«La lupa» di Lattuada, un film senza realtà

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«Per due mesi interi io ho vissuto a Matera per fare un film che non c’entra per niente con Matera. Certo nulla di quello che ho visto qui, e mi ha commosso, entrerà nel film: ci sarà soltanto il paesaggio, cioè l’aspetto esteriore di questa bellezza, che non è completa nel suo interesse se non è legata al dramma della vita. Tutto qui è straordinario, e soprattutto la paziente resistenza alla vita di ogni giorno. La misura delle famiglie, qui. è di dodici. sedici figli, dei quali sopravvivono la metà circa, in questa misura di vita, io ho dovuto muovermi cercando gli sfondi, solo gli sfondi. Rinuncia grave, tanto più che nelle pause del lavoro ho capito quale ricchezza umana risiede in questa gente. Queste donne, dopo un poco che parli con loro, e appena escono dalla banalità di una conversazione superficiale, piangono: appena descrivono la loro vita devono piangere per pietà sui loro casi, tanto la enumerazione dei dolori le opprime».

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Sopra: May Britt, una attrice svedese già apparsa ne «Le infedeli» di Steno e Monicelli, interpreta nel film di Lattuada il ruolo della giovane figliola della Lupa. Per questo film, ambientato in Calabria, sono state scelte un'attrice svedese ed una franco-algerina, Kerima, la Lupa. Sotto: May Britt ed Ettore Manni, che ha nel film la parte di Nannino.

Sono parole di Alberto Lattuada in una recente intervista a «Cinema nuovo». Il regista ha trascorso in Calabria un lungo periodo di lavoro, girando La Lupo, film tratto dal celebre racconto di Verga.

Il racconto del grande scrittore siciliano narra la storia di una donna matura. Lupa, che si innamora e diviene l’amante di un uo mo molto più giovane di lei. Nanni Lasca. Lupa, che è ancora una donna molto bella, teme di perdere il giovane, e per trattenerli lo induce a sposare la sua giovane figlia, Maricchia, continuando poi ad insidiarlo anche dopo il matrimonio. Il dramma si sviluppa tra la Lupa, che non vuole rinunciare al giovane. Maricchia, che vede distrutto il suo amore ed il suo matrimonio, e Nanni, che ama la giovane moglie, ma che non riesce a vincere il torbido fascino dalla donna che infine, disperato. finirà per uccidere.

Nella trasposizione cinematografica sono stati apportati al racconto — che è un capolavoro di drammaticità, di violenza, di realismo — sostanziali mutamenti. L’ambientazio-ne è stata mutata sia per l’epoca che per la località. Dall’800, infatti, la vicenda è stata portata ai nostri giorni, e dalla Sicilia è stata spostata in un anonimo, sassoso paesaggio meridionale. Anche il genere di lavoro cui si dedicano per vivere la Lupa e sua figlia è diverso: non più contadine, ma operaie in una manifattura di tabacchi, in mezzo ad una folla di altre operaie. Di queste tabacchine, la cui vita, come gli ultimi scioperi ci hanno detto. è fatta di miseria, di fatica, di stremante lavoro, il film non si occupa. Ma la più importante modifica introdotta ne! film riguarda l’episodio conclusivo della vicenda: l’omicidio è stato sostituito con un tentato linciaggio della Lupa da parte delle tabacchine, sdegnate per il contegno scandaloso della protagonista, che è divenuta loro sorvegliante ed amante del padrone. Lupa, vistasi perduta, si rifugia nello stabilimento e vi appicca il fuoco. morendo tra le fiamme. I due giovani continueranno sereni la loro vita.

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A chi gli chiedeva come avesse acconsentito a tali mutamenti, come si fosse rassegnato a dirigere un film che altro non è, ormai, che una fosca storia passionale di vaga ispirazione letteraria. Lattuada ha risposto nella già citata intervista:

«Cosi è: le cose che ci interessa di dire, che escono dalla convenzione dello spettacolo e dagli interessi dei circuiti, sono rospi indigeribili. spaventano tutti, insospettiscono la censura, che oggi si esercita largamente in forma preventiva sconsigliando apertamente di realizzare le sceneggiature non gradite. I produttori sono preoccupati, i loro slanci verso il «nostro» cinema sono sempre più spezzati dagli ostacoli che ogni giorno si alzano contro di loro».

«Noi donne», anno VIII, n.14, 5 aprile 1953


Noi donne
«Noi donne», anno VIII, n.14, 5 aprile 1953