Scilla Gabel, una ragazza senza scandali
Scilla Gabel è apprezzata e benvoluta da produttori, registi ed attori. Ma, proprio per la sua vita tranquilla e aliena da ogni clamore pubblicitario, non è finora riuscita a colpire la fantasia del pubblico
Roma, maggio
Mi aveva detto: «Ci vediamo al bar d’angolo fra via Nazionale e la strada, come si chiama?, che arriva da piazza Barberini... via Quattro Fontane? Quella lì». E siccome (conoscendo i bar di Roma) «non ci sarà posto a sedere», le avevo obbiettato. «Oh — aveva replicato — c’è una saletta interna, con tanti tavolini». Alle quattro e un quarto, puntuale, ero lì, ma se il bar c’era non c’erano allatto i tavolini; e quello che è peggio non c’era neppure Scilla Gabel. Cominciai ad almanaccare risalendo via Nazionale se non ci fosse un’altra strada che facesse angolo, e sull’angolo avesse un bar, e fu a questo punto che una ragazza bionda, con un nodo di capelli sulla testa e il Corso della Repubblica: e più avanti: «E l’albergo tale?».
L’ubicazione della via le interessava perchè aveva un appuntamento con la sorella Rati a, quella dell’albergo perchè, più tardi, avrebbe dovuto passare a prendere il regista José Quaglio e portarlo all’aeroporto. Durante il tragitto avrebbero discusso di lavoro, cioè della ripresa autunnale della Fastidiosa di Brusati e di altre possibilità (fra le quali una interessantissima per Scilla: la parte di protagonista femminile nel Don Giovanni di Max Frisch) di cui il regista le aveva parlato in fretta e furia la sera prima, tra una prova e l’altra dello spettacolo di Gassman. Conosciutisi durante l’agitatissima preparazione del lavoro di Brusati che è andato in scena alcuni mesi fa al Quirino ed è rimasto in cartellone, per difficoltà finanziarie dell’impresario, quattro giorni soltanto. Quaglio e la Gabel sono rimasti amici; lui trova che la Gabel ha temperamento e capacità d’attrice, lei che il regista è un uomo molto "interessante”.
Per carità, interessante come personalità: Quaglio è sposato, è padre di tre figli; interessante perchè è uomo maturo, il quale non si limita a dirigere gli attori dal punto di vista tecnico ma cerca di trasmettere loro il suo stesso calore umano. E se è vero (lo ammette) che gli "uomini interessanti” sono il suo debole, è anche vero purtroppo che appena incontrati, subito li perdi di vista. La vita è fatta così, non c’è tempo per seguire e fare tutte le cose che varrebbe la pena di fare; di vite ne occorrerebbero (dice Scilla) più d’una, anzi quattro. Una per guadagnare, una per spendere i soldi che si sono guadagnati, una per non pensare, e una per pensare. Nel caso di Quaglio però la sorte è stata insolitamente benevola; e ciò dimostra la verità del noto proverbio: «Non tutto il male...», o della storiella che Scilla mi raccontò.
Scilla Gabel fotografata nella sua casa a Trastevere, a Roma, dove vive con i genitori e i numerosi fratelli. Il vero cognome di Scilla è Gabellini.
Una filosofia pratica
Le avevo detto: «Be’, questa volta con la commedia di Brusati non sei stata fortunata», e lei, «Perchè?». A parte il fatto che la "prima” era andata piuttosto bene e lei aveva ricevuto delle ottime critiche, non conoscevo la storiella del vecchio e del giovane, che vivevano con un solo cavallo in un lontano paese? No, non la conoscevo. «Il cavallo — cominciò Scilla, mentre con improvvisi colpi di freno si destreggiava alla men peggio nel traffico delle cinque della sera — un giorno scappò, e gli amici dissero al vecchio: ”Che disperazione!...”, ma il vecchio: ”Chi vi dice che sia una disgrazia?”, e infatti il cavallo tornò, trascinandosi dietro una mandria di cavalline. Tutti ammirarono la saggezza del vecchio, ma di lì a qualche tempo, quando il giovane cadde da cavallo e si ruppe una gamba: ”Che disgrazia”, non poterono fare a meno di dire; ma il vecchio, di nuovo: ”Chi vi dice che sia una disgrazia?”.
Infatti in quel Paese scoppiò la guerra che arrecò un mare di lutti, ma il giovane che si era rotto la gamba rimase a casa e si salvò». «Ho capito — dissi a Scilla — vuoi dire che bisogna prendere la vita con filosofia». c Oh, sì — esclamò lei — sono convintissima che non c’è altro modo di prenderla». Be’, indubbiamente questo è un sistema che può servire a tirare avanti, e senza il quale questa volta Scilla (a un’altra meno saggia di lei sarebbe successo) avrebbe potuto cadere in un grande sconforto. Mettetevi nei suoi panni. Dopo anni di lavoro senza infamia e senza lode, dopo tanti e tanti film girati solo per la pagnotta, le capita l’occasione di entrare nella Compagnia di Albertazzi, di avere una parte di primo piano in una commedia che (lo si è visto) era destinata al successo; lei ce la mette tutta, si compra di tasca sua anche i vestiti di scena, e poi, all’ultimo momento...
Nata venticinque anni fa, Scilla Gabel si è trasferita a Roma giovanissima per esordire nel mondo dello spettacolo. I primi passi non furono facili e riuscì ad alternare la frequenza ai corsi di recitazione con il lavoro d’impiegata pesso un’agenzia per la vendita di libri a rate. Il primo milione lo guadagnò come controfigura a Sofia Loren nelle scene marine del film ”Il ragazzo sul delfino”.
Tra i voti di coloro che, di fronte all’insolvenza dell’impresario, optarono per la prosecuzione delle recite, uno era di Scilla. Poteva sembrare il voto di una "crumira"; era soltanto il suo modo, del tutto accademico, di manifestare la sua delusione. Dopodiché si è rimessa tranquillamente sui binari della routine, è rientrata nella vita numero uno (la vita fatta per guadagnare), ha cominciato a girare il suo ennesimo film in costume. «Sì — sorride — adesso faccio la regina. E’ un film ambientato nel ’500. Ci lavorano attori di tutti i Paesi. Americani, francesi, tedeschi, italiani. E tutto il giorno non fanno che discutere e litigare perchè non si capiscono; all’infuori di me, che so tutte le lingue». Sorrideva, e io pensavo, fissando la piccola cicatrice che le affiora sul viso, che ricominciare sempre da capo è un po’ la sorte che la vita le ha riservato.
La cicatrice è il segno più visibile di questa sorte: risale al tempo in cui, per far dimenticare la sua somiglianza con Sofia Loren, Scilla si sottopose ad un’operazione di plastica; ma tante altre volte essa ha dovuto rimboccarsi le maniche. Era a Roma da poco tempo quando, in seguito ad un crac commerciale, la sua famiglia abbandonò Rimini e la raggiunse nella capitale. Scilla aveva proposto di far fronte comune, ma detratte le spese di vitto e alloggio, nella cassa comune restavano soltanto diecimila lire. Non erano molte per una famiglia di sei persone, ma Scilla non si perse d’animo: prima divise in due le sue giornate (la mattina faceva pratica commerciale in un ufficio, il pomeriggio recitava); poi, quando le offrirono di vendere libri nelle case, colse al volo l’occasione, inserì nell’attività una sorella, e così ogni mattina tutte e due partivano da casa con uno sfilati-no e un po’ di mortadella, cariche di libri e di speranze.
Questa attività, di cui Scilla conserva un po’ la nostalgia («Avevo molto più coraggio allora; oggi sono diventata pigra»). durò alcuni mesi; fino al giorno in cui per puro caso, avendo saputo che era una brava nuotatrice, la chiamarono per sostenere la parte di controfigura della Loren. Quando, dopo due mesi trascorsi in un’isola della Grecia, Scilla tornò a casa, agitava trionfante il suo primo chèque da un milione. Oggi le sue quotazioni si sono quintuplicate, nessuno quando parla di Scilla associa più il suo nome a quello della Loren, come attrice è stimata sia dai produttori di film commerciali che dai registi d’avanguardia, tipo José Quaglio; ormai ha un’esperienza che le ha permesso di calcare con successo (sia pure per quattro giorni soltanto) il palcoscenico; ha tutte le ragioni insomma per essere soddisfatta, eppure...
LA MAGGIOR DIFFICOLTA’ che Scilla ha dovuto superare è stata quella di far dimenticare il suo esordio come controfigura della Loren. Finora ha interpretato una quindicina di film, ma non le è stato ancora offerto un ruolo che le permettesse di dare una prova convincente delle sue doti di interprete. Di recente ha esordito anche in teatro nella "Fastidiosa” di Brusati.
Un mese introvabile
No, soddisfatta lo è, e del resto fa parte della sua "filosofia” considerarsi tale, però... «Quelli che mi conoscono — disse mentre accostando all’improvviso al marciapiede rischiò di provocare una serie di tamponamenti a catena — dicono che si vede che mi manca qualcosa. Trovi anche tu che sia vero?». Non era difficile rispondere: ciò che manca a Scilla Gabel è soltanto ciò che serve a fare di un’attrice un personaggio, e che può essere a seconda dei casi improntitudine. abbandono, un buttarsi allo sbaraglio senza timore delle conseguenze, meno saggezza e più bluff. E lei, è verissimo (disse), vedi la tale, è tutta scoperta, tutto ciò che desidera lo fa, però si trascina dietro una tale serie di guai, sentimentali, legali, di tutti i generi: «e io, questo, è uno scotto che non voglio pagare».
Lo sa benissimo anche lei che la contropartita di tanti guai è un "battage” pubblicitario incessante e, per chi vive della curiosità del pubblico, alla fine produttiva. Ma, da ragazza che prima che all’istinto risponde alla ragione, Scilla è contenta della sua vita di oggi.
Lei, malgrado tutto, continua a preferire la sua saggezza, i piccoli guai che si possono trasformare domani in motivi di allegria. C’è stato un periodo (mi raccontò), per dire il suo carattere, in cui i suoi press-agent la mettevano in croce perchè sfoderasse un amore; e lei era angustiata da quest’idea di dover "trovare” un uomo per la pubblicità. Ma quest’uomo non esisteva, così se lo sognò. Sognò che parlava con Dio ed egli le domandava: c Come lo vuoi fisicamente?». «Alto, snello, forte», gli rispondeva Scilla. «Fino a qui va bene, ho già ordinato la creta, lo avrai; ma dentro, come vuoi che sia fatto?». «Oh, Signore, questo non lo so ancora». «Ma se ci hai messo ventiquattro anni per sapere come deve essere fatto di fuori — si spazientì il Signore — vuol dire che ci metterai tutto il resto della tua vita per sapere come deve essere fatto dentro, e non l’avrai mai». E neppure i suoi press-agent l’ebbero.
M. S., «Tempo», annoXXV, n.23, 8 giugno 1963 - Fotografie di Paolo Costa
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M. S., «Tempo», annoXXV, n.23, 8 giugno 1963 - Fotografie di Paolo Costa |