gli effetti che questi grandi attori, i quali come Petrolini hanno il teatro nel sangue, hanno saputo ricavarne non sono dicibili: si è riso di battuta in battuta, di quel riso pieno e benefico che tutto fa dimenticare e tutto guarisce. Ingenua come vuole la tradizione, buffonesca, sorprendente, questa farsa è .lenza dubbio una delle invenzioni più riuscite dei De Filippo.

«Il Dramma», 1937


1937 01 05 Il Lavoro Riccardo Billi«Il Lavoro», 5 gennaio 1937 - Riccardo Billi

1937 01 09 La Voce di Mantova Raffaele Viviani«La Voce di Mantova», 9 gennaio 1937 - Raffaele Viviani

1937 01 20 Il Lavoro Virgilio Riento«Il Lavoro», 20 gennaio 1937 - Anna Foguez, Virgilio Riento, Gennaro Pasquariello

1937 01 27 Cinema Illustrazione Giuseppe Marotta«Cinema Illustrazione», 27 gennaio 1937 - Giuseppe Marotta

1937 01 30 Il Lavoro Tito Schipa«Il Lavoro», 30 gennaio 1937 - Tito Schipa

1937 03 04 Il Piccolo di Trieste Clely Fiamma«Il Piccolo di Trieste», 4 marzo 1937 - Clely Fiamma

1937 03 28 Il solco fascista San Giovanni decollato Musco T«Il solco fascista», 28 marzo 1937 - Angelo Musco

1937 09 25 La Voce di Mantova Nelli Mangini«La Voce di Mantova», 25 settembre 1937 - Nelli e Mangini, Anna Foguez, Gennaro Pasquariello, Vincenzo Scarpetta 


1937 Il Dramma VIttorio De Sica introQuando De Sica era poco più che un ragazzo, tutto preso dai sogni che gli facevano ressa nel cervello e nel cuore, recitava con la Pavlova. Anche allora era un figliolo lindo e bene educato, che non ti stendeva la mano se non si era prima tolto il guanto, che sorrideva scoprendo i trentadue denti — parevano centocinquanta — scintillanti e forti da pubblicità dentifricia, e strizzando leggermente gli occhioni neri di monello napoletano. Anche allora, nonostante la florida e li rapirla giovinezza, gli si formavano nel ridere tante fitte rughe agli angoli delle orbite, con un effetto sorprendente di furbizia antica in sorriso innocente. In lui i sogni erano nugoli, le aspirazioni non gli davano pace, nondimeno sapeva tenerli a freno in una specie di gelida compostezza, la quale forse era scambiata dalla sua maestra stessa per mancanza di scatto. Sì, ottimo elemento, ma troppo inviscato nel cerimonioso, troppo illanguidito, forse anche troppo signore per il mestiere che gli piaceva.

Dopo il teatro s'andava in una trattoria dietro il Carignano. il cui proprietario sapeva cucinare bistecche soffici e grosse come puf di sangue. In un angolo gridava Petrolini, in un altro Gandusio ascoltava. De Sica sorrideva, più interessato all'apparenza dalla buccia d'una pera, che non dagli argomenti in discussione. Ma quando si usciva, nelle vie deserte, chissà, fosse il buio che ne blandisse la timidezza o l'ora così commovente e bella, suscitatrice di rimorsi — avviandoci infatti verso casa, una sveglia che trillasse a un terzo piano, l'esempio di chi già s'alzava punto dal richiamo delle opere usate, ci faceva rimpiangere le ore inutilmente perdute —, ecco De Sica si trasmutava, qualcosa in lui si scioglieva, che lo invitava a parlare, a parlare. « Vorrei fare questo, vorrei fare quest'altro. Che ne dice se mi provassi in quella parte...? Ho letto la tale commedia, credo che ne potrei rivelare le bellezze... Insomma, passano i giorni, passano gli anni, ed io son sempre così, nessuno. Eppure... eppure... Mi aiuti a cercare la mia strada, mi consigli...Ho tanta volontà di fare, e così forte, ma non vedo, non trovo... ».

Accenti accorati, che non avresti immaginato potessero nascere da quel sorriso che conoscevi, da quella elegante indifferenza, che sola ti aveva colpito. Poi. per lunghi tratti, stava zitto; ma giunti dinanzi al mio portone si tornava indietro, e dal suo albergo si ritornava al mio portone. Già uscivano i primi tranvai; a lumi spenti, come mostri notturni impauriti, fuggivano gli autocarri della spazzatura. Passavano in fila i carretti degli ortolani. Salutandomi insisteva : «Mi dia una mano dunque... Non crede ch'io potrei diventare qualcuno?... ». E subito dopo: « La conosce l'ultima canzone? Dice...». E ne modulava il ritornello. Mi pare che fosse, allora, Ramona.

De Sica è giovane, eppure sono passati anni parecchi da quelle albe. Anche Ramona è morta. Ma lui, che davvero voleva. la sua strada l'ha trovata, quel qualcuno, che desiderava di essere, lo è. Una strada che allora non si poteva prevedere. eppure c proprio costruita tutta quanta col materiale di quel tempo. Voglio dire che com'egli era è rimasto, e aggiungerei intatto, se non fosse per quella chiostra dei denti sui quali le sigarette e il mordente delle spazzole hanno lasciato il segno degli anni.

La prima espressione, di De Sica artista — espressione compiuta e tF un colpo rivelatrice — l'abbiamo avuta in quella Compagnia diretta da Guido Salvini, che doveva consacrare alle feste della ribalta il trio «De Sica, Rissone, Melati» tuttora in isplendore. Eleganza, nitidezza, gioventù, freschezza. disinvolta giovialità, umiltà. sono le sue doti migliori. Quei contegno rispettoso e insieme furbesco, ma di fanciullo; quella buona educazione innata, che gli permette di creare con naturalezza e sullo stesso pia no il gentiluomo un po' imbastito e il candido povero diavolo; e quel fiore primaverile, dell'anima, per cui i sentimenti acquistano in lui un che di eccessivamente tenero, come piace al popolo e alle donne, tutte cose, che erano già del ragazzo alle prime armi; fiore il cui profumo — tenuto di preferenza celato per simpatico pudore — avevi modo d'avvertire quando De Sica, come dicevo, era in vena d'abbandono.

E poi c'era già il cantore, la sua arte dolcissima e canagliesca di dire cantando e viceversa, per la quale le signore vanno matte — e anche gli uomini —, per cui il «Parlami d'amore Mariù» è più famoso, ahimè, dell' «Era già l'ora che volge il desio» e son più le firme di De Sica nelle borsette delle italiane che non quelle di Guerra sulle tessere dei ciclisti, quell'arte morbida e sfumata, languorosa e da nulla, noi l'avevamo conosciuta sin d'allora. Conosciuta, ma non giudicata. Ora egli mi fa spesso sentire che queste alucce di mondano cherubino gli pesano, vorrebbe cambiarle, magari con la zampa del leone. Anche oggi come ieri è insoddisfatto. Sogna un altro qualcuno. Eppure io penso che se ci fosse un camposanto delle canzoni morte. De Sica dovrebbe andarvi ogni tanto, ma all'alba, quando nelle città si spengono d'un tratto e tutù insieme i lumi, cercarvi la tomba di Ramona, lasciarvi un fiore. E così sino alFultimo dei suoi ridenti giorni.

Eugenio Bertuetti, «Il Dramma», 1937


1937 10 Il Dramma Peppino De Filippo intro

Peppino De Filippo è «'nu poco nervioso» (un po’ nervoso) come egli stesso ripete in una sua commedia. Un giorno, a Napoli, improvvisamente schiaffeggiò una donna in autobus, senza che prima di quel momento l'avesse mai vista.

«Il Dramma», ottobre 1937


1937 10 Il Dramma Titina De Filippo

Titina De Filippo ha passato l'estate a Tirrenia, per interpretare con i suoi due non meno celebri fratelli il film "Sono stato io", come è detto nella rubrica cinematografica di questo stesso fascicolo, nella quale riportiamo un giudizio cinematografico di Titina. Dunque, Titina appena aveva qualche minuto di libertà si recava al ristorante dello stabilimento e, stanca, non aveva la forza di parlare troppo; diceva al cameriere: «Fate voi», e dopo aver mangiato qualsiasi pietanza che il giovane le portava andava via lasciando, col conto, una lauta mancia.

Il cameriere in quasi due mesi si è sempre regolato allo stesso modo, e l’ultimo giorno di permanenza a Tirrenia dell'altrice, dopo il solito cerimoniale del «fate voi», del conto, della mancia, il cameriere ha detto a Titina :

— Mille grazie, signora; spero sia stata contenta dei pranzi ai quali ho pensato io, e se ha qualche amica che non sa leggere la mandi pure da me, che continuerò ad occuparmene io!

«Il Dramma», ottobre 1937


1937 12 21 Il Messaggero I De Filippo intro«Il Messaggero», 21 dicembre 1937


1937 12 Il Dramma Vittorio De Sica introMarco Ramperti ha voluto ricordare i giorni non lontani dei miei primi passi, quando per me, offrire una sigaretta, poteva rappresentare una irrimediabile spogliazione. Lo ringrazio. Anzitutto perchè, ricordare a un artista le sue difficoltà iniziali, significa salvarlo dallo snobismo, in secondo luogo perchè, giungere a qualcosa partendo dal nulla, è più importante che giungere al miliardo partendo dal milione. È consolante potersi dire: mi sono fatto da me.

È per affermare queste semplici verità, che mi sono deciso anch’io a riempire qualche foglietto di scrittura, piuttosto che per emulare i molti colleghi che scrivono. Desideravo compiere quest'alto di umiltà, che, tutto sommato, non è che un atto di fede, perchè fin d’ora sia spazzato via ogni equivoco sul mio conto. So, ad esempio, che mi si chiama in giro lo Chevalier italiano. Ingiusto battesimo al quale mi ribello per infinite ragioni. Chevalier è un delizioso chansonnier, un uomo che la natura ha dotato di singolarissime qualità fisiche e intellettuali. Chevalier ha fatto di se stesso un tipo teatrale, adottando, come una maschera, quei cappello di paglia che ormai, più che un cappello è un tic. Nè ambisce a rappresentare se non se stesso, lo invece sono un attore drammatico, che, per proprio diletto, prima che per l’altrui, canta anche canzoni.

Si può dire ch’io sia nato cantando, come altri facendo strilli da dare il mal di capo. In casa, da ragazzo, dovevano impormi ogni tanto di smetterla. Perchè cantavo proprio senz’accorgermene. È un modo come un altro di pensare. Ma per carità, non mi scambino per un canterino dall’ugola d’oro!

Altra cosa che mi rattrista è la convinzione di molti che, in me, l’attore di teatro sia una specie di derivato dell’attore di cinema. È invece l’opposto. Io sono sempre stato un attore drammatico che, talvolta, come quasi tutti i fotogenici e i fonogenici del mondo comico, fa anche del cinema. Che poi queste evasioni abbiano un esito insperatamente felice e mi diano notorietà, prestigio e denaro, appassionandomi ad esse ogni giorno più, non vorrei lamentarmene. Il cinema mi piace sul serio, forse perchè mi permette di realizzare quel che è impossibile nel teatro. Io ho il difetto di affezionarmi ai personaggi che vivo. Da quando incomincio a studiare un carattere, ho la sensazione di avere con me un compagno nuovo c inseparabile, di conversare con lui, di assumere i suoi gusti, le sue opinioni, le sue virtù, i suoi difetti. Tuttavia, se si tratta di un personaggio di commedia, questa fusione è tutta intcriore, artificiosa e effimera, perchè non si manifesta che la sera, nel breve spazio di tre ore, quando recito. Poco per la mia smania, poco anche per il pubblico che deve accontentarsi, per conoscermi, delle scarse notazioni biografiche che l’autore ha messo in bocca agli altri personaggi, come prescntuzione. In cinema è diverso. Per due mesi consecutivi, dalla mattina alla sera, per la strada, in vettura, in casa, dovunque, io sono al cento per cento il personaggio che devo impersonare. Il solo inconveniente della mia attività cinematografica, è il non poter fare quello che vorrei. La mia debolezza d’attore è di camuffarmi, di deformarmi, di assumere maschere caricaturali, grottesche, di potermi invecchiare, come feri nella commedia a Padre celibe ».

Sullo schermo mi vogliono giovine, perchè devo sempre cantare qualche canzone sentimentale e prodigare sorrisi. Così mi lasciano come sono, al naturale, procurandomi quella fama di emulo di Chevalier. Pazienza! Chi mi vorrebbe altrimenti, non se la prenda con me. Posso garantire, a conferma, che non avrei mai fatto del cinema muto. Chi mi ha convinto, è stato il «parlato sonoro», che ha eliminato l’antico dissidio tra teatro e cinema. Il parlato anche con i suoi difetti, ha intellettualizzato il cinema, permettendo ai personaggi di esprimere pensieri, cosa che le antiche didascalie non potevano nemmeno tentare. Le lettere di ammiratrici — arrivano, autentiche! — sono una fatale conseguenza del mestiere. Dal di fuori, si vede tutto bello, tutto prezioso. Il clima è fatto apposta per turbare anche le più virtuose. In tono minore, molto minore, l’attore giovane del cinema, esercita sull’animo femminile un fascino simile a quello del poeta. Offriamo anche noi sensazioni, illusioni, incantesimi; spesso sfioriamo la perfezione spirituale, l’ideale inesistente, una chimera. Poi ci sono le piccole sciocchine. Un’anonima mi scriveva l’altro giorno: «L’amore delle creature non va disprezzato. Ricordatevene». E chi glielo ha detto che io disprezzo l’amore delle creature?

E i giovani aspiranti, che vogliono essere aiutati a entrare in cinematografia? Me ne vedo comparire uno, a Roma, brutto come la fame e mi dice: — Io so recitare. E mi declama la solita terzina dantesca, non un verso di più: «La bocca sollevò dal fiero pasto». Gli suggerii di metter su un ristorante economico. E lui, in compenso, sarà diventato mio nemico e mi chiamerà lo Chevalier italiano.

Ma non ho tempo di badare a lui. La mia giornata è intensa. Non ho un minuto disponibile per le sciocchezze. A differenza di molti colleghi, mi alzo prestissimo la mattina. Marcie, passeggiate automobilistiche in campagna, ginnastica. Quindi lo prove, che durano in media cinque o sei ore. Poi, anche questo è necessario, pranzo. Poi leggo e studio. Poi a teatro a recitare. A mezzanotte sono stanchissimo e vado subito a letto.

So può interessarvi, dirò che lo scrittore da me preferito è Luigi Pirandello: ho recitato di lui: «O di uno o di nessuno», i «Sei personaggi» o «Il giuoco dello parti». Ora penso a «Liolà».

Vittorio De Sica, «Il Dramma», dicembre 1937