Articoli & Ritagli di stampa - Rassegna 1955



Indice degli avvenimenti importanti per l'anno 1955

Maggio 1955 Viene fondata la casa di produzione cinematografica DDL, (De Curtis, De Laurentiis, Libassi) con l'intento di sfornare solo pellicole ad alto livello artistico.

20 luglio 1955 Totò è nonno per la seconda volta. Nasce Diana, dopo il fratello Antonello nato tre anni prima.

Settembre 1955 Antonio de Curtis e Franca Faldini annunciano ufficialmente il loro matrimonio. La notizia, che si rivelerà falsa, fu data per porre fine a illazioni e pettegolezzi sulla coppia, divenuti per loro veramente insopportabili.

13 Settembre 1955 A Totò viene attribuito il premio "Maschera d'oro" con la seguente motivazione: "per aver contribuito nel decennio, con il suo apporto artistico, alla valorizzazione della rivista e del varietà e della musica leggera italiana".

14 ottobre 1955 In conferenza stampa viene annunciato in anteprima il nuovo progetto teatrale di Totò, la nuova rivista "A prescindere"

23 dicembre 1955 Nel dicembre del 1955 si celebra il processo ai danni dalla professoressa Gemma Traginelli, segretaria del Canonico del Pantheon, accusata di ricatto ai danni di Antonio de Curtis.

Indice della rassegna stampa dei film per l'anno 1955

Totò e Carolina (Distribuzione: 2 marzo 1955)

Totò all'inferno (Distribuzione: 7 marzo 1955)

Siamo uomini o caporali (Distribuzione: 2 agosto 1955)

Racconti romani (Distribuzione: 14 ottobre 1955)

Destinazione Piovarolo (Distribuzione: 10 dicembre 1955)

Il coraggio (Distribuzione: 17 dicembre 1955)

Altri artisti ed altri temi


Totò

Articoli d'epoca, anno 1955

16 Gen 2014

Il ricatto a Totò

IL RICATTO I fatti Nell'estate del 1955, Antonio De Curtis fu vittima di un ricatto perpetrato a suo danno dalla professoressa Gemma Traginelli, segretaria del Canonico del Pantheon. Essa costrinse il cugino e segretario personale dell'attore,…
Daniele Palmesi - Federico Clemente
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29 Ago 2016

Le Maschere d'Argento del 1954-1955

Le Maschere d'Argento del 1954-1955 A Roma sono state consegnate, nel corso di una grandiosa manifestazione, le "maschere d'argento", l'"Oscar" italiano per il teatro di rivista, la radio e la televisione. In occasione del decennale del Premio, sono…
Federico Clemente, Daniele Palmesi, Sorrisi e Canzoni TV, Archivio Istituto Luce
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17 Gen 2014

Totò e la nobiltà: la casta è casta e va sì rispettata...

Totò e la nobiltà: la casta è casta e va sì rispettata... Indice Premessa Cronistoria delle vicende processuali Documentazione ufficiale Sintesi della riconosciuta discendenza nobiliare Galleria fotografica e rassegna stampa Gli antagonisti:…
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13 Set 2014

Marziano II Lavarello, Imperatore di Bisanzio?

MARZIANO II, IMPERATORE DI BISANZIO? Totò e Marziano, in lotta per il titolo di Imperatore di Bisanzio: i fatti La vicenda ha inizio alla fine dell'anno 1952 qundo il Conte Luciano Pelliccioni Di Poli (consulente araldico di Totò) presenta alla…
Daniele Palmesi - Federico Clemente
10440

1955-Totò e Carolina - Rassegna Stampa

Totò e Carolina - Rassegna Stampa «Cinema», 10 aprile 1953 «Vie Nuove», 30 gennaio 1955 «Se vi capitasse in questi giorni di percorrere la via Appia Nuova, potreste imbattervi in un gippone, guidato da un brigadiere e con a bordo una bella e giovane…
Varie testate giornalistiche, 1953-2008
1202

Secondo me la vera canzone napoletana è effettivamente in decadenza: la colpa però non è degli autori, bensì del pubblico, il quale oggi purtroppo non canta più ma balla, non sente più la canzone col cuore ma con i piedi. Se il motivo è a rumba o a beguine tutto va bene; e cosi la canzone invece di rimunero sul piano classico e artistico di quando era nata si va sempre più commercializzando, e, sulla falsa riga di quelle poche di successo tipo Anema 'e core, Luna rossa, ’Nu quarto 'e Luna, Munastero ’e Santa Chiara etc., si va degenerando in una vera e propria inflazione di motivi standardizzati. Credo insomma che oggi la canzone napoletana non esista più, ma che esista invece solamente il ballabile napoletano.

Antonio de Curtis, «Epoca», 1955


La scuola cinematografica napoletana si sta liberando dei suoi difetti o li impiega a scopi d’arte

Questa volta, con L'oro di Napoli, De Sica regista ha fatto veramente centro. E con lui Marotta e Zavattini collaboratori nella sceneggiatura del miglior film a episodi che ci abbia dato in questo suo secondo o terzo periodo la cinematografia italiana rinata dopo la guerra. Giuseppe Marotta, l’autore del libro da cui sono state tolte le diverse storie del film, ha dato, oltre ai suoi personaggi, l’avvio alla rappresentazione cinematografica, con impeto, con generosità, diremmo con robuste braccia; e poi si è seduto di slancio a poppa, le gambe in acqua; sicché l’intera navigazione è ravvivata e rallegrata da questa sua spavalda e fanciullesca positura.

Prima di tutto a ogni attore è stato assegnato il suo ruolo, il ruolo per cui era nato. Ecco infatti, nel primo episodio, Totò che fa la parte del «pazzariello» nel la cui casa un ex, molto ex-compagno di scuola divenuto guappo, si insedia con l’aria di volervi rimanere per sempre. Solo a motivo di un falso infarto cardiaco costui si lascia scacciare dal debole ospite; ma saputo da una nuova diagnosi che egli è sano ed ha un cuore di ferro, riappare come uno spettro alla famiglia di Totò durante la festa «della liberazione». Non una delle tante smorfie di Totò viene fatta qui a vuoto; e il pezzo della marcia del pazzariello per le più napoletane vie di Napoli lietamente sconvolte dai preparativi del Natale è un pezzo, non si esagera, che Charlot si farebbe rigirare al rallentatore per studiarselo meglio.

[...] In conclusione, L’oro di Napoli dimostra che la scuola napoletana è veramente una forza della cinematografia italiana ed europea. Si sta addirittura liberando dei suoi difetti, o meglio, comincia a impiegare i suoi difetti a scopi d’arte.

e. r., «L'Europeo», anno XI, n.1, 1 gennaio 1955

«L'Europeo», 9 gennaio 1955


TOTO' E CAROLINA

Distribuzione: 2 marzo 1955

Vista l'enorme quantità di materiale informativo relativo al film, inerente soprattutto in relazione all'accanimento della censura cinematografica che l'ha fatto passare alla storia per questo spiacevole primato, si rimanda alla sezione appositamente dedicata Articoli e ritagli di stampa del film «Totò e Carolina» 

La scheda completa del film


TOTO' ALL'INFERNO

Distribuzione: 7 marzo 1955

 

Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film


Roma, martedì sera.

Una vera e propria fluttuazione si sta verificando tra il cinema, la rivista e la prosa italiani; si annunciano infatti decisioni clamorose, che già forniscono argomento di conversazione ed anche di discussione dovunque ai respira aria di «ciak» o di «passerella» ; dagli «studios» di Cinecittà La macchina da presa attrai tavoli di via Veneto,'dai salotti del Residence Palace ai capannelli sotto la Galleria Colonna. E che si parli quasi esclusivamente di attori comici, è un fatto che i «tecnici» interpretano come uno dei tanti sintomi della «crisi» in cui si dibatte sia la rivista che il film comico, indicati da molti addirittura sulla via di un malinconico tramonto.

La notizia più clamorosa apparsa alla ribalta della cronaca, riguarda due assi della nostra rivista che, formano nuovi numeri nella serie aperta da Macario del cui passaggio al teatro dialettale — un ideale legame con gli inizi della sua carriera — si fece un gran parlare tempo addietro, fino ad indicare tale decisione dei popolarissimo attore piemontese come conseguente ad una visita a Padre Pio da Pietrelcina. Si è saputo che Macario ha deciso per la commedia musicale; è ora la volta di Nino Taranto e Renato Rascel, decisi ad abbandonare la passerella.

Il creatore di tante notissime macchiette si indirizzerà su una strada completamente nuova per lui; Taranto infatti avrebbe intenzione di formare una Compagnia di prosa, nella quale verrebbero inclusi i migliori elementi disponibili del teatro dialettale napoletano. Per quanto riguarda Rascel invece non si sa nulla di preciso: si dice che sciolta la compagnia, passerà anch'egli alla prosa; ma c'è da credere che sia più vicino alla realtà chi da per certo un Rascel dedicato completamente al cinematografò'. E' noto infatti quanto la macchina da presa abbia sempre attirato il «piccoletto» sia come attore sia come regista, nei cui ruoli si è già cimentato e con buoni risultati. Non resta che attendere che gli stessi interessati confermino le notizie che circolano sui loro progetti per il futuro.

E non é improbabile che giunga alla stampa nei prossimi giorni qualche convocazione simile a quella che ha raccolto nei giorni scorsi un certo numero di .giornalisti nell'appartamento di viale Buozzi ai Parioli del urlncipe Antonio De Curtis Focas Comneno. Questo è il vero nome di Totò, il quale durante la conferenza-stampa alla quale potrebbe darsi un titolo adatto ad un film del popolarissimo comico: ad esempio «Totò diventa buono»... ha annunciato la nascita di una nuova Casa di produzione, la «DDL», da lui costituita insieme a Libassi e De Laurentiis, con l'intento di sfornare solo pellicole ad alto livello artistico.

Abbandonando insomma con il film attualmente in lavorazione «Capostazione» diretto dal regista Paolella il genere di comicità che semb'ava essergli caratteristico, Totò ha dichiarato: «Non voglio più fare film vietati ai minori di sedici anni. Ho ricevuto molte lettere di ragazzi che mi pregano di fare film adatti anche per loro; cosi ho deciso di non interpretare soggetti scadenti e di pessima lega. In questi ultimi tempi ho rifiutato diversi contratti. Dei miei quarantadue film sono rimasto soddisfatto di pochissimi; giustamente la critica è stata spesso dura con me. Se per l'avvenire sbaglierò reciterò il " mea culpa "; ma spero proprio che questo non accada». La casa di produzione dell'attore e regista l'attore ha già in cantiere la riduzione di un romanzo di Novelli, la cui lavorazione, cui parteciperà Gino Cervi, già scritturato, inizierà in autunno; poi sarà la volta di «Pinocchio»: «Sarà Pinocchio — ha detto Totò ai giornalisti — come l'ha inteso e l'ha descritto Collodi, anche se la vicenda sarà trasferita ai tempi nostri».

Ma non sono finiti gli annunci a sensazione: se lo schermo perde i popolarissimi lazzi di Totò, almeno come il pubblico si era abituato a conoscerli, e la rivista Taranto e Rascel, c'è chi sembra non credere alla decadenza della «passerella»; infatti all'inizio della prossima stagione dovrebbe apparire per la prima volta una compagnia di rivista di Andreina Pagnani e Ernesto Calindri, che abbandonerebbero così la prosa. Alla quale invece passerebbero, divi- I dendosi, Durano, Fo e Parenti. Insomma un vero fenomeno di simbiosi. Si tratta di vedere — si dice a Roma — quale sarà il laboratorio per tali esperimenti, ciò per due ragioni. Anzitutto perchè il maggior teatro di rivista della capitale con la prossima stagione ritornerà ad essere cinema, scopo per il quale in fondo era nato; quello che lo ' segue da vicino, di proprietà di «no dei duu maggiori impresari e organizzatori italiani, è scartato c a priori» per le sue compagnie dall'altro impresario. E in conclusione c'è il rischio che la «piazza» di Roma venga completamente a mancare alle compagnie di rivista.

Angelo Nizza, «Stampa Sera», 17 maggio 1955


Roma, venerdì sera.

Totò — hanno deciso i giudici — dovrà comparire dinnanzi a loro: l'attore comunque è parte civile, e tale provvedimento è stato preso ieri, nello svolgimento della causa intentata dal principe Antonio De Curtis, noto in arte con il nome di Totò, contro un settimanale illustrato. La querela per diffamazione a mezzo stampa è stata presentata per un articolo apparso nel settimanale ritenuto offensivo dal popolare attore. Nell'articolo, il De Curtis ha creduto trovare delle allusioni sfavorevoli riguardanti la sua vita privata.

Nell'udienza di ieri l'vv. Pannain, che assiste il settimanale, ha chiesto la comparizione del De Curtis per porgli alcune domande. Alla richiesta si è opposto l'avvocato Di Simone, che assiste Totò, ma ciò nonostante il Tribunale ha ordinato la comparizione di Totò, rinviando la causa al 10 ottobre.

«Stampa Sera», 1 luglio 1955


Ieri al Tribunale è stata chiamata la causa intentata dal principe Antonio De Curtis, noto in arte col nome di Totò, contro la «Settimana Incom». La querela per diffamazione a mezzo stampa è stata presentata per un articolo apparso nel suddetto periodico, ritenuto offensivo dal popolare attore.

Nell'articolo, il De Curtis ha creduto trovare delle allusioni sfavorevoli riguardanti la sua vita privata.

Nell’udienza di ieri l’avv. Pannalo, che assiste la «Settimana Incom» ha chiesto la comparizione del De Curtis per porgli alcune domande. Alla richiesta si è opposto l'avv. Eugenio De Simone, che assiste Totò, ma ciò nonostante il Tribunale ha ordinato la comparizione di Totò, rinviando la causa al 10 ottobre.

«Il Messaggero», 1 luglio 1955


«Stampa Sera», 1 luglio 1955 - Totò presiede la giuria di "Miss Universo"


«Stampa Sera», 21 luglio 1955


ROMA, 21. - Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò, è nonno per la seconda volta. Ieri In una clinica dei Parioli, la figlia del popolare comico, Liliana De Curtis Buffardi, già mamma di un bimbo di tre anni, Antonello, ha dato alla luce una bambina. Totò è stato informato del lieto evento a Rapallo, dove trascorre un periodo di riposo.

«Corriere dell'Informazione», 21 luglio 1955


Firenze, 29 luglio.

Stamani la polizia fiorentina ha svolto indagini in merito alla vicenda di false onorificenze, denunciata dal principe Antonio De Curtis, meglio noto col nome di Totò, discendente dell'imperiale casa di Bisanzio. Nella denuncia, l'attore Totò aveva raccontato che una nobile signora della capitale avrebbe venduto ad un libraio fiorentino l'intera biblioteca del marito defunto, nella quale si trovavano alcune pergamene firmate in bianco dal principe De Curtis, il quale le aveva consegnate al nobiluomo suo amico.

Si trattava di attestati di benemerenze o di onorificenze che, in base al suo titolo, il De Curtis può conferire a suo piacimento. Sembra che il libraio fiorentino avesse rivendute le pergamene a individui poco scrupolosi che a loro volta, per compenso, le avrebbero riempite e rivendute a varie persone, elevandole a gradi 'più o meno alti di nobiltà. Nella denuncia, Totò precisava che il libraio abitava a Firenze in via San Fedele. Questa via, però, a Firenze non esiste; la polizia dovrà innanzi tutto chiarire se si tratti di un indirizzo di altra città.

«La Stampa», 30 luglio 1955


Firenze 29 luglio.

La polizia fiorentina, su incarico della Questura di Roma, sta svolgendo indagini per identificare un misterioso libraio che si trova al centro d’una particolareggiata denuncia proposta dal principe Antonio de Curtis, meglio noto col nome di Totò, discendente della Imperiai Casa di Bisanzio.

Egli ha infatti esposto giorni or sono a un Commissariato di Roma questa storia. Tempo addietro la marchesa Carmela Spreti, abitante a Roma, vendette a un libraio fiorentino un’intera biblioteca che era stata di proprietà del marito defunto: fra i libri si trovavano, all’insaputa della marchesa, importanti documenti che il principe De Curtis aveva consegnato al di lei marito. Si tratta di alcune pergamene firmate in bianco dallo stesso principe De Curtis. attestati di benemerenza o di onorificenze che, col suo titolo di unico discendente della imperial Casa, Totò può conferire a suo piacimento

Ora pare che il libraio fiorentino le abbia rivendute ad alcuni individui poco scrupolosi. Costoro infatti le avrebbero riempite e quindi, previo compenso, le avrebbero cedute ad alcuni benestanti desiderosi di acquistare un titolo nobiliare.

«Corriere d'Informazione», 30 luglio 1955


1955 07 30 Il Messaggero Causa Toto Libraio intro

La Questura di Roma ha incaricato la polizia fiorentina di svolgere accertamenti sul conto di un libraio che si troverebbe al centro di una grave denunzia presentata dal principe Antonio De Curtis, noto col nome d’arte «Totò». L’ultimo discendente dell’imperiale casa di Bisanzio, ha esposto giorni or sono al funzionari del commissariato di polizia del quartiere Flaminio questa storia: Qualche tempo fa, una nobildonna romana, vendette a un libraio fiorentino una libreria che aveva ereditato f dal marito defunto; fra i libri si trovavano — all’insaputa della marchesa — importanti documenti che il principe De Curtis aveva consegnato, per rapporti di lavoro, al marito di lei. Questi documenti sono costituiti da pergamene firmate in bianco dallo stesso principe De Curtis: attestati di benemerenza o di onorificenza che col suo titolo di unico discendente dell’imperiale casa di Bisanzio, Totò può conferire a suo piacimento.

Sembra che il libraio fiorentino le abbia rivendute ad alcuni individui, i quali le avrebbero riempite e quindi, previo compenso. le avrebbero «cedute» ad alcuni benestanti desiderosi di acquistare un titolo nobiliare.

«Il Messaggero», 30 luglio 1955


SIAMO UOMINI O CAPORALI

Distribuzione: 2 agosto 1955

Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film


«Antonio de Curtis e Franca Faldini, la colpa di non essersi mai sposati»


«L'Unione Monregalsese», 8 ottobre 1955


«Momento Sera», 9 settembre 1955 - Vedi l'articolo Totò, i premi e i riconoscimenti


"A prescindere": il nuovo spettacolo che il comico napoletano sta per allestire non uscirà dallo schema ormai classico, e sarà di eccezionale prestigio

Roma, 13 ottobre.

Totò tornerà alla rivista, senza per questo abbandonare lo schermo. Ce ne ha dato l’annuncio il principe Antonio De Curtis, cioè quel distinto, elegante, cordiale e Impeccabile signore che è Totò, quando abbandona il tubino, la finanziera nera, la maschera comica, ed entra nella vita reale, di ogni giorno. E' un annuncio, in certo modo, sensazionale, perchè proprio in questo stesso salotto del suo ufficio, dove stiamo piacevolmente conversando, noi due soli, nel marzo scorso, durante un’affollatissima conferenza-stampa punteggiata di lampi di fotografie e di cocktails, Antonio De Curtis annunciò che aveva ormai dato un addio per sempre alla scena, e che, appena conclusi gli impegni cinematografici da cui era legato come attore, avrebbe intrapreso egli stesso la produzione cinematografica.

«Questo significa, forse, un radicale mutamento dei programmi?», gli chiediamo.

«Assolutamente no. Il programma resta immutato, tanto è vero che in questi giorni si inizieranno le riprese del primo film di mia produzione, il cui spunto è tratto dalla commedia di Novelli: "Coraggio" ed avrà ad interpreti Gino Cervi, Gianna Maria Canale... e Totò. A quel primo, seguiranno due film in preparazione: "La banda degli onesti" e "Don Pietro Caruso"». Fin qui, sono parole di Totò. Ma tutti sanno che egli accarezza un altro grande progetto cinematografico, e cioè di dar nuova vita filmistica al «Don Chischiotte».

«Questo, per quanto riguarda il cinema, e va bene. Ma, ora, quel che ci interessa è di sapere qualcosa sul suo ritorno alla scena. Qual è il significato e il motivo di questa decisione?».

«Debbo dire — spiega Totò, quasi con una punta di timidezza — che proprio dal giorno in cui dissi di aver lasciato per sempre la rivista, si sono intensificate lettere e telefonate di protesta e d’invito, al punto che hanno scosso un poco la mia decisione».

Questo insistente, affettuoso invito del pubblico non poteva rimanere senza risposta. Ad esso — si aggiunga — Totò è particolarmente sensibile, perchè la nostalgia del contatto immediato e felice con il pubblico non era lieve. «Il pubblico, per un attore, è l’ossigeno — ci dice — e in questi anni, in cui sono rimasto lontano dal teatro, quell’ossigeno mi è mancato. Direi che sono rimasto col fiato mozzo».

Quanto tempo è trascorso? Sei anni, sei lunghi anni che Totò non sente più il cordialissimo e ilare saluto con cui il pubblico festeggiava uno dei suoi beniamini. «Ed è proprio questa lunga assenza dalla scena — chiarisce Totò — che mi fa sentire oggi intimorito del nuovo Incontro che avrò col pubblico. Tanto è vero che, per mio desiderio, il debutto avverrà in un piccolo centro».

Il ritorno di Totò alla scena avverrà nel novembre del 1956, in una rivista organizzata da Remigio Paone.

«A prescindere — aggiunge Totò — dalla mia partecipazione allo spettacolo di Giuseppe Marotta che il Teatro delle 15 Novità diretto da Maner Lualdi allestirà a Milano nel prossimo novembre, sempre limitatamente al termine del film che oggi comincio a girare a Tirrenia con un mese di ritardo».

«Che cosa può dirci della nuova rivista?».

«Nulla ancora del suo contenuto, perchè dev’ essere ancora ideato e concretato. Ma una cosa posso assicurarle. Non tenterà strade nuove, non avrà carattere modernista, ma rimarrà nel solco del genere classico della rivista, come tutte le precedenti nelle quali è apparso Totò».

«Sicché anche Totò sarà sempre Totò?»

«Certamente. L’attore è come il deputato: questo non può tradire i suoi elettori e l’attore non può tradire il suo pubblico. Il pubblico ama la maschera a cui ho dato vita, e quella maschera riporterò, immutata, sulla scena. Soltanto dovrà essere una rivista caratterizzata da grande ricchezza scenografica e di costumi, con numeri d’eccezione, con molte belle canzoni, cantate da belle voci, con molte belle donne ed una, particolarmente, di clamorosa bellezza che sostenga il ruolo di protagonista».

A giudicare dal fervore con cui ne parla — anche se il copione non è ancora stato scritto — sembra che Totò veda già la rivista svolgersi dinanzi agli occhi della fantasia, e già senta l’ansia delle luci della ribalta e del contatto con il pubblico.

«Ma se non può parlarci del contenuto, può almeno dirci il titolo che avrà la rivista?

«Questo si: il titolo sarà: "A prescindere"».

Uno slogan tipico di Totò, una premessa e una conclusione, che ha tutti i significati, da una vena di amabile filosofia a un contenuto sociale, due parolette che consentono di dire, senza a-sprezze, molte verità. Ce lo conferma, implicitamente, lo stesso Totò con una divertente esemplificazione di chiarimento: «Sì, a prescindere da tutto c’è il contrario di tutto: questo è il mondo. A prescindere dal male, ci può essere il bene; a prescindere dal bene, ci può essere il male; a prescindere dal bello, v’è anche qualcosa di brutto; a prescindere dal brutto c’è sempre qualcosa di soave e di bello; a prescindere dalla miseria c’è la ricchezza, ma a prescindere dalla ricchezza c’è anche, purtroppo, la miseria; a prescindere dalla automobile, c’è il pedone che, poveretto, è inguaiato come tutti sanno, e via cosi all’infinito».

E’ a questo punto che, «a prescindere» dalla piacevolissima conversazione, lasciamo Totò al suo lavoro.

Alberto Ceretto, «Corriere della Sera», 14 ottobre 1955


Roma, 13 ottobre.

[...] «Questo significa, forse, un radicale mutamento dei programmi?», gli chiediamo.

«Assolutamente no. Il programma resta immutato, tanto è vero che in questi giorni si inizieranno le riprese del primo film di mia produzione, il cui spunto è tratto dalla commedia di Novelli: "Coraggio" ed avrà ad interpreti Gino Cervi, Gianna Maria Canale... e Totò. A quel primo, seguiranno due film in preparazione: "La banda degli onesti" e "Don Pietro Caruso"». Fin qui, sono parole di Totò. Ma tutti sanno che egli accarezza un altro grande progetto cinematografico, e cioè di dar nuova vita filmistica al «Don Chischiotte». [...] «A prescindere — aggiunge Totò — dalla mia partecipazione allo spettacolo di Giuseppe Marotta che il Teatro delle 15 Novità diretto da Maner Lualdi allestirà a Milano nel prossimo novembre, sempre limitatamente al termine del film che oggi comincio a girare a Tirrenia con un mese di ritardo». [...]

Alberto Ceretto, «Corriere della Sera», 14 ottobre 1955

Fu uno dei tanti progetti a cui non prese parte Antonio de Curtis - Altri progetti mai realizzati alla pagina Filmografia virtuale


RACCONTI ROMANI

Distribuzione: 14 ottobre 1955

Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film


«Stampa Sera», 16 settembre 1955


Palermo, 17 settembre.

La giuria del concorso per la scelta della candidata italiana al titolo di Miss Mondo rischia di rimanere senza presidente. Totò, che aveva accettato l’incarico, è stato colto da un attacco di influenza al momento di partire per Palermo. Questa mattina Totò ha ancora la febbre a quaranta. Con ogni probabilità, il principe-attore non si rimetterà in tempo per poter arrivare a Palermo prima che il concorso sia chiuso.

Il più dispiaciuto di questo contrattempo è senz’altro Totò. Il concorso di Palermo gli avrebbe infatti offerto l’occasione di comparire in pubblico, presentando per la prima volta Franca Faldini come moglie. Il matrimonio, per quanto non si sia trovata alcuna trascrizione negli uffici di stato civile di Napoli e di Roma, è stato effettivamente celebrato. La cerimonia semplice e segretissima, risale a quattro o cinque mesi fa. Totò e Franca Faldini partirono silenziosamente per un viaggio all’estero col pretesto ufficiale di dover incontrare un produttore per un contratto. La coppia si fermò appena fuori dalla frontiera italiana, forse in Svizzera, forse in Francia. Un funzionario civile era già avvertito e, ricevuti i due fidanzati nel suo ufficio, stese e siglò l’atto di matrimonio. A Palermo Totò, per tagliar corto a tutte le discussioni, avrebbe confermata la notizia delle sue nozze.

Per quel che riguarda il concorso di bellezza di Palermo si può dire comunque che, per quanto febbre e medico permettano, Totò si sta interessando ai lavori della giuria. Gli organizzatori gli telefonano le notizie di ora in ora. gli chiedono consiglio, domani manderanno a Roma, perchè le veda e si pronunzi, un grosso pacco con le fotografie delle varie concorrenti.

«Corriere della Sera», 18 settembre 1955

La seconda deliberazione tende a porre precisi limiti di caratteri dinastici e di famiglia : essi non potranno essere riconosciuti se non agli ordini tradizionali di case sovrane, considerate come tali al congresso di Vienna lei 1815 o successivamente. La casa d'Albania, per esempio, non venne riconosciuta a Vienna dopo la caduta di Napoleone, ma in seguito: i suoi eventuali «ordini» sono legittimi. La casa di Bisanzio, invece, non fu riconosciuta sovrana al Congresso di Vienna nè dopo: i suoi «ordini» illegittimi. Durante il Congresso di Madrid fu affermata anche la falsità degli ordini cavallereschi che il Vaticano denunciò come non genuini, elencandoli sulle colonne dell'Osservatore Romano il 21 marzo 1953; si sono sollecitate in proposito le accademie e gli istituti araldici, perchè diffidino ed eliminino dai loro ranghi gli appartenenti a codesti ordini illegittimi.

La terza deliberazione è stata cosi formulata: sono considerati come termini invalicabili per la documentazione delle genealogie quelli del XII secolo, in quanto qualsiasi accertamento precedente non può avere valore sicuro e obiettivo. Questo principio venne applicato nel «Libro d’oro della nobiltà italiana» di recente pubblicazione, dove furono collocati in una sezione speciale i nobili riconosciuti da tribunali e da magistrature ordinarie, come avvenne per il principe Antonio Comneno Lascaris de Curtis, in arte Totò. Secondo gli istituti araldici, la magistratura italiana, che rappresenta uno Stato agnostico, in fatto di nobiltà, non è competente a giudicare questioni dinastiche, nè un giudice, non esperto in araldica, è in grado di riconoscere l'autenticità di antichi documenti che gli si presentano. Ma si può osservare in proposito che le deliberazioni del Congresso di Madrid non possono avere una validità retroattiva per annullare decisioni prese dalla magistratura e divenute irrevocabili, come avvenne appunto nel caso dì Totò.

Arnaldo Geraldini, «Corriere della Sera», 15 novembre 1955


Durante un’assemblea, per la verità assaia tumultuosa, tenuta a Roma dagli attori del cinema e del teatro con l’intento di costituirsi in Sindacato il critico teatrale Andriani ha affermato - se è vero quanto riferiscono i giornali che la professione d’attore è un sacerdozio. Non eravamo presenti e non sappiamo come questa tesi, o, meglio, « boutade », sia stata sostenuta. Nessuna professione, a parer nostro, è più lontana dal sacerdozio di quella degli attori, almeno se si tien conto della grande maggioranza dei film quali ci vengono scodellati attualmente dalle varie case produttrici italiane e straniere. Proprio non ce la sentiamo di pensare a Totò, tanto per parlare di attori e non di attrici, come ad un sacerdote; anzi ci pare che il solo accostamento abbia in sè qualche cosa di molto simile alla bestemmia. A parte le innumerevoli considerazioni di carattere morale che si potrebbero fare, ci pare inoltre di poter dire che, tenuto conto dei lauti guadagni degli attori cinematografici, si dovrà parlare, se mai, di « sacerdozio di Mammona ».

«L'Azione», 9 dicembre 1955


DESTINAZIONE PIOVAROLO

Distribuzione: 10 dicembre 1955

Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film


IL CORAGGIO

Distribuzione: 17 dicembre 1955

Qui la rassegna stampa e la scheda completa del film


«L'Unità», 24 dicembre 1955


Leggi l'articolo completo sul ricatto ai danni di Antonio de Curtis


Altri artisti ed altri temi

Articoli d'epoca, anno 1955

L'anno di Sophia

L'anno di Sophia Tutto lascia prevedere che la giovane attrice nel 1955 conquisterà definitivamente il mondo del cinema. Forse anche per lei si apriranno le porte delle Reggie. Mario Soldati, impegnato a fare il panegirico di Sophia Loren (al secolo…
Alfredo Panicucci, «Epoca», anno VI, n.224, 16 gennaio 1955
1216

La nuova casa di Sofia Loren

La nuova casa di Sofia Loren Vuotando più di un negozio di antiquario dei suoi pezzi migliori l’attrice ha arredato il suo nuovo appartamento in stile; la guerra delle dive ha un nuovo campo di battaglia: dai contratti più alti ai mobili più antichi.…
T. S., «Tempo», anno XVII, n.18, 5 maggio 1955
1707

La bella mugnaia ha paura di ingrassare

La bella mugnaia ha paura di ingrassare Sophia Loren sta girando accanto a De Sica il suo primo film in Cinemascope, diretto da Camerini. L’attrice è preoccupata per la propria linea e segue una dieta rigidissima: ha abbandonato il regime dei…
D.M., «Epoca», anno VI, n.243, 29 maggio 1955
1388

Sophia Loren vorrebbe lavorare meno

Sophia Loren vorrebbe lavorare meno A Tivoli c'è un mulino del Settecento che fino a non molti anni or sono era mosso dalle acque dell'Aniene. Oggi va a motore, ma nell’aspetto è rimasto quello di un tempo. Il regista Mario Camerini l’aveva preso in…
«Epoca», anno VI, n.249, 10 luglio 1955
820

Le baruffe sannitiche della mugnaia Sophia

Le baruffe sannitiche della mugnaia Sophia “Debbo confessare che a me piacciono le parti delle donne che promettono molto e concedono poco” ha dichiarato Sophia Loren parlando della sua ultima interpretazione Benevento, luglio Una memorabile…
L. C., «Tempo», anno XVII, n.28, 14 luglio 1955
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Sofia Loren, un'attrice completa deve saper danzare

Sofia Loren, un'attrice completa deve saper danzare Così ha risposto Sofia Loren a chi le chiedeva i motivi professionali delle misteriose lezioni di danza che va prendendo da Ennio Sammartino; ma è molto facile prevedile che la metamorfosi…
«Tempo», anno XVII, n.31, 4 agosto 1955
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Scuola elementare ha una qualità rara nei film come negli uomini: ha un suono genuino. Non che la continuità del racconto sia perfetta: c'è per un momento un brusco stacco di piani quando sul tetto del Duomo in una lepida scena. Billi ha la folgorante dinamica rivelazione di muovere alla conquista della città. E c’è in qualche punto urta arrendevolezza verso le soluzioni facili e implicitamente lacrimogene, come nella promozione del ragazzino disgraziato dalla botteguccia di barbiere al grande garage. Però, per la natura stessa della sua tecnica, un film passa attraverso tante mani, è soggetto a tante distorsioni e inframmettenze, che è raro che arrivi alla fine mantenendo quella coerenza di accento e di timbro che è il solo criterio per distinguere una opera convinta da quella che non lo è. Mi pare che Scuola elementare abbia questa coerenza.

E siccome non è la frigida formale coerenza che può essere talvolta frutto di uno scaltrito mestiere, perché vi palpita dentro il contraddittorio movimento della vita, questo film rappresenta una felice innovazione nella carriera di Alberto Lattuada. Devo dirlo? È la prima volta che lo sento commosso davanti ai suoi personaggi e al suo soggetto. Forse tante cose insieme vi contribuirono. Forse i ricordi della fanciullezza, i visi dei compagni di gioco, i fantasmi dei cari maestri scomparsi. Forse l’amore della sua città natia, Milano, che vive nel suo cuore se la fissa in immagini così pittoresche e insieme cosi attente, colme di ammirazione e di nostalgia. Si direbbe che questa spinta abbia una volta tanto lacerato quel diaframma fatto di calcolata abilità, e quasi talora di intellettuale sussiego, che lo separa dalle cose, ponendolo improvvisamente in comunicazione affettuosa col suo mondo. Che è il mondo di una scuola elementare milanese (una scuola milanese in cui ci sono è vero Per combinazione molti romani), coi suoi ragazzi, i suoi asegnanti, i suoi bidelli, ma Poi per propagazione di casi si allarga sino a divenire la rappresentazione di tutto un settore sociale, una immagine in scorcio di quell'immenso crocicchio di destini e di , anime che è la città.

Quattro personaggi escono soprattutto in luce nella vicenda. Uno è Trilli, il maestro che relegato nella scuoletta del suo lontano paese sin che vive la vecchia mamma, si fa trasferire già orinai maturo a Milano per conoscere come dice nel suo ingenuo linguaggio burocratico «le grandi sedi», per accostarsi anche tardi al miraggio cittadino e che, per un momento distratto da' quell’ideale di buon educatore che lo aveva accompagnato tutta la vita, sta per lasciare la scuola, sinché la passione e i suoi ragazzi non lo riprendono. L’altra è Laura, la ragazza che, per un momento respinta da quel mondo di frivolezza e di lusso a cui la sua bellezza e la sua prima amara esperienza d’amore la conducevano, cerca una soluzione nel suo diploma di maestrina da cui subito la fatalità la stacca per portarla via, già stanca, verso il suo povero destino di girl. Il terzo è Pilade, il buon compare trapiantatosi come bidello a Milano con la segreta illusione di mettere un giorno la mano sul grande affare («qui ancora non mi hanno capito!»); e che avendolo trovato ma essendosi ingolfato nei guai, se ne ritrae abbandonando l’affare all'affarista che può sfruttarlo, e tornando alle solite mance e alla vendita spicciola delle lamette da barba. Il quarto è Crip-pa, il ragazzino isolato nella sua selvatica fierezza di figlio della miseria e della colpa. Sono quattro caratteri visti e delineati con penetrante comprensione e gentile simpatia, senza tesi astratte ma con la coscienza presente del sottofondo sociale che li crea e li condiziona, comici (quando devono esserlo) con tatto o patetici senza smanceria: e il modo come questi destini sono presi e lasciati, quasi rinunciando a spiegarli e a risolverli, è prova di acuta e intelligente regia.

Meno si vede, se mai, quella che nel titolo è la protagonista, la scuola elementare: meno, voglio dire, di quelli che sono nel momento attuale i suoi problemi, i suoi orientamenti, la sua crisi. Solo in un punto il grande perenne ideale della scuola quale ce lo tramandarono le generazioni del Risorgimento riappare in tutta la sua maestà, ed è alla fine quando ci viene ricostruita davanti una cerimonia di premiazione a vecchi e gloriosi insegnanti, con la partecipazione personale dei premiati Per un momento umili ed eroiche figure che in cambio di poco pane, hanno consacrato la loro vita all’educazione di migliaia e migliaia di ragazzi, compaiono sullo schermo, su quello schermo uso tanto spesso a mostrare volgarità e sconcezza.

Si mettano sull’attenti.

«Epoca», 1955


«Epoca», 1955 - Domande e risposte sull'avanspettacolo


E. Ferdinando Palmieri, «Epoca», 1955


Enrico Roda, «Tempo», 1955


Enrico Roda, «Tempo», 1955


Enrico Roda, «Tempo», 1955


Enrico Roda, «Tempo», 1955


«Noi donne», 1955 - Quattro passi fra le nuvole con Gino Cervi

1955 Tempo Adriana Serra f1

Adriana Serra (nella foto), dopo essere stata per molte settimane la presentatrice, accanto a Mike Bongiorno, di "Fortunatissimo", figura ora al fianco di Alberto Bonucci e Isa Bellini in una nuova trasmissione musicale che la TV italiana ha preparato in sostituzione di "Un due tre”, giunto a un notevole grado di stanchezza e di esaurimento e onorevolmente scomparso. La nuova trasmissione televisiva si avvale della collaborazione fattiva di Gorni Kramer e di Lelio Luttazzi, e, almeno in questo inizio, ha tutte le carte in regola per essere bene accetta al pubblico. Si tratta di uno spettacolino leggero, senza pretese trascendentali, sul genere del domenicale "Fuori programma", che vede ormai regolarmente in linea Tino Scotti e Carlo Rizzo.

Intanto si sta preparando un altro spettacolo che dovrebbe risultare divertente: si tratta di un varietà musicale a sfondo sportivo che sarà interpretato da Walter Chiari, il quale, volta a volta, racconterà, naturalmente in modo sceneggiato, le proprie avventure di sportivo militante nelle più diverse pratiche agonistiche. In aggiunta a queste trasmissioni sono in programma altre rubriche di varietà, che dovrebbero rialzare il tono di questo settore, particolarmente deficitario. Si parla fra l’altro di una rivista di Marcello Marchesi e di un’altra rivista scritta dal celebre duo Garinei-Giovanni.

«Epoca», 1955


Elena Giusti ha firmalo il contratto per una esibizione straordinaria dinanzi alle telecamere: dopo varie incertezze, la nota “soubrette” ha accettalo di interpretare la parte principale della operetta di Kelman «La principessa della Czardas» che andrà in onda sabato sera. Questa operetta, che ha esattamente quarantanni. segnò la conferma della felice capacità inventiva del suo giovane autore, che, dopo essersi fatto conoscere con «Il piccolo re» e con «Il capo degli tzigani», ottenne un clamoroso successo con questa sua vivace composizione, che, benché nata durante la prima guerra mondiale, non incontrò ostacoli alla sua avanzata fortunata su tutti i palcoscenici del mondo.

Kelman, compositore musicale di talento, ma anche e soprattutto accorto uomo d’affari, seppe sfruttare il successo, e prosegui per questa strada per altri 15 anni, dopo di che si ritirò dall’arte e si diede al commercio, affermandosi come agente di borsa di chiare vedute. Elena Giusti quasi certamente interpreterà la figura della protagonista anche nella prossima operetta che verrà realizzata televisivamente «Scugnizza»: nella foto, mentre sta truccandosi per la prova generale dell’operetta che la vedrà in veste di principessa.

«Tempo», 1955


Enrico Roda, «Tempo», 1955


Eduardo ha riportato sulla scena a Milano la chiassosa malinconia di “Miseria e nobiltà”

Salvatore Quasimodo, «Tempo», 1955


«Noi donne», 1955 - L'angelo bianco con Yvonne Sanson - Prima parte Seconda parte


Enrico Roda, «Tempo», 1955


Rocco d’Assunta, popolarissimo al cinema e alla radio: «Le donne siciliane? Tenere, affettuose, piene di premure, un po' troppo gelose nel modo esclusivo e dolcemente assurdo proprio delle madri. In ogni donna siciliana io vedo mia madre ed in nessuna il clichè della donna passionale istintiva ed animalescamente sottomessa che Dorrebbe certo letteratura. Le donne della mia terra sono devote e fedeli al loro uomo, ai figli, alla tradizione, come lo sono quelle abruzzesi, piemontesi, liguri... Ma come quelle sanno reagire all’ingiustizia, al sopruso, anche nell'ambito familiare. Di diverso, e forse solo quantitativamente diverso, c’è, specialmente nei piccoli centri, la forza di uno certa « opinione pubblica » ancorata a pregiudizi secolari, alla quale però le nuove generazioni tendono a ribellarsi. Ricordate il film « Natale al campo 119 »? Il mio personaggio era un soldato siciliano prigioniero che riceve una lettera della madre che inizia cosi: — Figlio mio disgraziato, la tua Santuzza è morta. — Il soldato comincia a piangere, si dispera, invoca la morte, i suoi commilitoni lo consolano... Poi riprende la lettura: — Si, è morta, tu la devi considerare morta questa figlia di svergognatissima donna che ha macchiato l'onore della tua futura famiglia perchè domenica sera fu veduta pubblicamente insieme alle tue sorelle, al cinematografo. Ma Iddio è giusto e farà la sua vendetta. — Qui c’è tutta la vecchia Sicilia con la sua mentalità feudale, egoisticamente chiusa, il suo rifiuto ad accettare fatti normali nella loro giusta luce, la Sicilia che le donne stanno cambiando, con dolcezza e fermezza. Io naturalmente sono con loro, con le giovani, intendo con tutte le giovani di spirito. Ma devo dire una parolina anche alle vecchie, quelle che a teatro non ci vengono e mi considerano un po’ figlio degenere: siete proprio convinte del « disonore » e della « vergogna » che ci procurano figlie e nuore uscendo da sole, lavorando in ufficio, andando a divertirsi onestamente? E vi sembrerebbe tale anche se non le potesse vedere e criticare la signora della porta accanto? ».

«Epoca», 1955


Tommaso Chiaretti, «Noi donne», 1955 - Sofia Loren


Morando Morandini, «Tempo», 1955


Gianna Maria Canale, che in alcuni recenti film italiani da lei interpretati abbiamo visto apparire nello sfarzo di Corti imperiali e regali, è una delle attrici che meno amano la vita mondana. Lontana dai teatri di posa, si dedica all’arredamento della sua nuova casa, dove la fantasia del progettista si è sbizzarrita per combattere la monotonia.

«Tempo», anno XVII, n.6, 10 febbraio 1955


La «novità» che Eduardo ha presentato in questi giorni a Roma, all’Eliseo, era, se non ci sbagliamo, un progetto di qualche anno fa, dei tempi ancora de La paura numero uno, la bella commedia sulla psicosi bellica. Ma il tempo non è passato inutilmente; nel senso, vogliamo dire, che l'spirazione di Eduardo da quel momento ad oggi è notevolmente cambiata, diremmo quasi sostanzialmente-modificata. Mia famiglia è sempre uno dei pezzi migliori del nostro teatro, in questa stagione poi, senz’altro il migliore, ma non c’è più il bel clima «critico» sotto vesti patetiche, che c’era in Filumena Marturano, in Questi fantasmi, e nelle altre straordinarie commedie del tempo. La famiglia che lui qui ci presenta è ciò che tradizionalmente, meglio ciò che convenzionalmente siamo abituati a considerare la «famiglia del dopoguerra»; ragazze dedite allo esistenzialismo e ai loro rappresentanti, giovanotti che s’avviano alla carriera cinematografica attraverso moderni sistemi di «collocamento», mogli giocatrici e, per finire, stavolta un padre speaker della radio, che è una professione non proprio standard, ma che qui assùme invece il valore d’una stranezza convenzionale, appunto. In questa famiglia ne succedono di tutte, e di gravissime per la buona condotta d’una famiglia, finché tutto se non s’accomoda, s’avvia felicemente ad accomodamento.

Si disilludano coloro che ci hanno seguito fin qui; non è proprio il lieto fine a darci noia ; non vorremmo vedere questa famiglia «borghese» finire ai margini della società, travolta dalla sua stessa corruzione, anzi. Un lieto fine può in qualche caso essere un buon contributo al «realismo», vuol dire che lo autore ha fiducia in un risultato positivo della crisi che l’ha impressionato ; e implicitamente dando questo risultato cerca le vie attraverso le quali esso potrà, nella realtà, realizzarsi. L'autore porta in tal modo il suo grande contributo non soltanto all’indagine dei problemi della sua società, ma ne anticipa le soluzioni, ne vede le conclusioni. Per tutto ciò è necessario, allo scrittore realista, che i suoi personaggi siano tipici, cioè che essi si comportino, nelle circostanze da lui addotte, in maniera cosi caratteristica da illuminare, col loro comportamento, tutta quella zona che altrimenti resterebbe indistinta, dei loro rapporti, della loro condizione, delle loro abitudini, dei loro vizi e delle loro virtù. Questo è ciò che non ha fatto Eduardo in quest’ultima commedia: i suoi sono dei personaggi «eccezionali» in una situazione «eccezionale».

La critica è stata divisa su quest’ultima fatica del maggiore scrittore teatrale che oggi noi possediamo; ma faccia attenzione il nostro caro amico, e badi a capire se coloro che una volta si preoccupavano del suo «pessimismo» non siano per caso gli stessi che oggi gioiscono del suo «ottimismo» e viceversa. Naturalmente, esecuzione di gran classe.

Luciano Lucignani «Vie Nuove», anno X, n.6, 6 febbraio 1955

1955 Noi donne Sophia Loren intro1

Antonio Perria, «Noi donne», 1955


Rascel, il «piccoletto» ha finito di recitare in questi giorni al Teatro Sistina in Roma una rivista di buon gusto e applauditissima : «Tobia la candida spia». Da Roma si è portato a Milano, e quindi continuerà la tournée con la sua compagnia di rivista. Poi... darà addio alla passerella, alle scene scintillanti, al corpo di ballo delle Blue bells, e a tutti i suoi compagni del mondo della rivista. E pare che i si tratti di un addio veramente definitivo.

«La Gazzetta di Mantova», 3 marzo 1955


«La Nuova Gazzetta di Reggio», 4 marzo 1955 - Carlo Croccolo


«La Nuova Gazzetta di Reggio», 8 marzo 1955 - Silvana Pampanini


«La Nuova Gazzetta di Reggio», 6 aprile 1955 - Silvana Pampanini


Si è notata, negli ultimi tempi, una recrudescenza di quelle manifestazioni di sanfedismo e di intolleranza nei confronti del cinema che fanno capo al noto censore onorevole Scalfaro. Lo Scalfaro, che è da qualche tempo preposto al Sottosegretariato per lo spettacolo, va facendo le spese dei giornali umoristici per le sue attitudini sempre più spinte all’uso delle forbici. E la cosa deve essere particolarmente grave, stavolta, se perfino un giornale ultragovernativo come il Messaggero di Roma è stato costretto ad apparire con due articoli, stilati dal suo critico, e tendenti a gettare un grido di allarme per quel che va accadendo nel cinema. Il critico del Messaggerro, Ermanno Contini, ha usato una immagine assai interessante: stiamo attenti, egli ha detto, a non ripetere nel cinema quel che accade alla RAI dove, tanto per fare un esempio, un redattore del Radiocorriere è stato licenziato per aver pubblicato la foto di una cantante divorziata. L'esempio è interessante per due versi: da un lato perché rivela un episodio finora inedito e certamente assai significativo del malcostume che vige alla RAI, dall'altro perchè fa vedere a quali pericoli vada incontro il cinema italiano.

L’onorevole Scalfaro, del resto, ha mostrato di avere una visuale assai chiara, dal suo punto di vista. Egli vuole un cinema che non offenda « la religione, la patria e la famiglia ». Sono tre concetti assai vaghi, ma che per Scalfaro significano cose assai concrete: non facciamo film antifascisti, non parliamo di preti se non per esaltarne la gloria, non parliamo di faccende come il divorzio o altre cose proibite da Santa Romana Chiesa. E di fronte alla protesta crescente il censore (che del resto abbiamo già veduto all’opera per una serie di film, tra i quali Totò e Carolina e Il rosso e il nero, che ancora deve apparire) non ha certo abbassato le armi, ma anzi, con grande pervicacia, ha fatto notare, in un discorso a Milano, che questo è appena il principio, e che i cineasti farebbero bene a riflettere su quel che fanno. Di fronte a questo tono fascista i cineasti faranno certamente bene a riflettere: essi rifletteranno alla loro condizione di artisti che non debbono accettare le imposizioni di un politicante meschini, e alla lotta che li attende. Una lotta che sarà dura ma che, come tutte le lotte giuste, si annunzia ancora una volta vittoriosa.

T. C., «Noi donne», 1 maggio 1955


La nuova compagnia progettata da Walter, per la quale stenderà egli stesso il copione

SIM, «Il Piccolo di Trieste», 17 maggio 1955


Del teatro di rivista si è parlato questa mattina in due aule del Palazzo di Giustizia. Protagonisti di altrettante vertenze legali, due nomi celebri della passerella: Michele Galdieri e Carlo Croccolo.

MICHELE GALDIERI è stato citato per danni dalla Società Internazionale che allestì nello scorso autunno la commedia musicale Baratin. Lo spettacolo, come si ricorderà, ebbe vita effimera c scarso successo. Dopo una diecina di repliche, per di più, venne a mancare la soubrette della i compagnia, Elena Giusti, a causa di un’improvvisa indisposizione.

Le recite furono interrotte, e riprese più tardi senza la bionda Elena; la commedia musicale venne inoltre ribattezzata Il cavaliere a Parigi. Michele Galdieri curò la regìa di Baratin anche se sulla «locandina» non figurò mai il suo nome. Nella memoria, presentata dall’avvocato Nino Corsaro per conto della Società Intemazionale, Galdieri è ritenuto «responsabile del danni derivati all’impresa per l’insuccesso artistico e finanziario di Baratin per insufficienza di opera artistica, sia per quanto riguarda la riduzione dal francese, sia per la regia». La Società Intemazionale reclama pertanto il rimborso di due milioni già corrisposti a Galdieri, oltre naturalmente ai danni. Galdieri, che è assistito dall’avvocato Manzini, ha definito «pazzesca» la pretesa dell’Intemazionale e chiede a sua volta circa due milioni che ancora gli spettano. Dopo le premesse, la causa è stata rinviata dal giudice Morfino all’11 luglio. Come si sa, anche Elena Giusti è stata citata per danni.

CARLO CROCCOLO è pure comparso per una querela da lui presentata contro un dentista milanese, reo, a detta dell'attore, «di avergli spappolato una mascella nel tentativo di estrarre un molare». Una perizia ordinata dall’autorità giudiziaria sarà letta nel pomeriggio al processo che si svolge davanti al pretore Pizzonia. Croccolo dovette andare dal dentista nel novembre del 1953, allorché prendeva parte, a Milano, alla rivista Funicoli Funicolà. Stamane in Pretura, Carlo Croccolo ha esclamato; «Lui, il dentista, mi aveva assicurato di possedere una mano di fata. E si è visto! Cinque mesi sono rimasto dolorante ». Il processo dovrebbe concludersi nel tardo pomeriggio.

«Corriere d'Informazione», 13 giugno 1955


Carlo Croccolo ha vinto la causa contro il dentista che aveva accusato di «avergli spappolato una mascella nel tentativo di estrarre un molare». Il medico è stato condannato a sessantamila lire di multa, secondo la stessa richiesta dal pubblico ministero. Il processo si è svolto ieri davanti al Pretore Pizzonia. Presenti in aula Carlo Croccolo e il dentista milanese, vittima, in fondo, di una disavventura professionale.

Croccolo andò dal dentista nel novembre 1953. Una sera, durante una replica della rivista « Funiculì funicolà», aveva avvertito un dolore lancinante a un molare. L'attore si fece forza, restò in scena fino alla passerella finale, poi si ritirò esausto nel camerino. In platea, nessuno s'era accorto di nulla. L’indomani di buon'ora, Carlo Croccolo era nell'anticamera del dentista, in un moderno ambulatorio del centro. Gli aveva fornito l'indirizzo l'amministratore della compagnia, che aveva specificato: «Va da quel dentista. E' assai bravo. Ti metterà a posto il molare in poche ore».

Invece, andò a finire che l’intervento al dente cariato si presentò più arduo del previsto. E per Carlo Croccolo furono dolori grossi. Ciò che indusse l’attore a non saldare la parcella di cinquantamila lire fattagli pervenire, in teatro, dal dentista.

Ieri Croccolo, come si è detto, era in Pretura. Attorno a sé aveva un gruppo di ammiratori, al quali ha raccontato le fasi della disavventura sua e del medico. «Ero andato fiducioso da quel dentista indicatomi credendo che si trattasse di una cosa da nulla. Rimasi invece sotto le tenaglie por oltre due ore. Un vero calvario. Lui, il dentista, mi aveva assicurato di aver mani leggere, da fata. Io personalmente ho dovuto ricredermi».

Una perizia fatta eseguire dall'autorità giudiziaria aveva affermato la responsabilità del sanitario, coinvolto in un infortunio professionale. Infortuni che del resto possono capitare a chiunque lavori per anni, quotidianamente. E la conclusione del processo è stata la condanna per il dentista.

«Corriere d'Informazione», 15 giugno 1955


Con un solo film il piccolo Pablito Calvo Hidalgo ha conquistato il pubblico. 

Anita Pensotti, «Oggi», 16 giugno 1955


«Il Piccolo di Trieste», 30 giugno 1955


«La Gazzetta di Mantova», 25 agosto 1955


Con la partecipazione delle maggiori autorità danesi e del sottosegretario Tirususca si è aperta a Copenaghen la settimana del cinema italiano destinata a incrementare i nostri scambi di film con i tre Paesi scandinavi.

Vittorio Bonicelli, «Tempo», anno XVII, n.50, 15 dicembre 1955


«Corriere dell'Informazione», 5 settembre 1955


«Epoca», 16 ottobre 1955



Un ritratto d'attrice. Quello di Franca May. brava soubrette, tacitamente eletta «miss educazione» nel mondo della passerella. Perchè Franca May, prima d'ogni altra cosa, ci tiene parecchio alla qualifica di «super educata». Anche nel momenti più tempestosi, Franca non perde mai la calma, e il suo linguaggio è sempre moderato. In teatro, quando è il suo momento di andare in scena, chiede permesso prima d'entrare fra le quinte, e quando le danno il passo sorride e ringrazia. Qualcosa che in teatro ha del miracoloso. Recentemente, Franca è rimasta vittima di un infortunio professionale, che, insieme con lei, ha travolto altri validi attori. La compagnia nella quale figurava come prima attrice, si è sciolta dopo undici soli giorni di recite. Spettacolo sbagliato, dal principio alla fine. L'unica a salvarsi dal disastro è stata la May: pubblico e critica le hanno dato atto che, nel suo caso, l'infortunio aveva un solo nome: sfortuna.

Ora Franca si è trasferita a Milano: a giorni comincerà alla Televisione le prove di una commedia, che andrà in onda il 23 dicembre: «Il cappello di paglia di Firenze». Inoltre, le è stata fatta una proposta: di far parte di una compagnia di rivista, assieme a Giustino Durano, che dovrebbe debuttare in febbraio. Ma Franca è assai indecisa. Vuol lavorare e non prendere impegni per il futuro. Lavorare per pagare i conti della sarta che ammontano a circa un milione. I debiti degli abiti di scena che aveva commissionato per lo spettacolo durato undici giorni. Sua intenzione: quella di far della prosa. E' già stata
interpellata per la prossima stagione: la vogliono in una compagnia di giovani, che dovrebbe far caco al regista Squarzina.

«Corriere dell'Informazione», 11 dicembre 1955


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