Walter Chiari selvaggio ha ammaliato Ava Gardner
Piante tropicali fatte arrivare appositamente dall’Africa e costumi succinti di Christian Dior per la protagonista, nel primo film piccante girato da Mark Robson a Roma
Roma, settembre
Sopra un’isola deserta, sballottate dalle onde dopo un pauroso naufragio, approdano un giorno tre persone: una donna e due uomini. La donna è bella, si chiama Susanna, è vestita non senza civetteria di poche cose, di foglie, dì un pezzo di rete da pescatore, di un brandello di vela, con molti fiori e conchiglie; gli uomini sono, rispettivamente, il marito e l’amante della naufraga.
Così comincia La capannina, la commedia di André Roussin che al suo debutto, in Francia, ottenne un successo clamoroso, reggendo il cartellone per cinquecento sere di seguito al teatro delle "Nouveauteés”; e così comincia anche il film La capannina che il regista Mark Robson ha diretto recentemente negli studi di Cinecittà.
L’AUTORITARIO CIPIGLIO di Walter Chiari che intima alla "donna bianca”, Susanna, di entrare nella sua capanna. Nella foto a destra: si prova la scena in cui il selvaggio deve donare la propria collana di fiori alla signora che si è innamorata di lui. Dietro alla coppia è il "rumorista”. Il film è stato girato negli studi di Roma. Per la ricostruzione dell’isolotto sono state adoperate piante tropicali fatte venire dall’Africa: manghi, euforbie e passiflore.
L’ATTEGGIAMENTO di Ava Gardner nel momento in cui le "appare” il selvaggio abitante dell’isola. Terminato il film l’attrice è partita per la Spagna, ormai quasi diventata sua residenza abituale. David Niven è invece ritornato in Svezia dove lo attendeva la moglie che è svedese, il lavoro è stato realizzato dal produttore Erbert Hugh che è fra l’altro autore della commedia "The moon is blue” tradotta per lo schermo in Italia con il titolo ”La vergine sotto il tetto”.
A parte alcune modifiche, imposte agli sceneggiatori da certe situazioni piccanti e da certe battute spregiudicate, anche nelle scene seguenti il film ricalca lo svolgimento della commedia: è cioè una storia, costruita secondo la classica maniera della "pochade”, su lui lei e l’altro. Nel film, lui è David Niven, lei Ava Gardner e l’altro Stewart Granger. La novità dell’intrigo nasce dall’eccezionalità della situazione. I due uomini infatti sono amici fra loro, e il primo, cioè il marito, non sarebbe alieno dal riconoscere all’altro, in virtù dell’amicizia e della ragione, certi suoi diritti di uomo : la donna è sua moglie ma è la sola donna dell’isola.
I due amanti però hanno altri piani. In un primo tempo tramano di sbarazzarsi del marito, poi vi rinunciano e decidono di scappare insieme, nel retroterra dell’isola; tutto è pronto per la fuga, quando, dalla foresta, esce fuori un selvaggio, forte e muscoloso, il quale rapisce la bella Susanna.
SUSANNA esce dalla capanna del selvaggio di cui si è invaghita. Sotto: il marito (David Niven) e l’amante (Stewart Granger) di Susanna, partiti alla ricerca della donna, rischiano di essere trafitti dalle frecce del selvaggio che intende difendere la sua preziosa conquista con tutti i mezzi possibili. AVA GARDNER fuma assorta una sigaretta in attesa di entrare in scena. "La capannina” è il primo film brillante di Mark Robson, regista di "Odio”, ”Il campione" e ”Il colosso d’argilla”. Le scene di sfondo dove si scorge l’oceano, sono state girate in Giamaica, senza la partecipazione di alcun attore.
Rispetto agli altri due uomini, il selvaggio impersonifica la forza bruta, cui la esuberante femminilità della naufraga agevolmente cede; e rispetto alla storia, il selvaggio, che poi finirà col dire che è il cuoco di bordo anch’egli scampato al naufragio, è il ”deus ex machina" risolutore.
Una delle più importanti modifiche del film rispetto alla commedia consiste nel fatto che la parte del selvaggio, affidata a Walter Chiari, è stata notevolmente ampliata: nella commedia infatti il selvaggio-cuoco, proprio per accentuare la natura simbolica e caricaturale, del personaggio, è muto.
«Tempo», 1956
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«Tempo», 1956 |