Sylva Koscina attende la grande occasione
Silva Koscina è stanca di essere considerata capace soltanto di portare una nota decorativa nei film comici e in costume. La sua speranza è che qualche buon regista pensi a lei anche come attrice e le affidi una parte di impegno
Roma, aprile
«Naturalmente — concluse — molte di queste cose le ho dette a te come amico, ma non sono da scrivere sul giornale»; e, accompagnando il suo saluto con un sorriso, chiuse la porta lasciandomi in una situazione piuttosto imbarazzante. Silva Koscina è una di quelle attrici (in genere quelle che hanno dovuto lottare molto, e da sole, sono fatte così), le quali amano le interviste-confessioni, cioè prendono facilmente la mano ai giornalisti, e trascinate da una forma di pietà verso se stesse gli aprono interamente il loro cuore. Tu resti lì, imbarazzato da quell'improvvisa e immeritata confidenza, e se prendi appunti hai l’impressione di commettere un'indelicatezza (prendete appunti se un amico vi fa delle confidenze?); ma se non li prendi, pensi che forse ti scappa l’espressione più significativa, e forse neppure lei sarebbe contenta che ciò accadesse.
Così, te ne stai lì, nè carne nè pesce, giornalista promosso ad amico, ad ascoltare. Questa volta Silva («mi sento strana, è come se mi dovesse succedere qualcosa, che ancora non si decide a succedere»), si era spinta più avanti del solito nel suo slancio di sincerità. Tanto avanti che, ad un certo pun--to, si commosse, e io — come restare insensibile di fronte alle lacrime di una bella ragazza? — le dissi alcune parole di conforto. C’era di che riempire un articolo di cose abbastanza inedite e nuove; ma la sua frase finale, «non sono cose da scrivere sul giornale», mi aveva creato un piccolo caso di coscienza. Quali erano quelle da scrivere e quali no? Ed era giusto che, avendomi accolto come giornalista, mi trattasse da amico? E non era magari tutta una messa in scena, mica voluta, ma spontanea, come può succedere ad un’attrice di restare tale anche nella vita?
La solita pazza
Mentre scendevo le scale e (nel buio opaco, frunzuto, ”moraviano” dei Parioli), accendevo il motore, riflettevo a queste cose, e la prima generica conclusione cui giunsi fu che Silva Koscina, insoddisfatta della sua vita privata, è giunta al tempo stesso ad una svolta cruciale della sua carriera.
All’inizio ( «Hai visto i miei ultimi acquisti?»), tutto si era svolto come le altre volte. Guidandomi attraverso la stanza di soggiorno, soffusa di tenui luci spioventi da tenui paralumi, l’attrice mi aveva condotto davanti a una "consolle” e qui, indicatimi con un breve cenno del capo due splendidi candelieri, era rimasta in silenzio a godersi la mia ammirazione. I candelieri erano davvero belli, avvolti in un serto di crepitanti foglie dorate; ma, è la solita Koscina (pensavo), pazza, lo sanno tutti, per gli oggetti e i mobili antichi: ormai ha stancato.
Invece era solo la vecchia rilegatura d’un libro nuovo. Bastò infatti, non appena ci fummo seduti, che io le dicessi una cosa (ora non ricordo quale) perchè Silva cambiasse di colpo tono, e «Oh, no — disse — adesso ho tanti problemi ai quali pensare». E siccome: quali problemi? le chiesi. «La carriera — cominciò a spiegarmi — prima è una corsa cieca; poi uno si ferma e apre gli occhi; poi ricomincia a correre, ma questa volta corre a occhi aperti». Era una metafora (Silva ama esprimersi per metafore), per dire che dopo il suo ultimo film: Le quattro verità, la sua coscienza d’attrice era cambiata. Anche se essa non rinnegava il passato, questo film le aveva dato la sensazione di poter "arrivare più in alto”; e adesso, una volta passato il Rubicone, era molto difficile per lei tornare indietro. Può sembrare, ad un estraneo, un problema di poca importanza.
Ma provatevi (la prospettiva non è poi antipatica) a mettervi nei panni di Silva Koscina. Di una che, con la sua faccia e tutto il resto, ma anche sgobbando forte, è riuscita a farsi una certa posizione, e crede, o ha voglia di credere, che il più ormai è fatto. Niente, un bel giorno arriva un regista (nel suo caso Blasetti), il quale le dimostra che può pretendere di più. Che fa una ragazza in questa situazione? Può far finta di nulla; oppure, se non è del tutto priva d’amor proprio, se non è sciocca («E io — dice Silva — non sono sciocca»), cerca di mettersi al passo. Ed ecco che tornare indietro diventa difficile, tutto è di nuovo incerto, e soprattutto andare avanti è difficile. Bisogna rinunciare ai film e ai guadagni più facili (spesso necessari): e Silva l’ha fatto. Per tre mesi: «Per me è inaudito», è rimasta ferma. Bisogna saper incassare con disinvoltura i colpi mancini della fortuna, tirar fuori le unghie.
E a questo compito Silva (un tipo pulito, onesto, incapace di far del male a chicchessia, disposta caso mai a dare una mano) è assolutamente inadatta. Per incassare incassa; ma-soffre, si deprime, vorrebbe ribellarsi all’ingiustizia, ma è una donna sola, senza appoggi, allora si sfiducia, vede nero. Alcuni giorni fa (non svelo certamente un segreto) era stata quasi prescelta come partner di Sordi nel film Il boom. Sembrava cosa fatta: Silva ne era felicissima. Sordi come partner. De Sica come regista, e poi una parte ideale, su misura per lei, essa la "sentiva”, ancora oggi ne parla come di una persona viva. Tutti erano d’accordo da De Laurentiis a De Sica. Ma all’ultimo momento è intervenuto un veto (più forte di quello del produttore e del regista) e il contratto della Koscina, già pronto, è stato stracciato.
Non svelo un segreto dicendo che Silva ne ha provato (del resto tutto è stato così illogico, gratuito), un grande dolore. Con De Sica e Sordi avrebbe potuto continuare egregiamente il discorso cominciato con Blasetti; anzi svilupparlo oltre quelle indicazioni caricaturali, che se da un lato le hanno giovato, dall’altro hanno ribadito uno stupido equivoco. L’equivoco della sua allegra fatuità. Dopo aver visto l’episodio di Blasetti (dove interpretava una ragazza sciocca, tutta pelle e niente cervello), molti hanno pensato: «E’ brava, ma in fin dei conti qui la Koscina fa se stessa...». «E ciò mi lusinga — dice Silva, — perchè soltanto io e Blasetti sappiamo quanto ci è costato costruire quel personaggio, pezzetto per pezzetto...; ma non è tempo forse che la gente cominci a pensare che io non sono la bella-stupida-contenta-di-sè», che si è abituata a credere?
Non aspettava una risposta, ma si preparava (è dimagrita in questi ultimi tempi, è diventata più "giovane”, la pettinatura inventata da Blasetti con i capelli lunghi e pari davanti, le dona) alla seconda parte della sua confessione. «Sono una donna sola — cominciò rievocando a rapidi tratti il suo passato — che ha sempre dovuto lottare da sola, e non ha mai trovato il tempo per vivere...». La guerra, l’università, i dissidi con la famiglia per fare l’attrice, la lotta a coltello per farsi strada, poi la crisi del cinema, mai un attimo di respiro, un film dopo l’altro, "avendo dimenticato che esisteva il sole...”. Man mano che la sua arringa procedeva (se avesse fatto l’awocato, pensavo, Silva sarebbe riuscito uno splendido avvocato) il tono si faceva più caldo, concitato; e dopo il proemio sul suo passato, toccò il centro dell’arringa parlando della sua onestà.
Quante sono le attrici (aveva l’aria di dire) che come me possono andare a testa alta, alle quali nessuno è autorizzato a dare del tu? Aver ottenuto quello che lei ha ottenuto (e qui Silva posò gli occhi sulle delicate boiseries, sui suoi mobili preziosi), senza compromessi, senza l’appoggio di nessuno, è certamente una soddisfazione... «Sì — disse, — mi pago il lusso di essere onesta..». Ma il futuro? Il domani? Che cosa l’aspetta domani? Altro lavoro, altra fatica, per mantenere tutte queste cose; e per lasciarle a chi? «Già perchè io amo un uomo che è già sposato, che non è ricco, che non è così importante da impormi, dal quale non potrò mai avere figli... E dunque, sarò sempre la signorina Koscina, a vita... Non è triste, questo...». Ora la voce le si era incrinata, ma trovò ancora la forza per concludere: «E questa sarebbe la bella-stupida-contenta-di-sè?...».
La sua “maturità"
Ora non mi fissava più, e io mi sentivo piuttosto imbarazzato, e anche in un certo senso colpevole. Scagli la prima pietra infatti chi non ha mai pensato a Silva Koscina come al tipo di donna poco problematica, cui uno telefonerebbe volentieri per chiederle di passare insieme il week-end? Credo che dovremo rettificare questa impressione, creata dal frivolo cliché di tanti suoi film, e che evidentemente scambia la sua salute fisica per assenza di carattere. la sua pulizia interiore per incoscienza. Non fosse altro che in seguito all’esperienza, Silva Koscina in questi anni si è maturata. La sua stessa ingenuità (che nelle attrici è una forza) è incrinata da dubbi, rosa dal tarlo della riflessione. La sua vita privata non è rose e fiori. Detto ciò, è evidente però che sta attraversando un momento particolare.
Senza essere diventata una Lollo o una Loren, si è già stancata d’essere soltanto una frivola etichetta, e vorrebbe che tutti avessero già capito che è diventata un’altra, che la sua "maturità” è uno stato di grazia che va colto al momento giusto: questo. Vorrebbe che rapidamente, come una volta le capitavano le occasioni frivole, le venisse offerta un’altra occasione buona.
M. S., «Tempo», anno XXV, n.18, 4 maggio 1963 - Fotografie di Chiara Samugheo
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M. S., «Tempo», anno XXV, n.18, 4 maggio 1963 - Fotografie di Chiara Samugheo |