Gli sketch più famosi, dal teatro al cinema

Il gaga e la gagarella


🎭 Totò: l’Inclassificabile, l’Improvvisatore, l’Irripetibile

Di lui si è detto tutto, e quindi è ora di dire anche il superfluo: Totò non si può riassumere, incasellare, etichettare. È uno di quei fenomeni che non stanno in piedi sui manuali, né sui palcoscenici immobili della teoria. È un mistero, una formula chimica senza equazione, una detonazione di comicità a orologeria.

Se Eduardo De Filippo era la penna, Totò era il punto esclamativo. Non ha mai avuto bisogno di un padre artistico da imitare o da uccidere freudianamente: non è nato da una stirpe di teatranti, è nato da se stesso, come Minerva dal cranio di Giove, solo che con la bombetta al posto dell’elmo e il frac da cerimoniere dell’assurdo.

📽️ Teatro vs Cinema: il ring è truccato

Totò ha recitato in teatro e in cinema, ma la vera arena dove si è espresso senza guinzaglio è stata quella teatrale. Il cinema lo ha amato e lo ha sfruttato, lo ha fissato in pellicola e gli ha fatto firmare contratti a ciclo continuo, ma è sul palco, in diretta, con la gente che rideva anche prima della battuta, che Totò diventava dio e carnevale. Lì nessuno poteva tagliare, censurare, montare. Solo annaspare dietro i suoi tempi comici.

🥋 Il Canovaccio come Arte Marziale

I suoi sketch non erano copioni: erano stoffa grezza su cui ricamare in diretta, come facevano i giullari medievali, i Pulcinella con un piede nella povertà e l’altro nel sogno. Totò non li scriveva con penna d’oca, ma col gomito, col sopracciglio, con l’anca che svirgola.

Sketch nati nei sottoscala degli avanspettacoli, rifiniti nei camerini con l’odore di naftalina e cipria, ampliati a furia di risate di sera in sera, fino a diventare atti interi. Emblema assoluto: Il vagone letto, nato nel 1932 come numero di pochi minuti e trasformato, dopo anni di innesti, smorfie e giravolte, in un intero atto da 50 minuti di apnea comica.

📜 Un Archivio di Delizie e Blasfemie

Molti di questi testi oggi li troviamo raccolti, come relitti preziosi, nelle cantine dell’Archivio di Stato, dove erano finiti passando per le segrete della censura fascista e quelle più allegre (ma non troppo) della liberazione. Questi copioni, con graffette arrugginite e note a margine illeggibili, sono la Bibbia apocrifa del comico italiano.

Dentro ci trovi di tutto: satira dei potenti, frecciate contro la guerra, improvvisi esercizi di surrealtà (che tanto piacerebbero a Ionesco), attacchi frontali alla burocrazia e alla logica lineare, fantasie semplificate con grugniti, svenimenti e monocordi sproloqui pseudoscientifici. Totò, in fondo, era anche un debunker delle convenzioni.

🧠 Un’enciclopedia dell’assurdo popolare

Questi sketch, lungi dall’essere solo "numeri comici", sono capsule di senso e insensatezza, di costume italiano travestito da lazzo. In essi si trova la voce di un popolo affamato di riscatto e di spaghetti, che si riconosceva nei paradossi del guappo finto, del borghese travestito da scemo, del servo che comanda il padrone senza accorgersene.

Non è azzardato dire che Totò è stato il regista non ufficiale del subconscio nazionale. Gli italiani ridevano perché capivano, o forse ridevano proprio perché non capivano nulla, ma sentivano che lui stava dicendo qualcosa che doveva essere detto, anche solo con un gesto, una pernacchia, un "Ma mi faccia il piacere!".

📚 Manuale dell’Umanità Grottesca

Questo libro — o raccolta, o reliquiario — è in realtà un manuale delle situazioni comiche della tradizione teatrale italiana, solo che al posto delle note a piè di pagina ci sono le pernacchie, e al posto dei titoli accademici ci sono gag in cui un uomo litiga con una sedia o si trasforma in marionetta.

C’è il Totò burattino, il Totò patriota, il Totò “contro”, il Totò marziano, un arcobaleno di maschere dentro un solo corpo che sapeva esprimere la disperazione con un’occhiata sbilenca e il dramma della fame con un verso da cane bastonato.

🔥 Il Totò che scriveva con le Budella

L’aspetto più esplosivo? Totò non si considerava un autore, pur avendo scritto, creato e modellato come un demiurgo di scena. Diceva che l’unico film che sentiva davvero suo era Siamo uomini o caporali?, e come dargli torto: lì dentro ci sono tutte le sue guerre, le sue fregature, i suoi sfoghi.

Ma anche negli sketch più “scemi” c’era la sua penna invisibile. Una penna che non graffiava la carta, ma i nervi del pubblico, scrivendo sui muscoli facciali della platea quella risata che in Italia è sempre un atto politico, un modo per dire “nonostante tutto”.

🧵 Conclusione (ma non chiusura)

Totò resta un mistero con la bombetta, un uragano di carne e battute che ha attraversato decenni senza mai chiedere il permesso. I suoi sketch — che oggi possiamo studiare come si studiano i papiri egizi o i graffiti pompeiani — sono il suo vero testamento, più delle poesie, più dei film patinati, più delle interviste.

E come ogni vero artista del popolo, Totò si è scritto addosso, come un tatuaggio buffo e doloroso, affidando alla risata il compito di fare da specchio, da scudo e da lama.


Dal teatro al cinema, gli sketch di Totò

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Riferimenti e bibliografie:

  • "Tutto Totò" (Ruggero Guarini) - Gremese, 1991
  • Prefazione di Goffredo Fofi dal libro "Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976
  • "Siamo uomini o caporali?" (Alessandro Ferraù e Eduardo Passarelli) - Ed. Capriotti, 1952
  • "Sentimental, la rivista delle riviste", Rita Cirio e Pietro Favari, Bompiani, Milano, 1975