Pagnani Andreina (Gentili Andreina)


Andreina Pagnani

Nata Andreina Gentili (Roma, 24 novembre 1906 – Roma, 22 novembre 1981), è stata un'attrice e doppiatrice italiana.

Biografia

Dopo aver vinto il Concorso Filodrammatico di Bologna nel 1928, le venne offerto il ruolo di prima attrice in una compagnia professionistica a Milano. Nel 1933 è Uliva nella prima assoluta di La rappresentazione di Santa Uliva di Ildebrando Pizzetti nel Chiostro Grande della Basilica di Santa Croce di Firenze con Rina Morelli, Cesare Bettarini, Memo Benassi, Ruggero Lupi, Carlo Lombardi, Sarah Ferrati, Nerio Bernardi, Armando Migliari e Giovanni Cimara per la regia di Jacques Copeau.

In seguito, dopo essere stata accanto a Luigi Cimara e Romano Calò, nel 1938 formò la compagnia Pagnani-Cialente e nel 1938-39 ottenne un notevole successo con la compagnia del Teatro Eliseo di Roma, accanto a Gino Cervi, Carlo Ninchi e Paolo Stoppa. Nel 1939 è Dafne in Aminta (Tasso) per la regia di Renato Simoni e Corrado Pavolini con la Morelli, Micaela Giustiniani, Rossano Brazzi, Gino Cervi, Ernesto Sabbatini, Carlo Ninchi, Aroldo Tieri ed Annibale Ninchi nel Giardino di Boboli a Firenze. Attrice dotata di grande fascino e di una elegante intensità recitativa, Andreina Pagnani viene ricordata soprattutto per avere interpretato le opere di autori come Shakespeare (La dodicesima notte, Le allegre comari di Windsor), Pirandello (Non si sa come, I giganti della montagna), Cocteau (I parenti terribili), O'Neill (Strano interludio) e Shaw (La professione della signora Warren).

Frequenti furono le partecipazioni alla prosa radiofonica dell'EIAR e della RAI a partire dalla metà degli anni trenta, oltre che alla prosa televisiva, in voga negli anni cinquanta e sessanta. Il grande pubblico televisivo la ricorda soprattutto per il ruolo della tenera e premurosa signora Maigret, accanto al suo vecchio compagno di scena Gino Cervi, nella serie Le inchieste del commissario Maigret (1964-1972).

Condusse, fin dall'inizio della carriera, anche un'attività cinematografica che, seppur non intensa come quella teatrale, durò comunque più di trent'anni, dall'inizio degli anni trenta (dall'avvento in Italia del cinema sonoro) fino alla seconda metà degli anni sessanta.

Le sue doti interpretative si esprimevano attraverso una voce intensa e dagli accenti sfumati, e proprio grazie a questa qualità fu, assieme a Lydia Simoneschi, Tina Lattanzi, Rosetta Calavetta, Dhia Cristiani e Giovanna Scotto, una delle doppiatrici più quotate e richieste della sua generazione, a partire dal 1930, prestando la voce a grandi dive, come Bette Davis e Marlene Dietrich, inoltre Katharine Hepburn ne La regina d'Africa e Improvvisamente l'estate scorsa, Gloria Swanson in Viale del tramonto, Barbara Stanwyck in Il terrore corre sul filo, Greta Garbo in Ninotchka e Non tradirmi con me. Ha inoltre doppiato anche diverse attrici italiane, tra cui una Gina Lollobrigida ad inizio carriera nel film del 1949 Campane a martello.

Fu legata sentimentalmente per nove anni ad Alberto Sordi.


Galleria fotografica e rassegna stampa

1940 10 12 Film Andreina Pagnani intro

1940 10 12 Film Andreina Pagnani f1Si può dire che Andreina Gentili Pagnani è comparsa alla luce della ribalta in vesti di attrice solo nel 1927, al teatro Nazionale di Roma, in occasione del fugace ritorno alle scene di Tina di Lorenzo. Era una recita di beneficenza, e si rappresentava il Ventaglio di Goldoni. Pochi si accorsero allora di Andreina, che veniva dalle filodrammatiche: e mi sembra, oggi, che la soavissima giovinetta romana fosse lì, sulle scene del Nazionale, non per partecipare alla serata goldoniana ma per raccogliere materialmente l'eredità artistica e fisica di Tina cui singolarmente rassomigliava : la sua bellezza, la sua fragranza, la sua voce d'oro, la sua grazia, il suo naso aristocratico ricordavano infatti con insistenza la grande Tina. Era l'inverno, e Tina tramontava definitivamente sulle scene, avvolta in una luce portentosa: mentre Andreina sorgeva, come un arcobaleno su un cielo di pioggia.

Tre anni dopo, Gian Capo, dovendo formare la compagnia del «Teatro d'arte di Milano», si ricordò di lei e la volle prima attrice. Così Andreina iniziava la sua carriera stabile tornando a Goldoni, come Moglie saggia, e dando subito la misura delle sue grandi possibilità artistiche coll’interpretare figure di donna le più contrastanti in commedie difficilissime: quali La vita è bella, Ma Costanza si comporta bene? Il Borghese romantico, La corte dèi miracoli.

Da quel lontano 15 febbraio 1929 ad oggi, per Andreina Pagnani è stato un succedersi, un inseguirsi di vittorie: prim’attrice in tutte le compagnie più importanti (fino a quella del «Teatro Eliseo», che ora ha lasciato per formare un complesso di cui sarà capocomica) è stata inoltre chiamata per rappresentazioni di carattere eccezionale: come quelle del Mercanti di Venezia, del Bugiardo, del Ventaglio, della Bottega del caffè, di Sant’Oliva, dell'Aminta, dei Giganti della montagna, di Francesca da Rimini. Sarebbe lungo elencare le altre commedie di repertorio nelle quali si sono particolarmente rivelate le sue doti di squisita sensibilità scenica (sa, come poche, il valore delle pause), di naturalezza istintiva, di intuito vigilante, di spontaneità recitativa. Certo, sopravanza tutte le interpretazioni quella di Sant'Oliva, che resta indimenticabile ed, insuperabile per l'immediatezza, il trasporto e l’effusione con cui ella compose e rivisse quel personaggio che sembrava tutt'un palpito della sua anima.

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Andreina Pagnani può esser definita l’ape regina del teatro di prosa italiano: indubbiamente è la più innocua e la più remissiva delle nostre attrici. Soltanto con occhio superficiale o malevolo, si può vedere in lei la donna fatta per la pacifica vita borghese: qualcuno ha detto che la Pagnani è un’attrice borghese anche nello spirito e si è lasciato in tal modo ingannare dalla sua calma esteriore, dalla sua aria flemmatica, dalla sua impassibile indifferenza, dalla sua prudente pigrizia.

E' tutta qui, all'opposto, la personalità della Pagnani: in questo atteggiamento schivo di ogni preziosismo, in questa magica stanchezza, molle e struggente com’è quella che prende nei giorni di colma estate. La stessa massa soffice dei suoi capelli impastati di sole le pesa voluttuosamente sul collo e sulle spalle; la stessa sua voce morbida e pastosa, tiepida e suadente, che «ricama» ogni commedia da lei recitata, è piena di languore (altrettanto è del suo volto); lo stesso suo corpo snodato ed il suo incedere molle sembrano materiati di abbandono. Andreina è una donna fatta per smarrirsi; la sua bellezza è sempre in uno stato di grazia: sembra d’alabastro, pallida e trasparente nella sua soavità morbida e luminosa; quasi fiamma senza colore, incima e silenziosa, nella sua interezza fisica che si sfinisce estatica: e, se il paragone non fosse stato già trovato per altra attrice e lei non avesse interpretato una certa commedia di Benelli, direi che Andreina è proprio una orchidea umana.

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Con tutte queste qualità di attrice eccezionale e di donna adorabile, Andreina Pagnani è stata ripudiata, o dimenticata dal cinematografo: da quel cinematografo che fino ad oggi si è nutrito di teatro: per i soggetti, per gli attori, per le voci. (Delle attrici straniere la Pagnani ha doppiato la Shearer, — alla quale si avvicina molto e non solo fisicamente —, la Reiner, la Dietrich, la Wieck, la Balin, etc.).

La colpa non è della Pagnani, bensì dei film (Acqua cheta, Il presidente della Ba-Ce-Cre-Mi, La maestrina, Il serpente a sonagli) che le hanno fatto interpretare film a carattere comico sentimentale o di vecchio sapore romantico, senza alcun rilievo interpretativo e con una pessima ripresa fotografica.

Sono passati sei anni dall'ultimo suo film e c’è chi, per quella disgraziata eredità, dubita ancora della sua fotogenia; c’è chi dice che la Pagnani non è capace di costruire un personaggio cinematografico. Costoro, adesso, son ciechi e per di più non sanno che solo in teatro il personaggio va costruito dall’attore o dall'attrice, mentre nel cinema va costruito dal regista, inquadratura per inquadratura. Anche la più grande attrice, affidata alla direzione di un mediocre regista, fallirà la prova: gli esempi sono infiniti.

Ho visto alla «Scalera» un recentissimo provino della Pagnani, girato dall’operatore Ubaldo Arata: è un provino normale, improvvisato quasi, più una semplice prova di luci che uno studio di inquadrature o di espressioni e di atteggiamenti particolari. Ebbene, debbo confessare che mi sono sorpreso delle grandi e ignorate possibilità cinematografiche della Pagnani : il suo volto oblungo, che è plasticamente dei più armoniosi ed equilibrati, acquista ancor più in luminosità: l’incavo delle sue guance, che sembrano infoscate e turbate dal peccato come quelle di Marlène, ha un'ombreggiatura morbidissima che termina fin sulle molli labbra come in una conca riposante: la forte linea del suo mento deciso e lo slancio del suo collo reggono il profilo imperioso e lo valorizzano (non bisogna aver mai paura di mettere in evidenza le tipiche fattezze di un'attrice che servono, poi, a determinare il carattere del personaggio) : in fine le sue pupille, verdi ed azzurre insieme, s’immergono e s'annegano nel grande ovale dell'occhio dando al suo sguardo una profondità ed un senso di smarrimento incantevoli. Queste sono tutte qualità e particolarità precipuamente cinematografiche, che vanno studiate saggiate e sfruttate fotograficamente come richiedono l’attrice e la eventuale parte. Andreina non ha un volto classico e neanche un volto moderno, anzi non è una donna moderna se non per quel romanticismo che è rimasto ancor oggi nell'animo femminile come un fiore appassito, e lei ne è una appassionata rappresentante. Il volto di Andreina è settecentesco e, per complemento, anche ottocentesco: lei stessa cerca sempre di incorniciarlo all’antica, nel modo di ravviarsi i capelli con frequenti ondulazioni, con volute, con boccoli che richiamano ora le parrucche incipriate, ora le voluminose acconciature fine secolo. Non è superfluo ricordare la sua predilezione per Goldoni, o per gli autori dell'Ottocento e del primo Novecento post-romantici. Come temperamento, Andreina è, infatti, per tre quarti romantica, e questo s’intravvede anche dalla abituale espressione del suo volto malinconico e soave. In Carità mondana di G. Antona-Traversi, ella sembra scesa proprio da un quadro del Boldini, uno dei più vaporosi, e come un sospiro allora vien spontaneo di dire: «Andreina, dolce sogno!».

Francesco Càllari, «Film», 12 ottobre 1940



1952 11 01 Il Dramma Andreina Pagnani intro

Dagli studi di Milano, è stata trasmessa per televisione "La carrozza del Santo Sacramento" di Prosper Mérimée, con Andreina Pagnani. Regia di Daniele D'Anza.

Mi chiedono di riferire sulla prima avventure televisiva di Andreina Pagnani. Non è facile. Non so perchè, ma quando si deve parlare di Andreina, si comincia in punta di penna e si finisce in un madrigale. Vedete? Già vien spontaneo di omettere il cognome: Andreina, così tout-court. Un guaio. Comunque, vediamo di farcela. Andreina, no: Andreina Paglioni, è giunta tutta sorridente alla TV. (E’ ancora necessarie/ spiegare al profano che TV, in gergo, significa televisione? Non credo. In quest’epoca dominata dalle sigle e dalle abbreviazioni, e subissata dallo stillicidio quotidiano degli slogans pubblicitari, la folla impara assai prima le sigle dei concetti e dei significati). Tutta sorridente, si diceva. Era stata chiamata a interpretare La carrozza - non quella d’oro, dì Rerioir: quella vera, di Mérimée - che anni fa aveva già recitato in teatro. Il personaggio della Perielio già lo possedeva, nelle sue smanie e nei suoi controsensi, nelle sue civetterie e nelle sue bizze, nella sua carnalità e nel suo falso misticismo. E poi, al primo contatto, la TV non spaventa.

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I primi giorni si prova in una comune. sala, non dissimile dal palcoscenico. Dei segni di gesso a terra per indicare i limiti della scena, quattro oggetti indispensabili di trovarobato, qualche segretaria di produzione di più e qualche amministratore di meno, ma il fedele suggeritore sempre lì, a portata di mano. Tutto qui, lo spauracchio della TV? Una bazza. Il regista, vero, complica un po’ le cose con una certa pignoleria di movimenti al millimetro, vuole il viso sia a tre quarti e due decimi, niente di più nè di meno, parla di panoramiche e carrellate, di macchine da presa (no, lui dice «camere»: e che saranno mai?) che ti prendono da tutti i lati, contemporaneamente e spieiatamente, e che un momento sono qui un momento là, non si sa bene come. Ma tutti questi discorsi, si sa, li fa per darsi un certo tono, per giustificar lo stipendio, per far vedere che la televisione è tutta un’altra cosa... E invece no, a conti fatti si sa già come andrà a finire: sarà sempre il vecchio teatro a la situazione. In fondo, che c’è di diverso? Noi si recita, e quelli ti fotografano con la chinetta. Tac, tac, tac... Via, una commedia fotografata. Bella, la TV.

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I guai incominciano quando, dopo i primi giorni di preparazione e di impostazione, si scende nello studio. E qui è tutto un altro mondo. Tu reciti, tu «soffri» una battuta, ridi e piangi a freddo, e attorno a te si agita e ruggisce un esercito di strani uomini in camice bianco. Chi sono? Operatori, carrellisti, elettricisti, tecnici, macchinisti, giraffisti, truccatori, fonici, perfino ingegneri. Ce n’è per tutti i gusti. Tutti: meno il suggeritore, l’unico necessario. E qui nasce la crisi. Sì, perche l’idillio dell’attore italiano col suggeritore è troppo di vecchia data perchè lo si possa troncare così bruscamente. Ogni sera, da quando è nato, l’attore italiano (eh sì, la precisazione della nazionalità è indispensabile: all’estero, no) conosce un solo compagno che fedelmente divide, dinanzi alla macchia nera e informe del pubblico, fatiche gioie e delusioni: lui, l’ometto della buca. E questi rivoluzionari del camice bianco lo vogliono abolire, così, d’improvviso. Ti fanno far tre atti tutti in fila, senza neanche l’intervallo, con un sacco di preoccupazioni scoccianti (metti il piede al segno, girati un po’, cerca col viso la luce, attento che esci di campo) e ti levano l’unico appoggio di quella voce amica che ti dà l’imbeccata. Perchè la parte, è logico, la si sa: ma è il terrore di sentirsi soli, abbandonati fra tanti obiettivi spietati, che ti agghiaccia. Il cinema è un’altra cosa. Dici due battute il giorno, guardando il gobbo con la coda dell’occhio, e se poi t’impunti e t’impaperi o sbagli un basso niente male, si rifà. Cento volte si ripete, anche un ceffone: dico un vero ceffone. Qui no, è teatro e cinema insieme, più radio. E se sbagli, buonanotte, t'hanno già visto a l‘erotta e a Busto Arsitio (e Dio ci scampi quando arriverà a Caltanissetta). No no, sono tutti pazzi, questi della TV. Un'altra volta chi ci casca più?

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Come tutti i compagni che l'hanno preceduta o seguita nel loro primo incontro con la televisione (cito a caso: Diana Torrieri, Andreina Paul, Stival, Carraro, Poreili, Pepe, Isa Barzizza, la Fabbri) anche «Andreina nostra» - la bella Andreina nazionale - ha sofferto la sua brava crisi TV. Tre o quattro giorni senza sorriso, ad occhi spenti e labbra febbricitanti. Tre o quattro notti in bianco, a ripetersi la parte a memoria come una debuttante. E le attese e le soste negli uffici della direzione con una sola preghiera: che la lasciassero andar via, per carità. Poi - e qui rinasce il madrigale - Andreina salì un giorno in cabina regìa. Fra tutti quegli aggeggi meccanici, fra quelle leve e quei pulsanti sconosciuti, dinanzi a quei piccoli schermi che le donavano immagini differenti che andavano via ria sostituendosi l'uria all'altra nel fluido e logico montaggio della narrazione, Andreina, l'ultima romantica, sentì d'improvviso i! fascino del nuovo mezzo, freddo e meccanico e astruso all'apparenza, caldo semplice e cordiale nella realtà. E se ne innamorò con ingenuità insospettata, incuriosendosi ed esaltandosi con emotività fanciullesca. Ridivenne l'Andreina di sempre, sorridente, sicura, tranquilla. Perchè aveva trovato la televisione o - il che è meglio - la sua televisione. Un giocattolo bello nuovo divertente, per marionette un po’ ciniche e smaliziate.

Inutile dire che Andreina Pagnani recitò da Andreina Pagnani. Quel che è più importante, credo, è che non recitò per il teatro, ma per la televisione: voglio dire con quell'intimità e quella complicità, con quel sapiente calcolo di variazioni tonali e mimiche che sono indispensabili per chi parla al singolo, nella sua casa, anziché alla folla in un luogo pubblico. Inconsciamente era nata in lei, da un vecchio istinto d’arte, la misura esatta per il nuovo mezzo. E scusate se è poco. Questa, tra le pieghe di un madrigale, è la piccola storia di Andreina TV. Anzi, speriamo: l’introduzione soltanto.

Daniele D'Anza, «Il Dramma», 1 novembre 1952


1956 02 05 Tempo Pagnani Calindri intro

Non si fa una scoperta quando si afferma che da noi il tipo d’interprete per la commedia musicale, come la intendono gli americani, non esiste; non esiste quel tipo d’attore, che, a metà fra il ballerino, il mimo e il comico, riesce tuttavia, in ognuna di queste sue specializzazioni, ad essere - come dire - autonomo, volta a volta ballerino, mimo e attore di prosa, sempre su un livello professionistico. I comici della rivista che sappiano validamente interpretare un personaggio da commedia, plausibile, logico, inserito in una trama, si contano sulle dita di una mano; e quando pure riescano a recitare da attori di prosa, ecco che' mancano loro le altre corde dell'arco; non sanno cantare, per esempio, non sanno ballare. Mancano insomma, da noi, i Fred Astaire, mancano, le Ginger Rogers e i Gene Kelly; tipi che il cinema ha preso, sfruttandone la grande popolarità e trasformandoli addirittura, a poco a poco, in interpreti drammatici. Che sia questo uno dei motivi per cui la commedia musicale moderna, che fa furore in America, stenta tanto ad attecchire sui nostri palcoscenici? Da noi si ricorre, come si è fatto quest’anno, agli attori di prosa qualificati, ad Andreina Pagnani, per esempio, e ad Ernesto Calindri, i nomi su cui si è puntato, insieme con quelli dell’italo-americano Robert Alda e di Lauretta Masiero, per «La Padrona di Raggio di Luna», l’ultima produzione di Garinei e Giovannini.

Che cosa accade, allora? Che la recitazione di questi attori risulta di un intero rigo musicale al di sotto del livello sonoro su cui, come su una corda, è teso uno spettacolo del genere. É chiaro che Andreina Pagnani, quest’attrice teneramente melodica, contrappuntata, fastosamente crepuscolare, recita, nei due tempi de «La padrona di Raggio di Luna», in chiave d’ironia, prendendo garbatamente in giro l’immagine di se stessa, per esempio, in «Cheri». Ma credete che il grosso pubblico della rivista sia in grado di accorgersi di questa intelligente, elegante trasposizione?

Se ne accorgono i patiti della prosa, i soliti quattro gatti. Il pubblico scatta, ride ed applaude quando Andreina si concede al ballo del Be-Bop, cioè quando accetta di canzonarsi in modo palese, con assai meno finezza ma stabilendo con la platea un rapporto immediato, quasi per una strizzatina d'occhio. E come può, il grosso pubblico della rivista, centellinare col gusto che le si addice La comicità dinoccolata e controllata di Ernesto Calindri, di questo attore che non improvvisa, che sta ai testi, che ha bisogno della battuta gelida e precisa? Anche lui piace quando balla il «Charleston» e per la verità se la cava bene, ma il meglio della sua comicità, nel fragore di uno spettacolo musicale, va inevitabilmente perduto. Il più a proprio agio, ed è naturale che sia così, è Robert Alda, il ragazzone italo- americano dalla faccia gioviale, la voce spiegata e vibrante e il sorriso fresco che, chi sa perché, ci ricorda quell'altro italo-americano che fu campione mondiale dei pesi medi, Jack La Motta, il «Toro del Bronx». Lui, nell’atmosfera della commedia musicale, ci si trova come a casa sua, come se andasse passeggiando, spalle larghe e ondulanti e garofano all'occhiello, per Brooklyn. Lauretta Masiero è vivace e graziosa e i due anni che ha trascorso in prosa, si avverte subito, le hanno giovato.

Quanto alla favola, ideata da Garinei e Giovannini sullo spunto di un fatto realmente accaduto in quell’ambiente di schiavi milionari che è, in Italia, il mondo della palla rotonda, diremo che è ben costruita e ha momenti assai divertenti. C’è forse qualche lungaggine nel primo tempo ma nel secondo tutto fila liscio e col giusto ritmo; non c’è bisogno, però, di citare Feydeau, i cui allegri meccanismi sono di tutt’altro genere. Bisogna ricordare piuttosto le musiche di Kramer, il Charley Ballet, le scene di Coltellacci; e Maria Pia Casilio, che è una goccia d’acqua fresca; e, come è noto, a una goccia d'acqua fresca non si chiede, appunto, che d’essere fresca.

Roberto De Monticelli, «Epoca», anno VII, n.279, 5 febbraio 1956


1956 03 25 Tempo Pagnani Calindri intro

Ponendo due attori come Andreina Pagnani ed Ernesto Calindri al centro del loro ultimo pittoresco spettacolo, “La padrona di Raggio di Luna”, Garinei e Giovannini si sono definitivamente orientati verso la commedia musicale.

All'estero, e particolarmente in America e Inghilterra, la commedia musicale a grande spettacolo, ben diversa dalla francese comédie melée de couplets alla Labiche o dai pasticcetti in prosa Intercalati alla tedesca da un valzerino orecchiabile o da un fox-trott alla moda, ha da un pezzo una sua vita floridissima. Basti ricordare quello Show Boat che da venticinque anni in qua è stato entusiasticamente « ripreso » o dal teatro o dal cinema almeno quattro o cinque volte. Garinei e Giovannini, convinti che la rivista tradizionale aveva ormai i giorni contati e persuasi, dopo i loro viaggi americani, della bontà delle formule di Broadway, hanno voluto tentare anche da noi questi schemi teatrali oscillanti tra l’operetta e la féerie d’un tempo. Hanno cominciato con Giove in doppio petto, per Dapporto, han seguitato con La Granduchessa e i camerieri per Wanda Osiris, Billi e Riva e ora si sono lanciati in pieno nel nuovo «genere» con La padrona di Raggio di Luna.

1956 03 25 Tempo Pagnani Calindri f1
Un duetto fra Andreina Pagnani, che è invece al suo esordio sulle scene della « piccola lirica », e Robert Alda, un italo-americano specializzatosi a Broadway nelle musical shows, in cui ha avuto molto successo.

In questo loro ultimo lavoro i due giocondi autori, quasi per sganciarsi completamente dalle vecchie formule della rivista, si sono addirittura serviti di interpreti che con la rivista vera e propria nulla avevano a che fare, puntando audacemente sull’abilità e sulle simpatie personali di Andreina Pagnani e di Ernesto Calindri, entrambi apprezzatissimi attori di prosa. Accanto a loro hanno posto un homo novus, almeno per noi, vale a dire Robert Alda, un italo-americano che proviene dritto dritto proprio dalle shows di Broadway. Finalmente, quasi a servire da amabile trait d'union tra l’uno e l'altro genere, ci hanno messo Lauretta Masiero, die era riuscita a guizzare fuori dalle file delle « donnine di Macario » per entrare, assai bene accolta, sui palcoscenici di prosa. Ne è risultato uno spettacolo sorprendente e pittoresco ma sempre divertente. Forse i botanici lo definirebbero un ibrido. Ma è un nome col quale si designano le infioriscenze più rare, dai colori e dalle forme più preziose.

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La padrona di Roggio di Luna si avvicina molto, per la trama, a certe ingarbugliate pochodes alla francese. Qui sopra: Tutti i protagonisti dello spettacolo si trovano riuniti nel finale del primo tempo: Robert Alda (primo a sinistra) che impersona un celebre calciatore, Lauretta Masiero (al centro, con l’abito a campana), Andreina Pagnani (accanto a lei), Ernesto Calindri (vicino alia Pagnani) e Maria Pia Casilio (in costume, alla sinistra di Calindri).
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Ernesto Calindri, che nello , spettacolo impersona un ingenuo notaio, si trova alle prese con le amiche di Lauretta Masiero. Sebbene provenga dalla prosa, Calindri non è nuovo al genere musicale.

«Epoca», anno VII, n.286, 25 marzo 1956


1960 Noi donne Andreina Pagnani intro

«Noi donne», 1960 - Andreina Pagnani


1973 05 16 Corriere della Sera Ciclo Film Il comandante intro

Andreina Pagnani parla del film di stasera in tv. « Il comandante » aprì una nuova fase nell'arte del grande comico.

Nel film di questa sera in Tv, il Comandante», Andreina Pagnani appare al fianco di Totò nel ruolo importantissimo della moglie. Chiediamo alla celebre attrice un giudizio schietto, se occorre impietoso, su questo lavoro.

R.: Ammetto che il film non è un capolavoro, ma è discreto, senz’altro tra i migliori di questo ciclo televisivo dedicato al comico napoletano. Se non registrò il successo che in sostanza meritava, fu perché De Curtis abbandonò, proprio qui, il repertorio clownesco per essere esclusivamente personaggio ed attore. Il grande pubblico, abituato ormai alle famose macchiette, non apprezzò appieno questa specie di metamorfosi.

D.: Secondo lei, il cambiamento del principe clown fu provvidenziale?

R.: Certamente. Totò era un attore versatile e sensibile; perché dunque esaurirsi in smorfie e sgambetti? La misura delle sue capacità si vede bene stasera in questo film diretto con buona mano da una giovane promessa di allora. Paolo Heusch, del quale, purtroppo, non ho più sentito parlare.

D.: Che cosa pensa di Totò uomo?

R.: Era un autentico signore, amabile, delicato, molto spiritoso.

1973 05 16 Corriere della Sera Ciclo Film Il comandante f1La moglie terribile. Nel film di questa sera, « Il Comandante», Andreina Pagnani, che il grosso pubblico ricorda soprattutto come la dolce e mite «signora Maigret» accanto a Gino Cervi, interpreta il personaggio di una moglie energica e impegnata nel campo degli affari, che aiuta il marito pensionato e provvede a sistemare l pasticci combinati da Totò.

D.: Che cosa ricorda, in particolare, di questa sua rara prestazione cinematografica?

R.: Ricordo che mi presi un mezzo esaurimento nervoso. Totò, ammalato agli occhi, doveva curarsi di continuo: il film andò così avanti a pezzi e bocconi e «sforò» di parecchi giorni. Mi venivano a prendere la mattina alle quattro per girare gli esterni e poi il pomeriggio e la sera provavo « Virginia Woolf » con Zeffirelli. Poi non ressi più e dovetti abbandonare quell'importante lavoro teatrale al quale tenevo tanto!

D.: Dovette cosi rinunciare a una bella esperienza teatrale per concludere la fase più commerciale della sua carriera?

R.: In fondo è cosi. Se per Totò « Il Comandante » rappresentò un riscatto artistico (e lo fu), per me fu un fatto, come dice lei, commerciale.

D.: Si trovò a suo agio in una parte comica, in mezzo a tutti comici?

R.: Mi trovai a meraviglia. Perché io sono principalmente un'attrice comica, genere recitativo che prediligo e che, come saprà, è anche il più difficile.

D.: In teatro, sul video e, più raramente, sullo schermo, lei appare dolce e remissiva. Senonché parlando con lei da vicino si ha tutt’altra impressione: quella di trattare con una donna dura, freddamente realistica, decisa.

R.: Ha indovinato. Io sono una leonessa, autoritaria e guardinga (altro che la signora Maigret!). Altrimenti, come avrei potuto fare tutto da sola nella vita?

D.: Romana genuina, qual è, in lei, il carattere dominante di questa razza?

R.: Il parlare franco, dire senza mezzi termini il mio pensiero. Odio il sotterfugio e spesso, nel discorrere, sono capace di commettere cattiverie senza volerlo.

D: Lei vive sola, non ha parenti, è arroccata — si direbbe — in una silenziosa serenità. Conosce la malinconia?

R.: Qualche volta la incontro. Però mi trovo bene cosi. Questa è sempre stata la mia vita: essere autosufficiente in tutte le cose.

Antonio Sangiorgi, «Corriere della Sera», 16 maggio 1973


1981 11 23 La Stampa Andreina Pagnani morte intro

Nel '28 aveva clamorosamente esordito come primattrice - La «rivoluzione» con Visconti

Andreina Pagnani era di animo mite. Si inquielava solo quando le parlavano della popolarità conseguita con il personaggio della signora Mainivi a fianco di Gino Cervi in televisione. Quella «cretina» di madame la chiamava, e si spiegava subito con un chiacchierio fitto fitto che mai avrebbe osato proporre sulla scena.

«Non immaginavo davvero - esplodeva - che da un certo giorno e per tutto il resto delia mia vita sarei stata sopraffatta da quell'insulsa massaia Se entro in un ristorante o in un negozio, tutti mi additano e mormorano: "Guarda, la signora Maigret!". Magari non sanno neanche il mio nome. E' avvilente per un 'attrice che ha dedicato la sua intera esistema al teatro. E poi che cosa ho da spartire con madame Matgret? Milioni di casalinghe italiane si sono identificate in questa signora che aveva il mio volto e i miei gesti, ma io non le somiglio in nulla: sono esattamente il contrario!».

Certamente ai milioni di persone che le hanno voluto bene attraverso la facile mania del piccolo schermo, questo sfogo più e più volle ribadito doveva persino sembrare ingiusto. Invece la Pagnani aveva ragione nel pretendere di essere ricordata per quanto di originale aveva dato alla nostra prosa: per esempio un esordio da prim'attrice. una piccola rivoluzione con la regia di Luchino Visconti, un altro incredibile esordio in quella che fu forse la prima commedia musicale italiana di Cianuri e Giovannini. Oggi, quando è tardi per dirglielo di persona, siamo in tanti a rin graziarla senza malinconia, anzi con il sorriso che ci aveva suscitato in tanti anni di carriera.

Destinala chissà perché dal l»dre a un avvenire di concertista e sposala a un aviatore che non amava il mondo dello spettacolo, la ragazza che sognava l'applauso della ribalta di prosa non sembrava certo destinata a bruciare le tappe Invece vinse nel '28 un concorso goldoniano che le consenti di esordire come Mirandolina ne La locandiera affiancando Picasso. Pilotto e Pescatori. Da allora interpretò 380-390 parti, con poche esitazioni e parecchie certezze. E' vero che nel '63 diede for(alt durante le prove di Chi ha paura di Virginia Woolf? perché stremata dal ritmo delle prove e dal superlavoro accumutato nel cinema dove aveva girato a ritmo di carica un filmetto conTotò.

Ma è altrettanto vero che, come poche altre primedonne della prosa, ha saputo cimentarsi con successo in ogni genere di spettacolo. Aff ascinata dal personaggio di Pulcinella, trovava nella sua maschera triste e vitale la forza di ricaricarsi per ogni nuova impresa, per ogni bella fantasticheria. Pulcinella s'inchinava con sarcasmo ai potenti e anche la Pagnani si adattava al repertorio commerciale (le commedie di Sauvajon, i film come I miserabili). Non se ne preoccupava troppo perché piegava le banalità alle sue esigenze e alla fine trionfava lei.

Aveva una voce melodiosa che le permetteva di recitare benissimo all'aperto quando la cosa produceva ancora sensazione. Sono legate alla storia del teairo le sue apparizioni al Giardino di Boboli per il Maggio Fiorentino o per il Festival della prosa in Venezia. A quell'epoca — negli Anni Trenta — aveva già recitalo con la compagnia brillante «Za-Bum», con Almirante e Besozzi, con Ruggeri e Cialente. Fu la prima interprete del dramma postumo di Pirandello I giganti della montagna, la sola che sapeva convincere Renato Simoni ad alternare il lavoro di critico con quello di teatrante. Finalmente, in piena guerra, l'incontro con Luchino Visconti all'Eliseo di Roma e la scoperta d'un Cocteau cattivo con I parenti terribili. A distanza d'una generazione la commedia si direbbe poco più d'un pettegolezzo ma nel '44-46 la regia scabra e antidivistlca di Visconti le aveva conferito uno spessore inusitato, che cancellava gli attori tromboni e promuoveva i talenti veri e responsabili.

Andreina Pagnani avrebbe ponilo nella maturità risparmiarsi e vantarsi, tanto più che era stala con successo anche all'estero in Inghilterra e in Francia. Invece a cinquant'anni, nel '55-56, decise di buttarsi nell'avventura della commedia musicale che Garinei e Giovannini lanciavano dopo le esperienze di Giove in doppiopetto e La granduchessa i camerieri che intaccavano le ferree regole della rivista La Pagnani fu La padrona di Raggio di luna, satira sul mondo del football dove si recitava dal principio alla fine senza il riposo offerto da siparietti e coreografie, ma dove pure bisognava cantare, aggredire il compassato Ernesto Calindri, imparare come una ragazzina a ballare il cha-cha-cha. Per un'interprete che in qualche modo riprendeva gli illustri modelli della primadonna ottocentesca, era tutto. Non poteva scalfirla neppure l'odiato successo come signora Maigret, cinquanta inesorabili puntate di simpatia.

Piero Perona, «Stampa Sera», 23 novembre 1981


1981 11 23 Corriere della Sera Andreina Pagnani morte intro

«Corriere della Sera», 23 novembre 1981



Filmografia

Patatrac, regia di Gennaro Righelli (1931)
Acqua cheta, regia di Gero Zambuto (1933)
Il presidente della Ba. Ce. Cre. Mi., regia di Gennaro Righelli (1933)
La maestrina, regia di Guido Brignone (1933)
Quella vecchia canaglia, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1934)
Il serpente a sonagli, regia di Raffaello Matarazzo (1935)
L'orizzonte dipinto, regia di Guido Salvini (1941)
Apparizione, regia di Jean de Limur (1943)
I miserabili, regia di Riccardo Freda (1947)
Il padrone sono me, regia di Franco Brusati (1955)
Domenica è sempre domenica, regia di Camillo Mastrocinque (1958)
I piaceri del sabato notte, regia di Daniele D'Anza (1960)
Le pillole di Ercole, regia di Luciano Salce (1960)
Gli attendenti, regia di Giorgio Bianchi (1961)
Il giudizio universale, regia di Vittorio De Sica (1961)
Il comandante, regia di Paolo Heusch (1963)
I due vigili, regia di Giuseppe Orlandini (1967)

Prosa radiofonica RAI

Gli ultimi cinque minuti di Aldo De Benedetti, regia di Pietro Masserano Taricco, trasmessa il 10 giugno 1954.
Il caso Papaleo, di Ennio Flaiano, regia di Luciano Mondolfo, trasmessa il 18 febbraio 1963.

Varietà radiofonici Rai

Le canzoni di casa Maigret, con Gino Cervi e Andreina Pagnani, sceneggiatura radiofonica di Umberto Ciappetti, regia Andrea Camilleri 1972

Prosa televisiva RAI

Un mese in campagna, regia Mario Landi, trasmessa il 25 ottobre 1957.

Doppiaggio

Attrici straniere

Bette Davis in Ombre malesi, Il grande amore, Figlia del vento, Il prezzo dell'inganno, L'amica, Il conte di Essex
Marlene Dietrich in Angelo, Scandalo internazionale, Testimone d'accusa, Fulminati, L'ammaliatrice, Amore di zingara, Il giardino di Allah, Anime del deserto, L'infernale Quinlan
Ginger Rogers in Cappello a cilindro, Il magnifico scherzo, L'amante sconosciuto
Norma Shearer in Giulietta e Romeo, Incontro senza domani, Donne
Ann Dvorak in Fiamme a San Francisco, Mascherata al Messico
Greta Garbo in Ninotchka, Non tradirmi con me
Gloria Swanson in Viale del tramonto
Bella Darvi in Sinuhe l'egiziano
Deborah Kerr in Buongiorno tristezza, Il dubbio
Eleanor Parker in Furia bianca, Tutti insieme appassionatamente
Angela Lansbury in Il buio in cima alle scale, La vita privata di Henry Orient
Olivia De Havilland in Se non ci fossimo noi donne, La porta d'oro
Dorothy McGuire in Tre soldi nella fontana, La mia terra
Ava Gardner in I gangsters, Singapore
Lana Turner in Lo specchio della vita, I peccatori di Peyton
Anne Baxter in Il filo del rasoio
Rhonda Fleming in La rivolta degli schiavi
Nina Foch in L'eterna armonia
Gloria Grahame in La bestia umana
Nancy Guild in Il bandito senza nome
Dorothy Hart in La città nuda
June Havoc in Ultimatum a Chicago
Miriam Hopkins in L'ereditiera
Margaret Leighton in L'età della violenza
Tina Louise in L'assedio di Siracusa
Hildegard Knef in Le nevi del Chilimangiaro, Caterina di Russia
Merle Oberon in Désirée
Eva Marie Saint in Fronte del porto
Geraldine Page in La dolce ala della giovinezza
Capucine in Estasi, Ciao Pussycat
Yvonne De Carlo in Doppio gioco, La vergine di Tripoli
Hedy Lamarr in L'amante di Paride
Viveca Lindfors in La tempesta
Jo Van Fleet in La diga sul Pacifico
Arletty in Amanti perduti
Myriam Bru in Gli amori di Manon Lescaut, Casa ricordi
Constance Dowling in Miss Italia
Doris Dowling in Riso amaro
Tamara Lees in Il falco rosso, Perdonami!, Ti ho sempre amato!
Sylvia Lopez in Ercole e la regina di Lidia
Irene Papas in Vortice
Nadia Gray in Il cardinale Lambertini
Märta Torén in Puccini, Maddalena
Colette Regis in Attila
Marie Bell in Vaghe stelle dell'Orsa
Anne Vernon in Il conte Max
Jeanne Moreau in Eva
Ingrid Thulin in Agostino
Emmanuelle Riva in Hiroshima mon amour
Geraldine Fitzgerald in L'idolo cinese
Melina Merkouri in Mai di domenica

Attrici italiane

Edda Albertini in Monastero di Santa Chiara
Letizia Bonini in Il fornaretto di Venezia
Gina Lollobrigida in Campane a martello
Dorian Gray in Totò, Peppino e la... malafemmina
Enrica Dyrell in Chi è senza peccato...
Isa Miranda in Arrivano i dollari!
Isa Pola in Acciaio
Ester Carloni in Il federale
Elisa Cegani in La nemica, Graziella
Gianna Maria Canale in Le fatiche di Ercole
Luisa Della Noce in L'arte di arrangiarsi
Lilia Landi in Lo sceicco bianco
Elvy Lissiak in Domenica d'agosto
Franca Marzi in Gastone
Elli Parvo in Il cavaliere misterioso
Myriam Petacci in Quattro donne nella notte
Leonora Ruffo in La regina di Saba
Gina Sammarco in La viaccia
Marta Marcelli in Racconti d'estate


Riferimenti e bibliografie:

«Epoca», anno VII, n.286, 25 marzo 1956