I pompieri di Viggiù

1949 I pompieri di Viggiu

Se la conosco? Tutta no, ma quasi. Se non c'era quel pesce vi avrei conosciuta tutta...

Totò

Inizio riprese: 1948-1949, Teatri della Farnesina
Autorizzazione censura e distribuzione: 6 aprile 1949 - Incasso Lire 397.000.000 - Spettatori 3.817.308



Titolo originale I pompieri di Viggiù
Paese Italia - Anno 1949 - Durata 90 min - B/N - Sonoro - Genere Comico - Regia Mario Mattoli - Soggetto Marcello Marchesi, Steno - Sceneggiatura Marcello Marchesi, Steno - Produttore Dino De Laurentiis - Fotografia Aldo Tonti - Montaggio Giuliana Attenni - Musiche Armando Fragna - Scenografia Alberto Boccianti


Carlo Campanini: comandate dei vigili del fuoco - Silvana Pampanini: Fiamma, la figlia - Ave Ninchi: Gaetana, la moglie - Dante Maggio: il vigile del fuoco napoletano - Aldo Tonti: il vigile del fuoco genovese - Ughetto Bertucci: il vigile del fuoco genovese - Alfredo Rizzo: il vigile del fuoco milanese - Leopoldo Valentini: il vigile del fuoco pugliese - Augusto Caverzasio: il vigile del fuoco siciliano - Ernesto Almirante: uno spettatore a teatro - Dolores Palumbo: una spettatrice a teatro - Mirella Gailardi: una soubrette - Ricky Denver: il fantasista francese - Totò Mignone: il direttore del palcoscenico - Totò: sketch del manichino - Isa Barzizza: sketch del manichino - Mario Castellani: sketch del manichino - Wanda Osiris: se stessa - Carlo Dapporto: se stesso - Laura Gore: Pomponia - Guido Morisi: cittadino di Pompei - Leho: ballerino - Manet: ballerino - Nino Taranto: sketch topo d'albergo - Carlo Taranto: sketch topo d'albergo - Enzo Turco: sketch topo d'albergo - Elena Giusti: soubrette - Adriana Serra: soubrette - Franchina Cerchiai - Stella Nicholich - Magda Gonnella - Harry Fiest: ballerino di "Bahia" - Ariodante Dalla: il Cantante - Ricky Denver: fantasista Francese - Rosetta Pedrani: bagnante - Geo Dorlis: Carlino La Barbera - Miriam Gori: bagnante


Soggetto

In un allegro paese (Viggiù è una cittadina del varesotto) esiste un gruppo privato di vigili del fuoco. Questi ritengono la canzonetta "I pompieri di Viggiù", di gran successo all'epoca, offensiva per il loro glorioso corpo, e decidono di recarsi a Milano per interrompere d'autorità la rivista omonima; inoltre il comandante intende convincere sua figlia Fiamma, che recita nella stessa rivista, ad abbandonare il mondo del teatro e a tornare in famiglia a Viggiù. I vigili del fuoco si spostano ben volentieri, col motivo non dichiarato di poter assistere alla rivista e soprattutto di poter ammirare le belle donne, occasione generalmente negata ai residenti di piccole località di provincia. Il film è il pretesto per una lunga sequenza di numero di teatro di rivista; comunque l'esile intreccio si scioglie nel migliore dei modi: i vigili del fuoco, entusiasmati dal magico mondo del teatro, rinunciano ai loro propositi e Fiamma continua la sua brillante carriera con il consenso del padre.

Lo sketch di Totò

Totò interpreta nel film un dongiovanni che s'innamora della moglie (Barzizza) di un venditore di stoffe (Castellani). La donna sta telefonando alla sua amica, parlandole del suo ammiratore segreto definendolo "non proprio un Adone" ma provando qualche sentimento d'ammirazione per lui. Totò entra nel negozio sfacciatamente e comincia a corteggiare la moglie, ma ben presto sopraggiunge il marito, disperato perché sta per andare in bancarotta. A Totò non resta che fingersi manichino, mentre l'uomo manda via la moglie. Successivamente il marito si siede ad invocare l'anima del padre, sperando che questi possa dargli un consiglio; ma all'improvviso perde i nervi e comincia ad infierire contro i manichini, fermandosi sempre col manichino prima di Totò. Ad un certo punto Totò batte un colpo inavvertitamente e l'uomo lo prende come un segno del padre e comincia a parlare al manichino. Totò allora si finge l'anima del padre e gli richiede stoffe, giacche ed infine un bacio a sua moglie. Dopo lo sketch Totò riappare verso la fine del film dove dirige la banda e poi conclude il numero con la "fanfara dei Bersaglieri".

Critica e curiosità

"I pompieri di Viggiù" non si accontenta della forma cinematografica classica. No, no. Sarebbe troppo facile, troppo lineare, troppo... professionale. Questo film è un esperimento borderline tra il cabaret e l’enciclopedia illustrata del varietà anni '40. Un patchwork narrativo tenuto insieme da una trama così sottile che se la metti al vento vola via come una velina di cipolla. L’ordito narrativo è infatti un pretesto, un filo invisibile e trascurabile, quasi un favore concesso allo spettatore giusto per non fargli dire: “ma che cos’è ‘sta roba?”.

Mattoli, il chirurgo dell’avanspettacolo

Chi è il regista? Ma Mario Mattoli, signore e padrone della commedia leggera italiana, che qui si diverte come un bambino con i Lego. Solo che invece di costruire castelli, smonta e rimonta interi spettacoli di rivista. Il suo genio – o la sua follia, la linea è sottile – è quello di prendere i pezzi migliori dei palchi teatrali italiani dell’epoca e cucirli insieme con la maestria di una sarta ubriaca di spumante: ogni tanto il filo tiene, ogni tanto si vedono i punti.

De Laurentiis: produttore o kamikaze?

L’idea geniale (o suicida) è di Dino De Laurentiis, futuro gigante del cinema, ma all’epoca giovane produttore della Lux Film con più sogni che supporto. I suoi colleghi gli dicono: “Guarda, Dino, lascia perdere, che è meglio”, ma lui no. Lui crede nel progetto come un missionario crede nella redenzione, e pur di realizzarlo si indebita personalmente. Un gesto che oggi verrebbe bollato come “gestione finanziaria irresponsabile”, ma che all’epoca profumava di eroismo artistico (o di scommessa alla cieca).

Un film a puntate... geografiche

Mattoli, armato di cinepresa e spirito da cercatore d’oro, gira l’Italia da cima a fondo, riprendendo tutto ciò che di scintillante e vendibile si esibiva sui palchi. Una specie di documentarista dell’effimero, alla ricerca di sketch, canzoni e personaggi da immortalare e poi incollare nel suo film-collage. E che personaggi!

  • Carlo Dapporto si diverte a prendere in giro Petronio (il fashion influencer ante litteram), Maurice Chevalier (il galante per eccellenza), e perfino Monsieur Verdoux (ossia Chaplin versione omicida elegante).
  • Nino Taranto, moralista col fischietto, regala un’interpretazione da vigile più etico che municipale, direttamente dal suo show Nuvole.
  • A Roma c'è la regina indiscussa del palcoscenico, Wanda Osiris, che canta Sentimental con la solennità di una diva al tramonto e il boa di struzzo in perfetto ordine.
  • E poi Totò, ohibò! L’indimenticabile sketch del manichino è preso dritto dritto da C’era una volta il mondo, ed è talmente bello, talmente assurdo, talmente “totiano” che fa da pietra angolare al film.

Product placement ante litteram

Mattoli è furbo, mica scemo. Infila una battuta promozionale del suo film Fifa e Arena proprio nello sketch del manichino. Siamo nel 1949, e lui già fa marketing cinematografico integrato. Chiamatelo pioniere, o genio della marchetta.

La luce… in fondo alla passerella

La fotografia? Un’epopea a sé. Aldo Tonti, direttore della fotografia e pompier per l’occasione, si trova a dover illuminare la scena finale della passerella con un impianto d’illuminazione fuori uso. Eppure riesce nell’impresa, probabilmente con candele, specchi o incantesimi.

Il miracolo distributivo

Il film è finito. Bene. De Laurentiis è rovinato. Male. Nessuno vuole distribuirlo. Malissimo. Riesce a piazzarlo in due sale romane di seconda visione, il che è un po’ come pubblicare un romanzo e venderlo solo nelle edicole di notte. Ma, sorpresa! Il pubblico lo adora. Scoppia il passaparola, la Lux si pente di averlo snobbato e lo distribuisce su scala nazionale. Ed ecco che il miracolo si compie: l’avanspettacolo diventa cinema popolare, e tutti contenti. Tranne forse i critici, ma si sa: loro si divertono solo quando c'è da soffrire.

In conclusione

“I pompieri di Viggiù” è uno spettacolo-non-spettacolo, un film-non-film, un documentario vestito da commedia, un varietà che si crede cinema. È l’esempio perfetto di come con un po’ di incoscienza, una discreta dose di talento, e una buona spruzzata di disperazione finanziaria, si possa creare qualcosa che ancora oggi merita di essere ricordato. Magari non per la trama, certo. Ma per lo spirito, oh sì, per quello sì.


I pompieri di Viggiù è più di un semplice film; è un documento storico che cattura l'essenza dell'avanspettacolo italiano del dopoguerra, offrendo al pubblico moderno uno sguardo su un'epoca ricca di talento, creatività e spirito. Ecco gli elementi salienti.
🎭 Totò e lo sketch del manichino

Uno degli sketch più celebri del film vede Totò nei panni di un corteggiatore che, per sfuggire al marito geloso della donna che sta tentando di sedurre, si finge manichino in un negozio di stoffe. La scena è un capolavoro di comicità fisica: Totò, immobile come una statua, subisce le angherie del marito, che lo scambia per un manichino e lo maltratta, mentre lui cerca disperatamente di non tradire la sua presenza. La situazione si complica ulteriormente quando il marito, credendolo un segno del destino, inizia a confidarsi con lui. Questo sketch è stato talmente iconico da essere ripreso anche nel film Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore.

🎤 Wanda Osiris e "Sentimental"

La regina dell'avanspettacolo, Wanda Osiris, appare nel film eseguendo il brano "Sentimental". La sua performance, elegante e raffinata, rappresenta l'apice del glamour dell'epoca e offre un contrasto interessante con gli altri numeri più comici e burleschi presenti nella pellicola.

🎩 Carlo Dapporto e le sue parodie

Carlo Dapporto si esibisce in una serie di parodie, imitazioni di personaggi famosi come Petronio, Maurice Chevalier e Monsieur Verdoux. Le sue performance mettono in luce la sua versatilità e il suo talento nell'imitazione, offrendo al pubblico momenti di grande divertimento.

🚦 Nino Taranto e il vigile moralista

Nino Taranto interpreta un vigile urbano moralista nello sketch tratto dal suo spettacolo Nuvole. Il personaggio, rigido e inflessibile, rappresenta una satira delle autorità dell'epoca, e la sua performance è un esempio della comicità sociale che caratterizzava l'avanspettacolo italiano.

🎇 Finale pirotecnico con Totò

Il film si conclude con una scena spettacolare: Totò emerge da una campana di cartapesta sul palco, dirige l'orchestra e si esibisce in una lunga passerella insieme agli altri attori comici. La scena si chiude con dei fuochi d'artificio, simbolo di una conclusione festosa e celebrativa dell'avanspettacolo italiano.


Così la stampa dell'epoca

📰 La critica: con il naso storto e la penna affilata

La critica, come spesso accade quando qualcosa è troppo popolare per i suoi gusti, non fu entusiasta. I recensori dell’epoca storsero il naso di fronte alla trama inconsistente, alla struttura da “collage di varietà” e al tono scanzonato che si permetteva di ignorare ogni pretesa cinematografica in favore della risata facile e del tormentone da siparietto.

Per molti intellettuali del dopoguerra, ancora con la testa nel neorealismo e i piedi nelle macerie, questo film fu visto come una boccata d’aria frivola... e forse un po’ troppo frivola. In soldoni: lo trattarono come un parente imbarazzante che si presenta al matrimonio in ciabatte e canta Reginella con la fisarmonica.

Tuttavia, anche i più snob dovettero riconoscere, obtorto collo, che alcuni sketch – soprattutto quello di Totò – erano dei piccoli capolavori di comicità. Ma il film nel suo insieme veniva bollato come “poco cinema e troppo palcoscenico”.

🎟️ Il pubblico: risate, applausi e code al botteghino

E qui arriva il colpo di scena degno di una commedia all’italiana: il pubblico lo adorò. Eccome se lo adorò. Anche se all'inizio De Laurentiis dovette accontentarsi di due sale di seconda visione a Roma, le reazioni furono talmente positive da costringere la Lux Film a distribuirlo su scala nazionale. Un vero trionfo popolare, alla faccia dei professoroni.

La gente era assetata di leggerezza, di volti noti, di battute fulminanti e canzoni melodiche. Il film era una parata di volti amatissimi, da Totò a Wanda Osiris, da Dapporto a Taranto. Era un modo per vedere sul grande schermo quello che molti avevano potuto gustare solo a teatro o in rivista. Era la televisione prima della televisione.

Nelle province italiane, specialmente, il film fu vissuto come un evento. Per tanti fu anche l’occasione per ridere a crepapelle dopo anni bui, per dimenticare la guerra e il razionamento, e per riscoprire il piacere del puro intrattenimento.

📈 Il bilancio: flop per pochi, successo per tutti

In sintesi:

  • La critica alzò il sopracciglio, ma non lo sguardo.
  • Il pubblico lo abbracciò come un vecchio amico di ritorno.
  • I produttori prima lo snobbarono, poi cavalcarono l’onda.
  • Totò? Rubò la scena. Come sempre.

Fu un film che ruppe gli schemi, anticipò la varietà televisiva e, pur nella sua apparente leggerezza, si prese la rivincita sullo snobismo culturale dell’epoca. Un perfetto esempio di come il popolare non sia sempre sinonimo di superficiale, e di come il pubblico, quando si diverte davvero, diventa il miglior critico di tutti.


Prima che il cinema (e l'ormai prossima televisione) facciano scolorire il ricordo e i riferimenti alla rivista, il connubio di Totò con Mattoli trova un ulteriore sbocco cinematografico in I pompieri di Viggiù. Il film è per Mattoli l'occasione ideale per accorciare al massimo le distanze tra fonte d'ispirazione (rivista) e prodotto (cinema), per sovrapporre definitivamente, facendoli coincidere, i due universi; e per giocare un'ultima volta con l'interpolazione di sequenze documentarie dentro un progetto di finzione. [...]

Alberto Anile


Stanotte si "girava" sul palcoscenico del "Lux"

E' arrivato Totò fra i pompieri di Viggiù

Dopo la sua serata d'onore, il popolare comico ha dovuto lavorare fino all'alba per il nuovo film.

Gli occhi del signore grasso cominciarono a velarsi: nelle luce abbagliante del palcoscenico le figure danzavano confusamente, prive di’ contorni. Dopo aver sbuffato per tre ore ed essersi contorto paurosamente in preda a violenti accessi di riso su una poltrona del teatro durante lo spettacolo della rivista di Totò, il pingue spettatore fu colto da un improvviso e subdolo attacco di sonno.

La riviste terminò verso l’una; il teatro si sfollò lentamente. Afflosciato nella poltrona di quarta fila il signore grasso era rimasto solo. Ma d'improvviso le luci sul palcoscenico si riaccesero: un nugolo di uomini vestiti con grembiuli e tute comparvero trasportando essi, scenari, supporti e cavalletti. C’era Totò, c’era Dapporto, Nino Taranto, Wanda Osiris e con essi le loro compagnie di riviste. Anche la platea fu invasa da giovanotti con occhiali, signore anziane e uomini con barda. Nessuno si curò del dormente: una signorina insinuatasi nella fila di poltrone gli pestò un piede.

Il signore grasso sobbalzò e aprì gli occhi fissandoli imbambolati: vide un uomo piccolissimo che attraversava velocemente la sala reggendo una scala lunga lunga. Poi si udì un « ciak » e una voce gridò: « Si gira ». L’orchestra attaccò un motivo cadenzato e sul palco si ripetè una scena della rivista. Fu interrotte. Ricominciò una volta, due, sedici volte di seguito. Erano le riprese del nuovissimo film « I pompieri di Viggiù », di Mattali. Sono le avventure di un grosso vigile del fuoco, Carlo Campanini, il quale capita in un teatro di varietà inseguito da tutta la sua squadra, convinto ch’egli sia in procinto di spegnere un incendio di proporzioni allarmanti. Nel film sono ritratti i quadri culminanti delle riviste delle quattro compagnie citate. Di quella di Totò viene girata le scena finale con Castellani, Riva, Bertucci, Isa Barzizza ed amici. Per tre notti consecutive tutta la compagnia dopo la rappresentazione serale si è trattentua fino alle otto del mattino a provare sotto la severa direzione del regista Mattoli.

Tutto questo per òil signore che s’era addormentato ieri sera in una poltrona di quarta fila non lo sapeva: non capiva nulla, guardava solo sgomento il palcoscenico, poi l’operatore, poi di nuovo il palcoscenico. Il teatro sfolla nuovamente (era ormai l’alba). Le ballerine uscirono aggrappate ai loro cavalieri, e molti uomini barcollavano dal sonno. Solamente Totò, soddisfatto perchè le scene sono ormai ultimate, uscì fresco e saltellante. Fu lui a trascinarsi dietro il signore grasso e ed accompagnarlo benevolmente, ma con fermezza, fuori del teatro.

f. c., «Gazzetta del Popolo», 28 gennaio 1949


Dal titolo di una canzone di pessimo gusto che i microfoni della radio hanno trasmessa con una insistenza esasperante, il cinema italiano ha voluto trarre motivo per uno spettacolo in pellicola, che non ha precedenti nella storta del nostri schermi. Mobilitate le « forze » del teatro di rivista italiano, con i suoi copioni e con i suoi complessi, si è voluto tentare il genere della rivista musicale, con un risultato completamente negativo. Certo genere di umorismo, tollerato per i palcoscenici di rivista (che raccolgono soltanto un determinato pubblico) è qui Invece offerto a tutti, grandi e piccini, con quale gusto ed opportunità è facile intendere. Ma alle riserve di carattere morale vanno aggiunte quelle prettamente cinematografiche che non consentono allo spettatore, attento e sereno, di sopportare una simile penosa deformazione del cinema.

«Il Popolo», 17 aprile 1949


Un filmetto leggero che dà l'occasione per presentare al pubblico alcuni dei più riusciti quadri delle ultime riviste di Totò, di Nino Taranto e di Wanda Osiris. Mattoli ha diretto consueto garbo e l'interpretazione si mantiene su un livello discreto.

G.S., «Il Paese», 17 aprile 1949


«Il Giornale d'Italia», 18 aprile 1949


Fotografando, senza estro e con molta fretta numerosi quadri delle più recenti riviste presentate dai nostri assi della piccola scena, e mal cucendoli con una parvenza di trama, Mario Mattoli ha impressionato un'abbondante quantità di pellicola che avrebbe potuto essere riservata a miglior uso. Dopo di che non c'è altro da aggiungere.

caran. (Gaetano Carancini), «La Voce Repubblicana», 18 aprile 1949


Quale fu il primo film prodotto in Italia ci dispiace di non ricordarlo. Ma siamo certi che, da allora ad oggi, non ostante tutte le nequizie perpetrate a danno del nostro cinema, non si arrivò mai al punto di presentare sullo schermo una pellicola più sciagurata di questo l pompieri di Viggiù. Onestà vuole che se ne informi il pubblico, anche se ciò è doloroso per tutti coloro che oggi difendono con unghie e denti l’esistenza del cinema italiano. Ma il cinema va difeso con il decoro dello spettacolo (anche quando lo spettacolo mira soltanto a fare quattrini), con il senso di responsabilità di chi lo finanzia e vi lavora, e, in primo luogo, con un minimo di rispetto umano: rispetto per coloro che magari vanno al cinema solo a Pasqua e nelle altre feste comandate dell'anno, per poi trovarsi offesi nell’intelligenza e nella pazienza. Perchè questo film non fa neppure ridere una sola volta. Non è nulla. E' peggio di nulla: è soltanto uno gesto screanzato.

«Il Messaggero», 18 aprile 1949


Non è un film, non è una rivista ma una serie di sketches pallidamente fotografati da Mario Mattoli che dimostra, ancora una volta, di non saper adoperare la macchina da presa. Attori: Totò, Taranto, Campanini, Dapporto e altri classici. Censurate abbondantemente le ballerine. Abbiamo un governo che pensa a tutto.

e.b. (Enzo Biagi), «Giornale dell'Emilia», 24 aprile 1949


[...] Il filmetto è fatto di reciticci di riviste e chiama a raccolta i più celebrati assi e le più solleticanti soubrettes del teatro comico e rivistaiolo : Totò, Taranto, Dapporto, la Osiris, Campanini, Isa Barzizza, Silvana Pampanini la Palumbo, e altri ancora, ci ficcano di volta in volta i loro lazzi e le loro maliairde esposizioni; e il pot-pourri tiene desta la platea.

«La Nuova Stampa», 24 aprile 1949


Il titolo della nota canzone in voga fa da etichetta al film I pompieri di Viggiù, che è un altro della serie Mattoli e ha il senso e il gusto delle riviste musicali. Come tale va preso e tutto quello che si può dire di queste avventure di palcoscenico di un gruppo di pompieri volontari, pronti ad accendersi fra tante beltà, è citare i nomi dei principali interpreti che sfilano sulla passarella: Wanda Osiris, Totò, Nino Taranto, Dapporto, Campanini, Laura Gore, Harry Feist, Ave Ninchi, ai quali fa da contorno tutto l'elemento scenico di questo genere di spettacoli.

Arturo Lanocita, «Corriere della Sera», 29 aprile 1949


CINEMA - Il peggiore

Dei molti film che questa settimana hanno ottenuto successo, le nostre preferenze vanno al peggiore. E’ inteso che non vogliamo meravigliare nessuno, nè metterci a difendere per gusto di polemica un’ opera che sembra sciagurata, ma soltanto capire le ragioni che hanno consigliato al produttore di farla. Lo stesso titolo del film (I pompieri di Viggiù) fa storcere il naso ad ogni onesto recensore. Ma se certi fenomeni si verificano è inutile ignorarli, e può anche essere dannoso ritenere che non siano fenomeni cinematografici. Intanto, hanno un loro numeroso e affezionato pubblico. Un pubblico che rifiuterebbe ogni considerazione moralistica e si sorprenderebbe se qualcuno tirasse fuori «l’arte» per dimostrargli che quei pompieri la lasciano bruciare senza muovere un dito. Mai come oggi sono valse le parole di Molière : «Rien ne réussit mieux que le succès» e valgono soprattutto per gli artisti; figuriamoci come valgono per chi vuole solo far quattrini.

Questo film è dunque «un successo». Non si può parlare di trama, di racconto: è solo un pretesto per mettere insieme molte ballerine, due cantanti, quattro o cinque comici di fama nei quadri di una rivista già nota: e così far conoscere anche al pubblico della provincia il fasto, la spregiudicatezza, la sana allegria che regna nel nostro teatro di varietà. L'errore dei critici è di voler considerare I pompieri di Viggiù un film, mentre si tratta di un documentario che anticipa in Italia le gioie della televisione. Del documentario questa pellicola ha infatti tutti i pregi, che non sono mai quelli previsti dal produttore. Ad occhi sinceri e scientifici appaiono come i pregi di una brutale sincerità, gli stessi pregi della Natura. Del resto il direttore lascia girare la macchina senza curarsi di intervenire, di truccare la realtà, facendola migliore o peggiore. Gli ' basta che la pellicola non prenda luce, che la gente si muova e faccia chiasso: si comporta cioè con la stessa discrezione di un esploratore che fotografa un branco di leoni nella foresta e per prima cosa ha cura di non rilevare la sua presenza.

Cosi inteso, i pompieri di Viggiù sono un capolavoro involontario di ‘"reportage" e di osservazione. Si pensa alla «Vita degli insetti», del Fabre o ai «Ricordi di viaggio» del Darwin, alla sincera ingenuità che spesso queste opere denunciano e che non sono il loro pregio minore. I comici, le ballerine, i cantanti sono ripresi allo stato naturale e mostrano un volto familiare, affettuoso, senza inganni. Ciò che il palcoscenico non rivela, lo schermo mette in evidenza, e cioè l’età degli attori, lei loro lunghe lotte contro le rughe'e i denti ribelli, la tenacia di certe comparse, le proporzioni dei costumi, insomma lo sforzo che costa a tutti l'onesto divertimento che procurano o^ni sera al pubblico. Il film, diciamolo pure, na qualche cosa di Umano.

E proprio in questo sta la sua forza. Lo spettacolo che offre non è mai corruttore, ossia non spinge al sogno, non esprime quella pornografia sentimentale, rosea dei film americani dello stesso genere. Nelle riviste filmate americane tutto è preordinato, esaltato, assume forme disumane e perfette: le stesse ballerine hanno la grazia e lo splendore di enormi vegetali, ma si direbbero senza anima, escluse dalle sofferenze di questo mondo, creature oniriche. Qui le ballerine sono vive, bene in carne, si presentano con nome e cognome e hanno la tessera del sindacato: alcune tendono all'«embonpoint», altre alla magrezza. Conoscono i viaggi disastrosi, gli alberghi di provincia, i bauli da ritirare, le buone e le cattive serate: non si può pretendere che ci dicano altro.

I comici vanno avanti nei loro "sketchs" senza curarsi se sono troppo lunghi, sapendo che il pubblico riderà a ogni battuta, che i doppisensi non saranno mai abbastanza audaci, nè le battute abbastanza vecchie. Fanno ridere al solo apparire, specie Totò che è legato al suo pubblico da un'intesa ormai ventennale, e che fa ridere anche se dice: «Buona sera». E’ in film simili che si apprezza il senso della storiella riportata da Bergson, di quel fedele che in chiesa non rideva alle battute del parroco perchè «lui non era della parrocchia». Questi film esigono infatti l’appartenenza ad un «pubblico», la conoscenza di un gergo: che è poi il gergo dei giornali umoristici arrivato ai bar sportivi attraverso i comici della radio. Un filologo vi dirà che la lingua si rinnova e si arricchisce dal basso. Anche per il cinema vale la stessa legge, il neorealismo ne è una prova e I pompieri di Viggiù, per qual tanto che riflettono della vita e del costume dei nostri tempi» sono un esempio non disprezzabile e persino divertente, nel genere

Ennio Flaiano, «Il Mondo», 30 aprile 1949


[...] Toto con la fantastica faccia, Campanini con l'elmo e la mazza, Taranto e tutti gli araldi della risata fraternizzano con un mucchio di figliole mezze nude con gambe all'aria e reggiseni impazziti. Il soggetto non esiste praticamente ma chi domina ogni cosa è la ribalta del varietà gremita di soubrettes, comici, orchestre e tante altre cose che voi ormai conoscete.

«Il Lavoro», 1 maggio 1949


Bisognerebbe coniare una nuova parola per definire adeguatamente questo ignobile susseguirsi di quadri di rivista mal fotografati, cuciti insieme dalla trama più stupida che si possa immaginare. Ma non ne vale certo la pena. C'è solo da deplorare che nomi illustri, o quasi, del nostro cinema e del nostro varietà abbiano apposto la loro firma a questa roba. Pare che la pellicola abbia fatto parecchi soldi; ne farà ancora, ma ciò non significa che il pubblico, che ha poi tanto cattivo gusto, ne sia rimasto edificato.

a.a (Alberto Albertazzi), «Intermezzo», n. 8-9, 15 maggio 1949


Dopo i vari esperimenti per portare la lirica e l’operetta sullo schermo, questo è forse il primo tentativo che porto un genere forse più degli altri due legato alle tavole del palcoscenico ad affrontare in pieno i rischi della macchina da presa. La rivista «I pompieri di Viggiù» è, difatti, una serie di quadri legati tra loro da un treno e filo conduttore e fotografati brillantemente. Il pubblico ha così modo di ammirare, in una sola volta, i più bei nomi della rivista italiana: Wanda Osiris, la Wandissima dalla pelle color dell'ocra, che scende le scale, senza fine, le sue scale predilette; Totò nella famosa scena dei «manichini», Carlo Dapporto, trasformista mirabile in Monsieur Verdoux, Petronio e Chevalier. Nino Taranto nel quadro più gustoso della sua ultima rivista, I topi d'albergo. Il classico Harry Feist in una sua interpretazione della conga; e donnine a profusione, donnine appetitose come ciliegie mature.

La sceneggiatura, dovuta a Marchesi e Steno, è abile ed intelligente: manicaretto, fatto di facili musiche, comicità immediata e di generose apparizione di donnine in gambe, come Isa Barzizza, Silvana Pampanini, Adriana Serra, Elena Altieri, Jone Cacciagli, Laura Gore, Miriam Glory. 

«Cine Sport», 16 maggio 1949


La censura

La Commissione di revisione esprime parere contrario per il rilascio del nulla osta, in considerazione delle “numerose scene di eccessiva nudità e situazioni volgari, lesive del buon costume e della pubblica decenza”. In sede di appello il film verrà autorizzato, previa eliminazione di altre scene oltre ai tagli già effettuati per il ricorso.

Appunti sul film "I pompieri di Viggiù"

Sono stati mossi in prima sede due ordini di osservazioni. La prima concerne un asserito dileggio dei vigili del fuoco. In verità il rilievo non appare giustificato nè sostanzialmente (trattasi di evidente parodia) nè formalmente (è detto a chiare note trattarsi di un corpo pompieristico "privato").

Più fondata invece la preoccupazione circa esibizioni di eccessive e provocanti nudità. La controsservazione secondo la quale non dovrebbe esser dato luogo a censure quando si portino sullo schermo scene effettivamente eseguite in normali spettacoli teatrali senza incorrere in rimostranze da parte degli organi di polizia, non sembra convincente perchè:

1) Il pubblico delle "riviste" è assai più ristretto e "qualificato" che non quello delle sale cinematografiche;

2) la riproduzione cinematografica espone i... protagonisti con molta maggiore evidenza che non nella rappresentazione teatrale. Certo indugiare dell'obiettivo, certi primi piani etc sono del tutto sacrifici di questo genere di spettacolo;

3) la stessa licenza che può esser data dal censore per la prima ipotesi non avrebbe giustificazione sede cinematografica. Un esemplo pratico: la canzonetta a doppio senso detta da Nino Taranto sull'invito a... farsi fotografare, non può scandalizzare certo gli spettatori della rivista ma può veramente offendere la comune sensibilità del più vasto pubblico del cinema.

Riterrei pertanto indispenabile che fossero tolte dal film: 1) le scene che mostrano - specie in primo piano - nudità che rasentano il concetto di "osceno”; 2) la sopra ricordata canzonetta di Taranto; 3) il crudo accenno omosessuale nella scena di Petronio; 4) l'accenno ai comandamenti di Dio come caratterizzazione della natura melensa del pompiere-fidanzato.

Andrebbe poi attenuata la scena della contravvenzione per difetto di costume da bagno, omettendo comunque il nome del Ministro dell'Interno. Questa scena ha suscitato in prima sede forti reazioni.

Il film è abbastanza lungo e può sopportare i tagli suddetti, che sarebbe bene apportare prima di presentare il film alla revisione di appello.

Raccomando poi al massimo di curare la pubblicità del film, il cui soggetto potrebbe invogliare ad eccessi...

Roma, li 26 Marzo 1949


Revisionato il film il 14 marzo 1949 si esprime parere CONTRARIO alla programmazione poichè il film riproduce numerose scene di eccessiva nudità e situazioni volgari, lesive del buon costume e della pubblica decenza.


Direzione Generale per lo Spettacolo Divisione Revisione Esercizio e Formato Ridotto

APPUNTO PER II SOTTOSEGRETARIO DI STATO

La Commissione di Revisione di 1° grado nella seduta del 14 corrente ha espresso parere contrario alla programmazione in pubblico del film "I POMPIERI DI VIGGIU'" della Marca Lux Film.

La Lux ha chiesto ora che il fila venga sottoposto, con cortese sollecitudine alla revisione della Commissione di Appello.

Si resta in attesa di conoscere la data e l'ora che l'E. V. vorrà fissare per la proiezione del film in parola.

Roma, li 18 Marzo 1949


Tagli effettuati al film "I pompieri di Viggiù"

1 ) Quadro degli slip

a) - La misura del costume da "bagno deve essere di 30 cm., che se poi ti fanno un rimpasto con un ministro diciamo così un po' scapocchione, allora può darsi che la portino a 25 cm. ma per ora è 30 cm. per ora.

b) - «Me rispondisse chiaramente che cosa ha da dire del nostro Governo attuale momentaneo». «Iamoninne, rispondete! - non parla nessuno muta siete? Parlate - avete vieto forse circolare nella strada qualche personalità del Governo in mutandine magari. Meschini sogno tutti pari pari, religiosi, ottimorati di Dio, il buon esempio danno tutti vestiti - sempre abbottonati, senza nemmeno un peluzzo che vi esce de fora.»

c) - Tutti gli accenni a Sua Eccellenza il Ministro dell'Interno On.le Scelba. -

Totale... m.40

2) Scena canzone Taranto mt. 80.

3) P.P. nudità Richy Denver ( sostituiti)

4) Vari dettagli ballerine in costume succinto ( sostituiti)

5) Varie battute tra cui quella di Dapporto (ambisessuali)

Roma, li 1 aprile 1949


Divisione revisione Esercizio e Formato Ridotto

La Cmmmissione di revisione cinematografica di secondo grado riunitasi il il giorno 5 aprile 1949, per il film "I POMPIERI DI VIGGIU'" concede il nulla osta alla programmazione in pubblico a condizione che siano eliminati dal film:

1) - le scene che mostrano - specie in prino piano - nudità che rasentano il concetto di "osceno";

2) - la canzonetta di Taranto;

3) - il crudo accenno omosessuale nella scena di Petronio;

4) - l'accenno ai comandamenti di Dio come caratterizzazione della natura melenza del pompiere—fidanzato.

Va poi attenuata la scena della contravvenzione per difetto di cosume da bagno, omettendo comunque il nome del Ministro dell'Interno.

Roma, 6 aprile 1949


Alla Direzione Generale dello Spettacolo
Via Veneto, 56 - Roma

Film "I Pompieri di Viggiù"

Con riferimento alla conversazione telefonica nel corso della quale, da parte di codesta Presidenza, si faceva rilevare che, pur essendo stati effettuati tutti i tagli proposti, vi erano ancora brèvi sequenze nelle quali apparivano ballerine con i seni scoperti, si comunica e si assicura formalmente che anche queste sequenze sono state eliminate, sia pure apportando qualche lieve pregiudizio tecnico al film.

Con ossequio.

LUX Film - Roma, 8 aprile 1949


Presidenza del Consiglio dei Ministri - Servizi dello Spettacolo

Revisionato il film il giorno 9 aprile 1949, si esprime parere favorevole alla proiezione in pubblico.

Roma, 9 aprile 1949

f.to Sottosegretario di Stato Andreotti


Presidenza del Consiglio dei Ministri - Servizi dello Spettacolo

Domanda di revisione

Revisionato il film il giorno 27 febbraio 1957, si esprime parere favorevole alla proiezione in pubblico.

Roma, 28 febbraio 1957

f.to Sottosegretario di Stato


Documenti censura del film I pompieri di Viggiù, 1949 - Fascicolo - Direzione Generale Cinema

Documenti censura del film I pompieri di Viggiù, 1949 - Presentazione - Direzione Generale Cinema

Documenti censura del film I pompieri di Viggiù, 1949 - Materiale sul film - Direzione Generale Cinema


Verbale datato 9 aprile 1949 della Commissione Revisione Cinematografica
(Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema)


I documenti

Il film I pompieri di Viggiù (1949) ha avuto diverse edizioni in VHS e DVD nel corso degli anni. Ecco un riepilogo delle principali uscite:

📼 Edizioni VHS

Le edizioni in VHS del film sono state distribuite principalmente negli anni '80 e '90. Tuttavia, le informazioni specifiche su queste edizioni sono limitate e spesso non documentate dettagliatamente.

💿 Edizioni DVD

  1. Edizione EBOND (Anno non specificato)
    • Durata: 84 minuti
    • Formato: Bianco e nero, rapporto 1,37:1
    • Lingua: Italiano
    • Contenuti speciali: Non specificati
    • Note: Questa edizione è disponibile sul sito ufficiale di EBOND.
  2. Edizione con contenuti speciali (Anno non specificato)
    • Durata: 81 minuti
    • Contenuti speciali:
      • Trailer originale
      • Speciale "I Pompieri di Viggiù"
      • Il prof. Caldiron racconta il film
      • "Cinema-rivista" di Mattoli
      • "C'era una volta Totò"
    • Note: Questa edizione è stata segnalata su vari siti di vendita online.

📺 Disponibilità in streaming

Attualmente (2025), I pompieri di Viggiù è disponibile in streaming su RaiPlay, offrendo un'opzione accessibile per la visione del film.



Natalino Otto interpreta il brano "I Pompieri Di Viggiù"



🚒 Pompe, trombe e marmisti: storia semiseria dei pompieri di Viggiù

Introduzione: Fuoco, fiamme e campane a martello (per svegliare i sonnacchiosi)

Correva l’anno 1881 – un’epoca in cui l’unico allarme antincendio era il campanaro con l’avambraccio ipertrofico – quando nel ridente comune di Viggiù, annidato tra cave di marmo e cori alpini, qualcuno ebbe una pensata tanto ovvia quanto rivoluzionaria: creare un gruppo di pompieri volontari. Non perché andasse di moda, ma perché, all’epoca, se una cascina prendeva fuoco, si suonava la campana "a martello" e chi poteva lasciava il minestrone sul fuoco (ironia della sorte) e correva a spegnere l’incendio… con che cosa? Con la buona volontà.

Poi, si sa, l’entusiasmo va bene, ma l’acqua spegne meglio. E così, dopo colletta tra volontari e privati (che forse avevano il tetto di paglia), si comprò finalmente una pompa manuale. Non si sa se funzionasse bene, ma almeno faceva scena. Gli idranti erano pochi, quindi ci si affidava ai pozzi, di cui Viggiù era fortunatamente ben fornita, tanto che probabilmente i pesci avevano il diploma da bagnino.

Il regolamento: perché anche per spegnere fuochi serve burocrazia

Dopo 29 anni di improvvisazione eroica, il 15 dicembre 1910 si pensò che forse sarebbe stato il caso di scrivere un regolamento. Una di quelle cose che in Italia si fa quando la situazione è già sfuggita di mano da almeno due decenni. Il regolamento fu approvato solo nel 1912 (con la calma dei grandi progetti) prima dal Consiglio Comunale, poi dalla Giunta Provinciale di Como. E da lì… giù a regolare!

Ma attenzione: il corpo non fu mai sciolto, nonostante le faide tra presidenti, reggenti, e magari pure tra chi voleva il caschetto rosso e chi quello nero. In effetti, tra il 1928 e il 1932 i volontari pagavano una quota per farne parte – che è come pagare per andare a faticare, sudare, rischiare la vita e beccarsi pure del buffone quando ti fanno una canzone in rima. Masochismo? No, vocazione.

Divise, trombe e biciclette: la logistica secondo Viggiù

Le prime divise furono prese in prestito dai pompieri milanesi (perché lo stile è importante anche sotto le fiamme), mentre gli attrezzi li fornì l’Amministrazione Comunale, probabilmente tra mille sospiri e budget risicati.

Le esercitazioni si facevano nel cortile della scuola – perché non c’è niente di più educativo di vedere un adulto rotolare giù da una scala antincendio mentre urla “prova!”. L’autorimessa dei pompieri stava lì, insieme a quella della Croce Verde, creando una commistione tra emergenza medica e roghi rurali degna di un musical.

E poi il genio del 1928: un uomo in bicicletta con tromba da richiamo, che girava il paese per avvertire gli altri. Immaginate la scena: in mezzo al silenzio della sera, una trombetta stridula e un tizio ansimante che urla "fuoco!", mentre il cane del fornaio lo insegue per sport.

Sirene, fascismo e centralizzazione: quando anche il fuoco obbediva al regime

Nel 1935, una sirena sul tetto delle scuole prende il posto del trombettista ciclista (riposi in pace, povero eroe non celebrato). Ma nel 1939, come prevedibile, arriva l’ordine superiore: i pompieri di Viggiù vengono incorporati nell’Ottantottesimo Corpo dei Vigili del Fuoco di Varese.

Insomma, fine dei giochi da volontari: niente più riunioni pittoresche, niente più divise creative, ma centralizzazione, disciplina e gerarchia. Anche il fuoco, da allora, doveva bruciare in divisa regolamentare.

Nel 1962, il distaccamento di Viggiù viene definitivamente sciolto. Il Corpo di Varese si prende attrezzature, pompe, elmetti e forse anche l’ultima bottiglia d’acqua del pozzo. Fine della storia? Manco per sogno.

Musica, orgoglio ferito e immortalità in rima

Durante la Seconda Guerra Mondiale, a Viggiù arriva Armando Fragna, musicista sfollato, che, probabilmente per noia o ispirazione divina, compone la celebre canzone “I pompieri di Viggiù”, poi diventata colonna sonora del film omonimo.

E qui si apre il dramma umano: i viggiutesi si sentono presi in giro. L’ironia del testo ferisce l’orgoglio di gente che si era lanciata in fiamme vere con pompe a mano e divise usate. Ma cosa vuoi farci contro il successo? La canzone fa il botto, il film pure, e il nome di Viggiù si diffonde in tutta Europa, grazie al motivetto. Non c’è gloria più sottile di quella non richiesta.

Epilogo: l’ultimo getto d’onore

Il 31 maggio 2003, in un clima di commozione, elmetti lucidi e idranti nostalgici, si tiene a Viggiù un grande raduno pompieristico nazionale. Corpi da tutta Italia si uniscono per onorare la memoria di quel gruppo di sgangherati eroi locali che, tra pozzi, biciclette e canzoni, avevano scritto una pagina bagnata d’acqua (e sudore) nella storia della comunità.


 


Pagina dedicata alla canzone "I pompieri di Viggiù", interpretata da Claudio Villa e Nuccia Bongiovanni

Cosa ne pensa il pubblico...


I commenti degli utenti, dal sito www.davinotti.com

  • Contenitore per numeri di rivista da destinare a chi viveva in provincia, è divenuto una testimonianza di quel tipo di spettacolo. Ovviamente film datatissimo (che ebbe straordinario successo di pubblico), ma non si può non sottolinearne la cornice pretestuosa e mediocre (nonostante la consueta simpatia di Campanini), nella quale si gioca (come negli estratti dagli spettacoli) sui doppi sensi, a partire dalla maialotta, chiamata Messalina... 
  • Aveva ragione Flaiano: impossibile giudicare come film un'accozzaglia di numeri presi di peso dal grande teatro di rivista e appiccicati insieme col collante insulso dei pompieri del titolo. A parte alcuni numeri piacevoli (Taranto topo d'albergo, Totò manichino e direttore del coro, Osiris "Sentimental") e il valore di documentazione di un genere, questo lavoro è semplicemente mal pensato e mal realizzato, senza il coraggio di andare fino in fondo nel piegare il varietà alla trama o nell'eliminare la trama per far emergere il varietà.
  • Insieme di sketch tenuti insieme da una storia di raccordo con un pompiere (Campanini), la cui figlia scappa per fare la ballerina. Il film nell'insieme è carino ma è davvero da ricordare per il magnifico sketch in cui Totò si finge un manichino, che da solo potrebbe valere la visione. Comunque ci sono anche Nino Taranto topo d'albergo e Carlo Dapporto in un paio di scenette. Forse senza i balletti sarebbe stato migliore.
  • Un modo simpatico di portare sullo schermo la rivista (e l'avanspettacolo) del primo dopoguerra. I pompieri (anzi i vigili) di Viggiù non hanno molto lavoro e perciò vanno in città a teatro (ma il vero motivo è un altro). Ci sono quasi tutti i migliori nomi degli artisti del varietà, Totò in testa, contornati da ballerine le cui forme prosperose ricalcano i gusti in materia di quegli anni. Scenografie e balletti datati, ma proprio per questo documenti importanti di una forma di spettacolo che avrà una grande evoluzione in televisione.
  • Quando ero piccolo mettevo sempre il muso al nonno se lo trasmettevano, perché lui rideva e io mi chiedevo dove fosse Totò. Rivedendolo oggi mi rendo conto trattarsi (Flaiano docet) di un non-film, una serie di sketch fortissimamente voluti da De Laurentiis e filmati da Mattoli con ancor meno pretese cinematografiche del solito. Repertorio si può definirlo, teatro di Rivista lo chiamavano. È uno spettacolo rutilante, sempre in movimento, ma di una vitalità un po' inerme come capita ai documenti d'epoca. Eppure nel varesotto pare ci sia ancor Viggiù!
    MOMENTO O FRASE MEMORABILI: Croccolo pompiere piemontese; La Osiris che si esibisce in "Sentimental"; Carletto Dapporto versione Verdoux; La bellezza di Barzizza e Pampanini.
  • Una storia vera e propria non esiste; c’è solo un canovaccio che funge da raccordo tra differenti sketch teatrali di cui sono protagonisti Dapporto e Taranto (tra i tanti). Idea nobile che però confina la pellicola solo agli appassionati o ai curiosi perché un’opera teatrale o di rivista, trasposta su pellicola, perde di efficacia e spesso finisce per annoiare, soprattutto se non esiste alcun legame tra le scene.
  • Non va considerato un film vero e proprio ma una sorprendente antologia di numeri comici e musicali (non solo con Totò, ma anche con Carlo Dapporto, Wanda Osiris, Nino Taranto e altri) "rubati" da spettacoli in giro per i teatri della penisola nel 1948 (già per questo motivo la pellicola sarebbe da conservare quale testimonianza di un genere di spettacolo che ormai non c'è più: il teatro di rivista). Simpatica anche la "cornice" con i pompieri capitanati da Carlo Campanini, papà apprensivo di Silvana Pampanini.
  • Per lo storico della storia dell’avanspettacolo italiano questo “non–film” di Mattoli è un’autentica miniera di documentazione. Lo sketch del “manichino” interpretato da Totò è di una travolgente quanto astratta forza comica. Ma Taranto, Dapporto, Campanini, Castellani, Ave Ninchi, Wanda Osiris, Silvana Pampanini, Isa Barsizza e compagna recitando tengono degna corte intorno al Principe della risata. Mattoli, con questo film (!) rivela la sua estetica del cinema come puro teatro filmato. Ma avendo a disposizione attori come Totò chi mai può dargli torto?

Le incongruenze

  1. Nella rivista di Petronio, l'uomo vestito di bianco con i baffi nella prima inquadratura è a una certa distanza dalla donna alla sua sinistra, mentre nella successiva sono a contatto di braccia.
  2. Fiamma tenta di passare per andare sul palcoscenico, ma i vigili (di schiena) non la fanno passare. Nello stacco delle due inquadrature prima la donna è dietro i vigili, poi il suo braccio destro è tra due di questi, infatti un vigile si è addirittura spostato e la guarda in faccia.

www.bloopers.it


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Riferimenti e bibliografie:

  • "Totalmente Totò, vita e opere di un comico assoluto" (Alberto Anile), Cineteca di Bologna, 2017
  • "I film di Totò, 1946-1967: La maschera tradita" (Alberto Anile) - Le Mani-Microart'S, 1998
  • "Totò" (Orio Caldiron) - Gremese , 1983
  • Documenti censura Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema
  • cinecensura.com
  • Ministero dei Beni e per le Attività Culturali e per il Turismo - Direzione Generale per il cinema
Sintesi delle notizie estrapolate dagli archivi storici dei seguenti quotidiani e periodici:
  • f. c., «Gazzetta del Popolo», 28 gennaio 1949
  • «Il Popolo», 17 aprile 1949
  • G.S., «Il Paese», 17 aprile 1949
  • caran. (Gaetano Carancini), «La Voce Repubblicana», 18 aprile 1949
  • «Il Messaggero», 18 aprile 1949
  • «Il Giornale d'Italia», 18 aprile 1949
  • e.b. (Enzo Biagi), «Giornale dell'Emilia», 24 aprile 1949
  • «La Nuova Stampa», 24 aprile 1949
  • Arturo Lanocita, «Corriere della Sera», 29 aprile 1949
  • Ennio Flaiano, «Il Mondo», 30 aprile 1949
  • «Il Lavoro», 1 maggio 1949
  • a.a (Alberto Albertazzi), «Intermezzo», n. 8-9, 15 maggio 1949
  • «Cine Sport», 16 maggio 1949