Scusi, signora Britt, ma perchè lo ama?
Diciamo la verità, Sammy Davis è proprio brutto, racchio anzi. Però se lo conoscete, potete capire benissimo perchè la sua splendida moglie, May, per rimanergli accanto ha sfidato tutti i razzisti d’America e ha rinunciato al cinema.
Roma, maggio
Apprezzo dovutamente le luci basse, insufficienti e malinconiche delle «Grotte del Piccione». Qualcuno le chiama «intime», qualche altro dice distintamente che gli par di essere una figurina da Presepe; a me personalmente quella penombra sembra che giovi alla riunione. Se non sapessi che quella è l’illuminazione abituale del night, scommetterei che è stata studiata apposta per questa particolare conferenza-stampa: Sammy Davis jr. non può trarre che giovamento da una luce scarsa.
Meno lo si vede, suppongo, meglio è! Qualcosa di raro e prezioso deve averlo certo, in sè: ha conquistato le folle, col suo talento eclettico di presentatore, comico, ballerino, cantante, musicista, autore ecc. e fin qui niente di strano: la comunicativa dal palcoscenico al pubblico è qualcosa che va oltre la comprensione immediata e, dopotutto, finisce là, dopo l’ultimo applauso. Ma Sammy Davis jr. è un famoso conquistatore di donne bellissime!
Non è recentissima, ma tuttavia non è ancora dimenticata la storia di Kim Novak che fu lì lì per essere licenziata dalla Columbia per la sua passione travolgente per un uomo che i razzisti di Hollywood non osavano approvare, timorosi delle reazioni del pubblico. Nè c’è da supporre che l’affascinante Kim sia un’anormale o, anche, semplicemente un’oca. D’accordo, ha la cotta facile... ma proprio per questo, e per la sua amplissima possibilità di scelta, per la sua già provata esperienza, riesce ancora più incomprensibile quella sua «pazzia» per un tipo come Sammy Davis jr. che allora, fra l’altro, non era stato ancora scoperto dal cinema.
E poi May Britt! May Britt che s’era già sposata e divorziata; che aveva conosciuto uomini bellissimi, alcuni intelligentissimi, ricchi di fascino e di personalità. Quando May Britt era ancora in Italia, ed era già ben avviata sulla via della celebrità, ricordo che le chiesi alcune cose, nel corso di un paio di fotoreportages: fra queste ricordo bene una domanda, destinata ad essere pubblicata in un’inchiesta estesa a diversi attori e attrici di fama internazionale: la domanda era testualmente: «Se le fosse dato di rinascere di nuovo, avendo facoltà di scelta, quale epoca preferirebbe, per viverci?».
Se anche me ne fossi dimenticata, la risposta di May Britt, pubblicata insieme a molte altre, è tuttora controllabile: May rispose che avrebbe scelto di rinascere nell’epoca attuale. Perchè? «Perchè in quest’epoca c’è il cinema: io amo il mio lavoro, non saprei come immaginare la mia vita al di fuori del cinema e perciò vorrei rinascere esattamente in quest’epoca per avere la possibilità di fare ancora del cinema».
Chiaro. Ed è chiara, mi sembra, la mia impazienza di rivedere May Britt (il suo vero nome è Majbritt per esteso, il cognome non lo ricordo e comunque ora è Davis), non foss’altro che per rivolgerle, di nuovo, la stessa domanda di molti anni prima e... sentire cosa risponderà.
Eccoli che arrivano: il mucchio compatto dei fotografi illumina spietatamente Sammy Davis jr. rompendo le eventuali illusioni pietose delle luci velate e calde; indubbiamente non c’è che un termine per descrivere l’eclettico Sammy. Non è la parola «brutto». Ci sono molte persone brutte. La parola giusta è stata accettata per la lingua italiana dall’Accademia della Crusca una ventina d’anni fa, tanto è efficace ed è «racchio». Racchio è diverso, e più completo, che brutto. E Sammy Davis, onestamente, è decisamente racchio. Ci sono del brutti alti, ma Sammy è piccolo e striminzito, la sua faccia è quella che è e la sua somiglianza con uno scimpanzè intelligentissimo e buono è impressionante. Dimenticavo: Sammy Davis jr. è fotogenico. Cioè, a vederlo da vicino è peggio che in fotografia. Il suo occhio più brillante è quello di vetro e...
Basta! Credo che ci siano dei limiti a tutto, anche alla cattiveria e io temo di averli superati tutti. Ma c’era uno scopo: perchè intendo ammettere subito, dopo tutto ciò, che dopo aver parlato pochi minuti con Sammy Davis jr.ci si dimentica totalmente il suo aspetto.
May è con lui: alta, biondissima, lentigginosa e raggiante. E’ più bella che mai! La maternità le ha indubbiamente giovato e gli occhi sembrano più larghi, più profondi; il sorriso è sempre gioioso e infantile e quando guarda il marito sorride subito, come una bambina incantata e molto felice.
Non ha gioielli, salvo due anelli. Un abito nero (se la luce non inganna) d’una semplicità sconcertante, e un mantello di visone mielato che suscita l’immediata invidia di tutte le donne presenti. La coppia viene spinta, letteralmente, in una delle nicchie laterali del locale, delimitata da una specie di terrazzino e lì i due vengono inchiodati a un tavolo. May chiede una vodka e Sammy una bibita analcolica. Intanto rispondono a tutti, con molta pazienza e tanta buona volontà. Quando mi sembra che i fotografi si siano sfogati provo ad avvicinarmi e, finalmente, riesco a porre a May Britt Davis la nota domanda, dopo averle ricordato lealmente la sua risposta di anni prima.
— Quando vorrei rinascere? Ma nell’epoca attuale, si capisce! — risponde May, col suo italiano un po’ più lento ma sempre corretto e quasi privo di accento. — Perchè?... Ma perchè c’è Sammy! E io vorrei rinascere solo per poter conoscere di nuovo Sammy e sposarlo e vivere con lui!
— E il cinema? Il cinema che era così importante?
— Ho avuto quattro proposte, per quattro film diversi, buoni film fra l’altro, a Hollywood, dopo il mio matrimonio. Ma ho rifiutato sempre. Non farò più del cinema. Sto volentieri a casa e intendo occuparmi personalmente della mia bambina e di Sammy e così ho troppo da fare per poter lavorare in cinema.
— Mi piacerebbe fare la stessa domanda a Sammy — dico e May Britt sorride, comprensiva e interrompe le domande fitte del grappolo di giornalisti spinti e spremuti dai fotografi attorno a Sammy per sussurrargli la mia domanda all’orecchio.
Sammy, con gli occhiali, i baffi e un . pizzo che non giovano alla sua bellezza, si concentra un attimo e risponde, piano, a May, che mi riferisce:
— Gli piacerebbe esser nato all’epoca dei martiri cristiani; nell’antica Roma.
Beh, questa non me l’aspettavo! Perchè Sammy Davis, dopotutto, non è nemmeno cattolico. E’ ebreo!
— Perchè? — domando impulsivamente.
May, docile e gentile, chiede a sua volta la ragione di tanta scelta e Sammy la guarda serio poi guarda me e risponde convinto:
— Perchè a quell’epoca uno poteva combattere apertamente, e morire per la sua fede, la sua idea!
Mi piacerebbe approfondire, invece che lasciar spaziare l’immaginazione, ma un tipo dall’aria decisa agguanta Sammy e lo porta giù nell’esigua pista dove l’aria rintrona di musica che i Campioni hanno annunciato di voler offrire a Sammy! Comunque la risposta è significativa e interessante.
May mi dice che la cosa più importante nella sua vita sono Sammy e la bambina; afferma che il clan Sinatra è un’invenzione e che «quei ragazzi» amano semplicemente stare insieme, sono amici e appartengono, tutti, al regno del teatro ed hanno perciò interessi comuni e comuni modi di pensare e basta!
Alla fine, approfittando della lontananza di Sammy cerco di avere un lume che vado cercando da molto tempo: che diavolo ha visto, May Britt, in costui da sposarselo affrontando boicottaggi, insulti, ostilità e disapprovazione totale? Naturalmente non è cosi che posso formulare la domanda e perciò cerco di essere diplomatica, benché non ne sia molto capace:
— Qual è la qualità che apprezza di più in suo marito?
May sorride, di nuovo, e m’informa con abbondanza:
— Non una qualità sola: ne ha molte. E’ generoso... — cerca le parole esatte, in italiano, e forse anche in se stessa, per definire meglio ciò che intende dire —, è pieno di calore umano... è buono... è comprensivo — lo sotto-linea, con la voce, e lo ripete — e poi è un ottimo psicologo; egli capisce le persone. A volte previene le domande, aiuta della gente che non osa nemmeno parlargli e chiedergli qualcosa, e soprattutto non è meschino, gretto, ha ima mente vasta, aperta, non cammina... — non trova l’espressione adatta ma fa un gesto, portando le mani aperte alle tempie, come se avesse i paraocchi, come un cavallo. Si è espressa fin troppo chiaramente.
Intanto i Campioni hanno chiesto, attraverso il microfono, che Sammy vada fra loro e, per rafforzare la domanda, affermano che è la stampa romana che lo vuole. Sammy paziente pizzica un po’ il contrabbasso (per la felicità dei fotografi) poi si siede alla batteria e mostra di saperci fare sul serio. Ci è noto che suona altrettanto bene una dozzina di stumenti.
Ma i giornalisti, benché semidisfatti nella mischia coi fotografi, chiedono che Sammy canti e Sammy canta: ed è qui che capisco tante cose. Sammy canta in molti modi: l’ho sentito in film e in dischi e mi aveva lasciata scettica. Ad un pubblico italiano, però Sammy Davis jr. ha offerto una canzone inglese, d’accordo, ma di linea melodica, semplice, cantata con voce ricca di toni, piena e calda, da autentico cantante, senza contorsioni da epilettico, senza grida rauche da avvinazzato, senza smorfie da clown. Una canzone adatta al pubblico. E’ vero, dunque, che è uno psicologo.
Comincio a rimpiangere seriamente che me l’abbiano portato via: c’è una domanda che mi piacerebbe fargli: anche quella l’ho rivolta a May Britt e ne so la risposta: nia per questo uomo tartassato dal destino, nato in una povertà molto prossima alla miseria, per quest’uomo che il colore della pelle ha relegato al di là di una linea invisibile ma ben definita, per quest’uomo provato da umiliazioni, da sciagure, afflitto da una bruttezza senza attenuanti e da un’intelligenza e una sensibilità che gli vietano ogni illusione, quale sarà, per Sammy Davis, la cosa più importante nella vita? Dio?, la Giustizia?, la sicurezza del lavoro?, la posizione sociale derivatagli dalla celebrità?, qualche impossibile desiderio?
Sammy Davis jr. ha terminato la sua canzone e tutti applaudono senza economia. L’interprete dice, al microfono, che Sammy è pronto a rispondere a qualunque domanda che gli si voglia rivolgere e io scatto come se mi avessero infilzato uno spillo nelle reni. Potevo farne a meno perchè risulto l’unica persona che ha da fare domande. Vado lì da lui e chiedo, semplicemente. Sammy risponde immediatamente, senza riflettere e con estrema serietà, dimostrando ch’egli non ha alcun dubbio sulla cosa più importante nella sua vita:
— My wife and my baby! (mia moglie e mia figlia).
Lo ringrazio senza aspettare la traduzione. Non ce n’è bisogno. Anche in questo il suo accordo con May Britt è perfetto. Lei non ode ciò ch’egli dice, ma da lontano lo guarda, sorridendo, contenta. No, non c’è ombra di pietà nel suo viso. Non è questo che l’ha spinta ad amarlo: ella lo ammira, lo ama e gli vuol bene!
— Il nostro è un matrimonio — seguita a rispondere, imperterrita, ai giornalisti più impudenti che seguitano a ricordarle le ostilità di cui è stata fatta segno dai razzisti intransigenti del mondo intero — non è una avventura, un capriccio, e ormai lo hanno capito. Ci lasciano in pace. Loro vanno per la loro strada, noi per la nostra.
Le sembra sufficiente. Non permette che la sua felicità — chiara, indubbia, solida felicità — sia turbata da simili cose.
E, almeno per quanto la riguarda, è indiscutibile che ha ragione lei. A me, non resta che fare ammenda per la mia malignità iniziale.
Leonia Celli, «Domenica del Corriere», maggio 1962
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Leonia Celli, «Domenica del Corriere», maggio 1962 |