Pandolfini Turi (Salvatore)

Turi Pandolfini

Turi Pandolfini, all'anagrafe Salvatore Pandolfini (Catania, 10 novembre 1883 – Catania, 6 marzo 1962), è stato un attore italiano.

Nipote di Angelo Musco, lavorò a lungo nella compagnia teatrale di questi.

Biografia

Dagli anni trenta agli anni cinquanta lavorò in oltre una cinquantina di film in cui interpretava, per lo più come caratterista, ruoli di anziani brontoloni e collerici, aiutato dalla sue caratteristiche fisiche e dall'inconfondibile accento catanese.

Tra i film da lui interpretati sono da citare: 1860 (1934), Roma città aperta (1945), Anni facili (1953), Un giorno in pretura (1954), Accadde al penitenziario (1954), l'episodio La giara in Questa è la vita (1954), Racconti romani (1955), Mi permette, babbo! (1956), Arrivano i dollari! (1956).


Così la stampa dell'epoca

1962 03 25 Domenica Del Corriere Turi Pandolfini intro

1962 03 25 Domenica Del Corriere Turi Pandolfini f1Nell'avita casa paterna di Comiso, l’illustre archeologo prof. Biagio Pace, titolare della cattedra di archeologia all'università di Roma, un giorno, parlando di attori e di arte drammatica poco tempo prima della sua scomparsa, ebbe a dirmi: «Abbiamo avuto la prova del valore degli antichi "mimi" con la rappresentazione — eseguita nel 1932 — nell’anfiteatro romano di Paeatum, del "Mimi" di Eroda, che alla lettura non d rivelavano gran che di avvincente od interessante. Ma attraverso l'azione scenica di un nostro attore. Turi Pandolfini, essi si colorivano, si arricchivano di luci e di significati insospettati, e da questo comprendemmo quale e quanta fosse l’efficacia dell’Interpretazione di quegli antichi attori che avevano trovato in Pandolfini un loro degno continuatore».

Questo credo sia il più significativo elogio dell’arte di Turi Pandolfini, scomparso, il 6 marzo scorso, nella sua Catania dove era nato il 1 novembre 1883 da Giuseppe Pandolfini e da Anna Musco che era la primogenita di undici figli, di cui il grande Angelo Musco era l’ultimo.

Il Pandolfini era, perciò, nipote dell’illustre attore comico siciliano, che lo ebbe molti anni vicino a sé, prima come amministratore e poi come validissimo compagno di scena in interpretazioni tipiche, caratteristiche, indimenticabili Però, sino all’età di trentanni il Pandolfini fu mediatore in prodotti del suolo. Girando, per tale sua attività, per paesi e campagne, aveva incontrato ed avuto a che fare con contadini dalle strane figure e dalle piò strane movenze, di cui aveva assorbito, assimilato, nello stesso tempo, i lati più umani e pittoreschi.

Figure umanissime

La sua prima, tipica interpretazione fu quella dello «zi Ninu giardiniere» del «Paraninfu» di Luigi Capuana. L’autore lo aveva... creato di 45 anni di età. Pandolfini però, volle che tale età fosse quasi raddoppiata — 85 anni — dato che lo zio Angelo aveva acconsentito a fargli interpretare quel personaggio per il quale la compagnia mancava dell’elemento adatto. Con una magistrale truccatura, piegato in due dal lavoro di zappa e dal reumatismi creò una figura eccezionale che lo fece subito assurgere ai fastigi dell’arte.

Angelo Musco non se ne volle più privare, come attore. Ed eccolo affidargli l'interpretazione dei personaggi più tipici, quali «Peppi l’orbo» del «8an Giovanni decollato > del Martoglio; dello «zampognaro» nell'«Aria del continente» dello stesso Martoglio; dello «zio Simone» del «Liolà» di Pirandello; dello «zio Rocco» in «Chiddu ca passa» di Romualdi; dell’«arciprete» nel «Pumu d’Adamu» di Mulè. In molte altre figure umanissime Pandolfini rivelò la sua acutezza di osservazione e la sua sensibilità di vero artista. Con trepido amore porgeva allo spettatore quanto nel suo intimo aveva accuratamente elaborato, tanto da «calare» entro sé. intatto e completo. il personaggio, sia pure di poche battute. Tra le sue interpretazioni più note e riuscite, è quella di «zi Dima» de «La giara» di Pirandello, che fu pure filmata per fare parte degli episodi di «Questa è la vita» nel 1953.

Nel 1928 si staccò dalla compagnia di Musco e volle affrontare gli oneri e gli onori del capocomicato, con serie e sincere mire d’arte. Ma il successo non gli arrise, tra l’altro, forse perchè non avendo a disposizione nuove commedie, ma dovendo ricalcare il vecchio repertorio dialettale, il pubblico si trovò disorientato dalle sue esibizioni di mattatore dei lavori, abituato come era a vederlo ed appressarlo nella miniatura di deliziosi personaggi.

Pensò, allora, di rinnovare il repertorio. nell’intento di creare una «Compagnia Folkloristica Siciliana». In diversi, ci vedemmo arrivare una sua lettera cosi concepita: «Mi occorrono lavori dove la musica abbia una parte importante. Non che si debba recitare cantando; la musica deve commentare, colorire l’azione che per se stessa deve essere chiara, semplice, armoniosa, pittoresca, efficace. Dare nuova veste e nuova vita al Teatro siciliano prendendo lo spunto dalla schietta anima isolana che è tutta armonia e tutta musica».

"Chiacchierate"

Diversi autori risposero all’appello con lavori veramente interessanti ed originali. Ne citiamo qualcuno. «L’aquila» e «Vicolo delle belle» di Saverio Fiducia, con musica del maestro Frontini; «Taormina... for ewer!» di Giuseppe Fraumeni, con musica di Lombardi e Biondi; «Cicaleddi», «Scrupuli» e «C’era ’na vota» di Giuseppe Macri, con musica di Pennacchio; «Racina ’ì tavula» e «Ristorante Trinacria» di Pietro Gufino, con musica di Vito Marchese e altri ancora.

Al solito, di fronte a tale e tanta novità, diversi arricciarono il naso, puerilmente diffidenti o ingiustificatamente cauti. Però il pubblico autentico, allettato dallo spettacolo veramente nuovo per il Teatro dialettale siciliano, che gli si offriva con dignitosi scenari, costumi ed orchestrine, decretò il successo. Purtroppo, per varie ragioni che non è il caso di rievocare, anche questa formazione non durò a lungo, ma rivelò in Pandolfini un precursore del moderni spettacoli di prosa infarciti di musica non sempre acconcia ed opportuna

Pandolfini volle anche fare dono della sua «arte» attraverso conferenze o «chiacchierate in dialetto» come furono compiacevolmente definiti i trattenimenti che lui diede presso sodalizi di Catania e di Palermo nel 1929 e al «Circolo del Toscani» di Roma nel novembre de 1930.

Anche il cinema si arricchì di molte sue interpretazioni, e furono per lui nuovi successi che lo ripagarono delle amarezze subite nel passato.

Qualche anno fa prese parte alle reci te di «Lu cavaleri Pidagna: di Luigi Capuana, con la compagni] dell’Ente Teatro di Sicilia di Cata nia. e lo spettacolo fu teletrasmesso L’ultima apparizione al pubblico d Pandolfini è stata la sera del 10 dicembre 1961 al Teatro Massimo Bel lini della sua città, in occasione del le celebrazioni del 25° anniversario della morte di Luigi Pirandello. Acclamatissimo. recitò alcune scene d «La giara», ma. alla fine, volle in trattenersi sul palcoscenico recitando a soggetto e dicendo qualcosa d sé, della sua vita, al pubblico dell «sua» Catania, presago che quella fosse l’ultima volta che gli parlavi

Infatti, manco tre mesi dopo lo ha lasciato, e il «suo» pubblico lo ricorderà sempre come un redivivo inimitabile «mimo» dell'antica Grecia.

Pietro Gulin, «La Domenica del Corriere», 25 marzo 1962




Filmografia

San Giovanni decollato, regia di Telemaco Ruggeri (1917)
La stella del cinema, regia di Mario Almirante (1931)
Paradiso, regia di Guido Brignone (1932)
La vecchia signora, regia di Amleto Palermi (1932)
La voce lontana, regia di Guido Brignone (1933)
Tenebre, regia di Guido Brignone (1934)
1860, regia di Alessandro Blasetti (1934)
L'albergo della felicità, regia di Giuseppe Vittorio Sampieri (1935)
Il marchese di Ruvolito, regia di Raffaello Matarazzo (1939)
Sempre più difficile, regia di Piero Ballerini, Renato Angiolillo (1942)
Roma città aperta, regia di Roberto Rossellini (1945)
In nome della legge, regia di Pietro Germi (1949)
Gli inesorabili, regia di Camillo Mastrocinque (1950)
Altri tempi - Zibaldone n. 1, regia di Alessandro Blasetti (1952)
Processo alla città, regia di Luigi Zampa (1952)
Legione straniera, regia di Basilio Franchina (1952)
Condannatelo!, regia di Luigi Capuano (1953)
Noi peccatori, regia di Guido Brignone (1953)
Siamo tutti inquilini, regia di Mario Mattoli (1953)
Il sole negli occhi, regia di Antonio Pietrangeli (1953)
Giuseppe Verdi, regia di Raffaello Matarazzo (1953)
La domenica della buona gente, regia di Anton Giulio Majano (1953)
Anni facili, regia di Luigi Zampa (1953)
Terza liceo, regia di Luciano Emmer (1954)
Un giorno in pretura, regia di Steno (1954)
Cento anni d'amore, regia di Lionello De Felice (1954) - episodio Garibaldina
La schiava del peccato, regia di Raffaello Matarazzo (1954)
Questa è la vita, regia di Giorgio Pàstina (1954)
Tempi nostri - Zibaldone n. 2, regia di Alessandro Blasetti (1954)
Accadde al commissariato, regia di Giorgio Simonelli (1954)
I tre ladri, regia di Lionello De Felice (1954)
L'arte di arrangiarsi, regia di Luigi Zampa (1954)
Scuola elementare, regia di Alberto Lattuada (1954)
La moglie è uguale per tutti, regia di Giorgio Simonelli (1955)
Luna nuova, regia di Luigi Capuano (1955)
Le signorine dello 04, regia di Gianni Franciolini (1955)
Bella non piangere!, regia di David Carbonari (1955)
Buonanotte... avvocato!, regia di Giorgio Bianchi (1955)
I pinguini ci guardano, regia di Guido Leoni (1955)
Bravissimo, regia di Luigi Filippo D'Amico (1955)
Accadde al penitenziario, regia di Giorgio Bianchi (1955)
Racconti romani, regia di Gianni Franciolini (1955)
Una pelliccia di visone, regia di Glauco Pellegrini (1955)
Mi permette, babbo!, regia di Mario Bonnard (1955)
I calunniatori, regia di Franco Cirino (1955)
Lazzarella, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1957)
Arrivano i dollari!, regia di Mario Costa (1957)
Gambe d'oro, regia di Turi Vasile (1958)
3 straniere a Roma, regia di Claudio Gora (1958)
Arriva la banda, regia di Tanio Boccia (1959)
Urlatori alla sbarra, regia di Lucio Fulci (1960)

Bibliografia

Enrico Lancia, Roberto Poppi (a cura di), Dizionario del cinema italiano. Gli attori, 2 voll., Gremese, Roma 2003.
Pino Farinotti, Dizionario dei registi, SugarCo, Milano 1991.