Incontro con la Signorina Snob

1952 Franca Valeri jk7

Franca Valeri deve la sua notorietà soprattutto alla "Signorina Snob”, un personaggio di ragazza milanese snob, ricca e stupidissima, che ella ha ripreso dalla realtà ed animato con grande spirito e molta arguzia

«Venga stasera a teatro — mi aveva detto per telefono Franca Valeri — parleremo un po’ durante l’intervallo». Ma entrare al Teatro dei Gobbi, quella sera, fu veramente un’impresa. E’ questo un piccolo teatro, una sala dall’altissimo soffitto a volta e dalle pareti ricamate di stucchi bianchi e oro, con il palcoscenico in fondo. Sta in una viuzza del centro della vecchia Roma, e solo i manifesti colorati e i lumi accesi lo distinguono dalle botteghe della strada. Quella sera si camminava a fatica, in via Vittoria, totalmente invasa da decine di automobili chiassose, dai colori chiari e dalle rifiniture brillanti. Una folla di elegantissime signore e di signori estremamente corretti costava nel piccolo andito del teatro: perchè il Teatro dei Gobbi è molto caro, e solo la gente ricca può permettersi di frequentarlo; e anche perchè «fa tanto fine, tanto snob», andare a sentire questi tre giovani, quasi ragazzi e quasi ancora sconosciuti: Bonucci, Caprioli, e Franca Valeri. 

E’ un trio che è insieme da due anni, ormai, ed è passato da un successo all’altro, a Parigi, a Napoli, a Milano a Roma. Il suo repertorio è dei più originali, spiritosi ed intelligenti; sono brevi «sketches», scenette in cui argutamente vengono prese in giro le abitudini, la morale, la letteratura, le illusioni della società borghese, e la sua falsità e la sua scioccherìa. Bonucci e Caprioli recitano ormai da anni: Franca Valeri è stata l’ultima recluta, e si è unita a loro solo più tardi. Senza scenari, senza costumi, senza testi scritti, questi tre ragazzi tengono su, con la sola forza della loro mimica, del loro spirito e della loro raffinata recitazione, uno spettacolo che per due ore affascina, senza un minuto di stanchezza, tutto il pubblico. Lo hanno chiamato «Carnet de notes», questo spettacolo, taccuino di appunti, scene e satire appena accennate, ognuna delle quali potrebbe trasformarsi da sola in una vera e propria commedia. 

Lo spettacolo stava quasi per cominciare, ed il brusco si faceva più fitto, si scambiavano i saluti. Una giovane signora si inchinò reverente alla duchessa Torlonia, Infante ed erede al trono di Spagna, benché in Spagna la monarchia uia scomparsa ormai da decine di anni. Una ragazza magrissima piena di gioielli, gridava ad alta voce i suoi scherzi a due allampanati giovanotti, alternando il più volgare romanesco a un purissimo francese. Si intrecciavano dialoghi:

— Sai che sono un fenomeno? Fan ridere da morire, e «fanno tanto boite».

— Ma va! E’ un «generine», certo, io l’ho già vista una volta e mi sono fatta delle risate blu! 

Finalmente le luci si spensero e cominciarono a sfilare sul palcoscenico i divertenti personaggi di Franca Valeri, che la radio ci ha insegnato a conoscere: la signorina Snob prima di tutte, in una telefonata all’adorata amica Idelfonsa: «Vieni stasera, stupendo superpranzo in casa mia. Poi domani al funerale del conte; eh, si, è andato, poveretto. Io mi metto in nero con particolari giocondi, per non rattristarlo. Suvvia, vieni anche tu! Dài che gli fai piacere, pora stella!». E poi la simpatica «manicure milanese», la «servetta bolognese», la «moglie tradita».

Franca Valeri, Bonucci e Caprioli, tre giovani attori, hanno ideato e recitano con grande successo degli «sketches», nei quali vengono acidamente presi in giro le abitudini, la morale, la letteratura, della società borghese in decadenza. Nella foto: Valeri e Bonucci.

Il sipario del primo tempo si chiuse su un’espressione, tragica e inusitata del volto della Valeri: era una scena in cui si parlava della guerra. 

Quando entrai nel suo camerino, uno stanzino piccolissimo dietro al palcoscenico, la Valeri era seduta su una sedia dinanzi allo specchio, con le mani in grembo, bianche sull’azzurro e il nero dell’abito, e un’aria da bambina portata in visita. Cominciammo subito a chiacchierare. E’ contenta del successo di stasera? 

— Si, molto. Ma è un po’ tutte le sere. La gente di diverte, ride anche se spesso non capisce.

Proprio a questo proposito chiedo alla Valeri di chiarirmi un dubbio che ho avuto sin dal principio: come mai il pubblico ride? Non è un’offesa alla sua recitazione, certo. Ma come mai un pubblico di signore snob, di nobili infrolliti, di cosiddetti esistenzialisti ride a scene e dialoghi che li beffano, li prendono in giro, li presentano, come sono, ridicoli, sciocchi ed inutili? Come è possibile che nessuno si offenda di critiche così forti e precise, che nessuno mai abbia protestato?

La giovane attrice si mette a ridere: «Oh, la gente non riconosce mai la propria caricatura! Nessuno, tra il pubblico di stasera, penserà di identificarsi con i nostri personaggi. Ma sa che mi è capitato di sentire perdane che venivano a congratularsi con me, usando le stesse parole, lo stesso tono, le omesse espressioni della mia signorina Snob? In un primo momento pensavo addirittura che mi pigliassero in giro, ma ho poi capito che è gente — come dire? — impermeabile alla critica.

— Come è nata la signorina Snob? 

— E’ nata ascoltando. Ascoltando le amiche di n n. ire, le ragazze nei bar eleganti di via Montenapoleone, certe compagne di scuola... In principio prendevo solo in giro qualche amica, quando il sabato ci riunivamo con le compagne di scuola. A un certo punto c’era sempre qualcuno che diceva: «Dai, Franca, rifai la tale, o la talaltra». Poi, più tardi, mi accorsi che lo snob non era un fatto individuale, ma un fenomeno di costume, e le mie cose divennero più complete, più studiate. 

— Ha cominciato subito a recitare? 

— Ho avute molte difficoltà. Difficoltà con la mia famiglia, prima di lutto. Mio padre non voleva assolutamente che mi dedicassi al teatro, un po’ perchè «gli sembrava brutto», un po’ perchè era certo che non sarei riuscita. E, in un primo tempo, gli avvenimenti sembrarono dargli ragione: venni a Roma a studiare all’Accademia d’Arte Drammatica, e oggi che è andata bene posso anche confessare che mi bocciarono vergognosamente. Studiai ancora un po’ con Sciarov, tornai a Milano, dove feci le colite quattro o cinque parti di cameriera. Poi la radio, quando cominciavo ormai a disperare, i primi personaggi, i primi successi; mi unii a Caprioli e a Bonucci, che avevano da parte loro una lunga esperienza di recitazione. Con loro andai a Parigi, e da allora tutto è andato bene.

— Ha sempre recitato parti comiche?

— Il primo personaggio che ho studiato è, modestamente, Antigone di Sofocle. Ma non andò bene, con la tragedia. Chissà, forse nell’avvenire...

E sorride, con i suoi occhi neri un po’ languidi, con la grande bocca spiritosa. I venti minuti dell’intervallo sono quasi trascorsi e mi resta appena il tempo di chiedere alla Valeri qual’è il personaggio che ama di più. La Signorina Snob, forse? 

— No, la signorina Snob è un personaggio sciocco, antipatico. Quelli a cui sono più affezionata sono i personaggi della manicure, della cameriera, della sartina, che fanno ridere con la loro ingenuità, il loro slancio; ma ragazze buone simpatiche, autentiche. 

E’ già la seconda volta che il campanello suona con insistenza, e debbo salutare la Valeri. 

Alla fine dello spettacolo, mentre il pubblico usciva rumorosamente, commentando gli ultimi «sketches», sovrastava le altre la voce di una giovane signora ingioiellata: una voce acuta, studiata, fornita di una straordinaria «r» francese (ma dove l’avevamo sentita? Forse poco prima, sul palcoscenico?) : 

— «Formidabile! Cosa ho riso non posso dire! Che ghenga! Sono un urlo, un urlo... E quella signorina Snob! Ma dove li trovano, questi personaggi?».

Lietta Tornabuoni, «Noi donne», anno VII, n.2, 13 gennaio 1952


Noi donne
Lietta Tornabuoni, «Noi donne», anno VII, n.2, 13 gennaio 1952