La Signorina Snob ha conquistato Parigi

1951 Franca Valeri Vittorio Caprioli Alfredo Bonucci

Franca Valeri e i suoi due compagni Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli mandano in visibilio i parigini recitando in un teatro del quartiere latino sketchs umoristici fondati sulla mimica

PARIGI, febbraio

Franca Valeri, Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli recitano a Parigi da un mese alcuni sketchs umoristici intitolati «Canovaccio d.el mezzo secolo». In trenta giorni hanno raggiunto la popolarità che fa dimenticare al pubblico i cognomi di difficile pronuncia. Come Bartali e Coppi, che gli ammiratori francesi chiamano con affettuosa familiarità Gino e Fausto, i tre attori italiani sono oggi semplicemente, e per tutta Parigi, Franca, Alberto e Vittorio, i tre «Pic-coló». Il soprannome proviene dall’aver appartenuto Bonucci e Caprioli alla compagnia del «Pìccolo Teatro» di Milano. I parigini hanno accomunato nel nomignolo anche Franca (anche lei ha avuto una particina al «Piccoló») e ne hanno fatto uno degli slogans della vita notturna della capitale. «Dove si va stasera?». «A vedere i Piccoló».

1951 02 22 Settimo Giorno aIV n8 Franca Valeri Vittorio Caprioli Alfredo Bonucci f1Parigi. La Valeri, Bonucci e Caprioli, dopo la recita in teatro, si recano a mezzanotte a replicare il loro spettacolo al cabaret di «Chez Gilles». Abitano a Saint-Germain-des-Prés.

Il successo dei tre «Piccoló» è stato al tempo stesso rapido e completo: una volta tanto ha trovato d’accordo critici e spettatori. E’ vero che quando a teatro si ride e ci si diverte è facile essere indulgenti. Ma il difficile appunto sta nel saper suscitare, oggi, le risate di un pubblico troppo smaliziato per accontentarsi di battute a facile effetto e troppo distratto per prestare attenzione al gioco sottile dell’ironia. Franca, Alberto e Vittorio hanno sostituito la mimica alle parole, l’umorismo dei gesti e degli atteggiamenti a quello del dialogo. In pochi minuti, muovendo le mani in un modo piuttosto che in un altro, aprendo o socchiudendo gli occhi e storcendo le labbra in cento smorfie diverse, Franca crea sulla scena cinque differenti personaggi femminili; la moglie, la suocera, una ragazzina ossessionata dalla psicanalisi, una cameriera capitata a Parigi dalla grassa Bologna e la coinquilina che si atteggia a vamp. Bonucci e Caprioli scatenano gli applausi quando riproducono, con i gesti e le espressioni del viso, la movimentata discussione di un creditore e di un debitore incontratisi in una strada di Napoli. I giornali parigini presentano i tre amici come gli eredi diretti della antica Commedia dell’Arte. Sotto una fotografia di Franca Valeri, un settimanale di critica teatrale e cinematografica ha scritto: «E’ l’antenata di Molière».

Quello che i parigini non sanno è che questa specie di «umorismo figurato» data da epoca ben più recente. A Roma, tra il 1943 e il 1944, sì chiamò «teatro del coprifuoco». I tedeschi occupavano la capitale, e il regime di stato d’assedio obbligava i romani a ritirarsi in casa al cadere della sera. Per vincere la noia delle lunghe notti della occupazione, stanchi di chiacchierare, di far pronostici, di maledire, gli intellettuali romani inventarono il giuoco del teatro improvvisato. In casa dello scrittore Gualtieri di San Lazzaro, a via Margutta negli studi dello scultore Spadini e della pittrice Clelia Bellocchio, nell’appartamento di De Chirico a Piazza di Spagna, Flajano, l’attore Mazzarella e i fratelli Ciarletta divennero gli attori di sketchs umoristici a sfondo politico o satirico. Intanto la borghesia romana aspettava i liberatori giocando interminabili partite di bridge. A guerra finita, si ebbe l’idea di trasformare quegli sketchs estemporanei in un vero e proprio repertorio. Il piccolo palcoscenico dell’Arlecchino di Roma lanciò il «teatro del coprifuoco» come nuovo genere di spettacolo umoristico e, se si vuole, come una nuova forma di arte.

1951 02 22 Settimo Giorno aIV n8 Franca Valeri Vittorio Caprioli Alfredo Bonucci f2Parigi. Franca Valeri, Alberto Bonucci e Vittorio Caprioli fanno la parodia di una celebre canzone sentimentale in un locale parigino. Il loro spettacolo di rivista, formato di piccoli sketchs umoristici, sta ottenendo un grande successo

Franca, Alberto e Vittorio hanno debuttato a Parigi i primi giorni di gennaio in un teatro del quartiere latino a rue de Champollion. Rite de Champollion è una piccola strada incassata tra case dai muri grigi, dietro il palazzo della Sorbona. E’ a due passi dalla rue des Ecoles e dal Rond - Point del boulevard Saint-Michel, quartier generale di quella «intelligentia» cosmopolita che ogni dieci anni sbarca una nuova generazione sulla riva sinistra della Senna e vi crea una sorta di colonia dell’intellettualismo mondiale. Gli abitanti del quartiere non sono critici di buona bocca. Rispettano tutte le idee, apprezzano tutte le novità, ma non è detto che siano sempre disposti ad accettarle per buone. L'altro pubblico, quello borghese e di più facile contentatura, si scomoda a fatica dai teatri e dai cabarets alla moda nei quartieri eleganti della capitale, sull’altra sponda della. Senna. L’incertezza dello spettacolo di avanguardia non lo tenta. I locali del quartiere latino, tranne quelli di Saint-Germain-des-Prés che fanno oramai parte degli itinerari turistici della Parigi notturna, rimangono fuori dal raggio della sua curiosità. Per i tre «Piccoló» la «intelligentia» della riva sinistra e la borghesia della riva destra hanno fatto eccezione. A rue de Champollion si fa la coda davanti al botteghino.

Dagli applausi che li salutano alla fine dello spettacolo in questo teatro nei pressi della Sorbona, i «Piccoló» passano un quarto d’ora dopo a quelli che li accolgono al loro ingresso sulla scena del «chez Gilles», uno dei cabarets più in voga del quartiere dell’Opera. I tre attori hanno dovuto affittare un tassi per essere sicuri di arrivare sempre in tempo al loro secondo spettacolo. I clienti del «chez Gilles» li ascoltano bevendo champagne di gran marca e whisky scozzese. Franca, Alberto e Vittorio non hanno costumi, non si truccano nemmeno. Due completi grigi a doppio petto e un vestitino di velluto nero, accollato e modesto, costituiscono tutto il loro bagaglio di scena. Il vestito di velluto di Franca sta diventando celebre a Parigi quanto la famosa «petite robe noire» che indossa in scena la cantante Edith Piaf. La imitazione di Marlène Dietrich ancheggiante, mentre canta urla canzone tedesca accompagnandosi con la chitarra, ha fatto di Caprioli il beniamino delle elegantissime che cenano «chez Gilles» dopo teatro. Di Bonucci tutta Parigi sa che girerà tra qualche giorno in un film con Jean Gabin e che ha in tasca un contratto per la primavera come protagonista di un’altra produzione cinematografica francese. Direttori di locali notturni e impresari di teatro tempestano Caprioli e compagni di offerte; la radio e la televisione francese li hanno invitati a ripetere le loro pantomime per il pubblico di tutta la Francia. Alla fine del mese partiranno in aereo alla volta di Nizza per uno spettacolo di gala.

1951 02 22 Settimo Giorno aIV n8 Franca Valeri Vittorio Caprioli Alfredo Bonucci f3Parigi. I tre comici, che i parigini chiamano «i tre Piccoló», dal nome del teatro milanese da cui provengono, in una scena di «Canovaccio del mezzo secolo» che stanno replicando già da un mese in un teatro del quartiere latino.

I «Piccoló» abitano a Saint-Germain-des-Prés, ma non hanno fatto lega con la fauna esistenzialista del quartiere. Preferiscono chiudersi nella camera d’albergo di Bonucci a mangiare la pasta con le lenticchie e i famosi gnocchi al sugo di maiale che Alberto cuoce con maestria provetta su di un modesto fornelletto a spirito. Da quando hanno cominciato a recitare i tre amici non hanno più avuto una sera libera per andare al cinema o ad ascoltare una commedia. Ma Franca ha trovato modo di assistere alla serata di gala per la presentazione a Parigi del film di Fabrizi «Prima comunione». In sala c’erano Stan Laurei e Oliver Hardy. Alla fine della proiezione Franca si avvicinò ai due famosissimi comici e con il suo più bel sorriso chiese a Oliver Hardy se poteva toccargli la pancia. «Sono anni che sogno di farlo», gli disse. «Ho sempre creduto che fosse finta».

Emilio Springolo, «Settimo Giorno», anno IV, n.8, 22 febbraio 1951


Settimo Giorno
Emilio Springolo, «Settimo Giorno», anno IV, n.8, 22 febbraio 1951