Sandra Milo, la vamp spiritosa
Per chi l'ha vista in «Giulietta degli spiriti», così fantastica, irreale, simbolica, spumeggiante, la prima cosa che sorprende, andando a trovare Sandra Milo, è vedere che abita in una casa normale, bella, d’accordo, ma una casa come tante altre, con le scale di marmo il pianerottolo le porte con il campanello, dietro le quali vivono delle famiglie e non dei fantasmi. Poi c’è l’altra sorpresa, ancora più grande; vedere che la «donna-simbolo-del sesso», tutta curve, tutta veli, volpi bianche, farfalle sulla pelle, scollature vietate ai minori, è una donna come | tante altre, carina, molto carina, ma I una donna e non un fenomeno della natura. Sandra Milo non è nè Susy, nè Iris; è una donna e basta. E’ la ora di pranzo quando vado a trovarla e Deborah, la sua bambina, si affaccia alla porta, curiosa di vedere la persona che oggi le impedisce di mangiare con sua madre: Sandra la prende in braccio, orgogliosa, perchè Deborah è veramente una bambina bellissima, robusta, molto alta per i suoi tre anni. Pochi minuti: la diva e la figlia; un'immagine suggestiva, forse preparata con un tantino di artificio per fare colpo sulla giornalista che è venuta a intervistarla. Il pensiero mi sfiora appena, subito fugato dalla semplicità, della naturalezza di Sandra. Che cosa chiedere alla «donna-simbolo-dei sesso» del cinema italiano? Di lei è già stato detto molto: che ha trent’anni, che è cresciuta a Milano dove faceva la fotomodella, che suo padre è siciliano e sua madre toscana. Poi c’è il personaggio dello schermo, quello della bellona, un po' svampita, tutta sesso, nel quale anziché vedere l'attrice si tenta dì identificare la donna. Il processo è semplice, ma in questo caso è sbagliato e molto lontano dalla realtà, poiché il ritratto di Sandra attrice ha molte facce, quello di Sandra donna ha un unico volto, che cercheremo di scoprire.
L'attrice bella, biondissima, spumeggiante, come appare in «Giulietta degli spiriti» di Fellini.
Come attrice è il prodotto più genuino che il nostro cinema abbia sfornato in questi ultimi dieci anni: nessun press-agent ci ha fornito di lei un ritratto fabbricato a tavolino, in base alle esigenze del «mercato dei miti»; nessun regista ha inventato storie cinematografiche costruite su misura per lei, semmai è stata lei a dare di volta in volta una fisionomia ben precisa ai personaggi che interpretava; nessun produttore l'ha imposta, investendo milioni per il suo lancio. L'uomo al quale è legata sentimentalmente — Morris Ergas — è un produttore, ma non contribuì certo al suo lancio investendo, cinque anni fa, centinaia di milioni in quel maledetto film «Vanina Vanini» in cui tutto risultò sbagliato, dall'interpretazione tanto da renderla quasi irriconoscibile. Un critico, forse di poca memoria, scrisse, dopo aver visto il film: «La Milo è molto brava, peccato quel fisico che la limita molto...».
Lei non si ribellava. «Certo non è piacevole sentirsi brutta. Anche la sera, quando, finito il lavoro, mi toglievo i cuscinetti di gommapiuma, i ricciolini, e tornavo ad essere me stessa, il personaggio di Pina, la zitella bisognosa d'affetto, mi rimaneva dentro, mi sentivo proprio brutta, come lei. Ma è stata una esperienza positiva. Perchè mi sono resa conto che una donna brutta cerca di scoprire dentro di sè altri valori, che la compensino della mancanza di fascino, cerca altri mezzi per piacere. E finisce per essere interiormente più ricca di una donna bella».
Avrebbe forse continuato ancora per anni a essere la «brutta» dello schermo se Fellini non fosse tornato alla carica con una nuova idea: fare di lei il simbolo della bellezza femminile, della seduzione in «Giulietta degli spiriti».
«Ma sai Sandra che tu sei bella?, mi diceva Fellini. E tanto ha fatto che mi ha trasformata nel personaggio fantastico del film. Lui mi ha vista così, e ora questa immagine me la porterò addosso per molto tempo. Tutti adesso mi vogliono bella, morbida, spumeggiante- tutta panna...». Mi dice.
L'attrice nel film di Pietrangeli «La visita»: è grassoccia e imbruttita dal trucco : labbra a cuore, ricciolini fuori moda.
Con un coraggio che molte college le invidieranno. ha accettato di apparire anche in TV e. tutta bella, spumeggiante, morbida, presenta «Studio uno».
«Gli attori di cinema, in genere, temono la TV. Dicono che il video "brucia"». «Lei non ha avuto paura?», le chiedo.
«Paura: perchè? lo non ho mai paura, la paura l’ho superata da tanto tempo. Certo il mezzo tecnico, così nuovo per me, mi fa impressione, ma proprio per questo l'esperimento è più stimolante. Credo che un attore debba sempre tentare strade nuove, mai cristallizzarsi in un clichè. Sono felice quando faccio qualcosa di nuovo».
Si butta con coraggio, perchè è un'attrice autentica e libera. Non c’è nessun press-agent che possa dirle: «Ho fatto tanto per costruirti un personaggio e ora tu vuoi distruggerlo con un colpo di testa»; nessun produttore che possa rimproverarle: «Ho investito milioni per lanciarti e ora non posso rischiare di farti fare esperimenti sbagliati», poiché l'unico produttore, che, forse per troppo amore, fece fare un film apposta per lei sbagliò il colpo e rischiò di mandarla a fondo.
Proprio per questo suo coraggio e spontaneità, per questa sua libertà di fare e di sbagliare anche, piace al pubblico. Perchè sa rischiare, sa perdere, sa ricominciare da capo. «Gli errori maturano, come le sofferenze — mi ha detto — e insegnano a riflettere».
Sandra e la figlia Deborah che ha ora tre anni.
E non tragga in inganno la battaglia che Sandra fece quando uscì il film» Giulietta degli spiriti «per avere il suo nome sul cartellone a caratteri più grandi: era stato stabilito dal contratto e i contratti bisogna farli rispettare altrimenti i produttori finiscono per non considerarti più; nè il fatto che alla prima romana della rivista «Ciao, Rudy» si presentò con un abito costituito unicamente da un reggiseno, un bikini e una tunica di velo, come se fosse uscita da una scena di «Giulietta degli spiriti». Il cinema ha delle leggi strane e Sandra, che l’ha capito, sa stare al gioco. Ma non è vanitosa e non si è montata la testa. C’è una Sandra attrice, che si mostra in bikini e si impunta per un nome, e una Sandra donna che dice: «lo non voglio farmi sciupare dal successo. Certo mi fa piacere quando per la strada qualcuno mi riconosce e mi grida "Sandra, oh, Sandra, sai che sei brava?". Per non montarmi la testa subito mi dico: "Chi sono io in fin dei conti? Che cosa faccio? Parliamoci chiaro: io faccio soltanto dello spettacolo, aiuto la gente a ridere un po', la distraggo, ecco tutto. Non faccio niente di più di un bravo rappresentante di frigoriferi, d'una sarta. Se la gente mi dice ' brava ' bontà sua, sono io che devo ringraziarla per la gentilezza che mi fa ad applaudirmi Quello che conta è fare bene il proprio lavoro, con onestà». Poi aggiunge: «lo voglio poter mantenere un atteggiamento libero e distaccato verso il cinema. Vorrei poter andare a letto tranquilla tranquilla, a leggere un libro che mi piace, senza pensare: "Questa è una parte che fa per me. Ora voglio proporre ad Ergas di farmi fare questo personaggio". Vorrei essere sempre libera di pensare a quello che mi pare, magari alla gente che ho incontrato durante il giorno e farmi delle domande su di loro, se sono felici o infelici».
Maria Maffei, «Noi donne», anno XXI, 1966
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Maria Maffei, «Noi donne», anno XXI, 1966 |