Il teatro di Totò: dal 1915 al 1927


Totò è il teatro. Il cinema, nel migliore dei casi, lo ha dimezzato. Nel peggiore, che era poi la norma, lo ha puramente e semplicemente tradito.

Mario Castellani



Totò: genesi di un Genio

🎭 1912-1920: Tra staccate e periodiche: l’inizio del “comicissimo”

Nel bel mezzo della miseria e del caos, senza un padre ufficiale e con una madre giovane, semi-analfabeta e inaffidabile, il nostro Totò (al secolo Antonio Clemente, o Clerment per un breve periodo) iniziava a camminare sulle assi del palcoscenico. Le sue prime esperienze teatrali, ovvero le famigerate “staccate” e “periodiche”, rappresentavano più una lotta per la sopravvivenza che una carriera. Le “staccate” erano spettacoli improvvisati nei piccoli teatri di provincia dove si recitavano poesie, si cantava e, se tutto andava bene, ci si divertiva. Le “periodiche” erano simili, ma svolte nei salotti di aristocratici e borghesi, dove i ricchi si dilettavano con esibizioni dilettantesche, e Totò faceva il suo ingresso come uno dei tanti comici da salotto.

Nonostante le ridotte dimensioni del palcoscenico e dei compensi (una lira e ottanta centesimi, non proprio un ingaggio d’oro), Totò cominciava a perfezionarsi nell’arte della mimica e dell'imitazione, ispirato dal suo maestro e idolo Gustavo De Marco. Quest'ultimo, figlio di una scuola teatrale tradizionale, aveva trasformato la macchietta in un fenomeno acrobatico che il giovane Totò replicava con ardore e passione.

🎭 1912-1914: L’apprendistato tra baracconi e bugigattoli

Nel 1914, Totò si esibiva nei teatri più squallidi di Napoli, teatri improvvisati che ricordavano più delle tende da circo che non vere e proprie strutture teatrali. Ma niente lo fermava: il suo nome d’arte, Clerment, derivava da un gioco con il cognome della madre, e lui metteva cuore e anima nelle sue esibizioni. La sua passione per il teatro non passava inosservata, tanto che un giovane Eduardo De Filippo, all’epoca quattordicenne, lo ricordava con grande affetto e stupore in un articolo del 1967, descrivendo il pubblico che lo acclamava e l’ambiente umile ma caloroso del teatro Orfeo, in una vera e propria scena da "bugigattolo" (cioè da teatro di bassa lega, ma puro nella sua essenza).

Sebbene lo spettacolo fosse ridotto all’essenziale, l’energia di Totò non passava inosservata. Lì, in quelle umili esibizioni, la sua arte comica nasceva e cresceva.

🎭 1915-1917: La guerra e la risata in trincea

Nel 1915, la Grande Guerra lo allontanò dal palcoscenico, ma non dalla sua vocazione: “siamo uomini o caporali?” esclamava nel bel mezzo di un’esibizione improvvisata davanti ai soldati. E sì, quella era la sua prima "performance" davanti a un pubblico, che lo apprezzò persino mentre imitava un caporale. Non c’era nessun confine tra la guerra e la sua arte: anche sotto il fuoco nemico, Totò recitava e faceva ridere. Per lui, quel pubblico di soldati fu il suo primo, vero, “teatro”.

🎭 1918-1920: Napoli e l’inizio della fama

Nel periodo successivo alla guerra, Totò si tuffò nuovamente nei teatri di Napoli, dove perfezionò ulteriormente la sua arte. Nei piccoli teatri come la Sala Napoli e l’Orfeo, l'attore giovanissimo iniziava a brillare. Nonostante il suo ingresso nei teatri di basso livello, la sua abilità imitativa non passava inosservata. All’Orfeo, con il suo repertorio di imitazioni di De Marco, Totò catturava il pubblico, ma il suo vero “battesimo del fuoco” avvenne nel 1920, quando finalmente il suo nome d'arte cambiò da Clerment a Totò, un nome che, con una certa ironia, richiamava quello di Charlot, quasi a volerlo accostare al mito del grande Chaplin. Quella data segnò la nascita dell’attore che avremmo amato e venerato nei decenni successivi.

🎭 1921: La consacrazione del “comicissimo”

Nel 1921, Totò, ormai “il comicissimo”, continuò a costruire la sua fama, ma questa volta non solo con le imitazioni di De Marco, bensì anche con le sue creazioni originali. La sua parodia della canzone Vicolo di E. A. Mario, ribattezzata “Vipera”, successivamente "Biscia", lo fece esplodere in un successo che abbracciava non solo il comico, ma anche il sociale e l’ironia sulla società napoletana. Il pubblico di Napoli lo amava per la sua capacità di rendere ogni personaggio ridicolo, sia che imitasse un gagà o una diva da palcoscenico. Il suo uso dei travestimenti e delle parodie, come quella di Cristoforo Colombo, lo rendeva un attore senza eguali.

🎭 1922-1924: Roma e il cambio di rotta

Nel 1922, con la marcia su Roma, anche la vita di Totò si spostò verso la capitale. L’attore, stanco delle stesse imitazioni e fischiato al teatro Della Valle di Aversa, si trasferì a Roma con l’intento di reinventarsi. Dopo qualche fallimento e licenziamento (la sua improvvisazione non era sempre gradita!), finalmente riuscì a farsi notare dal grande impresario Giuseppe Jovinelli, che lo scritturò per il suo teatro. La sua comicità, che era ormai una fusione tra il comico dell’arte e l’improvvisazione pura, iniziava ad adattarsi a un pubblico diverso, ma non senza difficoltà.

Totò divenne finalmente una figura centrale, accettando la sfida di creare nuove macchiette, come quelle che osservavano la realtà dei napoletani. Il pubblico, ormai più che affezionato, lo adorava, ma lui non si fermò mai, cercando di aggiungere sempre qualcosa di più a ogni spettacolo.

🎭 1925-1927: Il successo travolgente

Nel 1925, la sua fama era finalmente consolidata, e Totò non era più solo un attore tra tanti. I cartelloni che lo pubblicizzavano dicevano finalmente “Totò a grande richiesta”. La sua arte aveva raggiunto l'apice. Le sue performance, sempre più originali, non si limitavano a ridicolizzare la società, ma spingevano anche oltre, verso un discorso più profondo che coinvolgeva la politica e l’etica sociale. La sua capacità di improvvisare lo portava a duellare con il pubblico, creando spettacoli sempre nuovi, pur riproponendo le stesse macchiette, ma ora scomposte e rielaborate in chiave personale.

Ormai Totò non era più solo l'imitatore di De Marco: si era trasformato in un autore e creatore di nuove tipologie comiche. I suoi finali, come quello della passerella marcia dei bersaglieri, erano ormai leggendari. Totò era finalmente l'incarnazione della commedia dell'arte, dove l’improvvisazione e la risata liberatoria diventavano strumenti di riflessione e critica sociale.

In questi anni, Totò è stato l'espressione di un'arte che sfidava le convenzioni, creando e distruggendo i confini tra il serio e il comico. E come ben sanno tutti, l'arte di Totò non si è mai fermata, ma ha continuato a evolversi con ogni suo passo, sempre imprevedibile e affascinante.


📅 Cronologia delle Date


1913-1914

Debutta nei teatrini della periferia napoletana con lo pseudonimo di "Clerment" (francesismo del cognome della madre Clemente), che manterrà almeno fino al 1915.

1915

Prima "Clerment", poi Totò "emulo di De Marco" viene citato per la prima volta dai quotidiani e periodici dell'epoca. Si esibisce nel teatro "minore" come generico in compagnie con maschera e assolo in numeri di varietà/cafè-chantant. Le compagnie erano generalmente di estrazione partenopea (coi personaggi di Pulcinella e Sciosciammocca) e talvolta romanesche ("masticabrodo" e altre maschere). La necessità di alternare nei generi derivava principalmente dal portare a casa qualche lira, poi per imparare il "mestiere". Totò abbraccia quindi il "varietà", inteso come genere teatrale meglio organizzato e diverso da quello inteso oggi.

Febbraio-Marzo, Roma. Viene segnalato come "Clermont" o "Clermant" dal quotidiano «Il Messaggero». Tra pochi mesi il nome d'arte cambierà in Totò


Una breve recensione, una delle prime in assoluto, è del periodico specializzato "Cafè Chantant" del maggio 1915 e riferisce di Totò come "degno emulo di De Marco", stavolta allo Statuto di Roma.


«Cafè Chantant», 26 ottobre 1915


Totò è presente anche all'Orfeo, al Trianon e altri teatri napoletani. Partecipa agli spettacoli organizzati da Mimì Maggio, padre di Beniamino, Dante, Rosalia e Pupella.


1916

Si esibisce al teatro Statuto di Roma con numeri acrobatici e imitazioni di Gustavo De Marco. Recita a Napoli, al Trianon, Orfeo e altri teatri non meglio precisati, in spettacoli di Domenico Maggio e macchiette dal repertorio di Peppino Villani



«Cafè Chantant», 11 maggio 1916


Diocleziano. Totò è un artista di splendido avvenire e nel suo ruolo di comico-parodista eccelle. A lui si fanno continue feste e meritatissime.

«Cafè Chantant», 11 giugno 1916


1917

Totò si ispira alle macchiette di De Marco ed è presente a staccate al Teatro Diocleziano e al Salone Elena di Roma, per un varietà dell’impresario Eduardo D’Acierno. Recita in Sala Napoli di piazza Carità con la compagnia di Francesco De Marco detto 'Nfru.


«Café Chantant», 5 febbraio 1917


Nel periodo Febbraio-Aprile 1917 Totò è presente nei teatri minori di Roma. In agosto è di scena al teatro Trianon di Bari. A settembre è nuovamente a Roma, al Teatro Diocleziano


«Cafè Chantant», 11 settembre 1917


Si riapre il fondale sul tradizionale fondale di giardino. La scena è vuota, l’orchestra continua la sua marcia. Ad un tratto, preceduto da un potente colpo di grancassa, entra in scena [...] il comico Totò. Egli si esibisce in una danza meccanica: i suoi arti si snodano come quelli di un burattino in movimenti precisi, ritmati dai colpi della grancassa. Mano mano questi movimenti si accelerano, ogni parte del suo corpo è in convulsione, sembra una girandola vivente che attraversa il palcoscenico come una meteora. Ad un colpo più forte della grancassa il corpo dell’attore si arresta di botto appiattendosi contro un pilastro della scena. Da tutta la sala prorompe un urlo di gioia e lo scroscio di un lungo e nutritissimo applauso.

"Primo incontro con Totò", Umberto Onorato, La fiera letteraria, 1 settembre 1966


Avevo diciassette anni e guadagnavo tre lire per sera. Più che dare vita a un personaggio dovevo fare il contorsionista. Ebbi l’idea di far sottolineare ogni mossetta dal crepitare della batteria: il mio fantoccio dinoccolato, con le braccia, le gambe e la testa che si muovevano con scatti isterici, ebbe un successo incredibile. Tutti i ragazzini delle borgate accorrevano ad applaudirmi, e a sentire quegli applausi e quelle risate orgogliosamente pensavo: questo è il successo, più di così non si può ottenere.

Antonio de Curtis, Vorrei sposare Franca in chiesa, Maurizio Cherici, "Oggi", 17 settembre 1964


1918

Risalirebbe al 1918 il suo primo ingaggio alla Sala Napoli, sita in piazza Carità e appartenente al ragionier Occhiuti, in una compagnia della commedia dell’arte il cui capocomico era Francesco De Marco (non parente di Gustavo), soprannominato ’Nfru a causa del suono emesso dalla sua caccavella, uno strumento a bocca in genere usato per la festa di Piedigrotta.

Succedeva ogni sera che il pubblico ridesse spontaneamente quando Totò, per qualche motivo, si muoveva, finendo per far passare in secondo piano la recitazione di ’Nfru. Alla fine questi una sera si rivolse al pubblico in sala e, in un tono tra lo scherzoso e il serio, minacciò: «O esce chisto o me ne vagh’io». Naturalmente il pubblico esplose in una risata ancora più incontenibile, ma qualcuno, per assecondare il capocomico, da dietro le quinte afferrò Totò per la giacca e lo trascinò fuori del palcoscenico, venne scacciato il giorno dopo. Più o meno nello stesso periodo, fu assunto senza contratto ancora una volta all'Orfeo di Napoli dalla modestissima compagnia di Mimi Maggio, in una sceneggiata ideata dallo stesso capocomico, che, secondo la moda del vaudeville francese, drammatizzava sulla scena la canzone Pupatella, di Bovio e Buongiovanni.

Sappiamo che i ruoli per i quali veniva scritturato Totò in questo periodo, come dimostra l’episodio di ’Nfru, erano sostanzialmente riconducibili a quelli del mamo (a Napoli chiamato ’o mametto)


1919

Dicembre 1919, Roma, Teatro Jovinelli. Totò è in scena per la prima volta con il pugile Oddo Ferretti, boxeur peso medio: ne uscirà fuori un comicissimo sketch che entusiasmerà il pubblico. E' il 1919 quando alla Sala Napoli presenta la sua versione della parodia Vipera, celebre brano di E. A. Mario (1917-1919)


«Il Messaggero», 10 dicembre 1919


Sul palcoscenico dell’Orfeo di Roma, si presentò per la prima volta al pubblico del varietà, nel 1918, aveva 17 anni e un repertorio limitatissimo che culminava con "Fifirino”, una macchietta insegnatagli da Gigi Pisano. Pisano, che è uno dei più noti autori di canzoni comiche napoletane, aveva preso a cuore quel ragazzetto magro, dalle articolazioni snodate, il quale trascorreva tutte le sue serate in una sedia di platea al Diocleziano, un teatrino che il piccone ha cancellato da tempo dalla pianta di Roma. Pisano intuì che Totò avrebbe potuto imitare con successo uno dei maggiori comici dell’epoca, Gustavo De Marco, un uomo di caucciù, il quale, su musiche galoppanti come cavalli, cantava lunghe tiritere da mozzare il fiato : era un bene che le parole” delle sue macchiette, sommerse da ondate di note fragorose, non giungessero tutte al pubblico: anche gli spettatori più smaliziati avrebbero avuto di che arrossire, tanto erano piene di doppi sensi forti come un bicchiere d’acquavite.

Ma il successo di De Marco era affidato più che alle parole alla mimica da contorsionista : e i bis si succedevano ai bis nei teatri popolari. Totò incominciò la sua camera imitando De Marco per tre lire serali : e dopo qualche mese il suo successo era già superiore a quello del suo ispiratore. Gigi Pisano aveva visto giusto : dotato di un non comune senso della comicità, fornito di un finissimo intuito, Totò sentiva ogni sera ciò che il pubblico voleva da lui. E pian piano incominciò ad allontanarsi dalla falsariga tracciata da De Marco e a portare alle sue macchietta varie innovazioni.

La prima di queste innovazioni fu l'accompagnamento orchestrale : prevenendo la musica jazz, Totò diede enorme importanza alla batteria. Era il batterista il suo migliore «compaire»: e accompagnava o preveniva, con assordanti colpi di cassa e di piatti, i suoi buffi contorcimenti, le sue danze fatte di scatti e di saltelli.

Dall’Orfeo il nuovo comico passò al Diocleziano, in Via Nazionale, con una paga di poco superiore a quella che percepiva nel teatrino di Piazza Vittorio: quante volte, seduto nelle ultime file di sedie, non aveva sognato di prodursi su quel palcoscenico? Il sogno, ora, s’era trasformato in realtà; e il suo nome, "Totò”, figurava a lettere di scatola sul manifesto affisso alla porta del locale.

Ma era pur sempre un localetto di quart’ordine, il Diocleziano: non era la Sala Umberto nè il Salone Margherita dove le «vedettes», le stelle italo-napoletane, i «fini dicitori» mietevano successi di cassetta e successi mondani. Né poteva aspirare ad imo di questi locali di lusso il comicuccio che dal Diocleziano passò, qualche mese dopo, alla Sala Elena, un altro teatro popolare che sorgeva in Prati. Alla Sala Elena si produceva in quell’epoca una compagnia drammatica, la Compagnia Capece-Pensa-Ricciardelli, che ad un pubblico alla buona spremeva lacrime grosse come chicchi di grandine con drammoni in costume e tragedie ad episodi. A sipario abbassato, tra un atto e l’altro, fra un duello e un omicidio, si produceva Totò, a cui l’impresa aveva affidato il compito di sollevare un po’ il morale degli spetta [...]

Gaetano Curatola, «Settimo Giorno», anno V, n. 3, 17 gennaio 1952


1920

Alcune foto pubblicitarie lo segnalano ancora a Napoli (Sala Napoli e Trianon) con un repertorio di macchiette. Il periodico «il Café Chantant» ne segnala inoltre la presenza al Teatro Ambra Jovinelli di Roma.


«Café Chantant», 12 gennaio 1920


Una foto pubblicitaria (probabilmente la prima in assoluto) di Totò ventiduenne impegnato a Napoli con il proprio repertorio di macchiette annuncia che ripropone «meglio dell’originale» i balletti allucinanti di Gustavo De Marco, viene pubblicata sul periodico «il Cafè Chantant, a. XXIV, n.1 e 2, 12 gennaio 1920


Totò sta attraversando il suo quarto d’ ora di celebrità nei teatri romani e, dopo lo Iovinelli, è passato in crescente successo al XX Settembre e poi all’Odeon. Di qua andrà al Teatro Aurora e quindi in rentrèe negli stabilimenti già fatti. Libero per dicembre.

«Cafè Chantant», 27 ottobre 1920


Da luglio a ottobre del 1920 Totò è di scena a Roma al Teatro Jovinelli, al Teatro XX Settembre, al Teatro Odeon ed al Teatro Aurora.


«Il Messaggero», 30 luglio 1920


All’Aurora c’è Totò, e tanto basta perché gli incassi siano triplicati

«Cafè Chantant», 9 novembre 1920 


A dicembre Totò è ancora in scena a Roma al Teatro Diocleziano


1921

Totò è presente a Roma, in Aprile al Teatro Jovinelli e nel mese di maggio al Teatro Metastasio.

Tetaro Metastasio - Reso quasi irriconoscibile per gli abbellimenti e la profusione di luce con la quale è stato arricchito. Luce che lotta con quella emanata dal palcoscenico da Totò, il più bello fra i comici italo-romani.napoletani.

«Cafè Chantant», 15 maggio 1921


Nel mese di luglio Totò è di scena al Salone Elena di Roma. Nell'agosto del 1921 Totò, con i continui successi alla Sala Umberto I di Roma, sale alla ribalta come "vedette" del genere varietà, concludendo sempre gli spettacoli con i suoi numeri.


Risale al 1921 anche un’altra macchietta, intitolata Cristoforo Colombo, contenente una forte espressione volgare, che prendeva in giro il grande navigatore genovese. Totò - vestito con un paio di pantaloni verdi, una giacca blu con collo bianco e un cappello con le piume - attraversava la scena trascinandosi dietro con una cordicella una barchetta di cartone, poi ancora una volta si accostava al proscenio, fissava il pubblico e infine diceva con calma: «Quel Cristoforo Colombo mi è proprio simpatico. Era un grand’uomo, eppure non fu capito. Per procurarsi tre caravelle fetenti faticò come un mulo e nessuno mi toglie dalla testa che per ottenerle sia stato costretto pure a scoparsi la regina di Spagna. Che s’ha da fa’ pe’ scopri’ l’America».

C'è traccia di un’altra macchietta, di cui però ignoriamo il titolo, tutta centrata sulla caricatura di quelle persone che hanno la mania dell’eleganza: l’attore entrava in scena vestito in modo molto raffinato, in smoking e cilindro, con i capelli imbrillantinati e la camicia inamidata, portando con sé un attaccapanni e una cappelliera dalla quale, serissimo e con fare misterioso, tirava fuori dei veri e propri stracci, che mostrava al pubblico come se si fosse trattato di stoffe preziose, determinando, a causa del contrasto, un’esplosione di risate travolgenti.

Una cosa importante da sottolineare è che in ogni replica Totò non ripeteva mai le stesse battute, ma recitava a soggetto, secondo l’estro del momento, come aveva appreso dalla commedia dell’arte.


Settembre - Ottobre, Totò è presente al Teatro Fenice di Napoli, come segnalato dalla rivista «Cafè Chantant»:

Ancora buoni programmi al Teatro Fenice di Napoli ove la impresa ha certamente fatto quanto di meglio si poteva fare per rispondere alle esigenze del pubblico e dello stabilimento. Attualmente vi trionfa Ester Clary preceduta dal bel comico Totò e dalla bella danzatrice La Zalda e poi : la brava cantante Ada Visconti e dalle divette Verner, Cabiria, Gina la e Mouples. E per oggi... basta: forse quanto prima mi permetterò dare una bella notizia per la quale l'ufficio E. Razzi e C. farà... Ma è proprio una ossessione questa ! stop !

«Cafè Chantant», 27 settembre 1921


1922

Nel mese di febbraio del 1922 Totò è di scena a Roma, alla Sala Umberto.

«[Totò] fu scritturato per la prima volta nel 1922 a Roma nella compagnia dell’impresario Umberto Capece come “straordinario”, e cioè come elemento da usare solo sporadicamente e senza alcun compenso [...] Il capocomico, secondo lo schema della Commedia dell’Arte, prima dello spettacolo radunava gli attori facendo una generica prova che lasciava ampio spazio all’improvvisazione [...]».

Nel frattempo all'Apollo debutta con grande successo Liliana Castagnola (la soubrette che avrà un ruolo fondamentale nella vita di Totò, solo pochi anni dopo) e si esibisce il cabarettista futurista Rodolfo De Angelis, mentre al Valle trionfa Petrolini.


Nel mese di novembre e dicembre Totò è ancora a Roma, al Teatro Salone Elena, viene scritturato come straordinario dall’impresario Umberto Capece per alcune pulcinellate. In seguito, altro breve periodo con la compagnia di Francesco De Marco, teatro Diocleziano. Debutto al teatro Ambra Jovinelli con un repertorio di macchiette tra le quali Il bel Ciccillo, Paraguay, Se fossi ricco, Cane e gatto, Il gagà, Otello, Biondo corsaro.


«Il Messaggero», 10 novembre 1922


1923

Esibizioni di Totò al teatro La Fenice di Roma, al Trianon, al San Martino di Milano, al teatro Maffei di Torino (1923)


Teatro La Fenice, Roma, dicembre: è presente nella serata d’onore del professor Magno Occultis «che ha preparato nuovi numeri di suggestione. Vi sarà l’intervento di vari dottori che controlleranno detti esperimenti. Inoltre debutto della Stella dicitrice Parva Favilla. Continuato successo del comico Totò, dell’eccentrica Cherubini,..»

«Il Messaggero», Roma, 18 dicembre


«[...] Totò debuttò con tre macchiette di Gustavo De Marco, Il bel Ciccillo, Vipera e II Paraguay con grande successo. Il pubblico lo applaudì calorosamente gridando per incoraggiarlo: “Sei meglio di De Marco!”».


1924

Dal 3 all'8 marzo Totò è di scena a Parma al Teatro Centrale. Così la Gazzetta di Parma del 6 marzo 1924



Nel mese di agosto Totò è a Torino al Varietà Maffei.


«La Stampa», 25 agosto 1924


Nel mese di novembre Totò è di scena a Parma ancora al Teatro Centrale


In dicembre Totò rientra a Roma, alla Sala Umberto. La stampa segnala Totò come comico "coutchone". Insieme a lui si esibiscono la Primaria Compagnia Ungherese e Diana Mac Gill, «artista d’eccezione». Diana Mar Gill in quegli anni recitava spesso in un programma di liriche futuriste testi di Marinetti e Palazzeschi.


«Il Messaggero», 12 dicembre 1924


«[... ] E a quel punto Totò capì di non avere scelta: strinse la mano a Pasqualino per farsi coraggio e si consegnò al pubblico della Sala Umberto. Era molto diverso da quello chiassoso e maleducato del Teatro Iovinelli, ma alle macchiette del debuttante reagì alla stessa maniera; applausi e richieste di bis seguirono le sue esibizioni ne II bel Ciccillo, in Vicolo, parodia della famosa canzonetta Vipera, ne II Paraguay».


Le esibizioni di Totò chiusero il 1924 a Roma, presso il Teatro La Fenice


1925

Totò si esibisce nei più importanti varietà italiani. Viene scritturato dall'impresario Achille Maresca (1924-1927). Al Verietà Maffei di Torino, in settembre, debutta con enorme successo Totò, comico esilarantissimo.


«La Stampa», 28 settembre 1927


1926

Agli inizi di gennaio Totò è presente alla Sala Umberto di Roma per un breve ciclo di spettacoli, poi è a Napoli all'Eden:

Serate napoletane. - [...] Rientrando all'Eden che consacrò i più grandi successi del meraviglioso artista scomparso, ritroviamo in grande vedetta l’agilissimo Totò sempre in vena gioconda, i cui effetti irrefrenabili tutto il publico non sa contenere. [...]

«Cafè Chantant», 10 gennaio 1926


E' presente a Trieste dal 7 al 12 maggio in avanspettacolo al Teatro Fenice.

[...] Chi è stato questi giorni alla Fenice, non ha bisogno di sentirsi ripetere quale successone d’ilarità e di applausi arrida seralmente al comico «Totò», il brillante artista, che ha conquistato immediatamente le più vive, generali simpatie, passa da un trionfo all’altro, fra risate clamorose, applausi entusiastici ed incessanti richieste. di bis. Successo meritato perchè tra i comici egli è indubbiamente uno dei più gustosi e più originali. Oggi replica dell’attraente spettacolo.

«Il Piccolo di Trieste», 10 maggio 1926


Nel mese di luglio Totò è di scena a Torino, al Maffei.

Varietà Maffei - [...] ed infine Totò nel suo originale repertorio comico, festeggiato con inusitate e vibranti manifestazioni d'entusiasmo.

«Cafè Chantant», 25 luglio 1926


Sala Umberto, Roma, novembre-dicembre: gli ultimi giorni di novembre, alla Sala Umberto, Totò è annunciato all’interno di un programma mondiale, che comprende fra l'altro una jazz band:

Il nuovo programma è giudicato dal pubblico che affolla seralmente la Sala Umberto I il più vario e divertente con Totò che fa far buon sangue con la sua irresistibile comicità [...]

«Il Messaggero», Roma, 28 novembre 1926


Man mano che le serate si susseguono gli aggettivi incalzano fino a qualificare Totò come «il comicissimo dei comici grotteschi».


1927

 La prima metà di gennaio Totò è di scena al Politeama Alessandrino:

Politeama Alessandrino. Meravigliosi films appaiono di continuo allo schermo, capolavori d'arte che soggiogano il pubblico. Il varietà poi trionfa in modo eccezionale grazie agli spettacoli di primissimo ordine che la Soc. An. Stefano Pittaluga cura in modo precipuo. Sfilarono Duo Lilly, ciclisti comici di valore ; The Osaka, manipolatori giapponesi assai abili; Leonella Sandri elegante cantante; Duo Marius, barristi; Edith and Gibert, danze originali; Totò, comico parodista. Si attendono nuovi grandiosi debutti, quali: Enzo Fusco, cantante dicitore; Milly Bringman; and Partner, eccentrici acrobati ed altri in pectore del Divo Florè.

«Cafè Chantant» del 10 gennaio 1927


Fino alla fine di gennaio è di scena a Genova, al Politeama Genovese di Genova:

Politeama Genovese. Continua la grande affluenza di pubblico. Troupe Bernaschi 6 persone hanno fanatizzato nei giuochi icariani; Totò comico elastico sempre all’altezza della sua arte; successo di Lazzaroni e Caorsi ballerini classici: Lina Frank eccentrica senza precedenti ha rivoluzionato. Bianca Star bravissima che ha ottenuto un grande successo, e il circo in miniatura dei cavalli e cani presentato da Monti ottiene uno strepitoso successo. Gran successo ha pure ottenuto la brava Luisa Meunnier. Sempre buone film.

«Cafè Chantant» del 25 gennaio 1927


Nel mese di febbraio la Compagnia di riviste Maresca, che pochi mesi dopo lancerà definitivamente Totò verso il successo, forma altre due compagnie con opere a firma del prolifico duo di autori Ripp e Bel Ami

[...] Si annuncia poi che il capocomico Achille Maresca ha formato altre due Compagnie e cioè la Maresca n. 2 e la Maresca n. 3 alle quali farà rappresentare soltanto riviste, avendo egli acquistato per due anni l'esclusività delle riviste di Ripp e Bei-Ami.

«Corriere della Sera», 19 febbraio 1927


Nel mese di maggio Totò è di scena al Trianon di Milano:

Trianon. Totò e Balletto Vermel. E' bastato questo annunzio perchè l'elegante ritrovo del Corso si popolasse seralmente del pubblico più fine e distinto. Tòtò, che va considerato ormai il beniamino dei milanesi, ha riscosso gli unanimi consensi sotto forma di vere acclamazioni per le belle, spontanee e personali interpretazioni. Il pubblico, dimostrandogli la sua simpatia, ha voluto premiare oltre che il comico, l’artista eclettico che sa creare con una finezza veramente eccezionale un carattere particolare a ciascuna delle sue insuperabili esecuzioni. Con Totò è stato pure molto festeggiato il balletto Vermel che ha per ballerino l'insuperabile Harry Feist.[...]

«Cafè Chantant» del 10 maggio 1927


In agosto Totò opera a Genova:

Questa sera alle 21 attraente spettacolo di varietà, di cui fa parte il comico parodista Totò nel suo interessante repertorio. Al Cinema «Palace», protagonista Huguette Duflos.

«Il Lavoro», 24 agosto 1927


Circolano le prime voci del passaggio di Totò alla famosa compagnia Maresca.

A QUEL PAESE — Da due sere Palace richiama nel teatro all’aperto di... «A quel Paese» un pubblico numerosissimo ed eletto tanto che si sono avuti due «esauriti». [...] Nel Varietà, il brillante comico parodista «Totò», il re della risata, che è ritornato al nostro pubblico dopo una breve assenza di un mese per dare il suo addio al Varietà passando con il 1 settembre quale comico nella Compagnia Manesca N. 2, continua a riscuotere infiniti applausi; pure acclamati sono i The Orlow, ottimi danzatori russi, e le Sisters Donati abilissime giocoliere. E' imminente nel Varietà, Il debutto dei comicissimo Peppino Villani.

«Il Lavoro», 24 agosto 1927


E' Macario che segnala all'impresario Maresca il nuovo comico, che ormai da tempo riscuote buoni successi in tutta Italia. Totò ottiene quindi una scrittura con una delle compagnie teatrali più famose d'Italia. Da settembre fino a tutto ottobre Totò recita al Teatro Lirico di Milano con la Compagnia di Riviste Maresca. In questa occasione avverrà anche l'importante incontro con l'amico Mario Castellani.

[...] Frattanto Isa Bluette e Totò, i nuovi acquisti che Maresca ha fatto debuttare nella sua compagnia numero uno, trionfano al Lirico, sempre a Milano [...]

«Cafè Chantant», 10 settembre 1927


Lirico. La compagnia Achille Maresca n.1 nella quale a giorni debutteranno Isa Bluette ed il comico Totò, ha messo in scena, con grande successo, Madama Follia una vivace e chiassosa rivista dei collega Ripp e Bel Ami. Malgrado che i ventun quadri non offrano particolari novità di trovate, tuttavia il tutto è combinato con grande abilità e legato da un tenue filo conduttore. Molto bene l'Ippaviz, la Corsini, l'Orsini, il Macario, nonché tutti gli altri attori e cantanti che non risparmiano ardore e diavolerie per dare giocondo sapore alle strofette, ai dialoghi e ai balletti. Sfarzosa e di buon gusto la messa in scena, nonché ottime rorchestrazione e l’organizzazione.

«Cafè Chantant», 15 settembre 1927


Lirico. Baraonda rivista delle riviste dei noti Ripp e Bel Ami, seralmente esilara il numeroso pubblico, che si diverte assai ed applaude con calore gli interpreti tutti, fra i quali emergono la scintillante soubrette Isa Bluette ed il comicissimo e dinamico Totò. Questi poi sono alle loro ultime recite passando nella "Maresca n. 2" e venendo sostituiti dal Riento e dalla leggiadra Ippaviz. [...] Isa Bluette continua a far parlare di sè. E' passata dalla N. 1 Mareschiana alla compagnia N. 2 ch’è attualmente a Padova assieme con Totò. Ne è uscito Eugenio Testa il quale, pare, ha intenzione di ritornare per l'ennesima volta al capocomicato... Maresca ha supplito il posto di Totò con Riento.

«Cafè Chantant», 15 ottobre 1927


Nel mese di novembre Totò recita a Genova 

GENOVESE — Le repliche di Madama Follia si susseguono al «Genovese» con crescerne fortuna. Al comico Riento, che ha raggiunto a Firenze la Compagnia Maresca N. 2, è succeduto il comico grottesco Totò, il cui debutto è stato accolto dalle festose manifestazioni del pubblico, che ha riso, sino «convulsionarsi» alle numerose riuscitissime macchiette dello spassoso artista. La Ippaviz, l'Orsini, la Ferri, la Corsini, il Marchetti, la coppia danzante Sabbatini-Barti, e l'affiatato corpo di ballo sono stati calorosamente festeggiati a ogni atto, insieme al bravo maestro Fragna. Questa sera la rivista si ripete.

«Il Lavoro», 22 novembre 1927


Nel mese di dicembre Totò è a Torino al Teatro Balbo in occasione di uno spettacolo benefico per i mutilati e gli orfani di guerra


Sono anni in cui la guerra, il dopoguerra, l’avvento del fascismo segnano anche importanti trasformazioni di gusti e culture. Tramonta il cafè chantant, mentre sulla scena italiana continua la temperie futurista che coinvolge anche Petrolini e si afferma la rivoluzione drammaturgica di Pirandello. Sulla scena napoletana è ben viva ancora la drammaturgia di Eduardo Scarpetta, mentre è più problematica la vita del teatro d’arte e sta esplodendo il fenomeno Viviani. Gli esordi di Totò (nel primo periodo con lo pseudonimo Antonio Clerment, dal cognome della madre, Clemente) vissuti fra Napoli e Roma e poi nei varietà del centro nord, per un verso contano sui racconti dello stesso attore e su testimonianze affascinanti di spettatori straordinari che, a distanza di anni, ne rievocano il ricordo senza precisi riferimenti di tempo e di luogo, e per l’altro su sparse notizie di cronaca e rare locandine, che viceversa, quando danno indicazioni logistiche, non offrono che poche e scarne informazioni sullo spettacolo che annunciano. La selezione di notizie che segue parte dal 1916, quando Totò aveva diciotto anni - ma sicuramente si esibiva già da alcuni anni - e si ferma al momento in cui l’attore viene ingaggiato da Achille Maresca nelle sue formazioni.

Antonella Ottai

Antonio Clerment e le capriole a pagamento

Napoli, la città delle mille contraddizioni, dei vicoli, del mare e delle baracche teatrali dove un giovane Antonio Clerment – sì, il nostro futuro comicissimo Totò – faceva i primi passi nel mondo del palcoscenico. Il periodo che va dal 1913 al 1915 potrebbe sembrare un periodo di sofferenza e di miseria, e, in effetti, lo era. Ma non dobbiamo dimenticare che, dietro la sua facciata di miseria, Napoli era il cuore pulsante della comicità e del teatro, e Totò, pur essendo ancora lontano dall’essere il mito che tutti conosciamo, cominciava a intravvedere la strada che avrebbe segnato la sua immortalità.

Immaginatevi questo scenario: siamo al Teatro Orfeo, o meglio, ciò che rimane di esso. Piuttosto che un teatro, chiamarlo "baracca" sarebbe stato forse più accurato. Questi erano i luoghi in cui il nostro giovane Antonio, ancora timido e incapace di far uscire il suo vero potenziale comico, si esibiva. Le sale, malandate, erano il perfetto scenario per una serie di spettacoli "staccati", il cui programma poteva sembrare il copione di un film horror d'annata, ma in realtà era solo un variopinto miscuglio di numeri di varietà, acrobazie e farsa. C'era un tempo per il dramma, un tempo per la farsa e, infine, il momento cruciale per Totò, il suo spazio personale: l’arte varia. Partecipa agli spettacoli organizzati da Mimì Maggio, padre di Beniamino, Dante, Rosalia e Pupella, eseguendo numeri staccati di varietà che venivano dati nella terza e ultima parte dei programmi del Teatro Orfeo per almeno sette mesi, da ottobre a tutto aprile 1915.

Ecco il "coup de théâtre", la terza parte del programma, dove il giovane Antonio si lanciava nelle sue macchiette, prendendo in prestito dal repertorio di Villani e da quella tradizione teatrale che sarebbe diventata la sua firma. Ma non era solo questo. No, Totò non era uno di quei comici che si limitano a stare fermi a fare battute facili. Oh no, lui amava farsi notare, e come! Il giovane Clerment eseguiva numeri "acrobatici" che erano il culmine dello spettacolo: il famoso "morto vivo" (un numero di grande impatto, chiaramente), e le "capriole a pagamento". Ah, le capriole! Questo fu il suo primo, vero assaggio di ciò che sarebbe diventato: un'arte performativa fatta di sudore, fatica e, ovviamente, moneta sonante. Lo spettatore poteva lanciare una moneta sul palco, che variava a seconda di quanto "complicato" fosse il salto acrobatico. Magari non c'era un grande spettacolo di luci, ma c'era un pubblico che si divertiva un mondo.

In effetti, il "prezzo" delle capriole non era fisso, ma dipendeva dalla difficoltà dell’esecuzione. E in un mondo come quello teatrale di Napoli, in cui ogni spicciolo era sacro, l’incasso finiva nelle mani del protagonista, proprio come un piccolo Viviani anni prima con il suo ruolo da “scugnizzo”. Questi guadagni, per Totò, rappresentavano non solo un ritorno economico, ma un segno di riconoscimento da parte del pubblico, che lo vedeva "giocare" con il suo corpo e con il linguaggio, uno scivolamento tra il comico e il drammatico che lo avrebbe poi consacrato.


🌟 La Nascita di Totò: da “Clerment” a “Comicissimo” (1920)

Eppure, la strada per diventare Totò – quel gigante della comicità che ha segnato un’intera generazione – era ancora lunga. Il passaggio dal nome "Clerment" a "Totò" non fu un atto casuale, né un semplice cambiamento estetico. No, Totò si stava avvicinando sempre di più alla sua essenza. Il giovane Antonio, infatti, stava abbandonando il cognome materno, ma anche quella timidezza che aveva segnato i suoi primi passi nei miseri teatri napoletani. Non era più il ragazzo che improvvisava numeri acrobatici dietro una tenda malmessa. Stava diventando un'icona.

Nel gennaio del 1920, la rivista napoletana Cafè Chantant non solo gli dedicò una fotografia con un sorriso che non aveva nulla di timido, ma lo etichettò come “TOTO’ IL COMICISSIMO”. Questo non era solo un nome d'arte, ma un marchio che si sarebbe legato indissolubilmente alla figura del principe della risata. Totò non stava solo cambiando il suo nome: stava cominciando la sua grande avventura. Le capriole a pagamento, le macchiette, il morto vivo erano solo il preludio a ciò che sarebbe diventato un monumento vivente del teatro italiano.

🌟 Un Comico Dallo Scetticismo al Trionfo

In quei giorni, non si parlava ancora di “Totò” con la reverenza che avrebbe conquistato negli anni a venire. Non c’era ancora una folla adorante a ogni sua risata, né un pubblico pronto a rimanere in piedi per applaudirlo. Ma in qualche angolo dimenticato dei teatri di Napoli, c’era una sensazione nell’aria: quella di un talento che stava facendo breccia nel cuore della gente, quella di un uomo che non aveva paura di reinventarsi, di sfidare ogni aspettativa, di rimanere sempre in bilico tra la miseria e la gloria, ma con la grazia di un acrobata e l'ironia di un poeta.

I numeri di varietà, i travestimenti, e quella leggera aria di "improvvisazione" che portava sul palco erano solo il terreno fertile per il Totò che avremmo imparato ad amare. E come ogni grande leggenda che nasce dal nulla, Totò iniziò la sua scalata verso il successo con il tipico spirito napoletano, mai troppo serio ma sempre con un'energia inarrestabile.

Se c’è una lezione in tutto questo, è che il talento non si ferma mai, nemmeno di fronte a teatri fatiscenti o a baracche improvvisate. Se Totò fosse nato nel 1913 in qualsiasi altro posto, magari avrebbe impiegato anni in più a diventare quello che è, ma la Napoli che gli stava intorno, con la sua miseria e la sua grandeur, era il perfetto humus per un talento che non smette mai di stupire.

E così, con una moneta lanciata in aria e un salto acrobatico, Antonio Clerment cominciò il suo viaggio verso l’immortalità. Se la sua carriera avesse avuto bisogno di una spinta, questa venne proprio da quelle capriole "a pagamento", dove ogni singola moneta rappresentava una piccola vittoria sul futuro che lo attendeva. E proprio a quel futuro, da qualche parte tra la miseria e la grandezza, Totò si stava ormai avvicinando.


[...] bisognava vederlo portare le braccia in su, piegando le mani verso gli omeri come una danzatrice sacra indiana, e poi cominciare a buttare il dorso nella direzione opposta all’addome e la testa in tutt’altra direzione rispetto al torso, e gli occhi storcersi nella direzione contraria a quella del capo, e la bazza per conto suo rispetto alla bocca, e il pomo d'Adamo correre in giro vorticosamente facendo correre la farfallina nera della cravatta. Era proprio allucinante Totò, a ventisei, ventisette anni in quell’esercizio [...]

Sandro De Feo, 1967

Riferimenti, note e bibliografie:

  • "Totò attore" (Ennio Bispuri) - Gremese, 2010

(*) dati da sottoporre ad ulteriore verifica

  • Quotidiano «Il Messaggero», Roma, 1915-1927
  • "Siamo uomini o caporali?" (Alessandro Ferraù e Eduardo Passarelli) - Ed. Capriotti, 1952
  • "Totò attore" (Ennio Bispuri) - Gremese, 2010
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • "Quisquiglie e Pinzellacchere" (Goffredo Fofi) - Savelli Editori, 1976
  • Antonella Ottai in "Totò partenopeo e parte napoletano" - Ed. Marsili
  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "Tempo di Maggio: Teatro popolare del '900 a Napoli" (Nino Masiello), Tullio Pironti Editore, Napoli, 1994
  • Collaborazione biografica all'articolo di Simone Riberto, alias Tenente Colombo.
  • Gaetano Curatola, «Settimo Giorno», anno V, n. 3, 17 gennaio 1952