Marcello Mastroianni inaugurerà il congresso socialista

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Nello stesso momento in cui gli italiani attenderanno le decisioni dell’assise socialista di Roma, i congressisti saranno intenti a guardare il film “I compagni”. La notizia non si doveva dare. “Perchè no?” ci ha detto Nenni. Il regista è sicuro che lo aspetta un attacco di fegato

Roma, settembre

L'onorevole Nenni faceva ”no” con il capo. Una frangia di sole entrava dalla finestra, picchiava sul tavolo della scrivania e gli rimbalzava sul viso, bianca, lustra: una frangia di sole ottobrino pulito dal vento. No, no, diceva l’onorevole, e ora, a ripensarci, sono certa che un po’ rideva. Forse voleva anche interrompermi, rassicurarmi. Ma io m’ero infilata in un garbuglio di parole e non ne venivo fuori: spiegazioni, giustificazioni, scuse, eccetera.

«Mi dispiace, mi dispiace proprio — dicevo — ora che lei è appena tornato da Londra e che il partito socialista italiano esce, dopo questo viaggio, da un lungo isolamento in campo internazionale. Venire qui a parlar di queste cose. Ma loro m’hanno spaventata. Guai — m'hanno detto — guai a te se butti fuori la notizia. L’equilibrio socialista, m’hanno detto, è fragile come un vaso di cristallo. Vuoi prenderti la responsabilità — mi hanno urlato spruzzandomi la faccia di saliva — di rompere questo equilibrio? Te la prendi tu la responsabilità davanti alla storia? E io lì, confusa, a vergognarmi di questo mestiere spaccatutto. Una ninfomane delle notizie, ecco come mi sono sentita. E allora sono venuta qui da lei, a chiederle se posso scrivere quello che so senza cambiare il corso della storia. Onorevole Nenni, lo scrivo o non lo scrivo che l'assise socialista, che di sicuro condizionerà la politica di tutto il Paese, comincerà con un film e che lei, onorevole, mentre la nazione tratterrà il fiato e Moro non dormirà, sarà davanti a uno schermo a guardare Marcello Mastroianni e la Girardot?».

«Perchè no? — dice l’onorevole Nenni — perchè no?».

Allora è vero. Arriveranno da tutte le parti d’Italia con dei problemi grossi come montagne: unità della classe operaia, rapporti col PCI, atteggiamento dinanzi al Patto Atlantico, collaborazione con la D.C. Tanti problemi e un dilemma: andare al potere avallando, sia pure entro certi limiti, la politica dei partiti borghesi, o restare all’opposizione. Qualcuno salirà su un podio: «Compagni. il XXXV Congresso del partito socialista italiano è aperto». Suoneranno "L’internazionale”, si farà un discorso, poi si spegneranno le luci e sullo schermo apparirà la prima inquadratura del film di Mario Monicelli, ”I compagni”.

1963 10 12 Tempo Mastroianni f1Mario Monicelli. Marcello Mastroianni. L'attore veste i panni del "professore", protagonista dei "Compagni".

Non era mai accaduto che s’incominciasse un Congresso con il cinematografo, d’accordo, ma perchè si dovrebbe cambiare il corso della storia, tirando fuori la notizia con qualche giorno di anticipo?

«Mah — fa l’onorevole — non saprei proprio. Non se ne preoccupi. Scriva pure che se il film è buono lo daremo. Io lo vedrò dopodomani e deciderò. M’hanno detto che è un bel film sui primi scioperi a Torino, verso la fine dell’Ottocento. Può essere un documento interessante. Può far bene, oggi, rivedere certe situazioni di allora. Specialmente al Congresso».

Saluto Nenni e corro da Monicelli, il regista del film "I compagni”. Lo trovo che litiga, al telefono, con un tizio il quale evidentemente si oppone al fatto che lui si lasci intervistare e racconti la faccenda ai giornalisti.

«Ma se Nenni — gli faccio — ha detto che si può scrivere!».

«Uffa — urla lui nel telefono! — Ma se Nenni ha detto che si può scrivere!».

Mario Monicelli è un socialista, iscritto al partito, e anche il signore con cui sta parlando al telefono è iscritto al partito.

«Monicelli — dico — ma com’è questo film? E’ buono?».

Il regista guarda un po’ qua un po’ là, smarrito. Dimenticavo che è inutile chiedergli certe cose. Monicelli non riesce mai a dire se i suoi film sono buoni oppure no. Di solito, appena li vede finiti, si ammala di fegato per lo choc: ogni proiezione è ima colica. Fece cosi anche con la "Grande guerra’’, che poi vinse il Leone d’oro a Venezia.

«Insomma, Monicelli, perchè non si sforza d’essere obiettivo? Com’è questo film?».

«Be’, non credo che sia proprio brutto. Ci sono dei punti, qua e là, che non mi convincono, e ogni volta che li rivedo volto la faccia dall’altra parte e spero che sfuggano a tutti, ma nel complesso non è male. Però non me lo deve chiedere. Lo lasci dire a Nenni quando l’avrà veduto, domani».

«Domani, quando andrete alla proiezione, lei avrà un altro attacco di fegato?».

Monicelli dice che probabilmente avrà un altro attacco di fegato. Che mestiere terribile, dice, esporsi così, ogni volta, al ludibrio del pubblico.

«E’ vero — chiedo — che da principio non voleva far proiettare il suo film al Congresso socialista?».

«Sì, è vero. Per una ragione, diciamo così, commerciale. Una ragione un po’ volgare, se vogliamo: temevo che proiettandolo al Congresso la gente lo giudicasse un film di propaganda e che si svuotasse di calore, di contenuto. L’argomento è già abbastanza angoscioso: chi va a vederlo immagina di dover passare due ore di malinconia. Ho fatto fatica, proprio per l’argomento, anche quando ho dovuto trovare il finanziatore. "Ma cosa vuoi fare”, mi dicevano, "con un titolo così e quella storia di scioperi e di miseria. Sarà tutto da piangere, chi verrà a vederlo?". E io ripetevo che avevo già fatto "La Grande guerra”, un film ancora più tragico de "I compagni”, figurarsi che lì crepano perfino i due protagonisti. Eppure la gente si è divertita, e a vederlo c’è andata. Perchè non avrei potuto affrontare con lo stesso umorismo anche l’argomento degli scioperi?».

L’idea dei "Compagni” venne a Monicelli mentre si trovava a Parigi per studiare il film ”Lo straniero”. Una sera, racconta, disse a se stesso: «Vorrei fare un film sulla storia di uno sciopero, argomento di vita e di morte, serio, e trattarlo come con la materia della "Grande guerra”». Mario Monicelli ha quarantotto anni e iniziò la sua carriera di regista nel 1949, in coppia con Steno. Il suo primo film fatto da solo risale al 1953. Il XXXV Congresso socialista si terrà a Roma nel Palazzo dei Congressi all’E.U.R., tra il-24 e il 28 ottobre.

Secondo Monicelli il mondo occidentale ha già avuto il suo periodo romantico, in cui ogni cosa era vista con occhi drammatici, in cui la gente non sapeva ridere. Ora siamo in un periodo di transizione, un periodo in cui il senso critico della vita porta inevitabilmente all’umorismo. Secondo lui lo umorismo è una visione critica e matura della realtà. E allora i suoi personaggi, quelli de ”I compagni", che vissero alla fine dell’Ottocento ed ebbero problemi che noi non riusciamo neppure a immaginare, possono essere studiati con occhi nuovi, più sorridenti. D’accordo, c’è poco da ridere sul fatto che un operaio, sessanta anni fa, era costretto a lavorare quattordici ore il giorno, e chiedeva come una grazia la giornata lavorativa di tredici ore; o che i bambini di dieci anni, per guadagnare trenta o quaranta centesimi ogni sera, non vedessero mai la luce del sole; ma perchè non creare, in questo ambiente tragico, almeno una figura come quella del "professore", che corrisponde all'incirca al personaggio dello sceriffo nei film western, e arriva a raddrizzare certi torti in un modo che è tutto di oggi, sdrammatizzato e umoristico?

«Insomma, secondo lei in questo senso il film è riuscito? E’ divertente?».

Monicelli passeggia per la stanza. Sanno tutti che è un uomo sempre teso, insonne, nervoso: dipende dal fatto che dubita che non è soddisfatto, che vorrebbe sempre fare di più e meglio. Le domande di questo tipo lo mettono a disagio. Non sa rispondere.

«Non so. Pos$o dirle solamente che i pochi amici cui l’ho fatto vedere non hanno riso un gran che. Mi aspettavo che ridessero e non hanno riso. Si sono commossi, invece. Ma erano pochi, e bisogna tenere conto del fatto che una proiezione privata non è mai come un film dato in un cinema. Si sa che c’è l’autore, ci si occupa uno delle reazioni dell’altro. Bisogna vederli al cinema, i film».

"I compagni" doveva uscire a Torino, in prima assoluta, verso il 10 ottobre. Ora che probabilmente andrà al Congresso socialista, non sarà presentato al pubblico se non dopo il 28 ottobre.

«Una bella data — fa Monicelli — una bella data per un film con quel titolo». Quando mi saluta, dice di sperare nel congresso. Non so se parla il socialista o il cinematografaro. Lo guardo toccarsi il fegato con un gesto allusivo e me ne vo.

M. D., «Tempo», anno XXV, n.41, 12 ottobre 1963


Tempo
M. D., «Tempo», anno XXV, n.41, 12 ottobre 1963