Delia Scala: «mi annoiavo, ecco perchè»

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Ricca, innamorata e felice, Delia Scala spiega perchè ogni tanto torna al lavoro. «Che deve fare una povera moglie agiata senza problemi e senza figli? Cambia sarto, viaggia, ma quando riceve le lettere dei fans non sa resistere a lungo»

Roma, febbraio

In via Teulada, dietro le quinte dello "Studio Uno", la chiamano la signora di mezz'età della televisione italiana e giurano che, da almeno cinque anni, Delia Scala è ferma sui 39. Ma la malvagità dei subalterni dello spettacolo, in realtà, è gratuita poiché, infatti, non si tratta di stabilire quante primavere inteneriscano le grazie della signora Odette Bedogni coniugata Giannot-ti. quanto piuttosto analizzare il senso di una metamorfosi che, nel giro di pochi anni, ha trasformato una soubrette, la più famosa delle soubrette di rivista, in una sorta di sposa-emblema dell'Italia d’oggi. Una "consorte”, insomma, su cui milioni di coniugi, più o meno felicemente conviventi, possono verificare, ogni sabato sera, di quali gioie e di quanti dolori sia lastricata la via del cammino a due.

"Signore e signora”, lo show televisivo di Delia Scala e Lando Buzzanca che ha preso il posto lasciato da "Canzonissima”, è stato ingiustamente criticato da alcuni distratti esegeti dello spettacolo TV. Eppure, non era difficile accorgersi che "Ciccino e Ciccina” del sabato sera, nel loro piccolo, tentano di riproporre, in chiave moderna e leggera, i temi della famosa commedia di Molière: "La scuola delle mogli”. Insomma, uno "spaccato” dell’Italia domestica e borghese degli anni Settanta con i suoi tic, i suoi miti, le sue velleità.

A questo punto, dunque, ci premeva stabilire se l’attrice fosse consapevole della suggestione che il suo "personaggetto” può esercitare sul pubblico o se, invece. il ritorno di Delia Scala sulle scene, dopo tre anni di matrimonio, dovesse considerarsi come una delle solite nevrosi delle signore perbene smaniose, spesso, di trovare un’alternativa attivistica all’ovattato torpore del tranquillo benessere.

«Come moglie — risponde Delia Scala — sono ancora in fase di prova. Come attrice, sono necessariamente un’istintiva che cerca di rimediare con l’intuito alle lacune della consapevolezza. Per fare un esempio concreto, dirò che trasferisco nella Ciccina televisiva buona parte della mia esperienza di moglie e non ho certo bisogno di eccessivi sforzi di fantasia per recuperare modi e atteggiamenti della moglie benestante italiana quale io stessa, in fondo, mi considero. Ed ecco spiegato perchè "Signore e signora” mi ha restituito i consensi dei miei lavori più fortunati e mi dà la sensazione di vivere una seconda giovinezza».

C’è però una stridente contraddizione tra la figura della sposa di Viareggio, tutta casa marito e ricevimenti, che l’attrice sta tentando di accreditare dal 1966, e quest’impegno di lavoro che, sia pure su un piano modesto, pone a una donna problemi diversi e, diciamo la verità, più seri di quelli limitati a una scelta tra visione e chinchilla che sembra abbiano tormentato, sinora, l’animo della moglie del ricco commerciante d’auto della riviera toscana.

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La freddezza e il rigore teutonico che un visino dolce. appena spolverato di rughe, riesce quasi sempre a dissimulare, emergono a un tratto con autoritaria fermezza nella risposta di Delia Scala. «Il fatto che io sia ricca del mio, dopo tanti anni di lavoro, è una faccenda che riguarda soltanto me; il fatto che mio marito possa consentirsi qualche lusso, non deve interessare altri che me e lui; quanto poi ai visoni e agli ocelot di cui ha scritto qualche giornalista invidiosa, ebbene ce li ho: sette, dieci, quindici e non me ne vergogno, nop ho complessi di questo genere. Ci mancherebbe che mi facessi condizionare dalle chiacchiere della gente».

Il ragionamento è giusto, ma la signora Giannotti non ha, per caso, l’aria di eludere la domanda sul rapporto moglie attrice, una condizione ambigua che la stessa Delia aveva rifiutata il 10 settembre del 1966 quando più o meno disse: «Muore una stella e nasce una moglie»?

«L’avvenimento più importante nella vita di una donna — spiega la signora Scala — è un figlio. Un bambino cambia radicalmente l’esistenza di una donna, direi che l’assorbe tutta e costringe la madre ad esistere in funzione della sua creatura. Ma quando un bambino non viene, nè per colpa del marito nè per imperfezione della moglie, allora una donna agiata che fa, limita la sua esistenza al ruolo di brillante padrona di casa o spende il suo tempo interamente in cene e viaggi? Sì, può anche farlo, ma poi; poi si cambia sarto, magari pellicciaio e infine medico di fiducia ma, al fondo, la noia resta intatta e una donna che per vent’anni ha lavorato, difficilmente si rassegna all’inerzia, specie se ogni giorno riceve tante lettere di ammiratori o di gente semplice che dice: torna, non ti abbiamo dimenticata, e se le giungono un mucchio di offerte di lavoro. Così, molto semplice-mente, un giorno mi sono decisa a ritornare. Naturalmente ne ho parlato con Piero e lui, che sa darmi sicurezza e tranquillità, ha compreso il mio cruccio, la mia piccola nevrosi e mi ha sciolta dal voto di rinuncia».

Un uomo che per venti anni, trepido e paziente, ha atteso che Delia si decidesse a sposarlo, può anche sacrificare il suo tradizionale week-end in Garfagnana per goderselo a Roma, a fianco della moglie, impegnata in un lavoro che la tiene, per almeno tre mesi, lontano da casa.

«Sono una donna fortunata — conviene Delia Scala. — La mia carriera artistica è stata rapida e senza intoppi, la mia vita sentimentale, arenatasi per due volte sui bassi fondali di un matrimonio sbagliato e di una tragica esperienza, ora si è composta in una gioia calma ma intensa che mi tiene legata a Piero con gli stessi slanci di un’adolescente alla sua prima esperienza d’amore». La verità, però, è che la vicenda artistica e sentimentale di Delia Scala è molto meno rosea e levigata di quanto, ora, sul traguardo della quarantina felicemente raggiunto, non appaia alla stessa attrice che volesse tentarne un bilancio.

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Tenace volontà

Per una ragazza di grande temperamento e di tenace volontà, il mediocre successo di un film di cassetta come "Anni difficili” di Luigi Zampa, non poteva bastare. Delia Scala si volse allora al teatro di prosa ma i risultati furono ancora più modesti. Riprovò ancora, stavolta col teatro di rivista, e a venticinque anni esordì a fianco di Carlo Dapporto nel ”musical” di Garinei e Giovannini: ”Giove in doppiopetto”.

Il successo stavolta fu strepitoso e indiscusso. Delia Scala aveva saputo creare, nel teatro di rivista italiano, un nuovo tipo di soubrette, spigliata e ingenua, giovanile e spontanea al tempo stesso.

«Eppure non ero soddisfatta — ammette ora la signora Giannotti.— Mi mancava una guida, un sostegno morale, uno scopo, ecco». E lo scopo, Delia Scala credette di trovarlo, qualche anno dopo, legandosi al corridore automobilistico Castelletti che, alla vigilia delle nozze con la soubrette, morì in una gara.

«Mi ripresi a fatica da uno stato di prostrazione psichica che durò mesi e mesi. Il lavoro mi aiutò moltissimo ma più di tutto mi sostennero le premure e le attenzioni di Piero — dice Delia Scala. — Ripresi a sperare, a vivere ad amare ad associare sempre più intimamente i miei pensieri al nome del signor Giannotti, finché fui la signora Giannotti. Ora si può capire il senso di dedizione che intendevo racchiudere nelle mie parole quando, in abito da sposa, dissi: addio teatri, addio applausi: sarò una buona moglie e basta».

E ora, c’è qualche nube al suo orizzonte sentimentale?

«Per carità, soltanto cieli sereni, tant’è vero che quasi quasi sono già pentita di aver accettato quest’offerta della televisione. Ma una scappatella non è un tradimento, forse è soltanto un modo — specie per una donna — per ricordare a se stessa che il matrimonio non è una gabbia c che, in fondo, si può uscire senza troppo rischio dal comfort quotidiano. Se avessi voluto evadere, come pure qualcuno ha scritto, sarei tornata al teatro. Attraverso la televisione, invece, mi sembra di aver raggiunto un onorevole compromesso: rinfresco con la rugiada di uno spettacolo leggero una popolarità appena appassita e sto a tre passi da casa: quando voglio ritorno, quando non posso, mio marito mi raggiunge».

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Una bella offerta

Forse è anche bello, ma non è del tutto vero. Il cinema, quell’amore mal corrisposto a diciotto anni, affascina ancora oggi la signora Giannotti. «E' chiaro che se mi facessero una bella offerta, nel senso di non propormi una parte melensa, accetterei volentieri. Ma tant’è, mi propongono solo personaggi scemi e così preferisco negarmi alla macchina da presa». Delia Scala evidentemente ignora che l’evangelista Matteo scrisse: chiunque guarda una donna per appetirla, già ha commesso adulterio con lei, nel suo cuore. E non ci sono dubbi: stavolta la bella donna è il cinema. Si può quindi concludere che l'adulterio artistico-coniugale di una diva che troppo frettolosamente aveva rinnegato il suo mondo, è stato già consumato. Basterà la buona occasione per renderlo flagrante.

Gianni Di Giovanni, «Tempo», 14 febbraio 1970


Tempo
Gianni Di Giovanni, «Tempo», 14 febbraio 1970