Gli uomini e i caporali della pubblicità

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1953 04 04 Epoca Silvana Pampanini intro

Quando le brochures arrivano in redazione. L'abilità di un capo di ufficio stampa consiste proprio nell'interessare garbatamente il giornalista nella speranza che l'interesse, moltiplicato per il numero dei lettori del giornale, prepari un'opinione favorevole. E' sufficiente un Paolo Stoppa «nazista» e un Totò «prigioniero nel lager» per creare una attenzione insolita.

Sul tavolo della redazione «piovono» ogni giorno tre o quattro «brochures» con allegate fotografie di film appena terminati. E’ il «materiale» che i capi degli uffici stampa distribuiscono con maggiore o minore tempestività ai giornali. L'operazione di lancio «interno» di un film avviene di solito in due fasi: all'inizio della lavorazione, quando ancora le notizie sono imprecise e il soggetto suscettibile di modifiche; molto prima dell’uscita, a film finito. Il materiale fotografico della seconda fase di lancio è ovviamente più nutrito e i dati tecnici definitivi.

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Attrae la nostra attenzione una foto di Paolo Stoppa nei panni di un ufficiale nazista... e cerchiamo di capire quale relazione posta correre fra il nazista e Totò in uniforme di soldato napoleonico... ci troviamo subito in pieno mondo del cinema con un capocomparse dispotico: la comparsa è Totò, l'uomo; il capo è Stoppa il caporale...

Chi orientasse il proprio giudizio su queste fonti di informazione rischierebbe di prendere solenni cantonate; l'abilità del capo ufficio stampa consiste proprio nell’accalappiare garbatamente il giornalista con la speranza che l’interesse, moltiplicato per il numero dei lettori del giornale, prepari un’opinione favorevole. Naturalmente questa i una regola che ha molte eccezioni; può capitare infatti che l'ottimo film, «lanciato» dal mediocre agente pubblicitario, non riesca a trovare subito la strada del successo; tuttavia non accade mai che il brutto film si regga esclusivamente sul «battage» pubblicitario.

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Ma torniamo alle «brochure» e alle fotografie, loro fedeli accompagnatrici. Scegliamone alcune a caso. Attrae subito la nostra attenzione Paolo Stoppa nei panni di un ufficiale nazista con monocolo e decorazioni, l'inconsueta truccatura dell’attore ci mette voglia di sapere di che si tratti; e se il titolo, «Siamo uomini o caporali» non ci soddisfa, sforziamoci di capire quale relazione possa correre fra il «nazista» e Totò in uniforme di soldato napoleonico. La «brochure» e le relative foto hanno a questo punto raggiunto il loro scopo; istintivamente, a costo di rinviare un lavoro urgente osserviamo gli altri elementi illustrativi. Nel nostro caso apprendiamo subito, perchè messo in dovuto rilievo, che il soggetto di «Siamo uomini o caporali» è di Antonio De Curtis, di Totò. Questo fatto ci richiama alla mente le recenti dichiarazioni dell'attore «principe» il quale disse che in futuro si sarebbe impegnato in opere di alto livello. «Anche chi non ha fatto il militare è alle prese ogni giorno con i caporali della sua vita. E' ora di finirla con i caporali!». Questa battuta di sapore anarchico, seppure ben chiusa nello spazio riservato agli slogans, ci incuriosisce sempre più. Ormai siamo costretti a leggere il soggetto.

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Sempre Paolo Stoppa che, dal giaccone di pelle del capocomparsa, passa, nella serie di fotografie allegate alla brochure, alle divisa da milite e da ufficiale americano. Infine lo troviamo giornalista...l segreto della compilazione di una «brochure» è tutto nel saper presentare la trama. In poche parole, più che dire tutto, deve lasciar intendere molto.

Nel caso in esame, partiti da uno slogan, diciamo così «antimilitaresco» ci troviamo subito in pieno mondo del cinema, mentre «si gira» in clima di antica Roma con «capocomparse» dispotico, la comparsa è Totò, l'uomo; il capocomparse è Stoppa, il caporale. Un tirannello questo, un oppresso quello.

Ma a noi interessa arrivare al nocciolo, cioè alla spiegazione delle due prime foto allegate alla brochure. Perchè mai Stoppa è in uniforme nazista e Totò in divisa napoleonica? Forse il film ci porterà in un manicomio? Si e no. Al manicomio va Totò dopo i guai combinati a Cinecittà; e non perchè sia matto; perchè ha qualche cosa «dentro» che deve raccontare. Prima di tutto la sua filosofia, poi le peripezie. «Il mondo — egli dice — si divide in due gruppi: gli uomini e i caporali. Gli uomini sono quelli che sopportano in silenzio ogni sorta di angherie; i caporali sono quelli che le fanno soffrire. E i caporali hanno tutti lo stesso modo di agire e la stessa faccia. Caporali si nasce!».

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E Totò? Sembra seguire, ma in posizione di contratto, il trasformismo di Stoppa; è comparsa, è nei panni dimessi di un prigioniero del loger, nel ruolo di un buffo da avanspettacolo, in abito da società e in costume femminile.

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La filosofia, per quanto amara e bizzarra, potrebbe trovare nella realtà qualche esempio. Pensiamo subito a certi individui che conoscono l’arte del trasformismo; la idea ce la suggerisce sempre Paolo Stoppa che da capocomparsa passa, nella serie fotografica che abbiamo sotto gli occhi, alla divisa da milite, poi da nazista, poi da ufficiale americano e infine è giornalista. E Totò? Sembra seguire, ma in posizione di contrasto, il trasformismo di Stoppa: è comparsa, è nei panni dimessi di un prigioniero di un lager, nel ruolo di un buffo avanspettacolo, in abito da società e in costume femminile. La lettura del soggetto chiarisce quasi tutti i pochi dubbi rimasti.

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Ma un capo ufficio stampa che si rispetti non si limiterà alle foto che possono accendere la curiosità; egli metterà sapientemente una o due immagini «sexy» ad uso di quei giornali che hanno per rigore il piccante. In tal modo il corredo è fatto e il film può sposarsi con la stampa per quella unione che metterà al mondo tanti e tanti spettatori.

A noi di tutto il corredo fotografico di «Siamo uomini o caporali», è rimasto oscuro il significato di una fotografia: quella di Totò in divisa da ufficiale nazista che passa in rassegna una folla «rassegnata al peggio». Se Stoppa è il «caporale» cioè «lo oppressore», come mai «l'oppresso» si veste da prepotente? Ma forse questo dubbio è suscitato ad arte per lasciare quel pizzico di curiosità che porterà ciascuno di noi avanti al botteghino.

Di contro al buon lanciamento esistono «i colpi a vuoto». Qui sul tavolo abbiamo un’altra «brochure» che presenta un film di prossima programmazione. Evitiamo i nomi perché non è questa la sede per criticare i sistemi della pubblicità. Ma si può mettere alla prova la pazienza di un giornalista e chiedergli di leggere due pagine di un soggetto che narra una storia complicatissima? Per sapere alla fine che la madre non è la vera madre, ma una donna che allevò Giorgio il quale poi non si chiamava Giorgio, ma Paolo?

1955 08 25 Cinema Siamo uomini o caporali f11Di una fotografia è rimasto oscuro il significato: quella di Totò in divisa da ufficiale nazista che passa in rassegna la folla «rassegnata» al peggio.

Il guaio è che nel campo della pubblicità cinematografica non sono esistite fino ad oggi nè regole nè scuole (ci risulta che nell'anno 1954-55 è stato tenuto presso l’Università Pro Deo in Roma un corso di pubblicità cinematografica diviso in tre sezioni, tecnica dei mezzi pubblicitari, organizzazione e pratica. Di questo parleremo in un prossimo articolo).

Quando i giovani di oggi avranno posti di responsabilità, noi giornalisti dovremo ben difenderci dai loro assalti, sia pure per dirne male, dei loro film. Ma uno degli slogans pubblicitari è proprio questo: «non importa quel che si dice, purchè si dica».

E noi, per dare un esempio del procedimento psicologico studiato dalla pubblicità cinematografica, abbiamo parlato di «Siamo uomini o caporali». Possiamo perciò concludere che, anche nel campo dei capi uffici stampa, esistono gli «uomini» e i «caporali».

E.T., «Cinema», anno VIII, n.149, 25 agosto 1955


In una lettera, «i gradi di caporale», il guardiano di un ospedale è tacciato di rigida osservanza di sapore borbonico perché è stato ligio ai regolamenti. Non ritengo che sia di buon gusto mettere alla ribalta i «gloriosi gradi di caporale».

Troppo spesso, forse per una battuta infelice dei comico Totò, si ridicolizzano le funzioni del caporale, dimenticando che detto grado è la base costruttiva delle forze armate. Io, da parte mia, posso, per diretta conoscenza, senza tema di smentita, dimostrare quanto hanno saputo distinguersi i caporali nei momenti delicati sia in guerra che in pace.

Ten. col. Pietro Ruggia (Milano) - «Corriere della Sera», 6 ottobre 1973


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E.T., «Cinema», anno VIII, n.149, 25 agosto 1955