Non bisogna sposare Sammy
È uno scandalo sposare un ne*ro: boicottiamolo sul lavoro, isoliamolo nella vita privata. Così hanno detto i magnati di Hollywood all’annuncio del fidanzamento dell’attrice svedese May Britt con il cantante ne*ro Sammy Davies
E' accaduto in occasione dello «Share Party». una festa di beneficienza che si svolge ogni anno al «Moulin Rouge», uno dei più rinomati locali notturni della capitale del cinema. A Hollywood, tra i magnati dell’industria del cinema, le loro mogli ingioiellate e impellicciate, tra gli attori in smoking e le dive in abito da gran sera, è corso alcune sere fa il brivido dello scandalo. Una folla di ammiratori era assiepata lungo la strada illuminata al neon, dove una lunghissima fila di macchine lunghe sei metri ciascuna impedivano che i fans di questo o quell’attore si potessero avvicinare; persino un imponente gruppo di poliziotti era stato chiamato a proteggere l’arrivo degli illustri personaggi.
Sulla porta dell’ingresso del night-club, illuminata e piena di fiori, giunse finalmente, sottratta alla curiosità dei fotografi, una coppia; lei stretta al braccio di lui, biondissima, con i capelli lisci e morbidi che le incorniciavano il volto, era l’attrice svedese May Britt; il suo accompagnatore era il cantante e attore ne*ro Sammy Davies. Sorridenti, per nulla imbarazzati, entrarono nel locale, si sedettero al tavolo più in vista, presero posto accanto gli amici che li aspettavano: Frank Sinatra, Dean Martin e sua moglie.
Era proprio il colmo per i benpensanti; come osavano presentarsi in pubblico, sfidare l’élite, la «crema» della società di Los Angeles, con quella franca disinvoltura? Lui, con quella pelle così scura, così diversa, lui che aveva sempre rifiutato, in ogni occasione, di chinare la testa, di fare la parte del buon ne*ro che accetta la sua inferiorità, affrontava con un’aria quasi di sfida il pubblico più raffinato e più «bianco» di tutta la California? Era inconcepibile. Molte spalle si voltarono ostentatamente, un brusìo si diffuse tra i tavoli, dove lo sdegno e lo stupore impedivano ormai alle signore di inghiottire in pace i loro gamberetti in salsa verde. Più di uno dei loro ricchissimi e potentissimi mariti si alzò per andarsene, trattenuto soltanto dallo sguardo implorante dell’organizzatore della serata, che temeva di veder sfumare i milioni raccolti a beneficienza dei ritardati mentali, per i quali si era dato tanto da fare.
Ci fu come un tacito accordo: tacere, era meglio che sollevare lo scandalo. Così l’indomani i giornali non ne avrebbero parlato, perchè la questione si sarebbe dovuta piuttosto affrontare privatamente, senza far rumore. Nella logica dei magnati di Hollywood, decidere di condurre la lotta in silenzio, non vuol dire adottare dei metodi più civili: si fa presto a distruggere un contratto, a far perdere il lavoro. a impedire uno spettacolo. Ma in questo modo il prestigio è salvo e con il prestigio tutti i preconcetti possibili, tra i quali il pregiudizio razziale che è il più tenace.
Eppure Sammy Davies è oggi uno dei cantanti e dei mimi più in vista; in Italia è ancora sconosciuto, ma in America gli stessi produttori se lo contendono a suon di dollari. «Non credo che esista un uomo di spettacolo più dotato di lui» sembra abbia detto Oscar Hammerstein che lo ha scritturato per parecchi mesi; i dischi di Davies si vendono a migliaia di copie, le sue esibizioni nei locali notturni richiamano sempre un foltissimo pubblico, i suoi film hanno registrato un ottimo successo di cassetta. Ma per gli uomini d’affari, i cosiddetti «businnes man», Sammy Davies deve rimanere uno spettacolo di attrazione. deve divertire la gente con i suoi buffi lazzi da clown, le sue smorfie, le sue imitazioni, ma non deve mischiarsi alla gente bianca, non deve pretendere di essere assimilato a una razza diversa dalla sua. Anzi, deve andar cauto nei suoi spettacoli. perchè essendo un uomo intelligente. dotato di un notevole senso di umorismo e di una grande capacità nel cogliere gli aspetti deteriori della società americana, una volta ha perfino messo in ridicolo il famoso senatore Mac Carthy. facendo un’imitazione del «feroce inquisitore», copiando i suoi gesti, fissando con gli occhi feroci il pubblico, puntando il dito accusatore verso un ipotetico personaggio reo di «aver svolto attività antiamericane». Anche quella volta fu un putiferio di chiacchiere, ma Sammy si salvò perchè la gente rideva fino alle lacrime.
Da quando May Britt ha annunciato il suo prossimo matrimonio con Davies, negli ambienti di Hollywood corre voce che la cosa non durerà a lungo: riusciranno i due a superare tutte le ostilità, le diffidenze. i soprusi che abitualmente in questi casi vengono tesi come una rete invisibile, ma non per questo meno pericolosa?
«Facciano pure quello che vogliono, non riusciranno in nessun caso a cambiare le mie idee»: Sammy Davies non teme il boicottaggio, e prosegue nel suo atteggiamento di sempre, senza accettare di chinare il capo e di asservirsi alla logica del razzismo. Aspetterà il divorzio dell’attrice svedese, e probabilmente si sposeranno a Rio de Janeiro, in modo da dare il tempo a tutti gli scalmanati di placarsi, e di accettare il fatto compiuto. Poi torneranno a Hollywood, senza abbandonare il campo, senza perdere la partita. Dalla sua parte — è vero — Sammy Davies trova schierati pochi amici, tra i quali annovera Frank Sinatra e Shirley Mac Laine, ma il suo temperamento energico e il suo coraggio non gli fanno temere per ora di dover subire l’ostracismo. Tanto più che sa di «valere» parecchie migliaia di dollari, e che il linguaggio della moneta sonante parla agli orecchi dei produttori, invitandoli a più miti consigli.
Naturalmente questa situazione lo indigna, tanto è vero che non perde occasione per dichiarare pubblicamente il suo amore per la libertà e il suo disprezzo per i razzisti. Una settimana fa, ricevendo i giornalisti nel suo appartamento. Davies ha eluso le domande sulla carriera artistica e sui progetti per il futuro, per entrare nel merito del problema che gli sta più a cuore, e che turba spesso i sonni della gente «perbene»: «Anche se io mi trovo in una condizione privilegiata rispetto a milioni di altri negri americani — egli ha dichiarato — sento intorno a me il pregiudizio e l'odio. Ma non mi lascio certo intimidire. L’esperienza mi ha detto che a questi mali si deve reagire con i pugni. Mi sono imposto un preciso dovere nella vita: non accettare il sopruso e l’ingiustizia».
G.A., «Noi donne», 1960
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G.A., «Noi donne», 1960 |