Rossellini il conquistatore

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Oggi come ieri, la sua maggiore preoccupazione è quella di conquistare gente, uomini o donne che siano, per dare ad ogni incontro il tono della indimenticabilità. Persino in trattoria non è tranquillo sino a quando non si è accattivata la simpatia del cameriere

Qualche giorno fa ho rivisto Roberto Rossellini. M’è sembrato strano che, nel momento in cui la cinematografia italiana conquista allori e successi mondiali, nessuno si è ricordato di estendere qualche parola per l’uomo che, assieme a Vittorio De Sica, è stato nel dopoguerra il primo autore di capolavori, come "Roma città aperta" e "Paisà". Il regista, invece, non sembrava turbato dalla dimenticanza: la sua maggiore preoccupazione, oggi come ieri, è quella di conquistare gente, uomini e donne, di far sì che ogni incontro con lui risulti indimenticabile. Perfino in trattoria, non sta tranquillo finché non conquista l’ammirazione del cameriere che lo serve: non gli importa d’essere riconosciuto, ma vuole soprattutto che il cameriere sia soggiogato dal fascino e dalla simpatia che Rossellini emana in misura, per la verità, assai superiore alla media.

Rossellini è l’uomo che s’avvicina di più all’immagine che gli antichi avevano delle sirene incantatrici. Ho visto produttori, che giuravano di non fare mai un film con lui, cambiare totalmente idea dopo una cena insieme; ho visto giornalisti imbottiti di prevenzioni contro di lui diventare estatici e ammirativi in pochi minuti, al primo incontro; ho visto uomini inferociti inseguirlo coscienziosamente con l’idea di prenderlo a botte e poi ucciderlo e, una volta raggiunto, cadere invece fra le sue braccia con gli occhi lucidi di commozione, scambiando con voce rotta parole affettuose. Da anni ho ormai raggiunto la certezza che Rossellini sia il campione del mondo di quella che gli inglesi chiamano "arte di vincere senza barare": la capacità, cioè, di dominare la gente che ti avvicina senza ricorrere a trucchi e a sotterfugi.

Tanto per fare un esempio, mi ricordo che, alcuni anni fa, mi trovavo assieme a Federico Fellini a Fregene nella casa del produttore Infascelli che stava preparando un film ad episodi. Ad un certo punto, Fellini ebbe l’idea: prendere Ingrid Bergman come protagonista di un episodio. La prospettiva piacque tanto all'Infascelli che non esitò a saltare in automobile e a precipitarsi a Santa Marinella nella villa di Rossellini, per andare a fare immediatamente la proposta ad Ingrid. Noi restammo ad attenderlo.

Aspettammo un’ora, due ore, tre ore, tutto il pomeriggio. Al tramonto riprendemmo finalmente la strada per Roma domandandoci, un po’ preoccupati, se ad Infascelli non fosse per caso successo un incidente. Invece lo incontrammo dopo pochi chilometri. Stava tornando a casa guidando la propria automobile come se fosse Cesare sul cocchio del trionfo. Era fiero, a testa alta. Due occhi da esaltato brillavano sul suo viso. Sulla bocca s’era stampato, in maniera perenne ed indelebile, un sorriso beato. Se mai ho visto un uomo felice, questi era Infascelli quel pomeriggio.

«Che ti è successo?» domandò Fellini sporgendosi dal finestrino della macchina. Senza uscire dalla "trance" in cui era, Infascelli rispose con voce melodiosa: «Un colpo di fortuna!». Fellini provò ad indovinare: «Hai ottenuto Ingrid?». «Di più, di più», mormorò Infascelli. «L’hai ottenuta gratis?» incalzò Fellini. «Di più, di più». E finalmente Infascelli spiegò con voce di sogno: «Pensate, Rossellini ha accettato di dirigere lui un episodio...». «E Ingrid?» fece Fellini. Ma niente poteva più turbare l’olimpo in cui ormai viveva il produttore, che con indifferenza infatti rispose: «Ingrid Bergman? e che me ne faccio della Bergman quando ho Rossellini?». La verità era che Rossellini non aveva nessuna intenzione di dargli la Bergman per quel film e glielo aveva detto in chiare note. Ma il produttore era ormai così drogato dall’incontro col regista che non solo rinunciava volentieri alla Bergman, ma avrebbe rinunciato a moltissime altre cose solo che Rossellini glielo avesse chiesto. Sembrava l’uomo che ha trovato finalmente il proprio angelo custode.

1962 05 12 Tempo Roberto Rossellini f1Ha cinquantasei anni, Roberto Rossellini. Per i suoi indimenticabili film "Roma città aperta" e "Paisà" egli può essere giudicato uno dei registi più importanti del cinema. Rossellini ha appena terminato di girare il fim "Anima nera".

"Spara, avanti. Provati!"

Come fa Rossellini a rendere immediatamente la gente così docile ai suoi voleri? Quando sei davanti a lui per la prima volta, hai l’impressione di trovarti di fronte a un genio. Subito dopo ti capita di pensare che per te è tremendamente importante conquistare la sua simpatia. A questo punto sei già praticamente nelle sue mani, ma Rossellini non ti molla: mostra per te una tale considerazione, una tale stima, una tale ammirazione per la tua intelligenza che ti viene spontaneo pensare: «Ecco finalmente un uomo che mi capisce». Più tardi tomi a casa sentendoti forte e seducente e può anche darsi che nella notte tu finisca per fare sogni meravigliosi.

Tutto questo Rossellini non l’ottiene con l’adulazione, ma piuttosto con un eccesso di confidenza. Si presenta ai tuoi occhi semplice, vulnerabile, indifeso. Ti dice la verità su se stesso, anche nei particolari più intimi, con una franchezza veramente insolita. Il suo ritmo di vita, la sua straordinaria energia, l’eccezionale coraggio fisico, il suo disordine sono i particolari che balzan fuori dal ritratto che Rossellini offre di se stesso nei primi incontri con lui. E non c’è trucco: il regista è veramente vitale, coraggioso e disordinato. Una volta a Napoli, mentre girava un film, un camorrista si piantò a gambe larghe in mezzo a una scala minacciando la "troupe" con un fucile. Rossellini non ebbe titubanze: cominciò ad avanzare verso l’uomo armato, pieno d’ira e di disprezzo, gridando: «A chi spari tu? Spara, avanti! Provati!». Il camorrista restò di sasso: nella sua mente, dove la logica dei rapporti umani era riportata alle preposizioni più elementari, il gesto di Rossellini rischiava di distruggere una intera esistenza basata sul presupposto che chi ha uh fucile carico in mano, comanda e che gli altri ubbidiscono senza ribellarsi. Così, il camorrista voltò le spalle e se ne andò.

Per tutti gli americani e per moltissimi altri stranieri, Rossellini è la figura più valida di "latin lover" che l’Italia ha dato dopo Rodolfo Valentino. Eppure è difficile trovare un uomo che meno di lui possieda le doti che generalmente vengono attribuite ad un seduttore classico e tradizionale.

Si prenda il caso di Ingrid Bergman. A distanza di anni, credo sia ormai possibile rivelare la verità sull’incontro fra il regista italiano e l’attrice svedese. E’ noto che fu lei la prima a scrivergli una lettera entusiasta dopo aver visto un suo film. E’ noto anche che Rossellini, allora legato ad Anna Magnani, le rispose con una missiva di dodici pagine. Il segreto avvolge ancora invece il loro primo incontro, avvenuto qualche mese più tardi a Parigi.

Ed ecco come andò. Appena fu fissato l’appuntamento a Parigi, Rossellini capì quanto sarebbe stato difficile corteggiare una donna che non sapeva nessuna parola d’italiano e forse solo qualcuna di francese. Quanto a lui, l’inglese gli era quasi del tutto sconosciuto. Ricorse allora ai consigli di un amico, domandandogli in modo cauto ed evasivo di suggerirgli qualche complimento inglese. L’amico, ignorando che l’obbiettivo era costituito da una donna alta un metro e settantacinque con scarpe numero 41, propose little rabbìt, che vuol dire "coniglietto". Rossellini ringraziò, fece le valigie, disse qualche bugia ad Anna Magnani sul vero scopo del suo viaggio a Parigi e si imbarcò.

La corrispondenza segreta

L’incontro con Ingrid avvenne in albergo. I due furono presentati da amici comuni e la conversazione, anche per difficoltà linguistiche, restò rigida e formale. Ci fu uh momento, però, in cui Ingrid e Rossellini restarono soli e fu allora che il regista usò le munizioni portate da Roma sparandole in faccia il suo bravo "coniglietto". Il volto della Bergman si trasformò: mai nessuno l’aveva chiamata così. La sua figura imponente poteva infatti suggerire migliaia di nomi galanti, ma difficilmente poteva essere avvicinata a quella di un coniglio di piccole dimensioni. L’attrice restò folgorata. Sentiva in quella parola quello che in fondo cercava anche lei: la espressione di un maschio dominatore.

Per tutto il tempo del soggiorno parigino la Bergman e Rossellini non restarono più soli. Ma quando tornò a Roma il regista aveva in tasca l’invito per andare a passare qualche settimana nella villa di Ingrid a Los Angeles, in California.

Se l’attrice svedese era allora la felice sposa del medico dentista Peter Lindstrom, assai più tenaci erano i lacci che avvincevano il regista ad una donna viva, intelligente e gelosissima come Anna Magnani. Da quel momento, infatti, la maggiore preoccupazione di Rossellini fu quella di nascondere all’attrice romana la corrispondenza che aveva in corso con Ingrid. Al portiere dell’Albergo Luna, di Sorrento, dove stava girando "La macchina ammazzacattivi" Rossellini aveva infatti ingiunto di consegnargli la posta soltanto se era solo. Accadde invece che il portiere raggiunse Rossellini mentre era a tavola insieme alla Magnani e al resto della "troupe", dicendo con aria furba: «Dottore, ci sarebbe quella cosa». Immediatamente la Magnani che stava condendo una zuppiera di spaghetti al pomodoro si arrestò e si immobilizzo, mentre il suo occhio diventava sfavillante. Rossellini finse di non aver capito, ma il portiere insisteva: «Ce l’ho qui in tasca». «Che cosa diavolo hai?», gridò Rossellini rosso in viso. «La posta, dottore. E’ arrivato proprio ora un telegramma dall’America...». «Cosa aspetti? Dammelo!». Il portiere si mostrava restio e mormorava: «Ma dottore, lei m’ha detto di darle
la posta solo se non c’era gente...».

Rossellini s’alzò in piedi: «Ma chi t’ha mai detto una stupidaggine del genere?». Afferrato il telegramma, lo aprì (era di Ingrid), lo lesse rapidamente e lo mise in tasca dicendo: «Roba di nessuna importanza». E sorrise pure. Un sorriso breve, però, perchè un attimo più tardi veniva colto in pieno viso dall’intera zuppiera di maccheroni, lanciata con precisione sportiva e perfetta scelta di tempo da una Magnani furibonda.

Comunque, Rossellini andò in America. Sbarcato all’aeroporto di Los Angeles, diede all’autista del taxi l’indirizzo della villa di Sunset Boulevard dove vivevano i Lindstrom. Arrivato al cancello, il taxi si fermò: il viale del giardino appariva infatti ricoperto da un largo tappeto di mussola bianca. Rossellini cominciò allora ad avanzare titubante ai bordi del viale, sul prato, mentre sulla veranda l’intera famiglia Lindstrom lo attendeva facendogli strani gesti con le mani. Rossellini s’arrestò, guardò, interpretò, capì. Lo invitavano a camminare al centro del viale: la mussola era stata messa apposta per lui. Con un grande sorriso, il regista si spostò al centro di quello straordinario tappeto e cominciò a marciare con sicurezza verso il cuore di Ingrid.

Qualche anno fa, gli telefonai a Parigi. Io ero a Roma e Rossellini era appena tornato dall’India. La fine del suo matrimonio sembrava imminente. Appena glielo dissi, mi rispose tranquillo: «Ma che sei matto? Vorrai scherzare?». Tre giorni più tardi, in una conferenza stampa, il regista e l’attrice annunciavano il loro divorzio.

Oggi, la tempesta Rossellini si è molto placata. E’ diventato un uomo tranquillo, riposante, che dà a chi lo avvicina la sicurezza d’essere di fronte ad un uomo che ha raggiunto la calma interiore. A questo ha certamente contribuito la vita con Sonali, l’unica donna che è riuscita a dare un senso di pace alla cronaca quotidiana del regista. Molti si chiedono se questo nuovo tipo di vita, così poco agitato, non influisca sul talento di Rossellini, abituato ad essere sollecitato da continui mutamenti di situazioni. Personalmente, credo che un genio creativo come quello mostrato da Rossellini nei suoi film non rischi mai di imborghesirsi, di rilassarsi. Prima di essere un autore ed un poeta, Rossellini è un uomo di coraggio e di poesia: i suoi film migliori sono stati e saranno quelli che più assomigliano alla sua vita.

Mino Guerrini, «Tempo», anno XXIV, n.19, 12 maggio 1962


Tempo
Mino Guerrini, «Tempo», anno XXIV, n.19, 12 maggio 1962