Giulietta Masina: la mia rivincita su Gelsomina

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“In America hanno scoperto ch’io sono una donna” scrive per noi Giulietta Masina raccogliendo le sue impressioni sul viaggio negli Stati Uniti e sul tipo di lavoro che l’attende alla vigilia di presentare a Cannes “Le notti di Cabiria”

Roma, maggio

La cosa che più ha meravigliato gli americani, durante il mio recente viaggio negli Stati Uniti, è stata la scoperta che io ero una donna. Si immaginavano, dopo aver visto La strada, che fossi una ragazzetta di sedici, diciassette anni, piuttosto selvatica e maleducata, incapace di indossare una pelliccia, di camminare con i tacchi alti senza inciampare, di sorridere con la bocca aperta: o, addirittura, un ragazzo travestito da donna. Siccome, d’altronde, sapevano che sono la moglie di Federico Fellini, la loro confusione d’idee a mio riguardo era veramente notevole. Vedete un po’, fino a che punto il personaggio di un film può influenzare l’opinione della gente. E confesso che, dopo tutto dò, quanto ha scritto la Louella Parsons sulle "qualità femminili di Giulietta Masina” mi ha notevolmente lusingato.

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Cabiria ha il cuore innocente, nonostante la sua professione. Giulietta Masina e il suo regista e marito Federico Fellini hanno lavorato molti mesi per mettere a punto le espressioni e i gesti del patetico personaggio

E’ stata la mia rivincita su Gelsomina e su Federico. Fra me e mio marito c’è infatti una vecchia polemica, che si rinnova tutte le volte che stiamo per iniziare un film. A proposito del mio abbigliamento. Lui mi vede sempre rivestita di stracci; io protesto vivamente; lui insiste, è più grosso di me, e finisce con l’avere la meglio. E’ una storia che dura dai tempi dello Sceicco bianco. Nell’ultimo film, per esempio, Le notti di Cabiria, nel quale ho interpretato il ruolo (tanto per cambiare), di una piccola prostituta di periferia, si è messo in testa che io dovevo indossare un giubbetto di piume di gallina e un paio di calzini bianchi; e, inoltre, che mi dovevo attaccare ai capelli un codino. Passi per le piume di gallina, passi per i calzini, ma il codino non lo volevo. Abbiamo discusso, davanti allo specchio, per alcuni giorni; e alla fine mi sono attaccata il codino.

1957 05 16 Tempo Giulietta Masina f3GIULIETTA MASINA ha ricreato in questa serie fotografica, il personaggio di Cabiria che fra pochi giorni avrà il suo battesimo ufficiale al Festival di Cannes. Il film ”Le notti di Cabiria” di Federico Fellini racconta la storia buffa, ma su un fondo di tragica umanità, di una ragazza di strada dall’animo candido. Tutte le sue esperienze si risolvono disastrosamente per lei, vittima della sua stessa poetica credulità. Ogni volta crede di essere amata, alla fine rischia la morte.

La cosa che ha più meravigliato me, in America, sempre a proposito del lavoro, è stato il genere, straordinariamente vario, di proposte che mi hanno fatto. Si avvicinava, durante uno dei tanti pranzi, un produttore e con l’aria più seria di questo mondo mi chiedeva: «Sarebbe disposta ad interpretare un film sul tipo di Come sposare un milionario?». Io restavo a bocca aperta. Come gli veniva in mente, dopo aver visto soltanto La strada, di propormi una parte simile a quella di Marilyn Monroe? Come faceva ad intuire, conoscendo solo il personaggio assonnato di Gelsomina, che avrei potuto interpretare un ruolo brillante? Mistero. La verità è che recitare una parte del genere, fa parte proprio delle mie aspirazioni; e se accetterò qualcuna delle proposte di Hollywood, la ragione è questa. Sono stanca di far sempre la parte della vittima, voglio interpretare qualcosa di diverso, e, magari, di opposto: passare dalla parte dei perseguitati a quella dei persecutori.

Potrà sembrare strano, ma le cose stanno così. Quando devo interpretare un certo personaggio, io comincio a prepararmi, piano piano ci entro dentro, lo covo, al momento di interpretarlo lo vivo intensamente. Ma appena il film è finito, non ne voglio più sentir parlare. Fra me e il personaggio è finita, lui deve cominciare a vivere la sua vita, e io tornare alla mia. E invece, prendete il caso della Strada. E’ un film che ha avuto un successo strepitoso. In tutto il mondo ha guadagnato una cinquantina di premi, altri cento negli Stati Uniti. Da due anni non sento parlare di altro. L’ho dovuto rivedere, per ritirare solo una parte di tali premi, decine e decine di volte. Migliaia di persone mi scrivono, settimanalmente, parlandomi di Gelsomina. Altro che finita, è una storia che non ha più fine.

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E poi, mi sono convinta che questo genere di film mi porta male. A parte la grande fatica fisica e spirituale, (se ne interpretassi due in un anno, avrei bisogno, dopo, di entrare in una casa di cura), ho passato sempre un sacco di guai. Durante la lavorazione della Strada, caddi dentro la botola di un fienile e mi lussai una spalla; inciampai nelle rotaie della macchina da presa, e mi incrinai una caviglia; Zampano mi mise, in una scena che poi venne tagliata, con la testa sotto una fontana d’acqua gelida, (eravamo in Abruzzo, d’inverno), e io mi presi una febbre da cavallo. E durante l’ultimo film? Cabiria, badate, è sorella di Gelsomina; anche lei è una vittima della violenza e della brutalità del mondo. Ed ecco il mio bilancio: una colica all’inizio del film e una frattura al ginocchio, verso la fine. Il ginocchio, a dir la verità, me lo sono rotto rientrando a casa dal lavoro una mattina alle 5, che era tutto buio, e io, come al solito, voglio fare lo scivolone sul pavimento, sbatto contro una porta, e casco; ma nessuno mi toglie dalla testa che la rottura fu favorita dal fatto che, durante la notte, mi ero dovuta gettare ginocchioni una ventina di volte, di peso, per interpretare la scena più drammatica de! film.

1957 05 16 Tempo Giulietta Masina f6CABIRIA E’ NATA molti anni fa. Era un personaggio laterale, vagamente allegorico, del primo film di Fellini, ”Lo sceicco bianco”: una ragazzetta di facile virtù che appariva di notte, candida e svagata, attratta da un mangiatore di fuoco. Giulietta Masina la interpretava già vestita e truccata pressapoco come qui sopra. Il prossimo film di Fellini sarà probabilmente ”Le libere donne di Magliano”.

Un’altra delle ragioni per cui penso che negli Stati Uniti mi troverei a mio agio è che mi son fatta l’idea che gli americani mettano molto impegno nel loro lavoro; e, a me. piace lavorare seriamente, fin dalle prime fasi del film. Non dico che, da noi, non si lavori seriamente; ma anche confusionariamente. Si sta, alle volte, delle mezze giornate ad aspettare di entrare in scena. E poi, soprattutto, a mio giudizio, c’è assai poco rispetto da parte del pubblico per il lavoro dell'attore cinematografico; che non è per niente un divertimento, come si ha l’aria di credere, ma un lavoro come un altro, serio, almeno, quanto un altro. C’è poco rispetto per il professionismo. In Italia, per esempio, si lavora molto spesso in esterni. Bene, basta che la gente ti veda con addosso un costume povero e stracciato, come quasi sempre accade a me, e subito si sente autorizzato non solo a venirti vicino ma a metterti una mano sulla spalla e a darti uno spintone.

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QUESTA PELLICCIA è stata causa di molte discussioni in casa Fellini: ritenuta indispensabile dal regista, è stata infine "subita” dall’attrice come una prepotenza maritale. La Masina non ha per ora progetti definiti: si è impegnata a interpretare a Hollywood un film entro il ’57.

Tuttavia, ancora non ho preso nessuna decisione. Se ne riparlerà al principio del prossimo anno, quando l’occasione più interessante che mi è stata prospettata avrà preso contorni più precisi. Intanto sto perfezionandomi nell’inglese e mettendo un po’ d’ordine nelle mie impressioni sull’ America. Da principio, quando uno ci arriva per la prima volta, gli sembra che questo Paese sia proprio come se lo era immaginalo. Poi l’America ti comincia a girare intorno e a colpirti con gli aspetti, così diversi da quelli a noi consueti, della sua modernità. Ti rendi conto che quello che stai facendo non è un viaggio nello spazio ma un viaggio nel tempo; nel futuro, forse, del mondo. E allo stupore succede una sottile angoscia, ti accorgi che il rovescio di quella straordinaria efficienza è una incredibile mancanza di contatti umani, e provi nostalgia per il tuo Paese, dove la vita di tutti è così intrigata con quella degli altri. Infine, la terza fase: la voglia di tornarci, per andare a vedere come stanno veramente le cose, Perciò, se nel ’58 tornerò ad Hollywood, sarà anche una buona occasione per vedere più chiaro in questa faccenda, per scoprire, per mio conto, l’America.

Giulietta Masina, «Tempo», anno XIX, n.20, 16 maggio 1957


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Giulietta Masina, «Tempo», anno XIX, n.20, 16 maggio 1957