Con Sandra Milo a Ferrara
Lo scorso anno, delusa per i ruoli insignificanti che le venivano affidati, Sandra Milo aveva deciso di rinunciare alla sua carriera. Oggi, dopo il successo personale ottenuto in “8 e 1/2", è una delle attrici italiane più ricercate
Ferrara, agosto
«Questa volta l'amore è stato ricambiato — dice Sandra Milo con la sua voce un po’ vaga e sempre stupita — perchè non ti dico le proposte che ricevo. Tanti e poi tanti film, ma tanti!». Finito questo di Pietrangeli, deve andare a Parigi a girarne un altro che si chiama... oh Dio, come si chiama?... «Come si chiama. Morris?», dice l'attrice sollevandosi sul gomito; e il produttore (scostando il velo bianco di tulle che pende sul baldacchino del lettone di Pina): «Si chiama — dice — "Vuoi dormire nel mio letto?"». Ecco, sorride Sandra per nulla turbata dalla sua piccola gaffe (ne fa decine ogni giorno), si chiama così. Poi l’aspettano Salce, Giannetti, ancora Pietrangeli, forse Fellini «Insomma, è scoppiata la follia». Distesa su un vecchio "letto della nonna", con le spalliere di legno scolpito e la coperta di lino bianco, l’attrice si sta riposando durante una pausa del suo lavoro.
E’ quasi irriconoscibile, eppure naturalissima nelle vesti della «trentacinquenne sola doti fisiche simpatica distinta villetta giardino auto risparmi» del film La visita. Per farle quella boccuccia a Pierrot e quel viso pallido, scolorito dalle creme e dall’età, per applicarle quella pettinatura a barboncino e quei fianchi "da gallina faraona", ci vogliono ogni mattina non meno di tre ore; ma è una consolazione vedere la disinvoltura con cui Sandra porta questo buffo e complicato armamentario. Mai un lamento sul set, e dopo il lavoro continua a camminare con il passo ancheggiante e un po' strascicato del suo personaggio: come pure continua a parlare con l'accento ferrarese che ha rapidamente assimilato. «E’ come un camaleonte», dice pieno d’ammirazione il suo partner, l’attore Francois Perier, il quale nel film fa la parte dello scapolo romano che risponde all’ "annuncio” della zitella cispadana.
SANDRA MILO SU UNA SPIAGGIA della riviera adriatica, durante una breve vacanza che ha interrotto la lavorazione della "Visita”, il film che l’attrice sta interpretando sotto la direzione di Antonio Pietrangeli. Per lo stesso regista la Milo interpretò, nel 1955, il suo primo film di una certa importanza, ”Lo scapolo”, al fianco di Alberto Sordi. Pietrangeli diresse anche ”Adua e le compagne” in cui l’attrice appariva al fianco di Simone Signoret, Emmanuelle Riva e Marcello Mastroianni, e "Fantasmi a Roma” ancora con la Milo e Mastroianni.
IN TUTTO IL MONDO l’interpretazione che Sandra Milo ha offerto in "Otto e mezzo”, nel ruolo dell’amante del protagonista istintiva e sciocchina, ha richiamato sull’attrice l’attenzione j del pubblico e dei critici più severi. Dopo il successo. Sandra si è vista inseguire dalle proposte di lavoro dei produttori: dopo il film di Pietrangeli ne girerà presto uno anche in Francia.
E cioè prende il colore e l’aspetto dell’ambiente. «Et puis — aggiunge Perier — elle a du courage», vale a dire ha del coraggio a conciarsi, a imbruttirsi in quel modo. Quante attrici sarebbero capaci di fare altrettanto, di rinunciare all’atout della loro bellezza? Ma Sandra non è come le altre. L’amore di cui parla è il suo amore per il cinema, che dura ormai da otto anni e che l’anno scorso ricevette una forte delusione quando Morris Ergas (l’uomo che spera di sposare presto e da cui 6 mesi fa ha avuto una bambina), le disse: «Senti, viviamo insieme ma non ci vediamo mai... Non pensi che sarebbe bene che uno di noi smettesse di lavorare?». «E allora sembrò giusto — commenta Sandra col suo ironico candore — che quell’uno fossi io». Così, mitemente, com’è nel suo carattere, Sandra si tirò da parte, e cercò di rifarsi una vita senza il cinema; e c’era quasi riuscita quando il cinema tornò da lei.
Quello che è accaduto a Sandra Milo nell’ultimo anno è veramente singolare. L’attrice aveva sottovalutato il suo attaccamento al lavoro. Rimastane priva, cadde in una grave depressione. «Mi sembrava — dice — di non avere più niente, d’essere senza amici, la notte non riuscivo a dormire». Solo con l’aiuto d’un celebre medico riuscì a ritrovare un certo equilibrio; e allora (per toglierselo del tutto dalla testa), cominciò a raccontarsi che il cinema era un gran mascalzone, indegno di lei, che l’aveva respinta, tradita. A questo punto si presentò Felli-ni. Un’occasione che aveva atteso per anni, combattendo con quanti dicevano che lei aveva un "viso drammatico", e no, no, protestava Sandra, guardate che io sono adatta per le parti brillanti; e proprio ora veniva, che lèi con quel mascalzone di cinema, dopo quello che aveva sofferto, non voleva avere più nulla a che fare.
Entusiasma gli americani
Era sincera, Sandra, non faceva la commedia. Non è il tipo. Se ha commesso degli sbagli nella vita, sempre per troppa sincerità; se è nota per le sue gaffes, solo perchè non sa essere ipocrita ne ha (spesso non lo vuole avere), il senso delle convenienze. Tra gli amici, i suoi ritardi nell’afferrare il senso d’un discorso sono proverbiali, e: «Come hai detto?», è il suo intercalare più solito. «Il fatto è — tenta di spiegare — che sono abituata a star sola, e anche in mezzo alla gente sto sola. Così gli altri parlano, io non li ascolto e arrivo sempre in ritardo. Ma distratta lo sono, e come; e quanto a gaffes, be’, Morris, poverino, ne sa qualcosa». Quella volta della regina di Grecia (lui l’aveva avvisata: «Guarda che davanti alla regina non si fuma», e lei: «Vuole una sigaretta. Altezza?»), l’ha già raccontata ma ne capitano tutti i giorni, malgrado le gomitate di Ergas.
Dunque non fu semplice convincerla a ritornare al suo antico amore. Ci vollero gli sforzi congiunti di Fellini e di Ergas. Alla fine, ancora una volta, Sandra cedette. «A patto però — disse — che poi non mi dite di ritornare a casa». E’ un’ipotesi che oggi non si pone più, è stata polverizzata dagli avvenimenti; perchè se 8 e mezzo ha avuto un successo contrastato, quello della Milo è stato clamoroso. Non solo in casa nostra, ma anche all’estero. Dopo la "prima” di Nuova York, Fellini gliene diede un anticipo con quel telegramma che diceva: «Qui sono tutti impazziti per te, dicono che sei un’attrice sensational».
Poi sono venute le critiche, quintali di elogi, superlativi a iosa, e l’autorevole New York Times l’ha definita addirittura «la Judy Holliday europea». «Ti dirò — dice Sandra con quella sua aria mite da finta tonta che coglie sempre di contropiede l’interlocutore — a me non mi piace mica tanto!». Che cosa? Sì, questa storia della Judy Holliday. Quella è americana, un’ altra cosa, e questa (non si capisce bene se parli di sè o del suo personaggio), è italiana. Questa è comica, è vero, ma le cose le fa sul serio, ci crede lei d’essere bella, al suo prossimo, all’amore, alla famiglia, ai figli. Ed è chiaro che sta parlando di tutte e due le cose, del suo personaggio e di se stessa, da cui del resto il personaggio è nato; e per capirlo bisogna sapere cosa c’è dietro questa ragazza malinconica, distratta, finta tonta.
L’ATTRICE GIOCA con Debora, la figlia nata sei mesi fa dalla sua unione con il produttore Morris Ergas. Sandra Milo si è sposata a quindici anni, ma il suo matrimonio è rapidamente fallito. La scorsa settimana l’attrice è svenuta sul "set" della "Visita", dove stava "girando" in pesanti abiti invernali sotto la canicola estiva.
C’è innanzitutto una storia da romanzo d’appendice, di quelle che a raccontarle con tutti i particolari si fa presto a commuovere il lettore. E’ una storia che comincia a Viareggio con un matrimonio sbagliato, all’età di 15 anni, senza il consenso del padre (che si era già separato da sua madre), con un marito che se ne va quasi subito, un figlio perduto prima della nascita, che lei, nonostante tutto, aveva desiderato, e da qui un grande (immotivato) senso di colpa. «Come se non avessi mai più potuto aver figli». Poi Milano, il primo lavoro e un altro amore, con un giovane che voleva sposarla e lei che scappa a Roma per non deluderlo. A Roma il primo film: Lo scapolo e rincontro con Morris Ergas «verso il quale mi sentii attirata — dice Sandra — dal senso di grande sicurezza che dimostrava, dalla sua apparente euforia».
«Più tardi — aggiunge — mi accorsi che questa sicurezza era più apparenza che sostanza, e ciò anziché allontanarmi mi legò di più a lui». Una frase che più dei fatti (i quali costituiscono lo sfondo della storia), ci dà la chiave di questa attrice, la quale molto prima d’essere un’attrice è una donna che vive. Un po’ all’antica, un po’ bambina, paurosa di tante cose, compresi i fantasmi, turbata presto dalla vita ma disposta a concederle appello, a non perdere l’allegria; disordinata, confusionaria, bisognosa di protezione, senza mai un soldo in tasca ( «E’ vero, qui ogni giorno sono mantenuta dalla troupe»), del tutto indifferente al giudizio degli altri e quindi sincera in modo sconcertante; la quale se ha fatto degli sbagli, è solo perchè è tutta cuore, ma non ha mai fatto male ad una mosca, provato una invidia, una gelosia; e perciò appare distratta, nelle nuvole, svanita, "candida”.
Prima vene Debora
E che oggi, mentre tutti parlano di lei come attrice, la cosa di cui parla più volentieri è la figlia, «Oh, si — dice illuminandosi tutta — questo è il mio vero capolavoro, e non mi pare che la gente se ne sia resa conto. Volete che ve ne parli?». Si solleva a sedere sul letto e, come se raccontasse una favola, felicissima dell’attenzione che le viene prestata, comincia: «Debora ha gli occhi d’un colore tra il marrone e il verde. Ha sei mesi ma è già alta. Così. E ha i capelli rosso-Tiziano, lunghi come i miei, sì, sì, lunghi come i miei. Adesso che è colorita dal sole, sembra un’albicocca». Si capisce il suo entusiasmo, che non è quello normale di tutte le madri ma di una che non sperava più di poterlo essere. Debora è arrivata tardi, ma in tempo per fugare le paure, le maledizioni, in tempo per essere la prima di una serie di figli. Uno non le basta, no, no, ne vuole per lo meno altri due.
Ha già scelto i nomi. «Si chiameranno — dice — Rebecca e Saul»; ma la voce di Pietrangeli (il regista del suo primo film e del suo primo successo) l’interrompe. La pausa è finita; nella casetta di Pina, sulle rive del Po, il lavoro riprende. Si accendono i riflettori, illuminano una strana stanza, un po’ stile Biancaneve, casa della nonna, ebdomadario femminile. Francois Perrier e Sandra Milo siedono sul divano finto svedese. Alle loro spalle un pappagallo arruffa le penne. Pina mostra al candidato preferito (e sotto esame), l’album con le foto dei pretendenti scartati. «Un vedovo ramo assicurazioni... Un nobile completamente guarito... Meccanico, Viterbo...». La sua voce scorre sull'album con un tono tra sognante e stupito. Con convinzione Sandra sta raccontando (il nostro cinema aveva bisogno di un’attrice così), un'altra favola. Quella della zitella ’63 che cerca prudentemente marito.
M. S., «Tempo», anno XXV, n.33, 17 agosto 1963
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M. S., «Tempo», anno XXV, n.33, 17 agosto 1963 |