I grandi del cinema temono Franca Valeri

1964 07 11 Tempo Evi Marandi f0

In “Quello lì, quella là”, la nuova commedia che presenterà presto a Roma con la collaborazione di Vittorio Caprioli, Franca Valeri punta la sua satira sulle manie intellettualistiche del mondo cinematografico. “Qualcuno mi toglierà il saluto, ma è un rischio che devo correre. Poi faremo pace”

Roma, novembre

Chi sarà il bersaglio? Fellini, Antonioni, Visconti, Rosi? Questi gli interrogativi che tra la gente del cinema serpeggiano in attesa di Quello lì, quella là, la nuova commedia di Franca Valeri. A questa "prima” è stato invitato tutto il cinema. Non so quale faccia farà questa "intelligenza" della celluloide dopo aver visto lo spettacolo. Molti registi, mi dicono i bene informati, prenderanno cappello; altri toglieranno, per un certo periodo, il saluto a Franca che ne è l’autrice e a Vittorio Caprioli, che della commedia è interprete e regista.

«E' già accaduto altre volte — mormora con tristezza Franca. — Ormai ci sono abituata». "Quello lì" è il marito, "quella là” è la moglie; sono due espressioni che ricorrono spesso tra due coniugi e testimoniano, in generale, di una perfetta coordinazione, di una intesa completa. Dentro "quello lì" e "quella là" c’è l’idea del possesso totale, esclusivo. I coniugi non si chiamano più per nome, ma come oggetti familiari che non nascondono nulla, senza segreti. Tutto è chiaro, tra loro, come un bucato fresco. Ma quello li e quella là non hanno più ragione di esistere quando uno dei coniugi rivela, per particolari circostanze, virtù, qualità, difetti inaspettati.

Vittorio Caprioli nei panni del cineasta intellettualmente impegnato e sensibile alle apparenze poetiche della vita. Oltre che interprete, Caprioli è anche il regista di "Quello lì, quella là". Con Franca Valeri costituisce, fin dall'epoca dei "Gobbi", un binomio artistico tra i più prestigiosi del mondo dello spettacolo italiano. Caprioli è anche attore e regista cinematografico.

Che cosa ha a che fare tutto questo con il cinema? Me lo spiega Franca Valeri: «Nel cinema avvengono a volte fatti strani, ma non solo nel cinema. Dico nel cinema perchè è l’attività che più delle altre permea la vita d'oggi. Accade, dunque, che un uomo universalmente giudicato un mediocre per una serie di circostanze venga improvvisamente additato come un genio». Su questo personaggio la commedia della Valeri appunta la sua vena parodistica. E’ inevitabile che molti registi si indispettiranno, soprattutto quelli che si compiacciono dei complimenti più che delle giuste lodi. Quante volte non mi è capitato parlando con un regista di chiedermi: «E' un cineasta o un grande filosofo?». Quando vogliono confidarvi le loro opinioni sul cinema parlano di "sintassi morale”, di "etica dell’inquadratura”, di "indifferenza metafisica", di "problematica al limite del possibile". Ci credono, questi registi, a quello che dicono? Non ha importanza, visto che lo dicono come se ci credessero, e senza punto preoccuparsi dell'effetto che suscitano le loro parole nell’interlocutore. Cosciente orgoglio? Mitomania? Desiderio di sbalordire?

La moglie del regista impegnato, che sarà Vittorio Caprioli, sa benissimo che suo marito non è un genio. «Quando lo sposa — mi spiega Franca — è uno scioccone, un buono a nulla... In fondo è quello che lei voleva come marito... E’ il marito che ogni donna della buona borghesia desidera... Perchè, cosa vuole in fondo una donna della borghesia? Un marito da comandare, da tiranneggiare... Se ne infischia dell'intelligenza, lei!... Un marito che all’improvviso ti si rivela un genio è un guaio...

Improvvisamente egli può rifiutarsi al maledetto istinto monopolistico e prevaricatore della donna...». Il matrimonio, dunque, nel mondo del cinema non è messo in crisi dal dubbio fascino del dongiovanni o dalle grazie primaticce di una lolita, ma dall’improvvisa rivelazione. inaspettata, che il coniuge è un uomo di valore. «Ma come? Se è un bambinone. un buono a nulla, un pollastrone di mezza tacca?».

E invece si, quel pollastrone di mezza tacca può rivelarsi di colpo un artista. Quando quella là sposò quello lì, lui non aveva nessuna capacità di affrontare il mestiere di marito. La moglie matura rapidamente. mentre lui resta un ragazzone; un ragazzone che non gode, neppure presso la consorte, che lo calcola quasi come un figlio, di qualche autorità, del necessario prestigio. La moglie, anzi, lo considera un bambino che non crescerà mai. Al mondo ci sono molti maschi, ma pochi uomini, disse una volta una famosa attrice americana, «Piero — interviene Vittorio Caprioli — che è il protagonista della commedia è immaturo nel primo atto. Nel secondo, grazie al cinema. è problematico. Al terzo è poeta. Ha sul volto un sorriso ironico, indulgente».

Come reagisce la moglie? Questo il nucleo della vicenda. Si tratta di una donna, come abbiamo detto, della buona borghesia che vede davanti a sé una vita perfettamente ordinata. Si è assicurata un marito sul quale esercitare il suo dispotismo, "congenito”, dice Franca, "nelle donne d’oggi". Ora questa donna per la quale il cinema è ancora il "cinematografo". come lo si chiamava una volta involgendo tutti, attori, registi e il resto si accorge che questo "cinematografo" le scombina l'ordine familiare. Il marito è un regista "impegnato”. «L’impegno — continua Franca — è venuto a sostituire l’amante... E’ una nuova forma di sfuggire la schiavitù coniugale...».

1964 11 25 Tempo Franca Valeri f2Franca Valeri ha preparato, con la sua nuova commedia satirica, un altro di quei testi, che centrano e mettono in ridicolo alcuni aspetti della vita italiana contemporanea, ai quali deve la sua popolarità fin da quando. nell'mmediato dopoguerra, creò il personaggio radiofonico della ''Signorina Snob" ispirato ai giovani oziosi e posatori della milanese via Montenapoleone.

La moglie italiana è quasi sempre disposta a perdonare l’adulterio perchè sa che. prima o poi. i mariti ritornano: l’attaccamento alla famiglia è nella maggior parte dei casi più forte del richiamo dei sensi. Anche quando l’evangelico "demone meridiano fa compiere a maturi sposi, che non vogliono invecchiare, le ultime e pure umane sciocchezze, la moglie rattristata ma tollerante sa perfettamente attendere. Ma l’impegno è un avversario contro il quale la donna non ha affinato le armi; è un avversario inatteso.

Mentre l’ideale della donna è l’immobilità, l’uomo impegnato è un agitato, sospinto dal desiderio di ficcare il naso ovunque per persuadersi e persuadere gli altri di essere importante. Il suo pane è la "considerazione”. Nel cinema questa considerazione si può raggiungere nei modi più imprevedibili. Se all’intorno il marito è considerato un genio, la moglie, sa che nel cervello egli ha il vuoto. Che fare?

Franca Valeri si è proposta di trovare i peticelli nel costume italiano; e su questi peticelli versa dello iodio. Per esempio il regista impegnato al giorno d'oggi non si esprime più con la fraseologia marxista o parascientifica; parla di pioggia e del bel tempo in modo da apparire un uomo che ha scoperto i segreti rapporti fra la materia e l’invisibile. Cioè apparire poeta. A questo punto, mi par di vederlo qualche regista scattare in piedi, indignato di tanta irriverenza. «Non ho preso a modello nessuno — afferma Franca. — Può darsi che nel mio personaggio ci sia uno zinzino di tutti... Ho scelto un cineasta perchè sono i personaggi più noti al giorno d'oggi, ma quel Piero lì potrebbe essere anche un ingegnere nucleare o un grande industriale...».

Un tempo si satireggiavano i "pescecani”, cioè gli industriali, oggi è il turno dei "registi impegnati”. A una società per caratterizzarla non si può chiedere che ciò che può dare. Quale effetto può avere la satira tra la gente del cinema? Anch'essa considererà la satira calunnia, e la denuncia di un difetto disfattismo? Ci sarebbe da amareggiarsene; vorrebbe dire che nonostante tutto anche i registi sono ancora li. come la maggior parte degli italiani, a pretendere che si parli di loro in termini di epigrafe: «Anime elette... Esempi di civiche e domestiche virtù...». se non addirittura come "santi e navigatori”.

Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVI, n.48, 25 novembre 1964


Maurizio Liverani, «Tempo», anno XXVI, n.48, 25 novembre 1964