Mio padre, il grande Totò, soffrì perchè figlio illegittimo

2001-Liliana_de_Curtis

2001-11-19-Corriere-della-Sera-Omaggio-Museo

A febbraio aprirà a Napoli il museo dedicato all’attore, grazie anche a Riccardo Muti e ad Arbore.

Fece il cretino con Silvana Pampanini e mamma non volle perdonarlo. Così rimase solo.

ROMA 

«Sono nata in un albergo di Roma, l'hotel Ginevra di via della Vite, perché papà aveva paura degli ospedali e delle malattie. Mentre venivo alla luce, alle nove di sera, lui era a recitare all’Eliseo. Disse al pubblico: "Scusate, è nata mia figlia. Vado a vederla e torno, aspettatemi". Arrivò e disse a tutti: quanto e brutta! Sembro io specchiato in un cucchiaio... Il ricordo più bello è una notte, alla vigilia di Natale. Come tutti i bambini, mi alzai per andare a curiosare. Vidi papà che preparava l’albero con mamma. Dal buco della serratura, i suoi occhi erano cosi allegri, così felici... E quella volta che mi regalo un bambolotto che camminava, era un marinaio, un giocattolo da fantascienza. Ero andata a trovarlo, lui lo azionò sul palcoscenico, a sorpresa, mi spiava, aveva gli occhi lucidi mentre cercavo di acchiapparlo... Il ricordo più triste è l’inizio della malattia agli occhi, dovevamo leggergli il giornale, cominciò a portare quegli occhiali neri, chiusi al lati, eppure riusciva ancora a scherzare: sono diventato un cavallo, diceva, per non spaventarci». 

Liliana de Curtis è l’unica figlia di Totò. E' una donna energica, simpaticissima, naturalmente spiritosa e positiva. A febbraio aprirà a Napoli, al palazzo dello Spagnolo, in largo delle Vergini, il museo dedicato al grande attore: mille metri quadrati. «Un sogno che ha bisogno dell’aiuto del sindaco Rosa Russo Iervolino e di tutti i "toto-maniaci", un sogno che nasce con la sponsorizzazione affettuosa, fra gli altri, del maestro Riccardo Muti e di Renzo Arbore». Liliana coordina l'attività di un laboratorio per giovanissimi, nato per togliere dalla strada gli adolescenti a rischio, che presto metterà in scena «La Gatta Cenerentola» di De Simone e ha già realizzato diversi spettacoli (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). 

La incontro dopo tanti anni e la ritrovo piena di fogli, di progetti, di energie. La sua storia di famiglia e lunga e serena. Da Nannina, un donnone di 120 chili che non riusciva a far mangiare il figlio magrolino (le sue ricette sono pubblicate ora da Rizzoli nella raccolta curata da Liliana e Matilde Amorosi «Fegato qua, fegato là, le ricette di Totò», accompagnate dalle più belle battute dell’artista) fino all’ultima generazione: Simone, 27 anni, Alexandra, 23, e Giulia, 21, tutti figli di Antonello Buffardi de Curtis, primogenito di Liliana, scorre più di un secolo. Antonio, figlio di N.N., come si scriveva allora dei nati fuori dal matrimonio, nasce nel 1898 in un vicolo del rione Sanità («si chiama così perché un tempo si andava a svernare lì per l’aria buona», spiega Liliana) da Anna Clemente e da Giuseppe de Curtis, nobile squattrinato che aveva messo incinta la ragazzina contro il volere della sua famiglia. 

A vent’anni, Antonio parte volontario per la prima guerra mondiale, «non sparò mai un colpo e da allora detestò sempre le divise e l’autorità militare, che prese in giro praticamente in ogni suo film». Al ritorno, il misterioso padre sposa finalmente Anna, detta Nannina. «Papà aveva tanto sofferto per essere stato illegittimo. Nasce da lì quello spirito di rivalsa che gli fece cercare disperatamente le lontanissime origini della sua famiglia, quella furia che oggi ha allungato il nostro nome all’infinito... Pensa che poteva chiamarsi Altezza Imperiale Focas Flavio, Ducas, Comneno, principe di Bisanzio, principe di Cappadocia, cavaliere del Sacro Romano Impero... e un sacco di altre cose, che mi hanno sempre interessato poco. Vedi? Questo è il suo anello, lo porto io al dito. Sullo stemma c’è l’aquila imperiale, dentro ci sono la mezzaluna araba con le stelle, le colonne, un san Giorgio. Abbiamo trovato tanti libri, andranno nel museo, assieme alle fotografie, ai manifesti, a tutti i documenti e alla sua prima e amatissima stanza: un lettone dorato, quello dove ora dorme mia figlia Diana, un comò Settecento, i quadri dei suoi antenati de Curtis... ». 

Totò incontra la sua prima moglie in teatro, a Firenze. La vede su un palco prima ancora di andare in scena, «aveva l’abitudine di affacciarsi dalla quinta per valutare il pubblico», rimane colpito dalla sua bellezza, le manda un vassoio di dolci e bibite nell’intervallo e alla fine dello spettacolo dice all’amico che li aveva presentati, Raniero De Cenzo: «Io questa me la sposo». Diana Rogliani era giovanissima, aveva sedici anni e dovette scappare di casa per raggiungere il suo amore: «Mamma, che abita a Roma — ride Liliana — ancora racconta di quando papà la andò a prendere alla stazione Termini con un mazzo di fiori nascosto dietro la schiena, elegantissimo. A casa nostra, il vestire era una religione. Nonno Giuseppe, che era magrissimo come papà, diceva: i gentiluomini cambiano abito quando la marina cambia la divisa. Dunque, l’estate era sempre vestito di bianco, scarpe comprese. Se vedeva una pozzanghera, dava una mancia a due giovanotti che lo prendessero in braccio per attraversare la strada ed evitarla». 

Diana rimane incinta, ma non può sposare il suo Totò, è minorenne. Le nozze saranno celebrate quando la piccola Liliana ha già due anni, in San Lorenzo in Lucina. Arriva la guerra, l'attore deve scappare «le sue battute contro i tedeschi non erano piaciute, rischiavamo grosso perché dovunque ci nascondessimo c’era qualcuno che ci riconosceva e gli chiedeva l’autografo». Nel 1951, quando Liliana sposa il produttore Gianni Buffardi, Totò si è appena separato e non va al matrimonio, «Papà aveva fatto il cretino con Silvana Pampanini e mamma non volle perdonarlo. Si lasciarono e lui rimase solo, nella casa di viale Parioli 41, con Dick, il pastore alsaziano a cui dedicò una poesia. Qualche anno dopo, incontrò Franca Faldini e non l'ha più lasciata. Mia madre si risposò poi con Michele Trufaroli... Anche io, come lei, mi sono sposata due volte: con il mio attuale marito, Sergio Anticoli, ho avuto una terza figlia, Elena, che ora ha 32 anni»

L’infanzia di Liliana è un periodo felice: suo padre è pazzo di lei e la riempie di regali e di attenzioni, «mi viziava, mi portava tutto quello che potevo desiderare. Lui, che era stato un bambino povero, si comprava orologi da Cartier, gemelli da Bulgari, Cadillac che affidava al nostro fidatissimo autista Carlo Cafiero perché non sapeva guidare. A mio figlio Antonello regalò perfino una piccola Ferrari elettrica, era anche troppo generoso con tutti». 

I politici del suo tempo non gli piacevano, «a parte De Nicola, aveva grande simpatia per Andreotti, diceva: è un Richelieu». I suoi amici veri? «I tre fratelli de Filippo: con loro aveva un rapporto viscerale. Vegliò Titina morente per una notte intera». Totò fumava tantissimo, aveva cominciato da bambino. Ma era attento alla salute: «Quasi tutti i giorni si controllava la pressione, l’elettrocardiogramma, beveva due dita di whisky prima di dormile perché "allarga le arterie", e mezzo bicchiere di vino a tavola. Morì a 69 anni». 

Pier Paolo Pasolini, il regista che l’aveva diretto in «Uccellacci e Uccellini», dicendogli soltanto: «Fai quello che ti senti, fai quello che vuoi», in segno di dolore e di omaggio smise di girare per due giorni interi. 

Barbara Palombelli, «Corriere della Sera», 19 novembre 2001


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Barbara Palombelli, «Corriere della Sera», 19 novembre 2001

2001 Liliana de Curtis Libro

Totò, fegato qua, fegato là, fegato fritto e baccalà

Curatore: de Curtis Liliana Amorosi Matilde
Editore: Rizzoli
Genere: Cucina
Anno: 2001
EAN: 9788817126915
Pagine 254 - 13x20
Prezzo copertina: € 15,00