Delia Scala nubile

1956-Delia_Scala

Racconta lei la storia del suo matrimonio nullo. «Fu una cosa fantastica: i giornali parlarono di fasto orientale». Più di sessanta automobili. L'abito della sposa. A sedici anni, diamanti e visone. Poi le prime nubi

Torino, ottobre

Con la sua frangetta, il collo magro da adolescente, il visetto così pulito, la gran voglia di ballare, di cantare, di giocare, è riuscita a disarmare tutti e tutto: gli uomini e i loro pregiudizi, il teatro e i suoi rischi. Neppure la Sacra Rota ha saputo essere inflessibile con lei: l’ha fatta aspettare dieci anni, ma ora l’ha sciolta dal vincolo matrimoniale in cui si era avventatamente impigliata, quasi per gioco, nel ’46. Dunque non è più la signora Melitzanus. È soltanto Delia Scala, attrice, ballerina, soubrette, libera come l’aria, graziosa come uno scoiattolo, un po’ ingenua, un po’ fuori del mondo, ma molto carina. Guardate con che garbo si è rannicchiata in una poltroncina del Teatro Alfieri, mentre racconta ai giornalisti accorsi a Torino la storia del suo incredibile matrimonio. Ha voluto riceverli in teatro perché in teatro è a casa sua. Le piace il rumore, la confusione; le piace questo andirivieni di attori, di ballerini, di musicanti, di macchinisti. Nel racconto che sta facendo c’è qualcosa di simile, c’è un andirivieni di inglesi, tedeschi, partigiani e fascisti, tutti molto rumorosi e agitati, non sai se buoni o cattivi, se amici o nemici, se per scherzo o sul serio. Guarda un po' che cosa fu la nostra terribile guerra civile per una ragazzina allegra ed estrosa come era Delia nel ’44: una specie di gran finale da rivista, con gente in camicia nera, gente in camicia rossa, fanfare, balli, sparatorie, bicchierate, una babele di lingue e di bandiere, un bell’ufficiale inglese, un matrimonio in abito bianco. Questo incredibile matrimonio! Dovremmo dire che fu una storia di amore e di guerra ma, badate lo strano amore e la strana guerra di tina ragazza svitata che, allora, aveva quindici anni.

1956 10 28 L Europeo f1Reggio Emilia. Delia Scala, fidanzata di quindici anni, diede questa fotografia a Nikiphorus Melitsanos.

1956 10 28 L Europeo f2Reggio Emilia. Delia Scala (nome vero Odette Bedogni) con Niki Melitsanos giorno del loro matrimonio, il 12 luglio 1946. «Non si capiva», dice Delia, «se mi sposavo o andavo alla prima Comunione».

Il racconto è cominciato stentatamente, la soubrette Delia Scala ha voluto recitare per un po’ la parte dell’attrice esperta e famosa che pesa le parole e non ne dice una più del necessario. Poi è saltato fuori il suo temperamento sincero e impetuoso. Se l’è presa «con quel Niki (è il suo ex-marito che esagera sempre»; si è arrabbiata coi giornalisti che l'hanno descritta come «una ragazza di campagna, cresciuta fra capre e mucche». «Ricominciamo dal principio», sta dicendo, «mettiamo le cose a posto». 

«Delia», gridano dal palcoscenico, «vieni qui un momento». 

«Non ho tempo», urla colla voce un po’ rauca, «non vedete che ho da fare?». Poi riattacca: «Sia ben chiaro dunque che non sono dì campagna. Sono di Milano, io. Abitavamo in piazzale Libia, al numero 5. Io studiavo danza alla Scala, ero al quinto corso. Poi c’era il babbo, ufficiale di aviazione, la mamma, mio fratello Giorgio e mia sorella Alda. Una sera, il sei o l’otto di..., beh, non importa, ci bombardano la casa. Restiamo coi pigiami che avevamo addosso. Tutto bruciato, sparita la casa, spariti i soldi. I vicini ci imprestano dei vestiti e sfolliamo a Campagnola, un paesino della Bassa emiliana, dalle parti di Reggio. A Campagnola abitano i parenti di mia madre, i Rodeghierl, gente simpatica. Dovreste conoscere mio zio Washington: di giorno lavora in fabbrica, di sera va in giro per i paesi colla sua orchestrina, «la pattuglia gaia», come la chiama. Forse ho preso da lui, non vi pare? Bene: arriviamo e ci sistemiamo nella casa dei nonni: un pigia-pigia da non dire, le brandine una sopra l’altra, un sacco dì amici che vengono a salutarci perché noi a Campagnola ci andavamo ogni estate e, sapete come è, conoscevamo un po’ tutti. Il giorno stesso, proprio davanti a casa nostra, si ferma un camion di prigionieri. Ce n’era un po’ di tutte le razze: inglesi, greci, australiani». 

1956 10 28 L Europeo f3Viareggio. Niki Melitsanos colla fidanzata, Liviana Donati, la sua futura moglie. Niki, un eroe della resistenza in Grecia, combattè in Italia nel ’44 e conobbe Delia Scala a Campagnola, in Emilia.

LO ZIO WASHINGTON DIRIGE UN’ORCHESTRINA

«C’era anche il suo futuro marito?» domanda uno. «C'era, sì, ma non correte troppo, non l’ho mica conosciuto subito». «Delia, al telefono da Roma», grida un tale dal fondo del teatro. Delia corre al telefono, urla con la centralinista, si ammansisce, riprende a gridare: «Ma no, mammina, non sono stata io a dirlo ai giornali, deve essere stato Niki. Beh, adesso cosa vuoi farci, sono tutti qui. Cosa dici? Sono anche lì da te?». Ritorna con un viso serio serio. «Preferirei non continuare», dice, «certe cose è meglio tenersele per sé, ma dove ero rimasta?». 

«Diceva che non l’ha conosciuto subito». 

«Sicuro, non subito. Dovete sapere che già allora io mi sentivo addosso una gran voglia dì ballare, di recitare, se c’era qualche festicciola, qualche spettacolo, non me li lasciavo scappare, lo conobbi proprio durante uno spettacolo per i prigionieri». «Spettacolo? Lì, da voi, davate spettacoli per i prigionieri?».

«Proprio spettacoli non erano. I prigionieri inglesi lì da noi stavano nella loro villetta solo di notte, di giorno potevano girare per il paese. Il farmacista, capite, o qualche possidente li invitavano a prendere il tè. Si facevano quattro salti, qualcuna di noi ballava o cantava». 

1956 10 28 L Europeo f4Viareggio. Dice Niki Melitsanos: «Delia aveva la mania del cinema. Feci l’errore di mandarla a Roma a scuola di recitazione. Finì col preferire il cinema a me. Acqua passata, ora siamo buoni amici ».

«E i fascisti, signorina? I partigiani?» «Ah, loro andavano e venivano e poi li conoscevamo quasi tutti; sapete erano compagni di infanzia, cinque o sei erano andati nella brigata nera, cinque o sei in montagna». «E allora, signorina Delia, non vuol parlarci del signor Niki?». 

«C’è poco da dire: io ero una ragazzina, lui un uomo fatto, molto simpatico, molto gentile. Conosceva tre o quattro lingue, aveva fatto delle cose fantastiche durante la guerra, azioni pericolose, paracadute, medaglie al valore, aveva un posto importante nell’Ottava armata». «Vi fidanzaste?».

«Per modo di dire. A quei tempi! Con un prigioniero! Ma non fatemi perdere il filo. Vi dicevo che erano tempi brutti: il babbo era stato messo in pensione per via di un distintivo del re, mi pare, che non aveva voluto togliersi dal cappello, ogni tanto si saltava un pasto, il paese era sempre in subbuglio, tutte le notti ci tiravano giù dai letti». «Chi vi tirava giù?». «Un po’ tutti. Una notte arrivavano i partigiani, ci davan la sveglia e dicevano: "Tirate fuori il grano che conservate per la brigata nera”. La notte dopo arrivavano quelli della brigata nera. "Sveglia, canaglie”, urlavano, "fuori il grano che tenete per i partigiani”. Gli eventi intanto precipitavano. Niki e gli altri prigionieri scapparono dalla loro villetta. Gli altri non so come finirono, Niki venne a casa mia e si fece nascondere in solaio. Passano due giorni. Il terzo, me lo ricordo benissimo, alle undici del mattino bussano alla porta. Apro e vedo quelli della brigata nera. "Odette", mi dicono (mi chiamavo così allora, Odette Bedogni), ”non c’è mica per caso un ufficiale inglese nascosto in casa tua?”».

1956 10 28 L Europeo f5Niki Melitsanos è figlio di madre inglese e di padre greco. Combattè volontario nell’esercito britannico.

1956 10 28 L Europeo f6Reggio Emilia. Niki Melitsanos, al centro, fra i suoi commilitoni dell'Ottava armata.

ARRIVANO I MILITI DELLA BRIGATA NERA 

«Già, signorina», la interrompono i giornalisti, «abbiamo letto. Ci racconti bene: come è che riuscì a salvare il suo ex-marito? Improvvisando una danza, no?». «Humm!» fa Delia, «deve essere stato Niki a inventarselo. No, le cose andarono in un altro modo. Dunque quelli della brigata nera mi chiedono se c’è l’ufficiale inglese in casa mia. Io allora li guardo, ci penso un momento e poi dico: "Sì, è in solaio”».

«Signorina, forse vuol dire che tacque, imbarazzata, e che gli altri fecero irruzione...». 

«Ma no, io ho proprio detto che c’era. Intanto lo sapevano, qualcuno aveva fatto la spiata. Lo fanno scendere, lo portano sulla piazza e lo mettono contro il muro, insieme a due partigiani».

«Delia, vieni a provare i costumi», gridano dal palcoscenico.

1956 10 28 L Europeo f7Viareggio. Niki Melitsanos in ima strada di Viareggio in compagnia della fidanzata Liviana Donati. Hanno deciso di sposarsi fra un mese, vivranno nella villa che la Scala volle chiamare Odette.

«E provateveli voi», strilla Delia agitando la frangetta. «Vi dicevo che lui era già contro il muro quando corrono da me delle ragazze del paese e mi implorano: "Delia, vai tu a parlare col Lqdini, sei l'unica che può far qualcosa". Nessuno può circolare, ma io dal Lodini ci vado lo stesso». «Scusi signorina questo Lodini...».

«E lasciatemi parlare! Il Lodini era uno del paese, un nostro amico di infanzia che era diventato il capo della brigata nera. Corro sulla piazza, vedo Niki e gli altri coi fucili puntati addosso, corro dal Lodini e gli dico: "Alberto, fallo per me, è il mio fidanzato. Gli altri due sono i fidanzati della Luisa e della Maria”. Gli dissi tante altre cose. A farla breve mi diede ascolto».

NON BAGNARONO LE STRADE COLL’ACQUA DI COLONIA 

«Vuole dire che si commosse e che si accontentò di portarli in prigione?». «In prigione? E perché in prigione? Io gli avevo chiesto di lasciarli liberi. Del resto non ci ha mica rimesso. Io e Niki poi gli abbiamo salvato la pelle al tempo dei processi. Ma questo non c’entra. Volevo dirvi che la guerra finì e che Niki riprese il comando dell’Ottava armata».

«E Montgomery, signorina?». 

«Montgomery? Ah, non fate gli spiritosi, cosa volete che mi ricordi, prese un comando, non so quale fosse, ma era molto importante, a Reggio comandava tutti. Così l’anno seguente decidemmo di sposarci».

1956 10 28 L Europeo f8Viareggio. Niki Melitsanos quando Delia debutta è solito inviarle un telegramma di auguri. È un uomo corretto, generoso, lo riconosce anche la sua ex-moglie. «Il suo torto», dice Delia, «fu di volermi bene».

«Un bel matrimonio, signorina?». «Un bel matrimonio? Fu una cosa fantastica. I giornali di allora, si era nel luglio del ’46, scrissero: ”Il comandante Nikiphorus Melitzanus (è di madre inglese, ma di padre greco) ha sposato la signorina Odette Bedogni con fasto orientale”. Dissero persino che Niki aveva fatto bagnare coll’acqua di Colonia i ventidue chilometri di strada polverosa fra Campagnola e Reggio. Invece li aveva fatti bagnare solo coll’acqua, ve lo garantisco io. Comunque c’erano più di sessanta automobili ed io avevo un vestito di pizzo e di raso che avevo preso a Milano, me lo ricordo benissimo, da Rognoni. Ero così giovane, così bambina, che non si capiva bene se andassi a sposarmi o alla prima Comunione. Il pranzo lo facemmo all’albergo Posta di Reggio E-milia. Orchestrina e champagne; io mi ero messo un abito di jersey rosso, allora ero bruna. C’era un sacco di gente, c’erano tutti i miei, eccetto la mamma. Lei non voleva saperne di seguirmi, voleva che tornassi con lui e in fondo aveva ragione, piantare un marito dopo sette mesi non è mica... Ma cosa volete, io se non recitavo scoppiavo. Ora siamo buoni amici, a ogni debutto mi manda un telegramma di auguri».

«Eh, sì», dice qualcuno, «era un matrimonio sbagliato». «Vizio di consenso», precisa compunta Delia, «e poi quella faccenda della religione. Sapete lui era protestante...» «Protestante?». «Ma sì, scismatico, come si dice, e aveva promesso di cambiare religione: invece non la cambiò».

«Delia», gridano come pazzi dal palcoscenico, «ti decidi a venire?». 

«Vedete?» dice Delia saltando giù dalla poltroncina. «Qui non vi lasciano respirare. 0 il teatro o il marito; un giorno o l’altro mi decido anche io, il teatro lo conosco abbastanza, è ora che mi pigli un marito vero. No, no», dice ridendo al nome che le fanno, «io non ho detto niente, mi raccomando». 

Giorgio Bocca, «L'Europeo», anno XII, n.44, 28 ottobre 1956


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Giorgio Bocca, «L'Europeo», anno XII, n.44, 28 ottobre 1956