Un visone per Giovanna Ralli
L'attrice romana tanto vivace sullo schermo tanto tranquilla e semplice nella realtà da piangere alla vista dei propri film, vive nel suo ultimo lavoro le disavventure che una pelliccia costosa può procurare a una ragazza d'oggi
Quando il regista Gianni Franciolini girava il film ”Villa Borghese”, venne il momento in cui dopo aver realizzato tre episodi, si trattò di iniziare il quarto. Mancava però ancora l'attrice da mettera accanto a De Sica; o meglio, nessuna scelta era stata fatta tra le numerose candidate a quella parte. Finalmente, una sera fu necessario prendere una decisione e per la mattina dopo fu convocata una ragazzina di sedici anni alla quale Franciolini aveva fatto un provino un mese prima. Fu così che Giovanna Ralli fece il suo primo importante debutto nel cinema e incontrò nuovamente, dopo un intervallo di dieci anni, Vittorio De Sica. Il primo era stato un incontro "sui generis", Giovanna aveva sei anni e frequentava la scuola all’aperto di Sant’Alessio. Un giorno, con uno strano corteo di lampade e di macchinari, arrivò nella scuola De Sica, che stava girando ”I bambini ci guardano”; scelse alcuni bambini e fra questi anche Giovanna. Poi venne la guerra e Giovanna cominciò a crescere.
Nel 1949 il caso, o la fortuna, le apri un piccolo spiraglio. Si trovava nella "hall” di un albergo assieme alla madre e alla sorella. C’era anche Peppino De Filippo, che la vide e le offrì, lì per lì, una particina in una sua commedia: doveva fare la fioraia. Giovanna naturalmente accettò. Poi, per mezzo di De Filippo che doveva partecipare al film "Luci del varietà”, conobbe Lattuada ed ottenne un’altra particina. Ormai Giovanna si era avviata per la sua strada. Oggi, sebbene "arrivata”, la Ralli si differisce da molte dive per la semplicità del carattere. Non ha nessun ritegno a confessare le origini piccolo borghesi della propria famiglia, i disagi del passato e le piccole disavventure del presente.
Può darsi infatti che non sia snob praticare un solo sport, non coltivare nessun hobby, non desiderare pellicce di visone, avere un padre impiegato, non brillare per qualche eccentricità; ebbene — Giovanna Ralli lo confessa — essa sa nuotare soltanto e non va a cavallo, non fa collezione di statuette cinesi, non ama i visoni e i ricevimenti, ha un padre impiegato all’ Istituto "Luce” che esce di casa tutte le mattine alle 7, e la sola eccentricità che si è permessa è l’acquisto di una casa di lusso, che paga a rate e nella quale, eccetto un mobile olandese, quasi tutto l'arredamento è da rifare perchè quello attuale, di un gusto sorpassato, è frutto di uno sbaglio commesso in perfetta buona fede.
Questo appartamento è il primo punto fermo che l’attrice è riuscita a mettere per quanto riguarda l’organizzazione della propria vita privata, dopo più di cinque anni di lavoro. Anche dò è perfettamente tradizionale e può sembrare perfino poco per un’attrice del cinema. Ma di questi anni, Giovanna Ralli ne perdette uno quando si innamorò perdutamente di un uomo e per lui si chiuse in casa e si isolò dal mondo; un altro quando si legò contrattualmente con un produttore, il quale non la fece lavorare in nessun film; gli altri sono stati anni di paziente tirocinio in parti laterali gradualmente più importanti.
Dopo lo scketch di Villa Borghese, che fu il suo primo successo, l’attrice ha preso parte a diversi film, fra cui Le ragazze di San Frediano, Le signorine dello 0,4, Gli ussari, Il bigamo, Racconti romani. Il suo ultimo lavoro è un film nel quale per la prima volta ha avuto la parte di protagonista accanto a Roberto Risso. Si tratta di una storia in cui il meccanismo della brava ragazza tentata dal lusso, ma che alla fine vi rinuncia spontaneamente perchè dà maggiore importanza ai sentimenti, è messo in moto da un fatto occasionale: la vincita di una pelliccia di visone. A Giovanna, che non ama i visoni, la storia è piaciuta molto e ha cercato di interpretarla con grande impegno e senza risparmiarsi. Un paio di volte, nel corso del film, ha lavorato 24 ore di seguito, dalle 6 di mattina della domenica alle 6 del lunedi, ora in cui la troupe doveva lasciare liberi i locali della Rinascente; senza un momento di sonno, e tenendosi su a forza di caffè. Ma questo è il cinema e Giovanna, che ha compiuto finalmente un passo decisivo nella sua carriera, se fosse stato necessario avrebbe continuato a lavorare altre 12 ore oltre le 24. Ora la via è più facile e fra le numerose proposte che le sono giunte essa può riservarsi il diritto di scegliere quella che giudicherà più adatta.
Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.12, 22 marzo 1956
Stelio Martini, «Tempo», anno XVIII, n.12, 22 marzo 1956 |