Il Totò mai visto

Uccellacci e uccellini L'aquila

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Pasolini, nostro "padre selvaggio”. Forse mai come in questo fine secolo terremotato si ricorre alla fonte della sua poesia. Un crescente interesse soprattutto da parte dei giovani; lo sanno bene Enzo Siciliano e Laura Betti, presidente e direttore del ”Fondo Pier Paolo Pasolini”, che pure fra tante difficoltà economiche, dal 1979, (allora presiedeva Alberto Moravia) portano in tutto il mondo la voce e le immagini di Pasolini. Domani si apre a Roma, al Palaexpo, una manifestazione composita: una mostra, "Figuratività e figurazione”, e una retrospettiva cinematografica con copie nuove, ristrutturate, molti inediti e interviste audiovisive reperite in Italia e all’estero. Sempre al Palazzo delle Esposizioni, dal 5 all’8 marzo, si terrà un recital di Laura Betti, Una disperata vitalità, basato sui testi poetici di Pasolini; conclusione il 23 marzo con un dibattito aperto: "Oltre il Palazzo”. In questo servizio, grazie alle foto inedite di Angelo Novi (umanissimo occhio del cinema), presentiamo alcune sequenze, poi tagliate in fase di montaggio, del film "Uccellacci e uccellini".


Che porgeva ai premiandi le sue domande in forma di quiz. Come questa per esempio: quante volte è stato scritto nei giornali quest’anno che gli intellettuali italiani non seppero capire Totò a suo tempo, e solo tardivamente lo rivalutarono? Risposta esatta: 218 volte (oppure: 418 volte, non ricordo bene). Pertanto, se noi cedessimo alla tentazione di dire che gli intellettuali italiani non apprezzarono tempestivamente Totò, eccetera, saremmo alla duecentodiciannovesima (o quattrocentodiciannovesima) volta in un anno. Un po’ troppo.

1992 02 28 Il Venerdi di Repubblica f1Totò e Laura Betti durante la lavorazione del film "Uccellacci e uccellini"

Ce la risparmiamo. Resistiamo alla tentazione Tanto più che chi scrive, se fa bene i conti, appartiene proprio alla compatta compagine di italiani — più o meno decentemente acculturati — che soltanto tardi si derisero a valutare in modo adeguato il Principe Antonio De Curtis.

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C'è stata anche quest’anno la cerimonia semiseria per la consegna — semiseria — da parte di Nanni Moretti, dei premi Sacher. Quest’anno poi ha avuto luogo nel cinema ”Nuovo Sacher” a Trastevere; dove ognuno dei premiati doveva portare a Nanni, in segno di riconoscenza, una bella sachertorta. Anche quest’anno la cerimonia è stata pilotata da Moretti, ma condotta praticamente da Silvio Orlando.

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Eppure i suoi film li andavamo a vedere allegramente tutti insieme. Eppure ri-definivamo, in privato, dei "totoisti”. Molte sue battute le sapevamo a memoria. Altre, di tipo totoesco (o totoistico) ce le inventavamo, secondo il caso e la necessità.

Ma questa non è un’attenuante, è un’aggravante. Malgrado tutto non avevamo l’energia mentale, la lucidità intellettuale per convertire il nostro fragoroso apprezzamento in lucida valutazione consapevole. Un po’ come accadeva ai nostri allenatori di calcio — in quegli stessi anni, pressappoco — che d’istinto giocavano col "metodo”, all’italiana Ma non sapevano spiegarlo né a se stessi né agli altri. Si immaginavano, si illudevano di giocare col "sistema”, all’inglese. Per mancanza di cultura calcistica- secondo l’ipotesi ben nota di Gianni Brera.

Per mancanza di cultura artistica, dovremmo dire di noialtri. Ciò che aiutò Pasolini invece a scoprire Totò; ad apprezzarlo, ad utilizzarlo lucidamente fu — ne sono convinto — una certa qualità della sua educazione alle arti figurative. Il suo rapporto con Roberto Longhi. E l’influenza che su di lui esercitò, ne sono certo, Francesco Arcangeli.

Si prenda il catalogo della mostra ”Natura ed espressione nell’arte bolognese-emiliana” che si tenne a Bologna nel 1970, lo si apra all’altezza del saggio introduttivo di Arcangeli (dedicato «Alla memoria del mio Maestro Roberto Longhi») e ci si troverà di fronte ad una esaltazione appassionata a calda di quella linea artistica nostrana che va da Wiligelmo e Vitale da Bologna, a Jacopino di Francesco, ad Amico Aspertini, a Ludovico Cairacd, a Giuseppe Maria Crespi, a Giorgio Morandi (sì, fino a Giorgio Morandi).


Siamo riusciti a recuperare i "tagli” di Uccellacci e uccellini con un grande sforzo collettivo, tutti quelli che vi parteciparono si sono messi al lavoro per restaurare frammenti di pellicola che si stavano perdendo per sempre. In queste foto Totò (a destra con Flaminia Morandi, a sinistra con Ninetto Davoli) è nei panni di un domatore. Pasolini aveva una sorta di venerazione per Totò, lui che aveva come idolo dichiarato Chaplin, amava le facce che esprimevano una "selvaggia” forza della natura. E Totò gli era grato, quasi incredulo, anche se non rinnegava certo il suo passato di "nobile guitto”. Andavo spesso sul set di Uccellacci e uccellini e mi commuoveva questo mostro della Commedia dell’Arte ormai malato, quasi cieco, con quel saio e i sandali, che si buttava giù fra gli sterpi, il fango. Un san Francesco stoico, perfetto. Poi andavamo a pranzo ed eccolo il Totò di sempre, allegramente laido, che mi voleva impartire lezioni di sesso... E Flaminia Morandi, moglie di Enzo Siciliano, che ci faceva sul set di Pasolini? «Dovevo incarnare il simbolo della borghesia francese e dovevo dire semplicemente "merde”; a me, a differenza di tutti, non piaceva Totò, mi sembrava un principe sconfitto, malinconico, borbottante, sempre cupissimo»
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Una linea figurativa che è popolaresca, vitale, selvaggia, anarcoide. Come Totò. Questi artisti, scrive Arcangeli «sono anticlassici, dunque antintellettuali, istintivi, patetid, naturali, espressivi, romantici». Come Totò. «Sono legati ad una remota radice contadina». Come Totò: il Totò che ha sempre fame, e sempre mangia, e mai si sazia. «Hanno un rapporto remoto e irriflesso col mondo della natura». Come Totò.


Questa sequenza (a sinistra e in basso) fu esilarante e drammatica. Totò doveva parlare con un'aquila ma lei non voleva ascoltarlo, mostrava un'indifferenza che lo feriva fino all'isteria. L'unico modo per avvicinarsi al "pensiero dell'aquila" era farsi aquila. Allora Totò s'accuccia, si scrolla, ruspa e starnazza, fino ad assumere un profilo di marmo. La metamorfosi era avvenuta. Poi Totò avrebbe dovuto prendere il volo, ma finirono i soldi e la scena non si concluse.

Scrive ancora Arcangeli: «L’uomo sente, prima di tutto, oscuramente, il proprio corpo come entità fisica». E non è vero anche per Totò? «Qualche cosa di estroverso e di ardente, di immaginoso e di abnorme, di sensuale e di patetico, domina i momenti più tipid e profondi» di quest’arte. E dell’arte di Totò, si potrebbe dire.

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E di Totò, deve aver pensato — ed immediatamente capito — Pasolini. Questi artisti esprimono — insiste Arcangeli — «la contingenza del vivere, che d rende insicuri ed umani, inquieti e appassionati». E che cos’altro se non la contingenza del vivere ha espresso questo Totò insicuro e umano, inquieto e appassionato?

Che cos’altro, il Totò di Uccellacci uccellini? Ed anche, e persino questo curioso, inedito Totò-Courneau al circo? E che questa sia l’ultima (o quantomeno la quattrocentodiciannovesima) volta che si intona il lamento sulla tardiva assunzione di Totò da parte della cultura italiana. Adesso, basta.

Beniamino Placido, «Il Venerdi di Repubblica», n.211, 28 febbraio 1992


Note:

Le immagini qui riprodotte, realizzate dal fotografo Angelo Novi, fanno parte dell'episodio "L'aquila" o "Totò al circo". Pasolini aveva previsto di inserire nel film "Uccellacci e uccellini" un episodio anch'esso fiabesco ma di tono sarcastico, dove attaccava lo sciovinismo francese e l'arroganza colonialista dell'uomo bianco. Affidò a Totò il ruolo di un domatore coi baffetti alla Hitler che pretende di addomesticare un'aquila reale (simbolo del Terzo Mondo) ma subisce una situazione imprevedibile... L'episodio tagliato, muto perché mai doppiato, è stato ritrovato da Laura Betti che ha aggiunto dei cartelli tratti dalla sceneggiatura.


Il Piccolo
Beniamino Placido, «Il Venerdi di Repubblica», n.211, 28 febbraio 1992
 Didascalie di Laura Betti fotografie di Angelo Novi