Marlène ha incontrato il Commendatore

1956 07 07 Vie Nuove De Sica f0

Danno questo titolo a Vittorio De Sica, a Montecarlo: forse per deferenza, forse perchè pensano che sia l’unico degno della grandissima Marlène Dietrich

Montecarlo, luglio

Dietrich è ancora la più bella, la più dorma di tutte. Queste ragazze non le arrivano al ginocchio », Mister Stogel parlava con un entusiasmo compassato, come se ripetesse una cosa ovvia detta già tante altre volte. Mister Stogel, funzionario americano di una grande casa di produzione italiana, ci disse anche che non era il caso di avvicinare « Dietrich » quel giorno, né per parlarle nè per fare fotografie. Marlene era stanca, e non voleva affrontare in quelle condizioni i « trabocchetti » della stampa. « Guardare e non toccare », concluse ridendo Mister Stogel, « è già qualcosa le assicuro». Certo, aggiunse, Dietrich era molto contenta di lavorare in questo film, molto contenta di lavorare insieme a Vittorio De Sica; prima di allora non io avrebbe mai incontrato. Avrebbe preferito avere De Sica come regista, invece che come partner? Oh! Dietrich era già molto soddisfatta di avere De Sica come partner, anzi potevamo dire senza timore di essere indiscreti che era stato questo a deciderla a un ritorno davanti alla macchina da presa. I due andavano molto bene d'accordo, negli intervalli del lavoro facevano lunghe conversazioni, In inglese; era un grande avvenimento rincontro di due vecchi attori come loro. Aveva detto vecchi attori? Oh! certo, si sa cosa si intende dire con questo. Dietrich non era vecchia, lo aveva affermato lei stessa qualche giorno prima di avere quarantatre anni. Alcuni le avevano attribuito qualche cosa di più, cinquan-tadue forse, ma su questo punto Dietrich era ferma. Solo quarantatre. E a quarantatre anni, potevamo vedere anche noi era ancora la più bella di tutte.

Eravamo nel grande salone da gioco dello Sporting d’Hiver; lo Sporting è una delle succursali del Casino di Montecarlo, ma quel giorno era trasformato in teatro di posa. Intorno ai quattro tavoli della roulette si alzavano grossi riflettori da cinquanta kilowatt, in un angolo stava la macchina da ripresa, e dappertutto cavi di gomma, trespoli di legno e di ferro, casse, eccetera. Il regista, l'operatore e i vari aiuti stavano sdraiati sulle poltrone di una saletta laterale, mentre per la sala si aggiravano due o trecento persone in abito da sera, smoking nero gli uomini e toilettes lucide e scollate le donne; gli uni e le altre mostravano chiaramente di portare per la prima volta quegli abiti che non erano i loro. Fra questa massa dì comparse spiccavano cinque o sei ragazze di taglia generosa, che traversavano continuamente il salone con passo solenne e senza nessuna apparente meta.

Marlene Dietrich stava dall’altro lato della sala, in piedi davanti a un grande specchio; si passava sul volto un piumino carico di cipria che le lasciava larghe strisce bianche sulle guance, e ogni tanto restava ferma a fissare la propria immagine riflessa. Indossava un pigiama di seta rosa, molto ampio, di quelli che erano di moda sulle spiagge ventanni fa; quello strano indumento la faceva apparire troppo magra, o forse soltanto sottile e snella. Ci avvicinammo dalla sua parte, sempre tallonati dal cauti Mister Stogel, e intanto uno della troupe si era messo al suo fianco e le parlava piegato in un accenno d'inchino: Marlene sedette su uno sgabello, tirò su fino sopra il ginocchio i calzoni del pigiama, e rispose con poche parole sempre guardandosi allo specchio. Poi prese un fazzoletto e con un gesto deciso si tolse la cipria.

Vista cosi da vicino non lasciava più dubbi. Forse Marlene non appariva invecchiata, ma non era certo pio quella del suoi celebri film ; era bella, molto bella anche con il suo antiestetico pigiama, ma conservava la bellezza della porcellana, indistruttibile e quasi staccata nel tempo. Dal 1930, quando il regata Joseph Van Stenberg la scopri in un music-hall di Berlino e la lanciò con il film «Angelo azzurro», al 1956, Marlene Dietrich ha bruciato sullo schei ino tutte le tappe del fascino femminile, da quello primitivo e sensuale della piccola ballerina ambiziosa, all'altro più raffinato della dama che non sa rifiutarsi gli ultimi capricci. Era stata chiamata a Montecarlo per interpretare appunto un ruolo del genere, una donna del gran mondo che arriva nel paradiso dei giocatori per trovare intorno alla roulette la ricchezza perduta o un marito ricco.

Per questo film la Dietrich aveva lasciato alcuni contratti con dei locali notturni di Hollywood, e il suo recente lavoro di giornalista; su un giornale femminile pubblicava una rubrica di consigli su come mantenersi belle e avere successo della vita. Il suo arrivo a Montecarlo aveva messo In moto decine di giornalisti e fotografi, ed erano arrivati perfino inviati speciali d'olire atlantico, ma Marlene si era chiusa nelle sue tre stanze dell'Hotel de Paris, uscendo solo per andare alle riprese e per qualche rapida corsa in macchina a Nizza, Cannes, Cap d'Antibes, dovunque pensasse che il suo arrivo non fosse atteso Nel lavoro era di una precisione meticolosa.

Una voce dalla sala vicina gridò: «C'è il commendatore». Passò qualche minuto e fece il suo ingresso Vittorio De Sica, con un impeccabile smoking nero e un gentile sorriso sulle labbra. Camminava lentamente, posando i piedi con precauzione come se fosse molto stanco o poco sicuro di dove andava. Regista, operatore e aiuti gli si fecero incontro, e intanto il nostro cicerone ci informava che nel film De Sica interpretava la parte di un maturo conte, giocatore rovinato, che riesce a far credere a tutti di possedere ancora la sua fortuna. Vivendo su uno yacht ancorato nel porto di Monaco, e che non si può spostare perché privo di motore, il conte sale ogni sera al Casinò per tentare la sorte e cercare una miliardaria da 'impalmare. Su questa coincidenza sono naturalmente imperniate le azioni del duo Dietrich-De Sica.

Una piccola bionda, in calzoni di tela e camicia, sbucò da una porta e saltellò incontro all'attore squittendo in un rapido inglese; era un'attrice americana, anche lei una delle interpreti del Dim, e in realtà si muoveva come se stesse già recitando la sua parte. De Sica ora ascoltava. annuendo con il capo, il regista che parlava indicando con grandi gesti uno dei tavoli della roulette; Mister Stogel ci disse che egli aveva accettato anche la supervisione del film. Intanto, dopo una serie di grida, gli elettricisti avevano accesi i riflettori, e nel salone feste più caldo che sotto il sole d'agosto; tutti cominciarono ad asciugarsi il sudore, gli attori avevano a questo scopo degli incaricati che giravano con pacchi di fazzoletti bianchi. De Sica chiese alla segretaria di aiutarlo a togliersi la giacca, e in maniche dì camicia proseguì la sua passeggiata attraverso il salone; il gruppo delle ragazze si era disposto od ala nella sua direzione, ma sembrava che egli cercasse con lo sguardo qualche cosa che dubitava di poter trovare in quel luogo. Vide la Dietrich, e allargò il suo sorriso a unal sfumatura più confidenziale; poi si voltò verso il regista che lo seguiva di qualche passo, e disse con voce plana : «Siamo pronti».

Paolo Pozzesi, «Vie Nuove», anno XI, n.28, 7 luglio 1956


Vie Nuove
Paolo Pozzesi, «Vie Nuove», anno XI, n.28, 7 luglio 1956