I carabinieri difesero Miss Italia 1948

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Elezione contrastata dai sostenitori della bolognese.

Stresa, settembre

Nelle tre giornate che precedettero l'elezione di Miss Italia 1948, i giudici furono molto incerti. Forse per colpa dell’indisciplina con cui si sono svolte le eliminatorie cittadine e le semifinali regionali, a Stresa, secondo la maggioranza degli spettatori, non c’erano ragazze veramente belle, a Classifichiamone tre a pari merito al secondo posto e diciamo che nessuna delle concorrenti è degna del titolo», propose uno di loro. «Lasciamo il titolo alla Bosè, la Miss Italia dell'anno scorso, che è sempre la più bella», disse un altro. Ma i dirigenti della ditta che promuove il concorso non accettarono queste proposte; non volevano che la gara di quest'anno risultasse un fallimento. Il barone Avanzo, aiuto regista di Rossellini, era contento che Marilyn Buferd (Miss America 1948), invitata a Stresa, all’ultimo momento non fosse venuta, perchè aveva l'influenza. «Se le sarebbe mangiate tutte», aggiunse, «e le italiane, mortificate, forse si sarebbero ritirate in massa».

Quanto a Totò, richiesto di un giudizio sulle finaliste, scosse il capo e disse malinconicamente: «Quante belle italiane sono rimaste a casa!» «Lucia Bosè, la reginetta scaduta, l' ex-commessa milanese che l’anno scorso vendeva canditi e parlava in dialetto, a un anno di distanza fu ancora la donna più ammirata del convegno di Stresa. Tutti pensavano di vederla imbronciata la sera in cui veniva dichiarata decaduta; invece fu la più allegra di tutte. Era allegra perchè non si vedeva intorno concorrenti pericolose, e anche perchè, poco prima di venire a Stresa, aveva firmato un contratto cinematografico con la Lux Film per cinque milioni: gliene avrebbero dati due al primo anno e tre al secondo. Le avevano assicurato che avrebbe girato un film con Luchino Visconti. E poi Totò, recentemente tradito da Isa Barzizza che preferì passare nella compagnia di Macario, alle tre di notte del 26 settembre, le propose di diventare la prima donna nella sua compagnia.

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«Ci pensi», le disse. «E’ la seconda volta che accetto di mettere il nome di una donna in ditta accanto al mio. La prima volta ci misi la Magnani». La Bosè sorrise e rispose che ci avrebbe pensato. Ora Lucia Bosè è diventata disinvolta, e quasi diplomatica; parla un italiano corretto, è vestita elegantemente, si è messa a studiare lingue e recitazione. Fu sempre lei che, alla cena offerta dal principe Borromeo (quello che finse di essere Hemingway, il giorno dopo) si ricordò di aver conosciuto qualche anno fa Fulvia Franco; e forse, senza neanche volerlo, decise la sua nomina a Miss Italia 1948. A quindici anni la Bosè aveva studiato ginnastica artistica e partecipato a molti concorsi. Incontrò in una gara la triestina Franco, che poi figurò nella squadra nazionale italiana nel 1945 e nei 1946, prendendo parte a un incontro con la rappresentativa svizzera di Berna. Allora il barone Avanzo propose che le due ragazze si battessero in esercizi ginnastici al ristorante. La Franco non accettò, e disse che preferiva andare al tavolo di sua madre, Marcella, dove c’erano molti signori di Trieste.

Le concorrenti rivali, quando capirono che la Franco aveva probabilità di riuscita, cominciarono a dire malignamente che uno dei triestini, quello che aveva portato a Stresa la Franco su una nuova automobile fuori serie, era certo un suo intraprendente e non nuovo protettore. La Franco non raccolse l'insinuazione: dichiarò di essere una ragazza per bene studentessa di liceo e non ancora fidanzata. Per di più triestina, aggiunsero il conte Edoardo Visconti di Modrone e i registi Mattoli e Lattuada: ecco un buonissimo motivo patriottico per la candidatura della Franco. Era il momento di creare degli incidenti, e ci pensarono le concorrenti e i loro familiari. Prima di tutto Fulvia Franco ha diciassette anni, e il regolamento dice che l’età per essere eletta è di diciotto: il fratello della bolognese Ornella Zamperetti inoltrò reclamo per la questione dell’età.

Allora la giuria si riunì d’urgenza mezz’ora prima della proclamazione, ma confermò il verdetto. Il fratello della Zamperetti si rassegnò; e venne la volta di un gruppo di bolognesi, riunitisi a Stresa per appoggiare tanto l’ingresso alla finale di Donatella Capozzi, di Reggio, che ne era stata immeritatamente esclusa, quanto per appoggiare fino all’ultimo la Zamperetti. A capo del gruppo stava Franco Colliva, che mostrò a Edoardo Visconti un assegno di mezzo milione. «Scommetto questa cifra», disse il Colliva, «per una sfida definitiva». Il giudizio della giuria conta fino a un certo punto. E’ giusto ascoltare cosa dice il pubblico. Facciamogli sfilare davanti la Franco e la Zamperetti con indosso soltanto il costume a due pezzi, li verdetto resterà quello che è, ma almeno il pubblico avrà detto la sua, e sono sicuro che preferirà la Zamperetti». Ma Edoardo Visconti replicò di non aver tempo per questa sfida. Intanto la Capozzi dichiarò di essere dispostissima a salire sul palco accanto alle altre due concorrenti, in costume a due pezzi anche lei, e magari anche senza il costume. Ma la sfida non venne accettata, e la Capozzi andò via indispettita. Un'altra ragazza avvilita era Anna Visconti, di diciannove anni, già eletta Miss Lombardia e riuscita al terzo posto nella graduatoria per Miss Italia.

Le avevano detto che non doveva illudersi: non poteva essere eletta una milanese per il secondo anno, e soprattutto lei che aveva la sfortuna di chiamarsi come il conte Edoardo, componente la giuria e titolare della ditta organizzatrice. Edoardo Visconti non voleva che sì insinuasse che lei era una parente e che c’erano di mezzo raccomandazioni di famiglia. «Ma possiamo dire che è figlia di una tabaccaia», gridò uno della giuria che appoggiava la Visconti, «Io non spaccio abusivamente titoli nobiliari», replicò la ragazza. Ma non ci fu nulla da fare.

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Al momento dell'elezione (la Franco era pallida e emozionata), i dissidenti fecero una dimostrazione rumorosa. C’erano Colliva, Aldo Zamperetti. I giovani Puppini, Marelli, Piperno, Zini, i quali interruppero l’annunciatore linciandogli contro in gran quantità le iridescenti «magic balls», e tutto il pubblico rise e la Franco impallidi ancora di più. La Celere, i carabinieri guidati dal maresciallo Mico stavan schierati accanto al palco per difendere la vincitrice da eventuali attacchi. I dirigenti della ditta organizzatrice si guardavano intorno allarmati; Ma quando gli spettatori videro il volto bianco della Franco e sentirono parlare di Trieste, si calmarono e si decisero ad applaudire. Solo la Zamperetti pianse e corse in un altro albergo.

Fulvia Franco, subito dopo la elezione, divenne calma, quasi fredda, le tornarono i colori sulle guance, e cominciò a parlare con la madre dei premi che le sarebbero toccati. Aveva diritto a una dote e a 100.000 lire. La dote è composta di un soggiorno di otto giorni negli alberghi più lussuosi d’Italia, dell’arredamento di un piccola appartamento, di una pelliccia, una radio, un servizio da tavola, un impermeabile, molti abiti per ogni ora del giorno, e poi calze, scarpe, pantofole. Solo da ultimo le dissero la novità di quest’anno. Miss Italia, nel 1949, avrà uno stipendio di 50.000 lire al mese, oltre le spese, per essere a disposizione della ditta organizzatrice. Inoltre Wally Toscanini la porterà per due mesi in giro per l'America, a raccogliere fondi a favore dei bambini poveri italiani. «Che vita di fatica», disse una delle concorrenti più pigre. «Beata lei, sposerà un americano», disse un’ altra, piangendo; e si decise a soffiarsi il naso e a mettersi la cipria solo quando un giovane industriale di Legnano si offri di condurla al bar per un brindisi di consolazione.

«L'Europeo», anno IV, n.41, 10 ottobre 1948


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«L'Europeo», anno IV, n.41, 10 ottobre 1948