Fellini a cavallo della tigre
Costruito un estroso personaggio di se stesso per compiacere a certe esigenze della sua fantasia, ormai non io può più distruggere se non a costo di compromettere tutta una leggenda creatasi attorno a lui. Anche la moglie è entrata a poco a poco in questa finzione
Roma, aprile
«Quel Fellini lì, è un gran bugiardo... Io lo conosco bene... Come artista non si discute, tanto di cappello.. Ma che bugiardo!». Non trasalite. Due ore dopo aver lanciato un simile insulto senza acrimonia, anzi con tono paterno e scherzoso, il produttore dei tre ultimi film di Federico, lo ha già dimenticato. E, se ne incontra il destinatario, gli butta le braccia al collo, lo bacia sulle guance e magari, tra la frutta e il caffè, a tavola, gli propone due o tre film. O non ne ha già promessi sei o sette ad altri, in altrettanti momenti di entusiasmo? Con quale gioia da parte dell’am-ministratore, che poi deve pagare, lo potete immaginare. A Roma, molto spesso, i film si combinano in mezzo alla gaiezza e alla festosità di una buona imbandigione. Specialmente quando discende da Milano il simpatico produttore di Fellini. Registi e sceneggiatori, al suo tavolo, si trasformano in commensali rumorosi e cordiali e aspettano il momento opportuno per lanciare un progetto di film, un progetto che solo un vino poco genuino o una polpetta mal cotta può compromettere. Chi non tenta corre il rischio di scapitarne in prestigio e in credito. E incorrere nel frettoloso giudizio: «Non ha idee». Così, una volta, approfittando della completa distensione conviviale, azzardai: «Commendatore, avrei un soggetto da farle leggere... Piace molto a Feliini». Bastò questo vago accenno a Feliini, che egli ama come un padre ama un figlio che non fa però quello che lui vorrebbe, perchè il produttore si irrigidisse e se ne uscisse con la frase che ho messo a cappuccio di questo articolo.
Quando lo dico, Fellini li per lì si arrabbia. Gli va poco a garbo l’idea di essere considerato un bugiardo. Tuttavia l’accetta perchè solo a questo patto — di poterlo cioè un po’ ingiuriare — a Roma lo
stimano grande regista e gli lasciano passare i successi e gli Oscar e gli sbarrano la strada con minore ostinatezza. Sembra che questa tassa («è un genio, ma che bugiardo!») la paghi volentieri. Anzi, la solleciti e non si lasci sfuggire occasione per crearne il pretesto. Le trame dei suoi film, ad esempio. A cominciare con La dolce vita è stato un crescendo. I garbugli di certi uomini politici sono un prodigio di chiarezza, rispetto a queste pellicole che giungono alla conclusione senza che alcuno sia riuscito a intuirne il senso.
Federico Fellini attorniato, in uno dei tanti giardini di Roma, da un gruppo di giovani studentesse. Il regista, che ha terminato di girare "Giulietta degli spiriti", è nato a Rimini il 20 gennaio del 1920. E proprio nella sua città il film verrà proiettato, nel prossimo luglio, in anteprima europea in occasione della celebrazione di un festival felliniano. La "prima" mondiale, invece, avrà luogo a Nuova York. E’ pertanto da escludere che "Giulietta degli spiriti" venga presentato ai festival di Cannes o di Venezia. Fu il film "Luci del varietà" girato assieme ad Alberto Lattuada ad offrire a Fellini la prima vera occasione per lavorare con profitto nel cinema. Come si sa, al regista sono stati assegnati tre "Oscar" per i film "La strada”, "Le notti di Cabiria” e "Otto e mezzo".
Non pensa ad Anita
Con Giulietta degli spiriti la fama di "bugiardo” che accompagna Fellini si è esacerbata. Presto sapremo quale delle trenta trame assomigli di ,più alla trentunesima che si vedrà sullo schermo. Nel frattempo Federico ne ha avallate molte. E’ stato scritto che
è un film sulla magia. «Non l'ho mai detto», mi risponde Feliini con l'aria di chi è propenso a un accomodamento di tutta la faccenda. Siamo stati canzonati, dunque?
A questa storia della magia, Fellini ha dato larga circolazione e diffusione non per isolare sè e il suo film dalla invadente realtà delle cronache, nè per avvolgersi di foschia e ottenere, senza chiederlo, che il suo lavoro ecciti le immaginazioni, ma perchè gli piaceva apparire uno stregone o un alchimista che opera nelle tenebre. In fondo gli è sempre piaciuto di fare il "mago"; nei panni di uno stregone vorrebbe stare e cosi, nello sforzo di somigliare a uno stregone, forse lo è diventato. O forse è sempre stato uno stregone. Con lui non si può mai sapere.
Tempo fa Sordi, con l’aria di chi abbia incontrato un drago, mi raccontò di aver visto Fellini esercitare su Giulietta Masina le sue arti soprannaturali. Era andato a cena a casa loro e la serata era trascorsa piacevolmente, quando Federico si voltò verso Giulietta e, appuntando su di lei due occhi da gufo, le disse: «Ma cos'hai, stai male?». Giulietta, turbata da questa domanda così inaspettata, rispose con un trepidante «no». Dopo un po’, Federico tornò alla carica e Giulietta, assicura Alberto, si senti effettivamente male. «Con Federico — mi disse — bisogna stare attenti... Quanno meno te l’aspetti te fa ”ammè gli occhi” e sei spacciato».
A questa faccenda della magia ci hanno creduto un po' tutti. Anche perchè Fellini per ogni suo film propone sempre problemi di enigmistica ai sollecitatori di primizie, mobilitati per risolvere gli arcani delle storie che racconta, «Per non far scrivere a tutti le stesse cose, ho cercato di dare ad ogni giornalista un motivo, un pretesto diverso... Ho cercato di favorirvi, di aiutarvi... Che c’è di male?», mi dice con l’aria più candida di questo mondo. Non c’è dubbio: paria sul serio. E’ naturale che. disorientati da tanta molteplicità, insospettiti, e vorrei aggiungere intimiditi dalla evidente complessità del personaggio, ci si avvicini a Fellini con qualche trepidazione. Federico si sforza di essere semplice e spontaneo, quasi non fosse tuttora uscito dall'infanzia. Ma si tratta di pura apparenza, perchè il vero Federico è un altro; e poi questo secondo Federico, si noti, non è meno vero del primo, cosi come il terzo Federico, il regista-artista. è altrettanto vero quanto il primo e il secondo. Fellini, comunque, è un affare serio. Anna Salvatore ne sa qualcosa. Era (e forse lo è ancora) grande amica di Federico e Giulietta quand’ebbe il sospetto che in Giulietta degli spiriti il personaggio di una pittrice interpretata da una diva degli anni Quaranta, Silvana Jachino, riecheggiasse caricaturalmente il suo personaggio. Per ripicca pare abbia (lei nega) rilasciato un’intervista in cui svela che Federico sarebbe infatuato e infervorato di Anita Ekberg e che senza Ani tona avrebbe perso l’estro. Stupore di Federico il quale giura che Silvana Jachino è sì una pittrice nel film, ma non rifà il verso ad Anna Salvatore. Bugia? Lo sapremo quando il Alm si accamperà sugli schermi. Intanto l’intervista, vera o falsa che sia, ha fatto insorgere il sospetto che Feliini pensi ad Anita con affetto deluso, «Non è vero niente — ringhia con malumore Federico; — con Anita ho già fatto due film... Avevo pensato di richiamarla quando erano sorte difficoltà per avere Sandra...».
Una delle nostre più belle attrici, Claudia Cardinale, fotografata accanto a Fellini. Il regista è un personaggio complesso: molti di coloro che lo hanno conosciuto dicono che è un bugiardo. Ma, in realtà, le molte versioni che egli ha dato in più occasioni di uno stesso fatto o personaggio sono sempre state suggerite dalla smania di potere offrire una piega sempre nuova della sua vita d’uomo e di regista. Valgano, per tutti, i riferimenti alla sua vita giovanile.
Mente? Ormai con Federico non si è più sicuri di nulla, da quando anche i suoi più intimi collaboratori dicono che recita sempre. Valgono le sue biografie. Ha raccontato di aver seguito a sette anni uno scalcinato circo equestre e di aver fatto parte di una carovana di zingari. Probabilmente l’idea gli venne in testa mentre girava La strada. La madre, da Rimini, non tollerò che si accreditasse questa leggenda e brontolò contro il figlio che si lasciava trascinare dalla propria fantasia. Quelle avventure Federico aveva sognato di compierle. Così inventò amori che non ebbe, ma che avrebbe voluto avere; raccontò di aver partecipato a una scalognata compagnia di varietà. favoleggiò di una sua esistenza di irregolare e di ribelle. Gratuite bugie? «No — mi spiega con dolcezza e amabilità;— un uomo che vive di spettacolo può diventare spettacolo egli stesso, rappresentazione... Che volevi che raccontassi a tutti le stesse cose? Le stesse biografie? Per consentire ai giornalisti di scrivere articoli diversi gli uni dagli altri, ho raccontato storie della mia vita diverse... E poi, perchè non ammettere che, volendo entrare in un personaggio. non si possa per autosuggestione credere di esserlo realmente?...». In fondo è facile, basta incominciare. Così una volta si attribuì un passato di
clown, un’altra di amico dei barboni, un’altra ancora di diseredato e di girovago. La madre ha sfatato questa leggenda e Federico le ha consentito di sfatarla, perchè non sono vere bugie. Quelle avventure che Federico ha raccontato per «aiutare i giornalisti» le ha vissute davvero, nella sua immaginazione. L'immaginazione non è forse la vita di un artista? Non sono, dunque, colorite menzogne. Anche se non ha patito, come dice la madre, i digiuni dei diseredati, o sopportato la miseria dei barboni, questi immaginari personaggi sono stati i compagni della sua immaginazione.
Gli piace Goldfinger
Per chi va per le spicce, Federico è però un bugiardo. Per Giulietta degli spiriti ha fatto sfilare un campionario di umanità: nobildonne, attricette, ragazze svedesi e americane, turiate. Quasi tutte hanno creduto. o hanno sperato, di essere state prescelte e invece molte sono state scartate; anzi quasi tutte. Fellini voleva vedere più gente possibile per cogliere o un tic nervoso, o una capigliatura, o un taglio di una giacca, o la maniera di camminare, o la condotta o il comportamento di una delle postulanti. «Lo so — mi dice un po’ accorato — ora dicono che sono un bugiardo... Quando si presentavano, mi interessavano davvero e in quel momento ero convinto che le avrei messe nel film... Poi subentravano nuove suggestioni...». Fellini cercava "emblemi sensibili" e quelle si illudevano di essere le "elette”. Come personaggio, nonostante la popolarità di cui gode, Fellini si crede piuttosto misconosciuto. La sua figura fisica.
I suoi modi affabili e semplici — dietro i quali molti intravedono l’astuzia — inducono spesso a immaginarlo come un parroco di campagna che inganna i fedeli, vale a dire giornalisti, attori, produttori, aspiranti attrici. Adesso è stanco di fare film in cui i motivi autobiografici siano troppo evidenti. Sarà vero? «Dopo tanto tempo sono andato al cinema — mi dice con l’aria di chi per la prima volta dopo anni rivede un amico. — Ho visto Goldfinger... M’è piaciuto per la sua incoerenza, la sua illogicità... Dopo Giulietta degli spiriti, vorrei fare un film del genere, un film nel quale non ci sia pericolo di identificarmi... Mi piacerebbe fare un film mitologico o l'Orlando Furioso...». Fa uno strano effetto sentire un uomo di cinema come Fellini, ricoperto di elogi e di popolarità, dire: «Tutto questo mondo del cinema, tutta questa gran parata, tutto questo sfarfallio di donne a me fa l’effetto di un mondo irreale... Che vuoi che ti dica? Non riesco a vederlo come una realtà, mi sembra illusorio, che non esista, che sia tutto inventato... Io mi ci sento un po’ spaesato...». Anche il mondo del cinema è. dunque, al confine tra il vero e il non vero. E’ tutta una "scena”.
Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVII, n.18, 5 maggio 1965
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Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVII, n.18, 5 maggio 1965 |