La TV ha scoperto Lea Padovani, darà il volto dell'anno

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La TV ha scoperto Lea Padovani. La brava attrice, che sta interpretando in questi giorni il romanzo sceneggiato di Salvator Gotta, ci ha parlato del suo lavoro alla TV che nel 1960 la porterà quasi quotidianamente sui teleschermi

Lea Padovani abita sulla via Aurelia Antica. E’ una strada incantevole, a un tiro di schioppo dalla cupola di San Pietro, fiancheggiata da ininterrotte fila di mura dietro le quali si intravede appena il verde di ville patrizie e di conventi secolari. I rumori giungono fin quassù ovattati dallo spazio e dal fogliame degli alberi annosi. Ma è una quiete assai precaria. Basta suonare un campanello, e risponde l’abbaiare furioso di un cane. Al primo, d’improvviso, si aggiunge un secondo e poi un terzo finché tutti i cani dei dintorni, in virtù di una sconosciuta e istintiva solidarietà, si associano alla protesta contro lo estraneo che ha usato turbare la serenità di questi luoghi, frequentati esclusivamente da frati, principi, mendicanti, cani e attori del cinema.

La sua villa non ha la sontuosità descritta da Montanelli nel suo «ritratto» televisivo. Rispetto all’immagine che ne ha dato la TV, guadagna in buon gusto quel che perde in magnificenza e ricchezza. Un bel giardino, con uno spiazzo ingombro di calcina, come è delle case delle attrici, perennemente in via di restauro, vialetti di ciottoli, una piscina, di questa stagione vuota. La casa vera e propria, è graziosissima e confortevole. Una vecchia dépendance, dimora per domestici, o scuderia. forse, rifatta in modo civettuolo, arredata con pochi mobili ma tutti di un gusto sicuro, e funzionali. Tutt’intorno alle pareti del saloncino, quello stesso che hanno visto i telespettatori, scaffali con libri.

"Il mio paese è questo"

In questa casa, fino a qualche tempo fa, ha abitato Belinda Lee. E’ qui che l’attrice inglese si è fatta fotografare immersa nella vasca piena di buon latte scremato. Erano gli imperatori, una volta, ad assistere ai riti consimili. Oggi sono i fotografi rappresentanti di Sua Maestà il pubblico, sempre indulgente con le attrici molto belle. Belinda Lee ha abitato nella villetta durante il soggiorno inglese della padrona di casa.

Lea Padovani, che è vissuta più di un anno in Inghilterra e stenta un po’ a ritrovarsi nel clima e nell’ambiente italiano, ci parla dei suoi successi nel teatro inglese con una fierezza immodesta ma sincera. Due anni di spettacolo con La rosa tatuata di Tennessee Williams, nella parte di emigrata italiana, la stessa che fruttò l’Oscar ad Anna Magnani. Scorriamo i ritagli dei giornali inglesi ove si parla di lei in termini che smentiscono il luogo comune della tradizionale freddezza britannica. «Straordinaria», — scrive un critico — l’Italia non ci aveva mandato nulla di simile da Emma Gramatica in poi». Gli inglesi conobbero Emma Gramatica più di venti anni fa, e la ricordano ancora.

1959 Noi donne Lea Padovani f1Lea Padovani negli studi della TV

Ora, Lea Padovani è tornata per restare, almeno per un lungo periodo: il primo motivo è di carattere sentimentale. Lea Padovani è fidanzata da alcuni anni, e il fidanzato, durante il periodo della permanenza in Inghilterra, ha affrontato il viaggio in aereo una volta alla settimana. Ciò che costituisce una bella fatica. E una bella spesa anche: ottanta sterline la settimana, 150 mila lire circhi, di solo viaggio. Ma è stato anche un motivo professionale, a riportare Lea Padovani in Italia. «Il teatro inglese — dice — è splendido, raffinato, colto, di altissimo livello. Ma il mio paese è questo, e un’attrice fuori del suo paese è come un fiore trapiantato in una serra. Bisogna respirare l’aria di casa, avere attorno la propria gente, perchè questa è la nostra vita, e l’ispirazione del nostro lavoro».

Lea Padovani sarà l’attrice televisiva del 1960. Fra tutte le offerte ricevute al suo ritorno, ha preferito la TV. «Manco da tanto tempo, e c’è pericolo che il pubblico si dimentichi di me. Ho bisogno di farmi vedere, di tornare nelle case della gente. E solo la televisione mi offre la possibilità di stabilire un contatto immediato con il grande pubblico». Dopo Ottocento di Salvator Gotta, attualmente in programma, Lea Padovani interpreterà, nel volgere di sette-otto mesi, Francillon di Alessandro Dumas figlio. E’ una commedia che ai suoi tempi, venne scritta nel 1887, apparve rivoluzionaria o quasi. Ne è protagonista una donna, la quale accetta il suo uomo solo a patto di essere rispettata nella sua dignità di creatura umana e di sposa. Dichiara, fra l’altro, di pretendere da lui la stessa fedeltà che egli esige da lei; e il giorno in cui s’accorge di essere tradita, dice allo sposo di aver fatto altrettanto. Poi, in un secondo momento, allo spettacolo della disperazione dell’uomo, certa ormai di aver affermato un principio che ritiene sacro, fornirà le prove della sua innocenza.

Un programma nutrito

La storia, ritorna, come si vede, un po’ nei vecchi binari del teatro borghese, ma l’appassionata fierezza di Francillon ancora oggi ha qualcosa da insegnare. Forse, una volta tanto, i dirigenti della TV hanno scelto bene. Il temperamento e la fierezza di Lea Padovani ben si addicono a un personaggio che è fra i meno banali del teatro di quel periodo, di quello di Dumas in particolare.

Dopo Francillon, Lea Padovani interpreterà la riduzione di un racconto di Lower Skold, Carlotta, quindi il primo romanzo sceneggiato di autore moderno, Ragazzo mio, di Saroyan. Una storia ambientata in America fra le due guerre mondiali.

Ma Lea Padovani ha un altro progetto, che accarezza da lungo tempo. Ha proposto alla TV di interpretare Mariana Pineda, uno splendido dramma di Garcia Lorca, la storia di una nobile donna spagnola di un secolo fa che, accanto al suo uomo, partecipa alla lotta contro la tirannide. «Romanza popolare», la definì lo autore. E in effetti la storia di Mariana Pineda, la donna che cuce la bandiera della libertà per il giorno dell’insurrezione, ha la bellezza e il calore di un canto popolare. Lea Padovani spera di poter portare sui teleschermi la storia di Mariana Pineda, magari alla fine del suo programma.

1959 Noi donne Lea Padovani f2Lea Padovani insieme a Giorgio Fantoni e Virna Lisi durante le prove del romanzo sceneggiato «Ottocento».

Il 1960, auspice la televisione, potrebbe essere l’anno di Lea Padovani. Come durante l’anno in corso la TV ha valorizzato attori come Enrico Maria Salerno e Giorgio Albertazzi, così il prossimo anno potrebbe essere quello di Lea Padovani. La TV potrebbe restituirci la magnifica attrice che conoscemmo in Cristo fra i muratori, storia, anche questa, ambientata fra gli emigrati italiani in America, o in Roma ore 11, di De Santis. Lea Padovani ha il temperamento, e il volto, di una attrice popolare. Ma ha anche bravura, mestiere, cultura. Il cinema italiano la scoprì, nell’immediato dopoguerra, e trovò in lei un felice punto d’incontro fra l’esigenza di far apparire sullo schermo un volto vero di donna in carne ed ossa, e quella di utilizzare attrici colte e sensibili. In questo senso, il nome di Lea Padovani va collocato a fianco di quello di Anna Magnani. Poi, così come è avvenuto per la Magnani, l’imperversare dei fusti, delle bulle, l’invasione delle ragazzette dei concorsi di bellezza hanno immerso il cinema italiano in un clima di penoso dilettantismo. E Lea Padovani ha preferito applicare altrove quella serietà professionale che l’Italia, ogni tanto, sembra incapace di apprezzare. E’ andata in Inghilterra. Accogliendola al suo ritorna in Italia, la TV ha fatto un buon affare. Si è assicurata una buona carta, e resta solo da augurarci che sappia giocarla come si deve.

Arturo Gismondi, «Noi donne», 1959


Noi donne
Arturo Gismondi, «Noi donne», 1959