Carlo Dapporto e Michele Galdieri portano il palcoscenico in platea

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Cinque ore di spettacolo. Nella sua ultima rivista “La piazza” gli attori passeggiano fra le poltrone

Roma, ottobre

Alla prima rappresentazione della nuova rivista di Michele Galdieri, La piazza, il cui allestimento aveva costretto il Teatro Sistina di Roma a rimaner chiuso per molti giorni, è accaduto un fatto insolito: il direttore d’orchestra ha dato l’attacco alle nove e mezzo, cioè appena un quarto d’ora dopo l’orario indicato dai manifesti.

Date le abitudini del pubblici italiani in genere, e del pubblico romano in particolare, nella platea a quell’ora era presente soltanto un terzo degli spettatori, nonostante tutti i posti fossero stati venduti da almeno tre giorni. Gli altri due terzi arrivarono un po’ alla volta, isolati o a gruppi serrati, e prima che tutti fossero sistemati l’orologio aveva già segnato le dieci.

Tanta fretta nel dare inizio allo spettacolo, da principio non fu chiara. La data che stabiliva la rappresentazione inaugurale della rivista, primo grande spettacolo della stagione autunnale, era stata rimandata tre volte. Una mezz’ora di attesa non avrebbe aumentato di troppo il tempo perduto.

Poi tutti cominciarono a capire. I quadri si succedevano ininterrottamente l’uno all’altro, spesso belli, spesso applauditi, ma insolitamente lunghi e privi di appiglio. Dalla loro successione non nasceva nessuno sviluppo. nessun nesso capace di suscitare un interesse per ciò che sarebbe accaduto dopo. Parevano tutti quadri preparatori.

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Di questo passo la prima parte della Piazza è finita dopo la mezzanotte, e quando il sipario è calato sulla conclusione della seconda erano passate le due del mattino. Il pubblico rimasto applaudiva. costringeva a sfilare moltissime volte sulla passerella Michele Galdieri, Carlo Dapporto, il Trio Steffen Dancers (ballerini al quali erano toccati i battimani più intensi della serata), il tenore Giacomo Rondinella (che aveva dovuto bissare alcune canzoni napoletane), Onda White, Gladys Popescu, Primarosa Battistella, Isa Bellini. Ma in molti, pur soddisfatti dello spettacolo, rimaneva l’impressione che Galdieri e Dapporto avessero ecceduto in abbondanza. Tutto ha un limite, anche la durata di una rivista. Una quota dei milioni spesi per La piazza poteva con vantaggio essere tenuta in serbo per la prossima rivista, ed altro danaro sarebbe stato risparmiato riducendo i giorni di chiusura del Sistina. La verità è che la rivista, per tener vivo il favore che le si è riacceso attorno negli ultimi anni, si ingrandisce sempre più e da un po’ di tempo rischia di mangiare se stessa. Staccatasi per gradi da ciò che fu in origine, vale a dire uno spettacolo legato all’esistenza di un testo, libero e estroso ma concatenato, è divenuta dominio quasi esclusivo della coreografia. I sarti, i costumisti, gli elettricisti. vi esercitano una preponderanza che supera di gran lunga l’ufficio al quale è ridotto l’autore.

Il copione è ormai inesistente. Alla parola, alla immaginazione e allo spirito, che potevano essere il sale di questi spettacoli, rinunziano tutti; anche uomini di teatro come Galdieri, il quale diede in passato più di una prova felice.

Di ciò si è voluto far risalire la causa a una certa permalosità degli italiani, ai risentimenti politici, al conformismo dilagante. SI è cosi preferito sostituire una battuta satirica con lo stemma di Trieste, mettere da parte i pezzi grossi e rifarsi sulla statura di Romita e l’aspetto di Teresa Noce. Qualche accenno nostalgico e un po’ di qualunquismo, anche se non appagano, non irritano nessuno.

Sembra invece più esatto attribuire tanto affievolimento a una vera e propria stanchezza. Quando, invece della politica, le riviste toccano altri argomenti (si tratti di moda, di giornali, di libri o di sport) si osserva una identica mancanza di mordente.

Il che, a lungo andare, si risolve in danno degli attori. I quattro o cinque episodi che Galdieri ha introdotto nella Piazza. e che dovrebbero aver la funzione di brevi commedie, mancano di ritmo e non hanno sapore. In essi può poco anche l’indole comica di Dapporto, dal quale si potrebbe trarre altro profitto.

Al contrario è dato grande sfogo a tutto ciò che può colpire l’occhio o comunque sorprendere. Si può dire che metà della Piazza si svolge In platea. Campanili illuminati, altoparlanti, note musicali proiettate sul soffitto, luci di fari colorati che arrivano tra le poltrone, attori che si affacciano al palchetti, altri che scendono dalla ribalta, altri che arrivano sui corridoi dalle porte di servizio.

Ciò è affaticante e può far domandare perché nessuno del pubblico si trovi sul palcoscenico. Tuttavia serve a legare la lunga serie dei quadri. Alcuni bellissimi, come si è detto, ma in numero tale come finora non si era veduto. La piazza fa pensare a una cena troppo riccamente imbandita (in essa si è fatto posto anche a quattro soubrettes, una sola delle quali parla italiano), a un affollamento di pietanze che poi l’invitato rifiuta. A saziarlo sono bastate le prime portate.

Raoul Radice, «L'Europeo», anno VIII, n.45, 29 ottobre 1952


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Raoul Radice, «L'Europeo», anno VIII, n.45, 29 ottobre 1952