Sofia Loren: «a Hollywood vivo così»

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In questo diario l'attrice ha scritto le sue impressioni sull'America, dalle accoglienze degli ammiratori alle difficoltà alimentari, dai metodi di lavoro ai ricevimenti offerti dai colleghi. Sono pagine vive, curiose, femminili.

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Alla fine di luglio, ripartendo per Hollywood, Sophia Loren promise al nostro redattore Domenico Meccoli di scrìvergli, per» lettori di Epoca, le sue impressioni americane. Fino a pochi giorni fa la promessa era rimasta tale: il lavoro e i problemi succitati dal suo matrimonio con Carlo Ponti avevano evidentemente impedito all'attrice di mantenere la promessa. Ma all'improvviso è arrivata unii lettera: «Caro Meccoli, sto facendo le valigie. Fra pochi giorni sarò a Londra per girare Stella sotto la direzione di Carni Reed. E' un film al quale tengo molto perché mi offre la possibilità di interpretare un personaggio del tutto diverso da quelli interpretati finora. Il personaggio forte, contenuto e silenzioso di una donna che, durante la guerra, in un porto inglese da dove salpano inermi i rìmorchiatori per recuperare nell'oceano le navi colpite dai sommergibili tedeschi, consola gli uomini della loro disperata paura della morte. E finalmente potrò conoscere William Holden, che è uno dei miei attori preferiti. Ma intanto mi accorgo di non aver mantenuto la promessa di farti avere le mie "impressioni americane" (non su altre faccende di cui si è parlato anche troppo). Per riparare, ti mando alcune pagine stralciate da un taccuino dove ho preso nota di tutto, dalle spese ai miei fatti privati. Prendile come sono, non sono state scritte col pensiero di una pubblicazione. Prima d'ora non avevo mai tenuto un diario. Forse non lo terrò mai più perché devo confessarti che queste pagine sono sopravvissute a una piccola "crisi”. Nelle ventiquattro ore che passai a Roma nel luglio scorso, ricevetti in dono alcuni libri. Fra questi, Quaderno proibito di Alba De Céspedes. L'ho appena finito di leggere. La protagonista del romanzo vede la propria vita sconvolta e modificata dalla decisione di tenere un diario. Comincia a esaminarsi, ad abituarsi a una vita segreta, fino a disperare di uscire dal cataclisma che quella decisione, pur così innocua all'apparenza, rischia di scatenare nella sua vita. La storia è convincente e, spaventata all'idea che la stessa cosa possa succedere a me, ho deciso d'interrompere il diario. L'ultima pagina che ti mando è anche l'ultima che ho scritto». 

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31 LUGLIO

Eccomi di nuovo ad Hollywood. Comincio a sentirmi una veterana dei voli polari. I quindici giorni in Isvizzera, i due a Cortina e le ventiquattr’ore a Roma hanno agito come un balsamo e resteranno un periodo molto importante della mia vita. Mi pare di essere diventata adulta soltanto in questi giorni. Torno con altri occhi e con una visione più precisa della mia vita e del mio lavoro. Il giardiniere, qui a Cliffwood Avenue, mi ha detto tutto contento: Welcome home!, benvenuta a casa. Per lui e per tanti altri, questa villa, Hollywood, Los Angeles sono la mia casa. Non ci avevo mai pensato. Eppure non saprei neanche descrivere la città di Los Angeles quantunque, per girare Desiderio sotto gli olmi, abbia già vissuto qui dai primi di aprile alla fine di giugno, tre mesi. A Los Angeles le distanze sono tali che il pedone è considerato una bestia strana e forse pericolosa: ci sono quartieri che non conoscerei neanche se vi fossi stata tre anni anziché tre mesi. La piccola Los Angeles che io conosco? La monotonia con i fiori. Mai ho visto tanti fiori e di tante specie. Forse è l’unica città d’America dove crescono più fiori nei giardini che sui cappelli delle donne. Ma siccome qui piove poco, i giardini richiedono una cura assidua e costosa. È il paradiso dei fabbricanti degli annaffiatoi a funzionamento perpetuo. Questi annaffiatoi vanno notte e giorno. Sono le fontane di Los Angeles.

1° AGOSTO

Comincio a prepararmi per il mio secondo film americano, House boat, con Cary Grant. Comincio a rifare regolarmente due volte al giorno la strada che porta da casa mia agli studios della Paramount. (Quaranta minuti di macchina.) Quante volte l’ho già fatta? Quante volte la farò ancora? Mi sembra che non finisca mai, forse perché si va sempre incolonnati, una macchina dietro l’altra, a velocità elevata ma costante. (A proposito: un giornalista italiano mi ha raccontato un aneddoto che mi pare significativo. Guidando una volta su queste strade, egli tentava di superare un’automobile che testardamente si rifiutava di lasciarlo passare. Alla fine riuscì a trovare un varco e, mentre sorpassava, tutto infuriato gridò nella nostra lingua all’altro guidatore: «Cretino!». E l’altro, con accento romanesco: «A scemoo!».)

Forse la strada mi sembra interminabile anche perché non riesco a orientarmi. A parte la divisione principale tra zona residenziale e zona dei negozi, l’unico elemento caratteristico e distintivo è qualche insegna pubblicitaria. Questo vale anche per tutta la parte ovest della città. Persino le case si somigliano. Può darsi che gli architetti abbiano trovato la formula giusta, ma esse mi sembrano troppo eguali. D’altro lato, giudicando dalle due o tre ville volutamente originali che mi è capitato di vedere, direi che non conviene fare esperimenti. A pensarci meglio, la somiglianza deriva meno dalla linea architettonica che dal fatto che le case galleggiano tutte in un mare di fiori, di palme e d’erba verde chiaro. Confesso, però, che la sera, tornando dagli stabilimenti, è piacevolissimo isolarsi in una villa californiana, Buttarsi in piscina. Vedere il verde intorno. Sentire soltanto il canto dei grilli e degli uccelli. È il rito del relax. Non dico che abbandonarsi e distendere i nervi non faccia bene, ma più che una necessità, il relax, in un ambiente simile, è un obbligo.

1957 10 20 Epoca Sofia Loren f4Nella prossima primavera Sophia Loren e Yul Brynner reciteranno insieme in un film ambientato nell’Austria del secolo scorso. Sarà il primo dei film l'attrice interpreterà per la nuova Casa di produzione costituito dal marito.

2 AGOSTO

Il cinema è cinema dovunque. In Europa e in America ha, più o meno, nella sostanza, le stesse caratteristiche. Qui, semmai, noto tre cose nuove:

1. L’orario fisso. Lascio la mia casa alle 6,30 del mattino, sapendo già che si finirà di girare non oltre le sei di sera. È raro che non si rispetti l’orario. E, del resto, è raro che non si finiscano le scene nel tempo previsto dal piano di lavorazione. Ogni film, qui, è organizzato meticolosamente, come un piano di battaglia da cui è stata cancellata la parola «sconfìtta».

2. La specializzazione. Ognuno ha, nella «troupe», il suo compito fìsso e le sue responsabilità precise, forse per azione dei sindacati. Guai a non rispettare le regole. Se cade un riflettore, il solo gesto concesso a un macchinista è quello di scansarsi per lasciare che della faccenda si occupino gli elettricisti. Un giorno, volendo per scherzo far dispetto al capo macchinista, mi misi a spingere il carrello su cui il regista stava provando i movimenti di macchina. Jack, il capo macchinista in questione, un simpatico veterano del cinema che aveva preso a volermi bene e
a coccolarmi fin dal primo giorno, mi rivolse uno sguardo talmente addolorato, ma carico di rimprovero, che non osai più fare scherzi del genere.

3. Il conforto. Negli stabilimenti, caffè e brioches a volontà e in ogni momento della giornata.

4 AGOSTO

È sabato, comincia il week-end. (Qui si lavora cinque giorni alla settimana.) Per il week-end a me basta una sdraio sui prato con accanto il giradischi. Del resto, passo quasi tutto il mio tempo libero nella villa, lontano dal viavai delle macchine. Di sera, la televisione. Anche in Italia uscivo poco e frequentavo pochissima gente. Perché qui dovrei essere diversa?

5 AGOSTO

Mi sorprendo a pensare che sono contenta che domani sia lunedì e ricominci il lavoro. Qui non riescono a capire la mia fame di lavoro. Usano scherzare sulla leggenda del «dolce far niente» italiano ( e lo dicono nella nostra lingua).

7 AGOSTO

Ho scoperto la papaya in California. Mi piace tanto. Si mangia col cucchiaio, aggiungendo un po’ di zucchero e limono. È uno dei pochi cibi che, pur stuzzicando i nostri istinti più ghiottoni, fa bene. Non so perché non sia piaciuto a Walter Chiari, quel giorno che venne a trovarmi in studio e glielo offrii. A me sembra di un i gustosità irresistibile. Da molto tempo, una volta alla settimana, mi arriva un dono anonimo di papaye. Sospetto che a mandarmele sia Tony Perkins o uno degli altri due compagni di lavoro che assistettero, per primi, all’entusiasmo con cui, mentre lavoravo a Desiderio sotto gli olmi, feci la conoscenza di questo meraviglioso frutto.

Quello dei cibi è un piccolo problema. E non posso dire ancora di averlo risolto In fondo, la cuoca migliore che ho avuta qui è stata Margie, l’alsaziana. Ma lei e il marito pretendevano che fossi puntualissima a tavola e, quando dovetti riconosce re che entrambi erano più affezionati all’orario che a me, senza riguardo alla mia stanchezza e ai miei impegni, preferii che se ne andassero.

Per gli inviti fuori di casa la faccenda è diversa. Per fortuna, quando mi invitano a pranzo non hanno l’abitudine di prepararmi gli spaghetti (così come noi, in Italia, non ci sogneremmo di offrire cibi americani all’ospite americano). Del resto, i pranzi hanno uno schema fisso: prima di mangiare, vodka o gin o bourbon con patatine fritte, salsicce piccanti con ananas formaggi sui crackers. Il pranzo comincia con scampi e avocado (che sta tra la pera e la noce), affogati nella maionese, oppure con la zuppa di cipolle. Poi arriva, solennemente, l’arrosto.

Il cerimoniale è diverso per i barbecue che sono popolarissimi in California, regione famosa per l’outdoor living, per la vita all’aperto. Ne ho avuto la più esemplare dimostrazione nella bellissima casa di Hathaway. Il barbecue si svolge in giardino o sulla terrazza che dà sul giardino. Comincia con i cocktails mentre le bistecche anneriscono sospese sui ferri sopra il fuoco di legna (barbecue è infatti il nome di questa griglia). Spesso, a occuparsi delle bistecche, è lo stesso padrone di casa, fiero della sua abilità e del suo grembiule speciale da barbecue. Al barbecue si prestano anche i Wurstel allo spiedo, ma il padrone di casa ha meno prestigio se s’intende solo di wurstel. Come contorno: pomodori, patate, granturco. E zanzare.

1957 10 20 Epoca Sofia Loren f3Sophia Loren ha già interpretato a Hollywood Desiderio sotto gli olmi (nella foto) e Houseboat, una commedia sentimentale, con Cary Grant. A Londra Iavorerà ora per il regista Carol Reed nel film Stella.

11 AGOSTO

A Washington per girare alcuni esterni del film. Ho attraversato gli Stati Uniti in treno. A Los Angeles» le palme; a Chicago, i grattacieli; a sud-ovest, una colazione sterminata; nella zona industriale della Pennsylvania, un allucinante passaggio notturno: il fuoco e le fiamme i le fonderie e delie fabbriche squartano il cielo color cenere che brucia. Washington offre strade tranquille, quartieri all’inglese, e il Potomac, un bel fiume. di campagna, ideale per le corse in motoscafo. Lungo il Potomac, dove vanno i cittadini meno sportivi la domenica pomeriggio, l’ombra degli alberi e l'erba per sdraiarsi. Mi dicono che quando di sera danno concerti pubblici in un anfiteatro sulla riva, i giovani vengono ad ascoltarli in barca. Belli sono, con i boschi, le siepi e l’erba alta che a Los Angeles non esistono. Ma per ciò che riguarda la città vera e propria, meglio lasciar perdere i monumenti; del resto, noi abbiamo quello a Vittorio Emanuele e i parigini il Pantheon. Durante il viaggio ho incontrato anche gli indiani, gli indiani veri, con le penne e le frange di cuoio e i mocassini. Sfido chiunque a sentirsi adulto, in una circostanza come questa. Hanno galoppato a lungo, accanto al treno in movimento, e mi veniva voglia di gridare. Poi, a treno fermo, si sono sparpagliati fra i vagoni vendendo cartoline e ricordini. Come i miei cari napoletani a Sorrento, a Capri, sul Vesuvio.

12 AGOSTO

Le accoglienze di Washington mi hanno commosso come, a suo tempo, quelle di Hollywood. In Italia abbiamo la tradizione, anzi, il culto dell’ospitalità e quando arriva un’attrice americana è quasi sempre molto ammirata e festeggiata. Mi fa piacere constatare che, in questo, gli americani non sono diversi da noi. In America ho trovato un clima di vera simpatia. Quando arrivai a Hollywood avevo una paura tremenda. Forse gli americani non se ne accorsero. Comunque, me l’hanno fatta passare. Trattano molto bene le loro importazioni.

14 AGOSTO

Girando per la «National Art Gallery» di Washington ho fatto un viaggio nel passato di questo grande Paese. C'è una sala di bellissimi primitivi americani, quasi tutti anonimi e quasi tutti ritratti. Mi sono ricordata di averne viste molte riproduzioni alla Scuola d’Arte di Idra, in Grecia, in un’Esposizione dell’Istituto culturale americano. La sera dell’inaugurazione di questa mostra la luce venne a mancare in tutta l’isola e, con Clifton Webb, passammo in rassegna i quadri a lume di candela. Ricorderò sempre la straba suggestione con cui i volti vivissimi dei Pionieri venivano avanti dalla penombra una luce.

Guardando questi ritratti e anche gli altri di pittori più evoluti, mi viene alla mente un’osservazione. In Italia, tante persone che passano per la strada semino scese dagli affreschi e dai quadri nostri musei e delle nostre chiese. Invece gli americani che incontro non sembrano avere più alcuna parentela coi loro antenati dipinti. Tranne rarissime eccezioni. Dove sta il famoso american standard?

17 AGOSTO

Si sa della rinomanza che hanno gli uomini italiani all'estero. Washington mi ha confermato che, in America, la femminilità italiana è considerata altrettanto prestigiosa. Anche se le ammirano, le donne trovano incredibili o curiose le mie scarpe. Loro le portano di plastica.

19 AGOSTO

Dall'ambiente degli studio* a quelli della capitale il salto è grosso. Dopo i cocktails e le c prime» di Hollywood, mi son sentita lo stesso molto nervosa quando sono andata dai vice-Presidente degli Stati Uniti; ma Mr. Nixon è un uomo cordiale e simpaticissimo che da vera persona importante non cerca di sembrar tale.

In assenza dell'Ambasciatore, l’incaricato d’affari Egidio Ortona ha dato un ricevimento per me all’Ambasciata italiana. Ho conosciuto anche il senatore Kennedy. Non gli dev’essere difficile alle elezioni assicurarsi il voto delle donne.

8 SETTEMBRE

Sono di nuovo, da qualche giorno, a Los Angeles. Oggi c’è lo smog, ura nebbia che molto spesso invade la città e fa lacrimare gli occhi. Gli attori e le attrici che non sanno piangere naturalmente, ne approfittano per non usare la «cipolla». Ieri ho incontrato negli studio* della Paramount Clark Gable, che mi ha salutato come se fossi tornata fra i carabinieri dopo un tentativo di fuga. È incredibile la simpatia umana immediata che ispira quest’uomo. Più che sullo schermo, dove alla sua naturale simpatia è stata aggiunta una tinta di ironia e «mascalzonaggine». È straordinariamente buono e gentile.

12 SETTEMBRE

A volte mi guardo nello specchio e dico ad alta voce: «Sophia!». Un richiamo alla realtà. Dopo quasi cinque mesi d'America, nei momenti in cui la girandola, fra ricevimenti e giornalisti, si fa maggiormente frenetica, mi sento un po’ confusa, mi pare che mai più riuscirò a fermarmi. a raccogliere i miei pensieri. In queste circostanze, la lettura della vita di Greta Garbo mi riporta nella solitudine e nella serenità: l’avevo cominciata in Libia mentre giravo La leggenda di Timbuctù, l'ho ripresa giorni fa. Ho visitato anche la villa abitata da questa enorme, affascinante e irraggiungibile attrice (di cui ho visto tutti i film) e mi son fatta raccontare di lei da coloro che l’hanno conosciuta. Un’immagine mi è rimasta soprattutto impressa: quella della Garbo che di notte, avvolta dal chiarore della luna, cammina lentamente lungo la piscina. Perché? Non so. Ma la storia della Garbo mi fa capire che l’isolamento con se stessi è una vittoria grande quanto il successo. I suoi sentimenti mi servono, in questa stupefacente babilonia, di conforto e di guida.

20 SETTEMBRE

Questa villa di quattordici stanze, dai muri di pietra, in cui tante volte mi sono sentita sperduta, oggi mi piace in modo particolare. Quando dovrò restituirla a Charles Vidor, che me l’ha affittata, mi dispiacerà. Soprattutto per il ricordo di questo giorno. Oggi compio ventitré anni e Carlo è con me. Ho avuto più fiori e telegrammi che per il mio arrivo. Mi pare un buon segno. La giornata è bella. Ho voluto accendere il caminetto, e mi sembra di essere arrivata in un porto sicuro e tranquillo, dove sono una donna come tanti altri milioni di donne, e dove la felicità e la mia vita personali appartengono soltanto a me.

Sophia Loren, «Epoca», anno VIII, n.368, 20 ottobre 1957


Epoca
Sophia Loren, «Epoca», anno VIII, n.368, 20 ottobre 1957