Rossella Como, non le basta più condividere gli applausi
Rosella Como, che come protagonista delle prime edizioni di “Scanzonatissima” si è imposta tra le più brave attrici del teatro di rivista, ha rifiutato di prendere parte alla nuova edizione dello spettacolo. Rinuncia al sicuro per inseguire un successo tutto suo
Roma, febbraio
Ora non è più (ma lo è mai stata veramente?, o non fu soltanto uno scherzo del cinema?) la Judy Holliday nostrana. la ragazza con la testa nelle nuvole, la svampita dalla voce infantile, quel tono di voce che le uscì, per caso e per timidezza, dalla bocca, e Dino Risi la colse al volo, bloccandola (la pubblicità fece il resto) in una piacevole ed immutabile macchietta. Ora Rossella Como, la imitadora perfeda, come l’ha chiamata un giornale spagnolo, la soubrette per due anni di Scanzonatissima, l'attrice che riesce a rifare tutte le altre attrici, ad esprimere se vuole il corpo sexy di B.B. o i muscoli facciali della Callas, è ima cui il teatro ha rivelato, a lei stessa, le sue qualità. Una che non si contenta più dei secondi ruoli, che si amministra oculatamente come un'azienda, della quale è nello stesso tempo proprietario e prodotto, che abita non più in periferia ma a Via di Villa Ada, nella stessa casa in cui, per vari anni, visse Sofia Loren, e se glielo fai notare, «Già — sorride — me ne sono accorta dopo aver preso in affitto l'appartamento...»; e invece sicuramente non è vero, questa è una scelta voluta, simbolica. E' una che, giorni fa, ha avuto il coraggio di rifiutare uno spettacolo di sicuro successo e un cachet di quarantacinquemila lire a sera.
Al debutto di Scanzonatissima n. 3, al Politeama di Napoli, c’era anche lei. Ma non sul palcoscenico, come gli altri anni, accanto a Noschese, Antonella Steni e Pandolfi (gli immancabili e ormai patentati interpreti di questo annuale almanacco del ridere, tre quarti satira politica e un terzo critica di costume, con tanti doppisensi e giochi di parole, tipo Trabucchi e Trabacchi, e romanze parodiate, tipo: «Sigaro qua, Sigaro là...»), bensì seduta in platea, vicino a Dino Verde, quale spettatrice. La sua presenza era in un certo senso doverosa, dal punto di vista della cortesia verso i colleghi: un modo per dimostrare che era vicino a loro, che non li aveva affatto abbandonati.
Invece, per chi conosceva i retroscena, aveva più o meno lo stesso significato della sorridente partecipazione d’un ambasciatore ad una festa data dal re d’un Paese con il quale il proprio è già entrato in guerra. Anche se è rimasta amica con tutti, in realtà Rossella ha rotto proprio con il tipo di spettacolo che per due anni le ha dato applausi a non finire. Sembra una decisione contraddittoria, azzardata, e secondo Dino Verde lo è; ma Rossella: «L’ho fatto — dice — per non ripetermi, per non diventare di nuovo un tipo, una maschera».
Dopo la rinuncia a prendere parte a “Scanzonatissima n. 3”, Rossella Como ha accettato di partecipare alla riedizione televisiva di una delle riviste di maggior successo dell’anteguerra: ”Za-bum". Si tratta di un lavoro che non la impegna per lungo tempo e che non impedirà all’attrice di afferrare, la "grande occasione" che dovrà definitivamente affermarla.
Una giusta ambizione
Fino all’ultimo momento, il coautore di Scanzonatissima l’ha scongiurata di ripensarci. Sono ormai molti anni che la conosce e lavora con lei. Fin dai tempi dei primi film, che Verde sceneggiava e Rossella interpretava. Ma già allora egli pensava che poteva fare qualcosa di meglio e di più. E cosi, due anni fa, quando n’ebbe l’occasione, decise di metterla alla prova. Rossella la superò tanto brillantemente che oggi Verde si considera il suo Pigmalione. Anche se è vero (ed egli lo riconosce) che l’allieva superò le sue stesse speranze. «I primi giorni era un po’ timida, ma poi fu travolta dal successo, diventò bravissima». Cantava, ballava, recitava con grande disinvoltura. Dote che non le è mai mancata: c’è gente che s’impappina alla sola idea di apparire in TV. Lei chiacchiera e scherza davanti alle telecamere come se fosse a casa propria.
Ci sono attrici che, se chiedi loro di canticchiare un motivo, la prendono per un’offesa personale; lei: «Io ci provo». disse, si buttò a studiare, se la cavò piuttosto bene, e giorni fa, a Milano, gli esperti di una Casa discografica hanno scoperto che ha una voce alla Edith Piaf. Subito le hanno fatto incidere due dischi e ora la lanceranno come la Piaf italiana. Ogni Pigmalione, si sa, ha l’ambizione di continuare a guidare la propria allieva; ogni allieva (e Rossella non si sente neppure tale) ha la tendenza a emanciparsi. Uomo coi piedi per terra, Dino Verde riteneva giusto che, siccome le è andata bene per due anni, Rossella dovesse continuare a sfruttare ancora lo stesso filone.
Rossella Como ha esordito davanti alla macchina da presa nove anni fa quando le è stata affidata una parte in "Poveri ma belli”. Da allora ha preso parte ad una ventina di film tra cui, in un breve ruolo, anche "Otto e mezzo" di Fellini.
«Il teatro — dice — è un fatto commerciale, e se uno raggiunge una certa quotazione deve cercare di confermarla, magari di accrescerla». Altrettanto positiva ma più estrosa e ambiziosa, Rossella ragiona diversamente. «Il successo — dice — non deve legare ma liberare». Secondo Dino Verde. questa è una «mentalità alla Lollo...», un desiderio di primeggiare; secondo la Como, una giusta ambizione. Oramai, è chiaro, non potevano andare più d’accordo, e infatti, mentre da Napoli Scanzonatissima prendeva il via, Rossella se n’è andata a Milano, a registrare sotto la regia di Mattoli la seconda ripresa televisiva del vecchio Za Bum. Uno spettacolo, anche questo, fatto di brevi sketches. Ma innanzitutto più adatto alla sua vena romantico-scherzosa, e poi basato quasi interamente su una serie di monologhi, nei quali la Como si sente più libera, può buttarsi, correre a briglia sciolta, fare (come le piace) ”la mattatrice”.
«Purtroppo, quando si mette un’idea in testa...», sospira Dino Verde; e questo dovette essere, a suo tempo, anche il pensiero del suo ex-marito, il quale si trovò sposato tre mesi dopo averla conosciuta, e tre mesi dopo le nozze tutto era già finito; questa è anche, ma con diversa accentazione, l’idea delle sue due sorelle, che costituiscono, insieme alla figlia Monica, la solida cerchia dei suoi affetti, e la sua prima platea. La sorella Grazia, che dirige una boutique d’antiquariato. E Anna, la professoressa di disegno, la quale ogni mattina raggiunge in macchina la sua scuola a 50 chilometri da Roma, dove insegna ai figli dei contadini e dei pastori, e le soddisfazioni non le mancano di sicuro, perchè i suoi ragazzi hanno esposto perfino a Tokio, e lei è stata nominata delegata in tutti i congressi internazionali di pedagogia infantile, ma che, nonostante ciò, vive praticamente all’ombra di Rossella, segue il suo lavoro, l’aiuta, le fa da segretaria, è felice quando essa, seduta dietro la scrivania, le intima con autoritario cipiglio: «Anna, sei pronta? Allora scrivi». E’ il solito equivoco creato dall’ aspetto fisico, dalla gentilezza dei modi, dal tono della voce.
Vedendo Rossella Como, o ricordandosela dai suoi film, uno pensa: be’, deve essere un tipo di bonacciona, romana, capitata per caso nella professione di attrice, la più a portata di mano per una ragazza carina che vive a Roma; invece è un carattere deciso ed estroso, e ha una volontà di ferro, che ha sempre colpito tutti quelli con i quali ha lavorato, compreso il disincantato Elio Pandolfi che le è stato spesso vicino, in TV e a teatro. «Quando interpretava lo sketch dell'assistente sociale — egli dice — s'impegnava tanto che alla fine restava senza voce».
Sulla terrazza di un grande albergo di una stazione invernale, Rossella prova degli abiti per uno spettacolo. Eccola in un leggero vestito da sera. La Como, dopo il fallimento del suo matrimonio con un industriale lombardo, vive quasi sempre a Roma sua città natale con la figlia Monica e le due sorelle, Grazia e Anna.
Alla guerra da sola
Per capirla, e capire la sua passione per il recitare bisogna risalire alla sua infanzia, all’ambiente familiare, al modo come è cresciuta. Tra le sorelle che, siccome la madre mori quando lei aveva sei anni, hanno cercato di compensarne l’assenza, magari esagerando in attenzioni, viziandola un po’, e il padre, col suo carattere estroso, un tipo allegro e bohémien, sempre pronto a far ridere e a commuoversi, che in pratica è stato il suo primo maestro ed è diventato, succede ad alcune ragazze, la sua figura ideale di uomo. Che essa fosse la sua preferita, dipendeva dal fatto che era la più piccola, venuta molti anni dopo le altre, e la più carina, la più vivace. Tanto vivace che a quattro anni Blasetti la voleva per il film La corona di ferro, e una mattina arrivò anche la macchina della produzione sotto casa, per portarla sul set: come le attrici; ma il padre, pussa via!, la rimandò indietro, adiratissimo.
Non è nata, dunque, per caso la vocazione di Rossella: dal padre ha preso il meglio e il peggio la sensibilità e il piacere di sognare; come dal fatto d'essere stata coccolata ed esaltata un po’ da tutti, in famiglia, quel gusto esibizionistico che è proprio di ogni attrice, e dalla mancanza dell’affetto materno quella insicurezza sentimentale, che le ha procurato un’ unica ma cocente delusione: e infatti ora per difendersi si atteggia, anche se non ne ha proprio il carattere, a disincantata e cinica.
Nella solitudine però si è anche fortificata, si è fatta le ossa; e quando, vinta la timidezza che si accumula sugli isolati, il successo teatrale le ha messo le ali ai piedi, Rossella è scoppiata. Oggi non si contenta più di riscuotere gli interessi del capitale già investito: vuole intraprendere iniziative nuove, conquistare posizioni più avanzate. E’ stato probabilmente imprudente abbandonare la Compagnia, la strada già battuta; ma non è solo questione di ''mentalità alla Lollo”, è che oggi Rossella, l’ex-Judy Holliday nostrana, la imitadora perfecta, indossata (come le piace dire) la sua "corazza da guerriero”, ha deciso, tutta sola, di andare alla guerra.
Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.10, 10 marzo 1965 - Fotografie di Angelo Frontoni
![]() |
Stelio Martini, «Tempo», anno XXVII, n.10, 10 marzo 1965 - Fotografie di Angelo Frontoni |