L'addio di Pasolini alle borgate

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1962 05 12 Tempo Pierpaolo Pasolini intro

Con “Mamma Roma", la cui protagonista è Anna Magnani, Pasolini intende chiudere, sia come narratore che come regista, il ciclo del "ragazzi di vita”. Dopo questo film, cercherà altrove gli argomenti per le sue opere

Roma, maggio

«Con Mamma Roma darò l'addio al mondo delle borgate e al sottoproletariato romano. E’ un addio pieno di tristezza il mio, ma è necessario». Passeggio su e giù per via Sagunto con Pasolini. Ha appena finito di girare un primo piano della Magnani appoggiata alia ringhiera delle scale di uno dei palazzoni dell’Ina-Casa che sorgono al Quadraro. Una selva di finestre grigie come buchi nel tufo sputa le voci a tutto volume delle radio. I ragazzi giocano badando bene a non scompigliarsi le accurate capigliature.

«Non è servito a niente — riprende Pasolini — io ho tentato di proporre all’attenzione e alla meditazione del pubblico un problema. Ma la mia voce è arrivata solo là dove non c’erano porte da sfondare... Gli altri hanno rifiutato il problema e hanno guardato il sottoproletariato, i suoi simboli, con scetticismo e ironia... quando non si è scesi addirittura agli insulti contro loro e contro me. Nessuno ha capito che quello del sottoproletariato non è un fatto folcloristico». «Lei credeva davvero che bastasse qualche film come il suo "Accattone” per impostare un discorso serio e approfondito?».

1962 05 12 Tempo Pierpaolo Pasolini f1Anna Magnani e Pier Paolo Pasolini a Guidonia durante le riprese del film. L’attrice e lo scrittore si conobbero l’anno scorso a Venezia durante il Festival e fu la Magnani a chiedere a Pasolini di recitare in un suo film. Dopo ”Mamma Roma” la Magnani girerà in Grecia ”S’Agapò” con la regia di Rossellini, poi, molto probabilmente, non farà altri film. Pasolini afferma che è molto facile lavorare con lei.

Pasolini alza le spalle e domanda a sua volta perchè mai un film non debba poter aspirare a questa funzione. Non c’è una ragione. Ma è così. Il cinema è stato sempre considerato dal pubblico e dai suoi autori un mezzo di evasione dalla realtà e non è mai successo che chi ha tentato di infrangere il muro, la convenzione della superficialità, abbia vinto la sua battaglia.

«Metterò in testa al film una didascalia in cui dirò addio ai ragazzi di vita e alle borgate. Naturalmente non smetterò di interessarmi di loro. Ma per un certo periodo di tempo almeno mi occuperò di altri temi. Prima andrò a girare il già annunciato film in Africa... poi ho pronte due storie: ima che si svolge nel medio evo e l’altra che ha per ambiente quello della media borghesia intorno al 1920».

Ci passano accanto coppie avvinte e mute che ascoltano la voce del transistor. L’aiuto regista Carlo Di Carlo ci viene a dire che hanno trovato il negozio dove si girerà un’altra scena prima di chiudere la giornata di lavoro. Un giovanotto sta facendo a pezzi un album di fumetti. «Come imposterebbe lei un articolo su questo film?» domando a Pasolini.

«Direi che è la prosecuzione di "Accattone”. Molti mi hanno rimproverato la morte del protagonista del mio primo film. Bene, facciamo conto che sia rimasto vivo, che si sia tramutato in donna e vediamo che cosa gli sarebbe successo. La genesi del soggetto non è stata questa, naturalmente: l'avevo scritto prima che le critiche mi venissero rivolte, ma i conti tornano ugualmente. Mamma Roma è una proiezione di "Accattone” nel futuro del sottoproletariato cui appartengono. Abbiezione e speranza, bene e male s’intrecciano nella sua esistenza fino al momento in cui, per amore del figlio, decide di rifarsi una vita, di lottare per diventare migliore. Ma la sua ribellione individuale deve cozzare contro la realtà che la circonda come un peccato originale indelebile. La sottoproletaria si illude di poter diventare una piccola borghese e di poter trascinare il figlio con sè nel paradiso di una rispettabilità, fatta di simboli più che di sostanze. Ma la nuova vita dei due è fittizia: brancolano nel buio, non sanno imboccare la strada giusta quelle poche volte che il caso l’apre davanti ai loro passi.

A Roma, Ettore, conosce dei ragazzi che navigano nel buio come lui e conosce anche Bruna, una ragazza carina che passa le ore dondolando il nipotino. Si innamorano. Ettore chiede alla madre i soldi per comperare una catenina d’oro da regalare alla fidanzatina ma Mamma Roma insorge. Ha ben altri progetti per suo figlio: Bruna non è all’altezza delle sue aspirazioni. Così viene a mancare al ragazzo uno dei perni intorno ai quali avrebbe potuto organizzarsi una vita. Deluso, estraneo alla madre e ai suoi progetti, Ettore finisce per farsi attirare dalla infima e grandiosa vita del quartiere. Mamma Roma si accorge di questo sbandamento ma che cosa può fare? Il suo ideale di vita si scontra con un passato pieno di esperienze atroci, volgari, sbagliate. Lei sa vagamente che cosa vuole per sè e per il figlio. Ma sa anche che la città è piena di miseria, di corruzione, forze della natura che si vincono solo con le armi della coscienza.

E la coscienza di Mamma Roma è il caos. Lei stessa che, con un ricatto è riuscita a trovare un posto al figlio, dovrà subire il ricatto dell’uomo che la sfruttava. E Ettore, questa volta, verrà a conoscenza del triste mestiere di sua madre e sarà il crollo. Lascia il lavoro, si associa a un gruppo di ladruncoli e un giorno, dopo un violento scontro con la madre, tenta un colpo impossibile. Scoperto, si lascia arrestare. Non vuole più combattere contro il caos, reagisce col silenzio, con lo sciopero dei sentimenti e della volontà, alle sollecitazioni di una vita che gli è estranea. Il suo calvario è fulmineo. L’infermeria della prigione, la cella di contenzione dove è legato a un letto di cemento, il delirio durante il quale Ettore crede di veder morire la madre. La agonia. Ettore invoca la madre dal fondo della cella. Quando Mamma Roma verrà a sapere della morte del figlio non saprà urlare che una parola che è un’accusa, una domanda, un’ invocazione: ”Irresponsabili! Irresponsabili”.

1962 05 12 Tempo Pierpaolo Pasolini f2Protagonista maschile del film, nella parte del figlio della Magnani, è un ragazzo di 14 anni: Ettore Garofalo, che Pasolini conosceva da parecchio tempo e che è, naturalmente, alla sua prima esperienza cinematografica. Il ragazzo, che si chiama Ettore anche nel film, è figlio di un cameriere di via della Lungaretta. La sua storia è una tragedia del sottoproletariato.

Ettore, il figlio della Magnani nel film, l’ho trovato per caso mentre giravo per la strada. L’ho visto e ho detto: ecco è lui. Tutta la sceneggiatura l’ho scritta su misura per quello che sarebbe stato il protagonista maschile del film. L’incontro con la Magnani invece avvenne durante il festival di Venezia. Aveva visto Accattone e disse a Bini, il produttore del film, che avrebbe voluto fare un film con me. Io avevo in testa la storia di Mamma Roma e combinammo subito. Non potevo sperare in una protagonista migliore. Difficoltà con la Magnani? No, non ce ne sono state».

La Magnani non si trovava a suo agio, all’inizio, con il sistema di regia di Pasolini che spezzetta le scene in frasi e le gira una alla volta e poi le ricuce in montaggio. La Magnani aveva paura che le intonazioni non fossero più quelle giuste, ma quando ha visto in proiezione le prime sequenze si è arresa. «Io devo girare così per due ragioni — dice Pasolini — la prima è che ho un senso pittorico, statico, dell’immagine e quindi non so fare le scene lunghe. In secondo luogo, lavorando con attori presi dalla strada non posso chiedere loro quell’abilità che hanno solo gli attori professionisti. Quando va bene uno, l’altro sbaglia e non si arriverebbe mai a girare una scena intera se non spezzettandola».

La Magnani, attrice di classe, non ha avuto difficoltà ad adeguarsi a questo sistema una volta superata la paura — comprensibile — che abbiamo detto. «E’ sempre di ottimo umore, docile e comprensiva — dicono quelli della troupe — non è vero che fa i capricci. Si figuri che Pasolini riesce a farle ripetere una frase anche venti volte e che l’operatore Delli Colli è riuscito persino a convincerla a farsi fotografare di profilo, cosa che non era mai riuscito a farle fare nessuno».

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«E la gente della borgata come si comporta con lei?». «E come vuole che si comporti? Qui i ragazzini fanno la coda per avere l’autografo.» A Guidonia invece abbiamo lavorato fra l’indifferenza generale... a quelli il cinema non gli importa proprio niente».

Ma anche a questi casigliani di via Sagunto la visita di una troupe cinematografie a non fa una grande impressione. Le ragazze se ne stanno alla finestra o sul balconcino e guardano giù annoiate. La polizia tiene a bada con qualche spinta i ragazzini più turbolenti che vorrebbero infilarsi nel portone di casa proprio mentre la macchina da presa sta ronzando. Un giovanotto che sta lottando con un amico vede passare Pasolini e gli dice: «Dottò perchè non mi fa lavorare?». «Va bene», risponde il regista. «In un altro film? Nel prossimo?». «No — dice Pasolini — anche in questo... in un’altra scena... dopodomani». «Ma io voglio un film tutto per me». Scoppia una duplice risata. Ricominciano a lottare avvinghiati. Quasi cadono addosso alla Magnani che sta ritornando nella sua roulotte parcheggiata accanto a un vialetto di terra grigia.

Franco Calderoni, «Tempo», anno XXIV, n.19, 12 maggio 1962


Franco Calderoni, «Tempo», anno XXIV, n.19, 12 maggio 1962